Sono turbato da alcuni episodi sessuali del passato del mio attuale ragazzo
Gentilissimi,
sono un ragazzo di 33 anni che sta vivendo al momento una relazione con un ragazzo che crede (o credeva) essere persona affine alla mia sensibilità, al punto tale che posso dirmi innamorato. Lui dice che non ha mai provato quello che prova per me, che lo sfamo, gli sono casa, che non gli sto facendo più vivere le mezze misure, che se non mi avesse incontrato "probabilmente tornerebbe in certi contesti, spinto dalla sua miseria".
La nostra frequentazione è iniziata ai primi di febbraio e sin dal primo incontro abbiamo avuto una dialettica molto accesa sulle nostre visioni di relazione (io convintamente monogamo, lui anche - a suo dire - seppur transitato in una lunga storia con un ex che lo avrebbe portato ad aprire la coppia perché eminentemente infedele.
E lui, malgrado il dolore fortissimo iniziale, lo ha accontentato per amor suo, per "non perderlo", arrivando a snaturarsi.
Questo mi dice oggi).
Ma questa è parte della storia.
Il punto è un altro.
Da qualche tempo sono ossessionato (in realtà ho sempre avuto un mood inquisitorio e sono stato avido di dettagli in tal senso) da alcuni episodi del suo passato sessuale, anche recente, come ad esempio la sporadica ma pare significativa frequentazione di sex club, in uno stato di "sballamento" autoindotto.
Conoscere questi episodi - per quanto io non sia un santo e pur avendoci raccontato altre esperienze che meno mi turbavano - mi ha gettato in uno stato di angoscia senza fine: non riesco a pensarlo in quel contesto, mi fa male il cuore, e questa sensazione è entrata come una scheggia nella nostra quotidianità. Torno di continuo su questi temi, gli chiedo spiegazioni, cerco di capire quanto questa esperienza possa essere replicabile nel suo passato, cerco nessi e connessioni per renderla ai miei occhi più "digeribile".
Sento che questo continuo ruminare e parlare attorno al tema sta facendo male a me come a lui. Vorrei darvi due dettagli per contestualizzare l'episodio del sex club: a suo dire sarebbe stato spinto in quel contesto a causa di un periodo di lunga frustrazione sessuale (il pensiero di non piacere fisicamente, l'incapacità di eccitarsi facilmente, di inibirsi, di avere una connessione, il reiterato gosthing di partner), sarebbe stata dunque un'esperienza di liberazione, di sesso sereno, di elevazione della propria autostima.
Ora però ci sono io e dunque, dice, non avrebbe bisogno di queste cose.
Quella, dice, è stata solo una sostituzione, cosicché lo rifarebbe se si ritrovasse di nuovo in quel mood di frustrazione.
Io ho compreso il contesto, sono lusingato che possa addirittura stagliarmi in lui come "un fascio di luce", ma resto perplesso.
Come si fa a normalizzare e definire "simpatica" una situazione che è oggettivamene squallida nonché pericolosa?
Ma soprattutto io non riesco a superare questa impasse, per me è davvero troppo, devo farmene una colpa se la mia visione sull'altro ha dei limiti?
Se me l'avesse raccontato nel primo incontro probabilmente non ci saremmo più sentiti.
Come se ne esce?
Grazie
sono un ragazzo di 33 anni che sta vivendo al momento una relazione con un ragazzo che crede (o credeva) essere persona affine alla mia sensibilità, al punto tale che posso dirmi innamorato. Lui dice che non ha mai provato quello che prova per me, che lo sfamo, gli sono casa, che non gli sto facendo più vivere le mezze misure, che se non mi avesse incontrato "probabilmente tornerebbe in certi contesti, spinto dalla sua miseria".
La nostra frequentazione è iniziata ai primi di febbraio e sin dal primo incontro abbiamo avuto una dialettica molto accesa sulle nostre visioni di relazione (io convintamente monogamo, lui anche - a suo dire - seppur transitato in una lunga storia con un ex che lo avrebbe portato ad aprire la coppia perché eminentemente infedele.
E lui, malgrado il dolore fortissimo iniziale, lo ha accontentato per amor suo, per "non perderlo", arrivando a snaturarsi.
Questo mi dice oggi).
Ma questa è parte della storia.
Il punto è un altro.
Da qualche tempo sono ossessionato (in realtà ho sempre avuto un mood inquisitorio e sono stato avido di dettagli in tal senso) da alcuni episodi del suo passato sessuale, anche recente, come ad esempio la sporadica ma pare significativa frequentazione di sex club, in uno stato di "sballamento" autoindotto.
Conoscere questi episodi - per quanto io non sia un santo e pur avendoci raccontato altre esperienze che meno mi turbavano - mi ha gettato in uno stato di angoscia senza fine: non riesco a pensarlo in quel contesto, mi fa male il cuore, e questa sensazione è entrata come una scheggia nella nostra quotidianità. Torno di continuo su questi temi, gli chiedo spiegazioni, cerco di capire quanto questa esperienza possa essere replicabile nel suo passato, cerco nessi e connessioni per renderla ai miei occhi più "digeribile".
Sento che questo continuo ruminare e parlare attorno al tema sta facendo male a me come a lui. Vorrei darvi due dettagli per contestualizzare l'episodio del sex club: a suo dire sarebbe stato spinto in quel contesto a causa di un periodo di lunga frustrazione sessuale (il pensiero di non piacere fisicamente, l'incapacità di eccitarsi facilmente, di inibirsi, di avere una connessione, il reiterato gosthing di partner), sarebbe stata dunque un'esperienza di liberazione, di sesso sereno, di elevazione della propria autostima.
Ora però ci sono io e dunque, dice, non avrebbe bisogno di queste cose.
Quella, dice, è stata solo una sostituzione, cosicché lo rifarebbe se si ritrovasse di nuovo in quel mood di frustrazione.
Io ho compreso il contesto, sono lusingato che possa addirittura stagliarmi in lui come "un fascio di luce", ma resto perplesso.
Come si fa a normalizzare e definire "simpatica" una situazione che è oggettivamene squallida nonché pericolosa?
Ma soprattutto io non riesco a superare questa impasse, per me è davvero troppo, devo farmene una colpa se la mia visione sull'altro ha dei limiti?
Se me l'avesse raccontato nel primo incontro probabilmente non ci saremmo più sentiti.
Come se ne esce?
Grazie
[#1]
Gentile utente,
il problema non pare stia nei fatti relativi al Suo ragazzo, riferiti attraverso le Sue parole e sui quali non entriamo dato che qui ci occupiamo di chi ci scrive.
Il problema, dicevo, sembra consistere nel Suo rimuginare:
"..questo continuo ruminare..";
"..Torno di continuo su questi temi..",
rimuginare che sembra però far parte del suo modo di essere:
"..ho sempre avuto un mood inquisitorio e sono stato avido di dettagli..".
Il passato appartiene unicamente a chi l'ha vissuto e parlarne, specie se ossessivamente, fa male ad entrambi; di ciò Lei se ne è accorto ma probabilmente non riesce a farne a meno.
Anzichè impegnarvi (entrambi) a definire lo stile e la eventuale progettualità della coppia attuale, a costruire la fiducia reciproca con radici nell'oggi, Lei riporta continuamente il Suo compagno al passato. Apparentemente per trarne previsioni o rassicurazioni sull'oggi e domani. In realtà per nutrire i Suoi pensieri ossessivi.
Che dire?
La risposta emerge con chiarezza dal Suo consulto:
occorre mettere mano alla modalità che la Sua mente pone in essere e che imprigiona Lei in circoli viziosi al di là delle Sue intenzioni.
Quale l* Specialista di riferimento?
L* Psicolog* che sia anche Psicoterapeuta, con esperienza clinica al riguardo.
Ritiene di essere interessato a farlo?
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
il problema non pare stia nei fatti relativi al Suo ragazzo, riferiti attraverso le Sue parole e sui quali non entriamo dato che qui ci occupiamo di chi ci scrive.
Il problema, dicevo, sembra consistere nel Suo rimuginare:
"..questo continuo ruminare..";
"..Torno di continuo su questi temi..",
rimuginare che sembra però far parte del suo modo di essere:
"..ho sempre avuto un mood inquisitorio e sono stato avido di dettagli..".
Il passato appartiene unicamente a chi l'ha vissuto e parlarne, specie se ossessivamente, fa male ad entrambi; di ciò Lei se ne è accorto ma probabilmente non riesce a farne a meno.
Anzichè impegnarvi (entrambi) a definire lo stile e la eventuale progettualità della coppia attuale, a costruire la fiducia reciproca con radici nell'oggi, Lei riporta continuamente il Suo compagno al passato. Apparentemente per trarne previsioni o rassicurazioni sull'oggi e domani. In realtà per nutrire i Suoi pensieri ossessivi.
Che dire?
La risposta emerge con chiarezza dal Suo consulto:
occorre mettere mano alla modalità che la Sua mente pone in essere e che imprigiona Lei in circoli viziosi al di là delle Sue intenzioni.
Quale l* Specialista di riferimento?
L* Psicolog* che sia anche Psicoterapeuta, con esperienza clinica al riguardo.
Ritiene di essere interessato a farlo?
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
[#2]
Utente
Gentilissima,
La ringrazio molto per la sua risposta.
Ho già avviato da qualche mese un percorso di psicoterapia dove sto affrontando un problema di DOC legato a fobie di igiene e simili, per cui reputo (con consapevolezza, come Lei notava) che la questione da lei messa in luce possa essere parte dello stesso problema.
Le ripropongo però un'altra domanda, che attiene l'universo delle relazioni: lei non reputa plausibile che ogni persona possa avere un orizzonte personale di ciò che può essere considerato "accettabile" moralmente per la propria visione? In altre parole, non ci si può accorgere a un certo punto - che seppur innamorati - l'altro inglobi un set di approcci, atteggiamenti, modus vari che possono non essere più così vicini al proprio sguardo? È così sbagliato? Glielo chiedo perché non ha toccato questo punto
Grazie.
La ringrazio molto per la sua risposta.
Ho già avviato da qualche mese un percorso di psicoterapia dove sto affrontando un problema di DOC legato a fobie di igiene e simili, per cui reputo (con consapevolezza, come Lei notava) che la questione da lei messa in luce possa essere parte dello stesso problema.
Le ripropongo però un'altra domanda, che attiene l'universo delle relazioni: lei non reputa plausibile che ogni persona possa avere un orizzonte personale di ciò che può essere considerato "accettabile" moralmente per la propria visione? In altre parole, non ci si può accorgere a un certo punto - che seppur innamorati - l'altro inglobi un set di approcci, atteggiamenti, modus vari che possono non essere più così vicini al proprio sguardo? È così sbagliato? Glielo chiedo perché non ha toccato questo punto
Grazie.
[#3]
Gentile utente,
Anch’io ritengo che le persone abbiano un proprio orizzonte personale di tipo valoriale. Solo che quando si è in coppia esso va armonizzato con quello del* partner.
Questo volevo intendere quando nella risposta precedente scrivevo: ^impegnarvi (entrambi) a definire lo stile e la eventuale progettualità della coppia attuale, a costruire la fiducia reciproca con radici nell'oggi.^
Nessuno è immodificabile, e dunque, ad es., la esclusività della monogamia può essere inserita come base fondante di un certo rapporto, anche se non lo so era applicato in rapporti precedenti.
Il passato, le esperienze passate, possono non dire nulla di significativo rispetto alla progettualità attuale di una certa coppia.
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
Anch’io ritengo che le persone abbiano un proprio orizzonte personale di tipo valoriale. Solo che quando si è in coppia esso va armonizzato con quello del* partner.
Questo volevo intendere quando nella risposta precedente scrivevo: ^impegnarvi (entrambi) a definire lo stile e la eventuale progettualità della coppia attuale, a costruire la fiducia reciproca con radici nell'oggi.^
Nessuno è immodificabile, e dunque, ad es., la esclusività della monogamia può essere inserita come base fondante di un certo rapporto, anche se non lo so era applicato in rapporti precedenti.
Il passato, le esperienze passate, possono non dire nulla di significativo rispetto alla progettualità attuale di una certa coppia.
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
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Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 2.5k visite dal 28/04/2022.
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