Ansia, senso di smarrimento
Gentili dottori, sono un ragazzo di 27 anni pesantemente fuoricorso all'università.
Ho scelto da solo gli studi per una forte passione.
I motivi di questo ritardo sono prettamente personali, cercherò di riassumerli.
Sono uno studente di ingegneria, ma ho una maturità classica.
I primi due anni furono difficilissimi, ma riuscii a dare esami, non tutti, con buoni voti.
Iniziai ad accumulare ritardo perché ho dovuto recuperare da solo le intere basi che servivano per questi studi.
Da lì, complice lo stress certo ma non solo, sono caduto in un vortice che mi ha portato in profonda depressione legata a diverse cause: scarsa autostima, insoddisfazione, precarietà economica (ora risolta), insoddisfazione per le relazioni interpersonali, una storia d'amore conclusa male, un lutto di una persona a cui ero legatissimo... Non riuscivo più a studiare e passavo giornate intere nella disperazione totale, fra vuoti di memoria e voglia di fare zero.
Ho sviluppato attacchi di ansia e panico (non avevo precedenti), senso di smarrimento dalla realtà e una sorta di nichilismo estremo, diventando inoltre fumatore accanito.
Nel frattempo sono uscito fuori corso.
Ho saltato diverse sessioni di esami perché mi sentivo troppo male per aprire libro.
Ho dovuto nascondere ai miei genitori questo profondo malessere perché in casa c'è sempre stato lo stigma della depressione: le persone depresse per loro sono incapaci e lamentose.
Hanno iniziato a credere che il mio ritardo negli studi fosse riconducibile alla mia totale incapacità, alimentando così una forte disillusione nei miei confronti.
Dopo quasi 2 anni e mezzo passati in questa situazione, decisi di recarmi da uno psicologo, di nascosto e con i risparmi di piccoli lavoretti che continuo a svolgere.
Un anno e mezzo di terapia mi ha riportato a vivere ed ho ricominciato a dare esami, senza farmi mancare attimi di disperazione, ma di attimi si tratta, non come anni fa.
Oggi sono ritornato a studiare come una macchina da guerra e ho ripreso a passare esami.
Dovrei terminare entro un anno, se tutto va bene.
Ma su di me incombe il peso di questi anni bruciati nel modo peggiore, soffrendo mentalmente, autosabotandomi, ritirandomi dalla realtà.
Ho accumulato un ritardo enorme nella mia carriera accademica e ciò mi scatena oggi attimi di disperazione di cui parlavo prima: ho paura del dopo, di non trovare lavoro.
Questa paura mi immobilizza per alcune ore, poi riesco a scacciarla e posso rimettermi al lavoro.
Non posso parlare di questo problema a casa, in quanto mi considererebbero ancora peggio di quanto facciano ora.
Se la terapia mi ha insegnato a trovare da "solo" le energie per affrontare certe situazioni, non nego che mi piacerebbe ricevere una mezza parola di conforto...
Attualmente non so se riprendere con la terapia, lasciata prima del Covid.
Come posso gestire questa catena di pensieri?
Come posso "ripulirmi" da queste ansie che mi immobilizzano per alcune ore?
Devo sentirmi in colpa per il mio ritardo?
Ho scelto da solo gli studi per una forte passione.
I motivi di questo ritardo sono prettamente personali, cercherò di riassumerli.
Sono uno studente di ingegneria, ma ho una maturità classica.
I primi due anni furono difficilissimi, ma riuscii a dare esami, non tutti, con buoni voti.
Iniziai ad accumulare ritardo perché ho dovuto recuperare da solo le intere basi che servivano per questi studi.
Da lì, complice lo stress certo ma non solo, sono caduto in un vortice che mi ha portato in profonda depressione legata a diverse cause: scarsa autostima, insoddisfazione, precarietà economica (ora risolta), insoddisfazione per le relazioni interpersonali, una storia d'amore conclusa male, un lutto di una persona a cui ero legatissimo... Non riuscivo più a studiare e passavo giornate intere nella disperazione totale, fra vuoti di memoria e voglia di fare zero.
Ho sviluppato attacchi di ansia e panico (non avevo precedenti), senso di smarrimento dalla realtà e una sorta di nichilismo estremo, diventando inoltre fumatore accanito.
Nel frattempo sono uscito fuori corso.
Ho saltato diverse sessioni di esami perché mi sentivo troppo male per aprire libro.
Ho dovuto nascondere ai miei genitori questo profondo malessere perché in casa c'è sempre stato lo stigma della depressione: le persone depresse per loro sono incapaci e lamentose.
Hanno iniziato a credere che il mio ritardo negli studi fosse riconducibile alla mia totale incapacità, alimentando così una forte disillusione nei miei confronti.
Dopo quasi 2 anni e mezzo passati in questa situazione, decisi di recarmi da uno psicologo, di nascosto e con i risparmi di piccoli lavoretti che continuo a svolgere.
Un anno e mezzo di terapia mi ha riportato a vivere ed ho ricominciato a dare esami, senza farmi mancare attimi di disperazione, ma di attimi si tratta, non come anni fa.
Oggi sono ritornato a studiare come una macchina da guerra e ho ripreso a passare esami.
Dovrei terminare entro un anno, se tutto va bene.
Ma su di me incombe il peso di questi anni bruciati nel modo peggiore, soffrendo mentalmente, autosabotandomi, ritirandomi dalla realtà.
Ho accumulato un ritardo enorme nella mia carriera accademica e ciò mi scatena oggi attimi di disperazione di cui parlavo prima: ho paura del dopo, di non trovare lavoro.
Questa paura mi immobilizza per alcune ore, poi riesco a scacciarla e posso rimettermi al lavoro.
Non posso parlare di questo problema a casa, in quanto mi considererebbero ancora peggio di quanto facciano ora.
Se la terapia mi ha insegnato a trovare da "solo" le energie per affrontare certe situazioni, non nego che mi piacerebbe ricevere una mezza parola di conforto...
Attualmente non so se riprendere con la terapia, lasciata prima del Covid.
Come posso gestire questa catena di pensieri?
Come posso "ripulirmi" da queste ansie che mi immobilizzano per alcune ore?
Devo sentirmi in colpa per il mio ritardo?
[#1]
Gentile utente,
difficili questi anni... ci racconta diverse cose successe, molto disagio, e anche buone capacità, ad esempio il trovare il modo di lavorare per pagarsi la terapia, la sua determinazione, anche...
Leggendo mi domando cosa la allontani dalla possibilità di ricontattare il suo terapeuta in questo momento difficile...
Non conosco il caso, tuttavia nella mia esperienza a volte capita che alcuni possano vivere il ritorno in terapia come se fosse un "non avercela fatta con le proprie forze"... il che in effetti rende complesso prendere una decisione...
Ci racconta della "disillusione", che i suoi avrebbero avuto, a un certo punto. Disilludersi, in una certa misura, è anche un processo fisiologico, anche se difficile, ci "umanizza", con i nostri pregi e difetti...
Da ciò che ci racconta le consiglierei di riprendere i colloqui con il suo terapeuta o con un/una collega. Quello che vive ora potrebbe trovare ascolto, diventare magari modo per fare un pezzo di strada in avanti e stare meglio...
Un saluto
difficili questi anni... ci racconta diverse cose successe, molto disagio, e anche buone capacità, ad esempio il trovare il modo di lavorare per pagarsi la terapia, la sua determinazione, anche...
Leggendo mi domando cosa la allontani dalla possibilità di ricontattare il suo terapeuta in questo momento difficile...
Non conosco il caso, tuttavia nella mia esperienza a volte capita che alcuni possano vivere il ritorno in terapia come se fosse un "non avercela fatta con le proprie forze"... il che in effetti rende complesso prendere una decisione...
Ci racconta della "disillusione", che i suoi avrebbero avuto, a un certo punto. Disilludersi, in una certa misura, è anche un processo fisiologico, anche se difficile, ci "umanizza", con i nostri pregi e difetti...
Da ciò che ci racconta le consiglierei di riprendere i colloqui con il suo terapeuta o con un/una collega. Quello che vive ora potrebbe trovare ascolto, diventare magari modo per fare un pezzo di strada in avanti e stare meglio...
Un saluto
Dr. Donato Duse
Psicologo Psicoterapeuta
[#2]
Utente
Gentilissimo dottore, la ringrazio per aver risposto.
Lei ha ben compreso la questione: ritornare mi fa sentire di aver fallito, anche in questo ambito.
Inoltre, prima di ogni seduta ho sempre avvertito un "peso" sullo stomaco e ho paura che aggiungendo quell'ulteriore micro-ansia, possa di nuovo scatenare il pandemonio, ciò significherebbe di nuovo perdere moltissimo tempo, precludermi un futuro già incerto di suo e tornare nel vortice senza fine.
Questa paura la ritengo irrazionale perché la terapia mi ha già aiutato in passato, ma chiaramente con un prezzo: il tempo.
E nonostante sia in grado di riconoscerla come irrazionale, non riesco a "domarla".
Lei ha ben compreso la questione: ritornare mi fa sentire di aver fallito, anche in questo ambito.
Inoltre, prima di ogni seduta ho sempre avvertito un "peso" sullo stomaco e ho paura che aggiungendo quell'ulteriore micro-ansia, possa di nuovo scatenare il pandemonio, ciò significherebbe di nuovo perdere moltissimo tempo, precludermi un futuro già incerto di suo e tornare nel vortice senza fine.
Questa paura la ritengo irrazionale perché la terapia mi ha già aiutato in passato, ma chiaramente con un prezzo: il tempo.
E nonostante sia in grado di riconoscerla come irrazionale, non riesco a "domarla".
[#3]
Gentile utente,
mi rendo conto che non sia semplice, come ci racconta, il modo in cui si sente, e fare un passo magari è difficile, anche...
Credo però, come le ho scritto, che parlare con un/una terapeuta in questo momento sia una scelta attiva, consapevole, oltre che indicata... non l'esito di un fallimento.
E se in ogni caso lei lo dovesse vivere proprio così, è in un luogo dove ne può parlare...
Un saluto
mi rendo conto che non sia semplice, come ci racconta, il modo in cui si sente, e fare un passo magari è difficile, anche...
Credo però, come le ho scritto, che parlare con un/una terapeuta in questo momento sia una scelta attiva, consapevole, oltre che indicata... non l'esito di un fallimento.
E se in ogni caso lei lo dovesse vivere proprio così, è in un luogo dove ne può parlare...
Un saluto
Dr. Donato Duse
Psicologo Psicoterapeuta
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 2.5k visite dal 05/03/2022.
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