Provo odio e rabbia nei confronti di mio padre
Buongiorno,
sono una ragazza di 24 anni.
I miei genitori sono separati da quando io avevo 2 anni.
Mio padre è sempre stato una figura marginale nella mia vita, lo vedevo solo nel fine settimana e spesso lui arrivava a prendermi con molte ore di ritardo (ricordo di aver passato molto tempo alla finestra, guardando fuori e sperando di veder arrivare la sua macchina).
Mi dava tutto quello che volevo, giochi, regali e, quando sono cresciuta, soldi e libertà (se dormivo da lui nel weekend potevo tornare anche molto tardi la sera).
Mi chiedeva spesso "Preferisci me o mamma?
A chi vuoi più bene?
" e anche adesso che ho un fidanzato mi chiede "Ma a lui sto più simpatico io o tua madre?
" o addirittura mi dice "Quando avrai dei figli sicuramente preferiranno me".
Non mi ha mai sgridata né educata, con lui potevo fare tutto quello che volevo.
Ricordo un episodio in cui da bambina gli raccontai che una mia amichetta andava in vacanza con il papà e commentai "Che bello".
La settimana seguente arrivó a casa una lettera dell'avvocato che diceva che io avevo manifestato la volontà di stare di più con mio padre.
Ricordo che mia madre leggeva questa lettera e piangeva, seduta sul divano, poi si arrabbiò moltissimo con me, ancora oggi mi sento tremendamente in colpa per questa cosa.
Quando ormai avevo 18 anni i miei genitori litigarono molto per una questione di soldi, mio padre fece di tutto per ottenere quei soldi, arrivando ad intestare a me un conto.
Venendo ad oggi, non è un cattivo padre in senso stretto, mi abbraccia di continuo, mi fa il solletico, cerca sempre di darmi dei soldi, ma quando cerco di comunicargli qualcosa che vorrei davvero (ad esempio: se gli chiedo di non fumare in casa perché mi fa tossire e mi manca il respiro, se gli dico che non voglio mangiare qualcosa) lui non rispetta la mia volontà.
Mi ripete di continuo che gli manco, che mi vuole bene e se magari per un qualunque motivo mi vede assente o distaccata fa i capricci e dice "Ecco sei arrabbiata con me, mi odi" anche se io sto semplicemente pensando.
Ci sono dei momenti in cui non lo sopporto, non lo vorrei attorno, vorrei uscisse dalla mia vita eppure mi sento in colpa per quello che provo.
Cosa dovrei fare?
sono una ragazza di 24 anni.
I miei genitori sono separati da quando io avevo 2 anni.
Mio padre è sempre stato una figura marginale nella mia vita, lo vedevo solo nel fine settimana e spesso lui arrivava a prendermi con molte ore di ritardo (ricordo di aver passato molto tempo alla finestra, guardando fuori e sperando di veder arrivare la sua macchina).
Mi dava tutto quello che volevo, giochi, regali e, quando sono cresciuta, soldi e libertà (se dormivo da lui nel weekend potevo tornare anche molto tardi la sera).
Mi chiedeva spesso "Preferisci me o mamma?
A chi vuoi più bene?
" e anche adesso che ho un fidanzato mi chiede "Ma a lui sto più simpatico io o tua madre?
" o addirittura mi dice "Quando avrai dei figli sicuramente preferiranno me".
Non mi ha mai sgridata né educata, con lui potevo fare tutto quello che volevo.
Ricordo un episodio in cui da bambina gli raccontai che una mia amichetta andava in vacanza con il papà e commentai "Che bello".
La settimana seguente arrivó a casa una lettera dell'avvocato che diceva che io avevo manifestato la volontà di stare di più con mio padre.
Ricordo che mia madre leggeva questa lettera e piangeva, seduta sul divano, poi si arrabbiò moltissimo con me, ancora oggi mi sento tremendamente in colpa per questa cosa.
Quando ormai avevo 18 anni i miei genitori litigarono molto per una questione di soldi, mio padre fece di tutto per ottenere quei soldi, arrivando ad intestare a me un conto.
Venendo ad oggi, non è un cattivo padre in senso stretto, mi abbraccia di continuo, mi fa il solletico, cerca sempre di darmi dei soldi, ma quando cerco di comunicargli qualcosa che vorrei davvero (ad esempio: se gli chiedo di non fumare in casa perché mi fa tossire e mi manca il respiro, se gli dico che non voglio mangiare qualcosa) lui non rispetta la mia volontà.
Mi ripete di continuo che gli manco, che mi vuole bene e se magari per un qualunque motivo mi vede assente o distaccata fa i capricci e dice "Ecco sei arrabbiata con me, mi odi" anche se io sto semplicemente pensando.
Ci sono dei momenti in cui non lo sopporto, non lo vorrei attorno, vorrei uscisse dalla mia vita eppure mi sento in colpa per quello che provo.
Cosa dovrei fare?
[#1]
Gentile utente,
si hanno dei figli e ci si sposa o si va a convivere (spesso proprio nell'ordine che ho citato) senza davvero desiderare né l'una né l'altra cosa, e talvolta senza avere ancora la maturità per capire ciò che si vuole davvero.
A quel punto, dopo una serie di manifestazioni di intolleranza, esasperazione e rimproveri reciproci, si pensa che separarsi sia la grande soluzione, e la si persegue a capofitto senza alcun tentativo di conciliazione né capacità di prevederne gli effetti - specie sui figli.
Ne seguono solitudine e disagi, malevolenza, rancore, perdita economica e di affetti.
I due non maturano in seguito allo scossone, anzi trovano nella reciproca ostilità una scusa per giustificare il proprio fallimento come coniugi, come genitori e talvolta anche sul lavoro.
Ricostruire dei legami in queste condizioni non è facile. Si accumulano così altri fallimenti, altre frustrazioni.
Io non so a quale età i suoi si siano messi insieme e perché si siano separati quando avevano una figlia di appena due anni. Certo il disagio della loro relazione è stato maggiore del desiderio di continuarla, e della volontà di crescere insieme la bambina.
Ed ecco le radici del comportamento di suo padre: all'inizio la prescrizione di vedere la bambina, probabilmente imposta da un giudice, sarà stato avvertito come un obbligo (di qui il ritardo nel venirla a prendere, l'incuria verso il suo tempo speso ad attendere).
In seguito un lassismo pedagogico che voleva essere lo strumento per fare di sé il genitore preferito, ossia per sentirsi quello buono e amato a cui la strega cattiva ha sottratto la figliola.
Liti per i soldi -è un classico quello che ci racconta dei suoi diciotto anni-; marcate esibizioni, quasi caricaturali, di affetto, ma sostanziale distacco: che a lei dia fastidio il fumo o che non gradisca certi cibi forse a suo padre ricorda una ex che negli anni si è allenato a detestare, quindi in questo campo non vede e non sente.
Tuttavia il genitore affidatario -sua madre- spesso non ha un destino migliore in termini di solitudine e senso di fallimento. Ne consegue anche per lei il desiderio di accaparrarsi l'affetto della figlia, che viene rimproverata e accusata di ingratitudine se appena manifesta affetto e piacere a stare con l'altro genitore.
Ed ecco il ricordo di sua madre che legge la lettera dell'avvocato, piange e accusa lei, che ancora soffre dell'episodio come se fosse davvero colpevole, solo per aver detto che è una bella cosa fare una vacanza col papà.
Provi a vedere tutti e due i genitori sotto questa luce, comprensiva verso le loro debolezze ma realistica su ciò che a lei è mancato.
Spesso è di grande utilità elaborare il trauma cumulativo da lei vissuto con l'aiuto di uno psicologo.
Buone cose.
si hanno dei figli e ci si sposa o si va a convivere (spesso proprio nell'ordine che ho citato) senza davvero desiderare né l'una né l'altra cosa, e talvolta senza avere ancora la maturità per capire ciò che si vuole davvero.
A quel punto, dopo una serie di manifestazioni di intolleranza, esasperazione e rimproveri reciproci, si pensa che separarsi sia la grande soluzione, e la si persegue a capofitto senza alcun tentativo di conciliazione né capacità di prevederne gli effetti - specie sui figli.
Ne seguono solitudine e disagi, malevolenza, rancore, perdita economica e di affetti.
I due non maturano in seguito allo scossone, anzi trovano nella reciproca ostilità una scusa per giustificare il proprio fallimento come coniugi, come genitori e talvolta anche sul lavoro.
Ricostruire dei legami in queste condizioni non è facile. Si accumulano così altri fallimenti, altre frustrazioni.
Io non so a quale età i suoi si siano messi insieme e perché si siano separati quando avevano una figlia di appena due anni. Certo il disagio della loro relazione è stato maggiore del desiderio di continuarla, e della volontà di crescere insieme la bambina.
Ed ecco le radici del comportamento di suo padre: all'inizio la prescrizione di vedere la bambina, probabilmente imposta da un giudice, sarà stato avvertito come un obbligo (di qui il ritardo nel venirla a prendere, l'incuria verso il suo tempo speso ad attendere).
In seguito un lassismo pedagogico che voleva essere lo strumento per fare di sé il genitore preferito, ossia per sentirsi quello buono e amato a cui la strega cattiva ha sottratto la figliola.
Liti per i soldi -è un classico quello che ci racconta dei suoi diciotto anni-; marcate esibizioni, quasi caricaturali, di affetto, ma sostanziale distacco: che a lei dia fastidio il fumo o che non gradisca certi cibi forse a suo padre ricorda una ex che negli anni si è allenato a detestare, quindi in questo campo non vede e non sente.
Tuttavia il genitore affidatario -sua madre- spesso non ha un destino migliore in termini di solitudine e senso di fallimento. Ne consegue anche per lei il desiderio di accaparrarsi l'affetto della figlia, che viene rimproverata e accusata di ingratitudine se appena manifesta affetto e piacere a stare con l'altro genitore.
Ed ecco il ricordo di sua madre che legge la lettera dell'avvocato, piange e accusa lei, che ancora soffre dell'episodio come se fosse davvero colpevole, solo per aver detto che è una bella cosa fare una vacanza col papà.
Provi a vedere tutti e due i genitori sotto questa luce, comprensiva verso le loro debolezze ma realistica su ciò che a lei è mancato.
Spesso è di grande utilità elaborare il trauma cumulativo da lei vissuto con l'aiuto di uno psicologo.
Buone cose.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#3]
Cara utente,
sono lieta di essere riuscita ad aiutarla. Tenga conto che per la sua serena conduzione dei rapporti affettivi futuri (partner, eventuali figli) ma anche nella relazione con i genitori, il fatto di elaborare compiutamente tutto quello che le ha fatto male è molto importante.
Le faccio i migliori auguri.
sono lieta di essere riuscita ad aiutarla. Tenga conto che per la sua serena conduzione dei rapporti affettivi futuri (partner, eventuali figli) ma anche nella relazione con i genitori, il fatto di elaborare compiutamente tutto quello che le ha fatto male è molto importante.
Le faccio i migliori auguri.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 3.6k visite dal 22/04/2022.
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