Come dovrei comportarmi quando qualcuno non vuole ammettere di sbagliare/aver sbagliato?

Mia madre è venuta a mancare 5 anni fa suicidandosi a causa dell'aggravarsi di una situazione familiare molto particolare.
Il peggioramento della sua salute fisica e mentale fu scaturito dal susseguirsi di una serie di eventi collegati ad una mancanza di intesa con i suoi parenti (in particolar modo dei suoi due fratelli) per il sostentamento di mia nonna, ormai diventata incapace di autogestirsi a causa di diverse patologie sorte con la vecchiaia.

Tale mancanza di intesa ha portato mio padre a formulare l'idea (poi tramutatasi in convinzione) che la causa della morte di sua moglie fosse da attribuire proprio a suo cognato e sua cognata (il fratello e la sorella di mia madre) per via dei numerosi diverbi avuti tra loro inerenti le "modalità di ripartizione" della loro madre (mia nonna) e nel sostegno nei suoi confronti.
Di conseguenza, a causa di questo punto di vista (ossia il fatto che siano stati loro due a spingere a mia madre all'esasperazione e quindi al suicidio) non vede di buon occhio il fatto che continui a frequentarmi con loro solo per via di ciò che hanno fatto (che ritiene avessero fatto) a sua moglie ma non solo, da un po' di tempo a questa parte si è anche convinto del fatto che sia stata mia zia a farmi il cosiddetto "lavaggio del cervello", ovvero a cercare (paradossalmente) di mettermi contro si lui poichè responsabile della morte di sua moglie.
Venendo al dunque, oltre al singolo pensiero di essermi fatto mettere in testa l'idea che fosse lui il colpevole della sofferenza di mia madre, è anche convinto (anzi, sicuro) che avessero influenzato il mio modo di rivolgersi nei suoi confronti, ossia controbattergli quando abbiamo delle diversità di vedute in delle discussioni di vario tipo (cosa che prima non facevo e ogni volta che litighiamo non fa altro che rinfacciarmelo).
Ho provato in svariate occasioni a farlo ragionare e a fargli notare i suoi difetti (invano), o magari di fargli capire che i modi con cui mi rimprovera quando commetto degli errori (seppur a fin di bene) sono spesso e volentieri esagerati e alle volte sfociano in violenza vera e propria (quindi in minacce fisiche e talvolta anche verbali), facendo valere solo ed esclusivamente la propria linea di opinione.
A tal proposito mi sorgono alcune domande riguardanti la mia capacità di affrontare questo tipo di sitiuazioni: "Sono io che per assurdo non ha ancora capito come affrontare le relazioni con mio padre, o forse questo mondo è davvero fin troppo ipocrita?
"Sono io che a 20 anni non ho ancora imparato a difendermi e a far valere le mie idee e le mie opinioni (giuste o sbagliate che siano) quando si tratta di discutere su di esse?
".
Mi scuso per l'eccessiva lunghezza di questo messaggio, ma ho voluto provare ad inquadrare la mia situazione nella maniera più chiara e realistica possibile
[#1]
Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 18.6k 598
Gentile utente,

può succedere che a 20 anni (ma anche a 50 o 80) non si riesca a comprendere bene come affrontare alcune situazioni relazionali complesse.
Lei se lo chiede per sè,
ma forse anche Suo padre potrebbe chiederselo.

Tenga conto che vi trovate tutti nel post-suicidio di una famigliare.
Situazione che chiama ognuno
a interrogarsi,
a chiedersi di chi è (stata) la colpa oppure la spintarella decisiva,
ad allontanare da sè il dubbio di avere una parte di responsabilità..

E dunque la Sua domanda così generale
"Come dovrei comportarmi quando qualcuno non vuole ammettere di sbagliare/aver sbagliato?" (titolo)
non si attaglia alla situazione descritta. Il "qualcuno" non è *qualcuno*, è Suo padre.
E così "sbagliato" non è *sbagliato*, è un punto di vista.
Il suicidio è stato definito il massimo della vendetta per chi resta. Nella quale ognuno dei sopravvissuti fa e pensa qualcosa pur di farsene una ragione, per cercare di capire l'incomprensibile. Perchè trattarlo dunque come se fosse una fatto qualsiasi tra gli altri?

Tratti tutta la situazione con estrema delicatezza.
Cerchi di intuire cosa sta sotto a certi modi bruschi.
Non faccia la scuola guida a Suo padre, a che serve?

Saluti cordiali.
Dott. Brunialti

Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/

[#2]
Utente
Utente
Salve dottoressa,
La ringrazio per la sua disponibilità e per la sua gentile risposta, però mi faccia capire... Cosa intende dire con la sua affermazione? "Non faccia la scuola guida a Suo padre, a che serve?" ? Che ogniqualvolta lui si comporta male nei miei confronti o vuole far prevalere la propria percezione della realtà io devo lasciarlo fare e assecondarlo? No, perchè lo stesso discorso mi è stato fatto anche da altre persone con cui ho voluto onfrontarmi e in cui ho cercato appoggio (mia zia paterna e suo marito), quindi vorrei quantomeno capire le motivazioni che stanno alla base di questo ragionamento (che apparentemente sembra condannarmi su tutti i fronti). La ringrazio nuovamente per una suo eventuale ulteriore riscontro
[#3]
Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 18.6k 598
Gentile utente,

ci dice:
"..ogni qualvolta lui si comporta male nei miei confronti o vuole far prevalere la propria percezione della realtà io devo lasciarlo fare e assecondarlo? .."

".. si comporta male..", ".. vuol prevalere ..",
ovviamente qui è assente il punto di vista di lui.
Chi può essere certo che il proprio punto di vista sia quello perfetto?

In ogni caso,
certo Lei può/(deve?) puntualizzare, ma con frasi che iniziano con "IO..": io mi sento, io provo, ecc.
Non certo "TU..", non siete in un tribunale. Chi accusa obbliga l'altro a mettersi sulla difensiva, a difendersi. E' facile diventare aggressivi. A che pro in una situazione di (post-)lutto?



La invito a non replicare subito a questa risposta, bensì a provare a riflettere sul punto di vista che Le viene presentato qui.

Saluti cordiali.
Dott. Brunialti

Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/

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