Workaholism
Sono un'insegnante di scuola primaria prossima alla pensione.
Questo mestiere riempie la mia vita.
Soffro di disturbo d'ansia e depressione.
Da anni assumo escitalopram e alprazolam prescritto da psichiatra.
Non riesco a staccare MAI la spina...
Riesco a placare l'ansia solo dedicandomi al lavoro e alla progettazione delle attività didattiche.
È la mia isola di pace...
Ma riconosco che non sia bene...
Questo mestiere riempie la mia vita.
Soffro di disturbo d'ansia e depressione.
Da anni assumo escitalopram e alprazolam prescritto da psichiatra.
Non riesco a staccare MAI la spina...
Riesco a placare l'ansia solo dedicandomi al lavoro e alla progettazione delle attività didattiche.
È la mia isola di pace...
Ma riconosco che non sia bene...
[#1]
Buonasera
di per se il pensionamento per alcune persone può essere fonte di stress ed ansia, quindi senza dubbio un momento della vita delicato.
Vorrei farle una domanda: da anni è in terapia farmacologica, ma non ha parlato anche di una psicoterapia. Non ha mai provato a rivolgersi ad uno psicoterapeuta per risolvere i suoi problemi?
"Riesco a placare l'ansia solo dedicandomi al lavoro e alla progettazione delle attività didattiche." questo avrebbe senso nel caso in cui il lavoro sia la sua unica vera distrazione che lei ha da se stessa. L'ansia tende a farsi più presente nei momenti in cui si ha tempo di pensare. perché chi soffre d'ansia lotta (anche se sarebbe meglio dire "tenta di evitare") contro qualcosa che intimorisce. Contro un oggetto fobico. Certe volte paradossalmente questo oggetto fobico può essere anche l'ansia stessa.
Quando niente ci distrae da questa fobia tendiamo ad "evocarla" nei nostri pensieri, innescando una spirale di tentativi di evitamento che dato che non vanno a buon fine finiscono per peggiorare la situazione, quindi la persona mette in atto altri tentativi di evitamento...e così via.
Probabilmente per lei, il lavoro è quel diversivo che le permette di evitare di pensare. Da qui, la sua attuale paura che mi sembra di poter interpretare come: "cosa farò e come farò una volta che non avrò più il lavoro?".
Le consiglierei, qualora non lo stia già facendo, di farsi seguire da uno psicologo/psicoterapeuta che potrà eventualmente consigliarle un percorso con l'obiettivo di risolvere i problemi di ansia.
Spero di essere stato d'aiuto
resto a disposizione
Saluti
di per se il pensionamento per alcune persone può essere fonte di stress ed ansia, quindi senza dubbio un momento della vita delicato.
Vorrei farle una domanda: da anni è in terapia farmacologica, ma non ha parlato anche di una psicoterapia. Non ha mai provato a rivolgersi ad uno psicoterapeuta per risolvere i suoi problemi?
"Riesco a placare l'ansia solo dedicandomi al lavoro e alla progettazione delle attività didattiche." questo avrebbe senso nel caso in cui il lavoro sia la sua unica vera distrazione che lei ha da se stessa. L'ansia tende a farsi più presente nei momenti in cui si ha tempo di pensare. perché chi soffre d'ansia lotta (anche se sarebbe meglio dire "tenta di evitare") contro qualcosa che intimorisce. Contro un oggetto fobico. Certe volte paradossalmente questo oggetto fobico può essere anche l'ansia stessa.
Quando niente ci distrae da questa fobia tendiamo ad "evocarla" nei nostri pensieri, innescando una spirale di tentativi di evitamento che dato che non vanno a buon fine finiscono per peggiorare la situazione, quindi la persona mette in atto altri tentativi di evitamento...e così via.
Probabilmente per lei, il lavoro è quel diversivo che le permette di evitare di pensare. Da qui, la sua attuale paura che mi sembra di poter interpretare come: "cosa farò e come farò una volta che non avrò più il lavoro?".
Le consiglierei, qualora non lo stia già facendo, di farsi seguire da uno psicologo/psicoterapeuta che potrà eventualmente consigliarle un percorso con l'obiettivo di risolvere i problemi di ansia.
Spero di essere stato d'aiuto
resto a disposizione
Saluti
Dr. Francesco Beligni - PSICOLOGO PSICOTERAPEUTA
Riceve su Siena-Arezzo oppure ONLINE
www.francescobeligni.it
[#2]
Utente
Grazie infinite dottore per la sua risposta più che immediata!
Sì, sono andata per un periodo in psicoterapia (la terapia breve strategica, mi pare che si chiami ...) per affrontare, non tanto questo, ma un altro problema: ho il terrore delle indagini mediche, da anni non eseguo controlli perché proprio non riesco ad affrontare il pensiero degli esiti.
Non so cosa abbia scatenato questo terrore, questa "sfiducia" nei confronti della medicina, questo "consegnare"
al destino le sorti.
Mi sono rivolta alla psicologa in un periodo di massima ansia: a mio marito era stato diagnosticato un melanoma ed eravamo in attesa dell'esito delle biopsie.
Per fortuna tutto andò bene e mio marito continuò con i controlli periodici.
Ora forse ... il melanoma si è risvegliato e ... con lui le innumerevoli indagini cliniche.
Se a ciò aggiungiamo criticità nel rapporto con mia sorella che "mi odia" perché ho spinto per vendere la casa di nostra madre in modo da non avere più problemi di condominio, inquilini ecc..
Mia figlia ha due bimbi meravigliosi, ma abitano piuttosto lontano ...
Insomma, respiro soltanto quando mi accoccolo nella mia bolla fatta di preparazione di attività per i miei piccoli scolari.
E lo sento che è un atteggiamento ossessivo- compulsivo.
Grazie ancora per le sue parole, dottore.
Sì, sono andata per un periodo in psicoterapia (la terapia breve strategica, mi pare che si chiami ...) per affrontare, non tanto questo, ma un altro problema: ho il terrore delle indagini mediche, da anni non eseguo controlli perché proprio non riesco ad affrontare il pensiero degli esiti.
Non so cosa abbia scatenato questo terrore, questa "sfiducia" nei confronti della medicina, questo "consegnare"
al destino le sorti.
Mi sono rivolta alla psicologa in un periodo di massima ansia: a mio marito era stato diagnosticato un melanoma ed eravamo in attesa dell'esito delle biopsie.
Per fortuna tutto andò bene e mio marito continuò con i controlli periodici.
Ora forse ... il melanoma si è risvegliato e ... con lui le innumerevoli indagini cliniche.
Se a ciò aggiungiamo criticità nel rapporto con mia sorella che "mi odia" perché ho spinto per vendere la casa di nostra madre in modo da non avere più problemi di condominio, inquilini ecc..
Mia figlia ha due bimbi meravigliosi, ma abitano piuttosto lontano ...
Insomma, respiro soltanto quando mi accoccolo nella mia bolla fatta di preparazione di attività per i miei piccoli scolari.
E lo sento che è un atteggiamento ossessivo- compulsivo.
Grazie ancora per le sue parole, dottore.
[#3]
"ho il terrore delle indagini mediche," in terapia strategica la definiamo "patofobia". Come può dedurre dal nome, anche per quel problema la sfera è sempre la solita: fobie.
"E lo sento che è un atteggiamento ossessivo- compulsivo." cerchiamo di non darsi delle etichette a caso. Al limite è un atteggiamento ossessivo-fobico. E come vede è caratterizzato dalla stessa "tentata soluzione", quella della fuga, l'evitamento del problema, che lei definisce "mia bolla fatta di preparazione di attività".
Ma la paura affrontata diventa coraggio. La paura evitata diventa panico.
(lo tenga a mente)
Il suo terapeuta strategico sarà senza dubbio efficace nell'aiutarla ad affrontare le sue fobie e quindi prendersi cura della sua ansia.
Ma stavolta si lasci portare fino a conclusione del trattamento
Mi tenga aggiornato!
"E lo sento che è un atteggiamento ossessivo- compulsivo." cerchiamo di non darsi delle etichette a caso. Al limite è un atteggiamento ossessivo-fobico. E come vede è caratterizzato dalla stessa "tentata soluzione", quella della fuga, l'evitamento del problema, che lei definisce "mia bolla fatta di preparazione di attività".
Ma la paura affrontata diventa coraggio. La paura evitata diventa panico.
(lo tenga a mente)
Il suo terapeuta strategico sarà senza dubbio efficace nell'aiutarla ad affrontare le sue fobie e quindi prendersi cura della sua ansia.
Ma stavolta si lasci portare fino a conclusione del trattamento
Mi tenga aggiornato!
Dr. Francesco Beligni - PSICOLOGO PSICOTERAPEUTA
Riceve su Siena-Arezzo oppure ONLINE
www.francescobeligni.it
[#4]
Utente
Buonasera dott. Beligni, intanto La ringrazio infinitamente per le Sue sollecite risposte.
Le do subito un aggiornamento, anzi un chiarimento.
Quando mi recai dalla psicologa specializzata in terapia breve strategica era il 2010 (un'estate terribile perché fu quella in cui dovemmo affrontare il problema del melanoma di mio marito), la dottoressa mi disse che il ciclo di psicoterapia sarebbe durato per 10 sedute, dopodiché, se non avessimo trovato risultati positivi, avremmo dovuto interrompere. E così fu.
Mi chiese di esporre il mio problema e io le riferii di avere quella che Lei chiama "patofobia" (non l'ipocondria che costringe i pazienti a rivolgersi continuamente ai medici per controllare il proprio stato di salute: "magari!") ovvero il terrore delle indagini cliniche e soprattutto dell'attesa degli esiti.
Come Le ho detto sono anni che non riesco a fare analisi di routine (sangue, pap-test, mammografie ...).
Mi fece fare dei "compiti scritti" (di cui non ricordo nulla, ma che svolsi con diligenza).
Durante le sedute, non riuscivo a concentrarmi su ciò che mi diceva ... e quando parlavo io mi sembrava di dire delle gran banalità ...
Un giorno mi disse "Alla mammografia ci pensi quando l'ha fatta, non prima". Le confesso che la stessa precisa frase mi era stata detta da una collega, a scuola, davanti alla macchinetta del caffè. Beh, se bastasse questo consiglio ... io il mio problema lo avrei abbondantemente risolto. Non le pare?
Lei mi esorta a tenere a mente un concetto fondamentale: "La paura affrontata diventa coraggio. La paura evitata diventa panico."
Perfetto. Ma quando non si riesce ad affrontarla la paura (facendola diventare coraggio?), subentra anche un crollo totale dell'autostima.
Credo di essere "irrecuperabile".
Grazie per l'attenzione e una Sua eventuale replica.
Con gratitudine.
Le do subito un aggiornamento, anzi un chiarimento.
Quando mi recai dalla psicologa specializzata in terapia breve strategica era il 2010 (un'estate terribile perché fu quella in cui dovemmo affrontare il problema del melanoma di mio marito), la dottoressa mi disse che il ciclo di psicoterapia sarebbe durato per 10 sedute, dopodiché, se non avessimo trovato risultati positivi, avremmo dovuto interrompere. E così fu.
Mi chiese di esporre il mio problema e io le riferii di avere quella che Lei chiama "patofobia" (non l'ipocondria che costringe i pazienti a rivolgersi continuamente ai medici per controllare il proprio stato di salute: "magari!") ovvero il terrore delle indagini cliniche e soprattutto dell'attesa degli esiti.
Come Le ho detto sono anni che non riesco a fare analisi di routine (sangue, pap-test, mammografie ...).
Mi fece fare dei "compiti scritti" (di cui non ricordo nulla, ma che svolsi con diligenza).
Durante le sedute, non riuscivo a concentrarmi su ciò che mi diceva ... e quando parlavo io mi sembrava di dire delle gran banalità ...
Un giorno mi disse "Alla mammografia ci pensi quando l'ha fatta, non prima". Le confesso che la stessa precisa frase mi era stata detta da una collega, a scuola, davanti alla macchinetta del caffè. Beh, se bastasse questo consiglio ... io il mio problema lo avrei abbondantemente risolto. Non le pare?
Lei mi esorta a tenere a mente un concetto fondamentale: "La paura affrontata diventa coraggio. La paura evitata diventa panico."
Perfetto. Ma quando non si riesce ad affrontarla la paura (facendola diventare coraggio?), subentra anche un crollo totale dell'autostima.
Credo di essere "irrecuperabile".
Grazie per l'attenzione e una Sua eventuale replica.
Con gratitudine.
[#5]
salve di nuovo.
non posso entrare in merito al lavoro che ha svolto con la mia collega, non soltanto per etica deontologica, ma soprattutto perché non avendo modo di conoscere i dettagli del vostro percorso qualunque mio commento potrebbe essere fuori luogo.
Posso dirle che:
- Il mio mentore sostiene che "non esistono pazienti impossibili, solo terapeuti incapaci". Non si riferisce ad un senso assoluto di incapacità, ma incapacità relegata a quel momento specifico e a quel caso specifico. Io sono d'accordo con lui.
- Parte fondamentale della terapia psicologica (qualunque sia l'orientamento specifico del terapeuta) è la relazione che si instaura tra paz. e terapeuta. Quindi non è detto che seppur infinitamente bravo, un terapeuta sia in grado di potersi occupare di qualunque paziente.
- Conosco il protocollo che si utilizza generalmente con i patofobici in terapia strategica (dato anche anche io sono di quell'orientamento) ed una delle manovre che solitamente si utilizza è quella della mezz'ora di peggiore fantasia. Si ricorda se le è stata prescritta questa tecnica? Consiste nel dedicare tutti i giorni mezz'ora ad evocare le sue paure.
- "Durante le sedute, non riuscivo a concentrarmi su ciò che mi diceva ... e quando parlavo io mi sembrava di dire delle gran banalità ..." se aveva di questi problemi nell'interpretare cosa le diceva la terapeuta o questo dubbio avrebbe dovuto dirlo apertamente. Questo avrebbe reso meno vano il tentativo della collega che magari ha erroneamente pensato di essere stata efficace nella comunicazione mentre lei invece non riusciva a seguirla. Tuttavia, dal mio punto di vista è stato errore della collega non accorgersi che non la stava seguendo e comprendendo. Purtroppo tutti possono commettere errori.
- ""Alla mammografia ci pensi quando l'ha fatta, non prima" (...) Beh, se bastasse questo consiglio ... io il mio problema lo avrei abbondantemente risolto. Non le pare?" prendendo in considerazione la singola frase, senza aver modo di contestualizzarla le direi che ha ragione. Ma credo che in 10 sedute vi siate detti ben più di questo.
Ripeto, non voglio difendere la collega, ma semplicemente dire che andrebbe contestualizzato il tutto.
- Probabilmente il suo problema si è cronicizzato con un decorso molto lungo e le sue resistenze al cambiamento saranno molto difficili da aggirare, ma non impossibili. Si tratta soltanto di trovare il terapeuta giusto, e se riesce di una buona motivazione da parte sua. Come dicevamo, "non esistono pazienti impossibili".
Le mostro la paradossalità più grande del suo problema:
" sono anni che non riesco a fare analisi di routine (sangue, pap-test, mammografie ...)."
Lei ha la paura e l'ossessione di morire di qualche malattia, ma nonostante questo non fa la cosa che più di tutte la aiuterebbe a scongiurare questo problema: delle banali analisi del sangue.
Anche a lei sembra quanto meno "particolare" come ragionamento?
" "La paura affrontata diventa coraggio. La paura evitata diventa panico."
Perfetto. Ma quando non si riesce ad affrontarla la paura (facendola diventare coraggio?), subentra anche un crollo totale dell'autostima."
Esatto. E infatti evitando, scappando e rimandando da tutto questo tempo penso che la sua autostima abbia subito un bel crollo. Per quello si rifugia in ciò che sa fare meglio: il lavoro. Quella è la fuga che le permette di riacquistare autostima.
Allora come fare?
Ci sono delle tecniche (una gliel'ho descritta sopra) che hanno proprio questa funzione di riportare le persone ad affrontare anziché evitare: a guardare la paura in faccia. Perché se lei si avvicinasse al suo fantasma così tanto da poterlo toccare, vedrebbe che quando si tocca il fantasma svanisce.
"Credo di essere "irrecuperabile"
Io non credo.
Comprenderà però che questo non sia il contesto giusto però per fare una terapia.
Mi fa piacere essermi dedicato a lei, dato anche il lavoro di estrema importanza che ha svolto in tutti questi anni.
Resto a disposizione
Saluti
non posso entrare in merito al lavoro che ha svolto con la mia collega, non soltanto per etica deontologica, ma soprattutto perché non avendo modo di conoscere i dettagli del vostro percorso qualunque mio commento potrebbe essere fuori luogo.
Posso dirle che:
- Il mio mentore sostiene che "non esistono pazienti impossibili, solo terapeuti incapaci". Non si riferisce ad un senso assoluto di incapacità, ma incapacità relegata a quel momento specifico e a quel caso specifico. Io sono d'accordo con lui.
- Parte fondamentale della terapia psicologica (qualunque sia l'orientamento specifico del terapeuta) è la relazione che si instaura tra paz. e terapeuta. Quindi non è detto che seppur infinitamente bravo, un terapeuta sia in grado di potersi occupare di qualunque paziente.
- Conosco il protocollo che si utilizza generalmente con i patofobici in terapia strategica (dato anche anche io sono di quell'orientamento) ed una delle manovre che solitamente si utilizza è quella della mezz'ora di peggiore fantasia. Si ricorda se le è stata prescritta questa tecnica? Consiste nel dedicare tutti i giorni mezz'ora ad evocare le sue paure.
- "Durante le sedute, non riuscivo a concentrarmi su ciò che mi diceva ... e quando parlavo io mi sembrava di dire delle gran banalità ..." se aveva di questi problemi nell'interpretare cosa le diceva la terapeuta o questo dubbio avrebbe dovuto dirlo apertamente. Questo avrebbe reso meno vano il tentativo della collega che magari ha erroneamente pensato di essere stata efficace nella comunicazione mentre lei invece non riusciva a seguirla. Tuttavia, dal mio punto di vista è stato errore della collega non accorgersi che non la stava seguendo e comprendendo. Purtroppo tutti possono commettere errori.
- ""Alla mammografia ci pensi quando l'ha fatta, non prima" (...) Beh, se bastasse questo consiglio ... io il mio problema lo avrei abbondantemente risolto. Non le pare?" prendendo in considerazione la singola frase, senza aver modo di contestualizzarla le direi che ha ragione. Ma credo che in 10 sedute vi siate detti ben più di questo.
Ripeto, non voglio difendere la collega, ma semplicemente dire che andrebbe contestualizzato il tutto.
- Probabilmente il suo problema si è cronicizzato con un decorso molto lungo e le sue resistenze al cambiamento saranno molto difficili da aggirare, ma non impossibili. Si tratta soltanto di trovare il terapeuta giusto, e se riesce di una buona motivazione da parte sua. Come dicevamo, "non esistono pazienti impossibili".
Le mostro la paradossalità più grande del suo problema:
" sono anni che non riesco a fare analisi di routine (sangue, pap-test, mammografie ...)."
Lei ha la paura e l'ossessione di morire di qualche malattia, ma nonostante questo non fa la cosa che più di tutte la aiuterebbe a scongiurare questo problema: delle banali analisi del sangue.
Anche a lei sembra quanto meno "particolare" come ragionamento?
" "La paura affrontata diventa coraggio. La paura evitata diventa panico."
Perfetto. Ma quando non si riesce ad affrontarla la paura (facendola diventare coraggio?), subentra anche un crollo totale dell'autostima."
Esatto. E infatti evitando, scappando e rimandando da tutto questo tempo penso che la sua autostima abbia subito un bel crollo. Per quello si rifugia in ciò che sa fare meglio: il lavoro. Quella è la fuga che le permette di riacquistare autostima.
Allora come fare?
Ci sono delle tecniche (una gliel'ho descritta sopra) che hanno proprio questa funzione di riportare le persone ad affrontare anziché evitare: a guardare la paura in faccia. Perché se lei si avvicinasse al suo fantasma così tanto da poterlo toccare, vedrebbe che quando si tocca il fantasma svanisce.
"Credo di essere "irrecuperabile"
Io non credo.
Comprenderà però che questo non sia il contesto giusto però per fare una terapia.
Mi fa piacere essermi dedicato a lei, dato anche il lavoro di estrema importanza che ha svolto in tutti questi anni.
Resto a disposizione
Saluti
Dr. Francesco Beligni - PSICOLOGO PSICOTERAPEUTA
Riceve su Siena-Arezzo oppure ONLINE
www.francescobeligni.it
[#6]
Utente
Dottore, La ringrazio! E' stato esaustivo e chiarissimo.
Il Suo interessamento, sempre sollecito ed encomiabile, merita un chiarimento ulteriore:
quando andai per la prima volta dal neuropsichiatra (a causa di una bella depressione con ansia ed attacchi di panico), prima di prescrivermi i farmaci a cui Le ho accennato, mi fece parlare ... Formulò pochissime domande, ma in un'ora quell' "uomo" riuscì a farmi raccontare tutta la mia vita! Se ci penso me ne stupisco ancora adesso.
Non sono sempre stata patofobica. Ricordo di esserlo stata ai tempi dell'Università, prima non mi sembra. Quello che vorrei capire è quale sia stato il trauma (perché di ciò deve essersi trattato) che ha generato tutto quanto ...
Penso che seguirò il suo consiglio: tornerò da un neuropsichiatra, con cui, oltre ad "aggiornare" il mio protocollo terapeutico, cercherò di far luce in questo loop nel quale mi sono infilata.
Ringraziandola ancora, Le auguro buone cose e buon lavoro.
Il Suo interessamento, sempre sollecito ed encomiabile, merita un chiarimento ulteriore:
quando andai per la prima volta dal neuropsichiatra (a causa di una bella depressione con ansia ed attacchi di panico), prima di prescrivermi i farmaci a cui Le ho accennato, mi fece parlare ... Formulò pochissime domande, ma in un'ora quell' "uomo" riuscì a farmi raccontare tutta la mia vita! Se ci penso me ne stupisco ancora adesso.
Non sono sempre stata patofobica. Ricordo di esserlo stata ai tempi dell'Università, prima non mi sembra. Quello che vorrei capire è quale sia stato il trauma (perché di ciò deve essersi trattato) che ha generato tutto quanto ...
Penso che seguirò il suo consiglio: tornerò da un neuropsichiatra, con cui, oltre ad "aggiornare" il mio protocollo terapeutico, cercherò di far luce in questo loop nel quale mi sono infilata.
Ringraziandola ancora, Le auguro buone cose e buon lavoro.
[#7]
Ci mancherebbe.
Comunque io non le ho consigliato un neuropsichiatra, ma uno psicoterapeuta. Lei ha un problema di natura psicologica, non di natura neurologica.
Gli psicofarmaci aiutano a passare oltre al problema non lo risolvono (quasi mai).
Come anche conoscere il momento in cui un orologio si è inceppato non aiuta a sistemarlo.
In bocca la lupoi
Comunque io non le ho consigliato un neuropsichiatra, ma uno psicoterapeuta. Lei ha un problema di natura psicologica, non di natura neurologica.
Gli psicofarmaci aiutano a passare oltre al problema non lo risolvono (quasi mai).
Come anche conoscere il momento in cui un orologio si è inceppato non aiuta a sistemarlo.
In bocca la lupoi
Dr. Francesco Beligni - PSICOLOGO PSICOTERAPEUTA
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www.francescobeligni.it
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