Università

Buongiorno a tutti,
Sono una ragazza di 21 anni che nel 2020 ha concluso il liceo scientifico con 100 e lode.
Premetto che in tutta la mia vita mi sono sempre impegnata a scuola riportando buoni risultati e dimostrando di avere una propensione per le materie umanistiche.
Per quanto riguarda la scelta universitaria ero indecisa tra: medicina, legge e lettere.
Di fatto non mi sono preparata adeguatamente al test e infatti non l'ho passato.
In ogni caso tra le altre due facoltà ho deciso in prima battuta legge perché pur amando la lettura é chiaro che lettere risulta essere un tipo di percorso che forse si ferma un po' all'insegnamento, non fornisce possibilità di carriere ambiziose come notariato o magistratura.
Mi rendo conto che forse anche le premesse della scelta erano sbagliate perché avrei dovuto interrogarmi sul mio reale interesse circa il diritto e le materie giuridiche più che il lavoro prestigioso.
In ogni caso ho iniziato il primo anno da casa facendo il primo esame al primo appello e prendendo 30, ho fatto l'errore di crogiolarmi pensando di avere tutto sotto controllo e ho iniziato a rimandare gli altri esami:a maggio mia madre mi ha fatto rendere conto di essere fuoricorso: ho avuto una reazione esagerata con pianti, mal di testa, dolore al collo, non so se parlare di attacco di panico o una sorta di esaurimento nervoso però di fatto ero in uno stato di prostrazione e non sono più riuscita a studiare.
A settembre cercando di riprendere in mano la situazione ho iniziato a frequentare in presenza, ho conosciuto delle colleghe però di fatto sono rimasta molto passiva agli eventi, non ho preparato esami o studiato.
È come se mi portassi dietro una grande stanchezza e voglia di non fare niente, io l'attribuisco al fallimento, al fatto di non avercela fatta perché forse mi aspettavo un percorso lineare senza ostacoli.
Credo di essere entrata in uno stato di 'apatia', anche le mie amiche mi vedono un po' assente perché chiaramente in testa penso sempre all'università, al mio futuro o al fatto che ad un buon potenziale al momento si accompagna una grande indolenza e fiacchezza circa lo studio e poca ambizione.
Credo di essere entrata in uno stato di grande tristezza perchè non ho mai avuto problemi a studiare, in tutta la mia vita sono sempre rimasta carica e motivata, ero una delle più brave della classe e ora mi ritrovo a combattere con questa grande stanchezza.
Ho pensato di iscrivermi a lettere a settembre cercando di iniziare con il piede giusto organizzando bene lo studio anche se la paura di non farcela c'è sempre e a questa si aggiunge un velo di tristezza perché comunque sono in un certo senso reduce da un fallimento che mi ha portato a rivedere tutta l'immagine che avevo di me e mi ha gettato in uno stato di sconforto.
La ferita rimane perché ogni volta che si cambia strada ci si preclude delle possibilità, non so forse avevo alte aspettative sulla mia vita, l'idea di avere una bella carriera, di diventare una professionista.
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372 182
>>> mia madre mi ha fatto rendere conto di essere fuoricorso: ho avuto una reazione esagerata con pianti, mal di testa, dolore al collo, non so se parlare di attacco di panico o una sorta di esaurimento nervoso

Nessune di queste, credo. Molto più facile che tu debba ancora sviluppare un'adeguata tolleranza verso la frustrazione.

Lo hai detto tu stessa: al primo 30 ti sei seduta sugli allori credendo di aver già tutto sotto controllo.

E invece un percorso di studi universitari è fatto di studio, sacrificio, impegno ed esami sbagliati e da rifare. Finché non accetterai questo non avrà così importanza la facoltà che sceglierai.

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

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Utente
Utente
La ringrazio molto per la risposta. Anche mia madre condivide in un certo senso le sue parole, secondo lei sono stata troppo 'pompata' ed elogiata al liceo e non abituata ad accettare l'insuccesso. Il fatto di non aver mai preso un'insufficenza ed essere stata sempre vista come la brava mi ha portato forse a sopravvalutare le mie capacità sentendomi chissà chi. Anche forse il fatto che i miei amici mi vedessero giudice o notaio forse ha contribuito a nutrire idee un po' megalomani e a partire da presupposti sbagliati, quando avrei dovuto approcciarmi ai libri con 'umiltà'.