Scelta lavorativa ed esistenziale

Buonasera.

Ho 49 anni e sono in preda ad una fortissima crisi depressiva a causa di diversi fattori, in primis per le mie scelte lavorative e di vita.


Sono un meridionale con un curriculum scolastico brillante ma universitario pessimo, che mi ha costretto per motivi lavorativi a lasciare la mia città per trasferirmi al nord all' età di 29 anni.

Sono trascorsi 20 anni da quella scelta di vita necessaria, ma onestamente non e' cambiato nulla.
Non sono stato in grado di comprare una casa, non ho una famiglia ne' mai avuto una compagna stabile, il lavoro nn mi soddisfa, non ho soldi da parte, ho provato a rimettermi a studiare ma senza successo.

Spinto dalla solitudine, dalle spese e anche dall' assenza di punti di riferimento e dalla vecchiaia dei genitori, ho deciso di tornare nella mia città al sud, con risultati disastrosi.
Gli anni di assenza mi avevano fatto dimenticare le difficoltà sociali e relazionali del meridione (che perde abitanti ormai senza soluzione di continuità per emigrazione), e sono andato a vivere con i miei genitori anziani di cui uno invalido.
Il lavoro, inoltre, si e' dimostrato totalmente insoddisfacente perché l' ambiente lavorativo non e' "protettivo" come quello precedente e presenta delle forti difficoltà che mi mettono un' ansia fortissima, ad esempio essere disponibile ad orari impensati o reperibile il fine settimana.
Ho cercato di sostituire le gocce di Xanax che prendevo prima con dei prodotti naturali a base di melatonina su consiglio medico, ma il risultato e' un profondo disagio che mi impedisce di dormire di notte (ormai dormo 3/4 ore per notte).
La mia impressione e' che se ho risolto dei problemi che avevo prima (solitudine, soldi, pensiero per i genitori, vicinanza a familiari) ne ho guastati altri, a livello lavorativo innanzitutto, ma anche come libertà individuale.
Da tempo ho anche un rapporto difficile con mia madre a cui ho imputato delle scelte sbagliate fatte ai tempi universitari, ma mi sforzo, per non alimentare discussioni, di non dirlo più e di mettere via il passato, anche se non sempre ci riesco.
Alla mia età ho molte paure, sia per quanto riguarda la mia salute, sia per quanto riguarda il mio futuro.
Mi fa paura la possibilità di rimanere impantanato in questo lavoro, di non poter più studiare, di rimanere da solo, di non trovare più tempo per me stesso come sta accadendo in questo periodo, tanto che ho anche fatto domanda di trasferimento al nord (revocabile) perché vorrei tanto riprendere la vita di prima con dei progetti di cambiamento per me, a cominciare dal riprendere gli studi.
Il problema e' che in questa situazione (lavorativa disastrosa e paludosa a casa dei miei dove vivo per risparmiare sull' affitto) e in quella possibile futura (magari tornare a vivere autonomamente) non so se decidere, avendo tante incognite.
L' età dei miei e la paura di allontanarmi da loro (anche se ho un fratello sposato che vive da loro poco distante), tante altre paure...aiutatemi, vi prego
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.3k 193
Gentile utente,
lo stato di turbamento che ci comunica con le sue parole richiede la consultazione di uno psicologo col quale valutare approfonditamente le sue scelte di vita, sia quelle pregresse, con gli strascichi di malumori, risentimenti e rimpianti che lei si trascina ancora dentro, sia le attuali, con la difficoltà a valutare quello che realmente vuole e soprattutto quello che realmente è realizzabile.
Per farle un esempio, alla sua età intraprendere un nuovo corso di studi e una nuova attività è possibile, ma occorrono insieme motivazione, volontà e buone condizioni di salute.
Anche il medico di base andrebbe consultato, quanto meno per il sovrappeso e per i problemi legati al sonno. Valuti anche la pressione arteriosa.
Per curiosità: quale laurea ha preso a suo tempo?
Le auguro che lei possa al più presto prendere in pugno la sua vita.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

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Utente
Utente
Buongiorno dottoressa.
Per quanto riguarda il corso di laurea ho intrapreso Giurisprudenza ma purtroppo non l' ho finita. All' età di 44 anni, spinto dalla volontà e dalla motivazione di cui mi scrive, mi sono iscritto a Lettere e ho dato ben 9 esami in 2 anni. Poi, per problemi di depressione dovuti soprattutto al lavoro che faccio, mi sono fermato e non sono riuscito ad andare avanti. Ho iniziato sia un percorso psicoterapico sia dei consulti con il medico di base.
Per quanto riguarda il sovrappeso , vado in palestra
Per il sonno, prendo gocce di ansioten
Analisi del sangue e pressione sono regolari
Sia la psicoterapeuta sia il medico di base, indipendentemente dalla sede lavorativa, mi indicano di cercare di non vivere con i genitori.
Sono un appassionato di scrittura e ho anche scritto un libro che sto cercando di pubblicare, sempre attanagliato da paure e ansie
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.3k 193
Gentile utente,
sono lieta di apprendere che viene già seguito da uno psicoterapeuta; questo dovrebbe farla sentire supportato nelle decisioni che adotta.
Perché, dunque, conclude la sua prima email con le parole "aiutatemi, vi prego"?
Lei sa certamente che non esiste alcun percorso, né psicologico né medico né sportivo né dietetico etc. che come principale artefice non abbia il soggetto stesso che lo sta affrontando.
C'è dunque da chiedersi se lei abbia ben valutato le opportunità che le si sono offerte e abbia poi messo in atto nel modo idoneo le decisioni prese.
Dalle cose che scrive mi chiedo se invece non abbia la tendenza ad auto-sabotarsi.
Leggo che ha lasciato la laurea in Legge senza concluderla (come mai? Oltretutto per anni è stata possibile anche la laurea triennale); che ripresi gli studi nella facoltà che preferisce li ha interrotti "per problemi di depressione dovuti soprattutto al lavoro che faccio".
Su questo punto il terapeuta le avrà certo chiarito che la "depressione" di cui si può parlare con degli specialisti è una grave malattia, da curare anche coi farmaci, non semplicemente tristezza, scoraggiamento, stanchezza o stress, e soprattutto non può essere indotta dall'esterno, meno che mai dal lavoro. Al contrario, i suicidi hanno come elemento scatenante -non certo come causa- semmai il licenziamento e la disoccupazione, non il lavoro, e meno che mai un lavoro come il suo, che permette di spostarsi dove si vuole e chiedere trasferimenti perfino revocabili, a quanto ci scrive.
Dunque si tratta di chiarire se lei vuole veramente uscire da questo stallo improduttivo e doloroso.
Se per un grave sovrappeso lei va in palestra e non fa nulla a livello dietetico; se per l'insonnia prende la melatonina me non cerca delle indicazioni psicoterapeutiche; se affianca alla psicoterapia "dei consulti con il medico di base", il quale può solo darle consigli amichevoli, in ogni caso fuorvianti perché intersecantisi con quelli dello specialista; se all'indicazione di non vivere coi genitori non dà seguito e invece si crea nuove ansie cercando di pubblicare un libro, forse dobbiamo concludere che non è scattata la molla della volontà/capacità di cambiamento.
Allora cosa fare?
Il suo psicoterapeuta è lo specialista di riferimento. Sarà lui/lei a stabilire con quali tempi e metodi smuovere la sua tendenza all'immobilismo; ma lei deve metterci la sua tenace collaborazione.
Il resto, compreso il grido d'aiuto che lancia a noi, è un modo per ascoltare varie "sirene" al solo scopo di non seguirne nessuna, e così continuare l'incessante pratica del lamento improduttivo.
Buone cose.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

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Utente
Utente
Egregia dottoressa, buonasera.

La ricerca di un consulto a voi specialisti è stata dettata proprio dall'insoddisfazione nei confronti della specialista a cui mi sono rivolto, che vive nella città in cui vivevo prima e che ora mi segue con sedute on line.

Per quanto riguarda gli studi, come ho scritto, dopo un curriculum scolastico brillante, non ho saputo/potuto scegliere un corso universitario che mi piaceva. Spinto dall'esito brillante di un percorso liceale, avrei voluto scegliere Medicina, ma l'ambiente familiare, in particolare quello materno mi era avverso in questa scelta per motivi che nn sto a spiegare. Una mia forte insicurezza di fondo e, probabilmente, questa bassa autostima derivata da un contesto sociale e relazionale escludente, mi spinse a ritenermi inadeguato a questo genere di studi, e mi fece "ripiegare" su Legge. Iniziò un lungo periodo di risentimento soprattutto verso mia madre, non riuscivo a dare esami in numero soddisfacente, ma c'era e c'è un altro problema, che si è manifestato anche nei rapporti con l'altro sesso. La verità è che al di là della Legge o della Medicina, non riuscivo a dare gli esami per paura di un rifiuto, di una bocciatura, e la stessa cosa si è manifestata anche con il sesso femminile. Sono rimasto solo per questo, non perchè non mi sia mai innamorato di una donna. Questa chiusura, questa timidezza, acuita da un contesto che non poteva comprendermi, mi ha portato alla situazione attuale. Inoltre, l' insoddisfazione e la frustrazione mi hanno anche portato ad un uso sconsiderato del denaro, per cui alla fine del mese (sebbene questo problema sia forse sociale) mi rimane poco o nulla.

La psicoterapia in merito all' insonnia nn mi ha portato a nessuna indicazione positiva. Probabilmente devo cambiare specialista. Il senso del rivolgermi su questo sito è questo. Quanto al libro, l'indicazione della psicoterapia era proprio quella di fare cose per me, cose concrete, che non riesco a fare, a causa di un lavoro che mi crea delle ansie incredibili. Da quando sono tornato nella mia città, mi porto il lavoro ovunque, in ogni momento della giornata, è diventato un vero inferno.

Quando vivevo fuori, avevo preoccupazioni in merito alla lontananza dai genitori anziani, alle bollette, all'affitto....da quando sono a casa con i miei, ho forse risolto quelle preoccupazioni, ma il lavoro è nettamente peggiorato (mentre prima nn mi dava noie), e inoltre l' indicazione di non vivere più con i genitori vanificherebbe uno dei motivi per cui sono tornato (risparmiare).

La domanda in sintesi è questa: è stato opportuno ritornare a casa come nell'adolescenza oppure sbagliato? Oppure è solo un abbaglio e ho peggiorato le cose? Soprattutto, sono corretti i miei ragionamenti? Aggiungo che questa decisione di ritornare è stata anche dettata dalla pandemia e dalle paure che ha generato. Mi scusi se prima non le ho spiegato chiaramente, il lavoro fortunatamente mi consente di spostarmi con una certa libertà
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.3k 193
Gentile utente,
se rilegge con attenzione #3 troverà le risposte alle domande che qui replica e indirettamente anche la risposta alla domanda: "sono corretti i miei ragionamenti?".
I ragionamenti (con le azioni e le emozioni che ne conseguono) che la fanno sentire "sempre attanagliato da paure e ansie" possono essere "corretti", ossia funzionali alla migliore realizzazione della sua vita e del suo benessere?
Quanto alle domande "è stato opportuno ritornare a casa come nell'adolescenza oppure sbagliato? Oppure è solo un abbaglio e ho peggiorato le cose?", ormai avrà capito attraverso la terapia che la bussola del bene/male, piacere/dispiacere soggettivo, siamo noi stessi.
Certo, non virando come banderuole al minimo cenno di disagio e tornando indietro al primo intoppo. Qui il ragionamento corretto che valuta non solo il vantaggio immediato (come fanno i bambini) ma anche quello a medio e lungo termine, interviene sugli stati d'animo, che tuttavia danno la prima indicazione. Sta a lei scoprire, attraverso la terapia, se i suoi stati d'animo sono quelli dell'adulto che conosce sé stesso o quelli del bambino spaventato e sempre in fuga, con una bassa soglia di tolleranza alle frustrazioni.
Lei continua ad evitare la presa in carico delle sue scelte e continua a collocare fuori di sé il locus of control del suo disagio, senza accorgersi dell'azione costantemente demolitrice che attua. Nell'ultima email per esempio esprime dubbi sul restare in terapia con la specialista che la segue. Ci sono casi in cui la scelta di cambiare è dolorosa ma opportuna; molti di più sono i casi in cui cambiare specialista è una fuga.
Valuti lei se ha verificato fino in fondo ciò che le offre l'attuale terapeuta, o se rischia di ripetere il solito copione.
Buone cose.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com