Ma cosa fa esattamente la psicoterapia?
Dopo una vaga diagnosi di depressione e sei disastrosi mesi di farmaci, ho deciso di tornare in psicoterapia (non ha mai funzionato: non capisco cosa fa, mi sembra di fare tutto io).
Questa volta sono tornata e con un elenco di domande per capire cosa la dottoressa intendesse fare e come.
Ho anche parlato tantissimo sperando si quagliasse in fretta, visto che pago ho cercato di dire tutto nel minor tempo possibile.
Ho chiesto in quanto avrebbe fatto la diagnosi.
Mi ha detto che non lo sa! Che a me l'etichetta non serve.
Mi ha infastidito:se non fai una diagnosi precisa, come scegli la cura?
Se non la condividi con me, come controllo che stai facendo le cose per bene?
Le ho chiesto in che modo intendesse risolvere le mie crisi e in quanto.
Ha detto che non può fare una stima e che dipende (da che?).
Non aveva dati, non mi ha saputo dare una statistica o una casistica di persone guarite, non mi da tempistiche di miglioramento.
Mi ha chiesto cosa voglio dalla terapia: smettere di avere picchi di umore basso, guarire ed essere normale.
Dice anche che la mia aspettativa di guarire è irrealistica.
Ma cosa dovrei volere dal medico?
Un caffè?
Le ho chiesto di spiegarmi come dovrebbe funzionare la psicoterapia, che a me sembra di parlare e basta.
Ha detto che in realtà mi stava guidando, ma a me ha chiesto solo di rallentare (ma cosa rallento che ti pago 30 per 50 minuti?! Almeno fa lo sforzo di elaborare in fretta, che spendo meno).
Le ho chiesto in che modo, mi ha risposto che ha studiato anni e che è complicato.
Anche i chirurghi, ma sanno spiegare cosa faranno in modo semplice.
Ho detto che non stavo capendo, ho chiesto se la psicologia è una scienza, dice di sì ma che non ha nulla per misurare o fare rilevamenti, che ogni persona è a sé e che loro possono solo dare punti di vista esterni.
Ho sbottato: "Non avete diagnosi certe, non fate stime, non avete dati oggettivi e non offrite soluzioni! Questa è filosofia! " Si è offesa.
Mi spiace, ma che me ne faccio io delle sue osservazioni?
Di un estranea poi, le cui opinioni non mi interessano.
Io voglio soluzioni! Se devo trovarle io, perché pago te?
Ha detto che non deve convincermi, che sono io che devo decidere.
Al che ho pensato che non è neanche filosofia, ma religione! Dovrei fidarmi di una che non mi da garanzie di quello che dice e non mi sa spiegare quello che fa, che può funzionare oppure no, che non mi da nemmeno una casistica.
Dovrei guarire per fede?
Io so che niente è certo, ma almeno un'idea di un profilo di efficacia come i medici normali! Dimmi i principi scientifici alla base!
Mi sembra che la dottoressa viva su Arcadia e io sulla Terra.
Prima hanno detto che sono malata e mi hanno dato farmaci che hanno fatto peggio, adesso che non importa la malattia, ma devo spendere 30 l'ora per fare non ho capito che, al fine di non ho capito cosa, in non si sa quale modo, per non si sa quanto.
Io sto male e ho la sensazione che chi dovrebbe curarmi mi prenda in giro.
Ma che devo fare per capire?
Questa volta sono tornata e con un elenco di domande per capire cosa la dottoressa intendesse fare e come.
Ho anche parlato tantissimo sperando si quagliasse in fretta, visto che pago ho cercato di dire tutto nel minor tempo possibile.
Ho chiesto in quanto avrebbe fatto la diagnosi.
Mi ha detto che non lo sa! Che a me l'etichetta non serve.
Mi ha infastidito:se non fai una diagnosi precisa, come scegli la cura?
Se non la condividi con me, come controllo che stai facendo le cose per bene?
Le ho chiesto in che modo intendesse risolvere le mie crisi e in quanto.
Ha detto che non può fare una stima e che dipende (da che?).
Non aveva dati, non mi ha saputo dare una statistica o una casistica di persone guarite, non mi da tempistiche di miglioramento.
Mi ha chiesto cosa voglio dalla terapia: smettere di avere picchi di umore basso, guarire ed essere normale.
Dice anche che la mia aspettativa di guarire è irrealistica.
Ma cosa dovrei volere dal medico?
Un caffè?
Le ho chiesto di spiegarmi come dovrebbe funzionare la psicoterapia, che a me sembra di parlare e basta.
Ha detto che in realtà mi stava guidando, ma a me ha chiesto solo di rallentare (ma cosa rallento che ti pago 30 per 50 minuti?! Almeno fa lo sforzo di elaborare in fretta, che spendo meno).
Le ho chiesto in che modo, mi ha risposto che ha studiato anni e che è complicato.
Anche i chirurghi, ma sanno spiegare cosa faranno in modo semplice.
Ho detto che non stavo capendo, ho chiesto se la psicologia è una scienza, dice di sì ma che non ha nulla per misurare o fare rilevamenti, che ogni persona è a sé e che loro possono solo dare punti di vista esterni.
Ho sbottato: "Non avete diagnosi certe, non fate stime, non avete dati oggettivi e non offrite soluzioni! Questa è filosofia! " Si è offesa.
Mi spiace, ma che me ne faccio io delle sue osservazioni?
Di un estranea poi, le cui opinioni non mi interessano.
Io voglio soluzioni! Se devo trovarle io, perché pago te?
Ha detto che non deve convincermi, che sono io che devo decidere.
Al che ho pensato che non è neanche filosofia, ma religione! Dovrei fidarmi di una che non mi da garanzie di quello che dice e non mi sa spiegare quello che fa, che può funzionare oppure no, che non mi da nemmeno una casistica.
Dovrei guarire per fede?
Io so che niente è certo, ma almeno un'idea di un profilo di efficacia come i medici normali! Dimmi i principi scientifici alla base!
Mi sembra che la dottoressa viva su Arcadia e io sulla Terra.
Prima hanno detto che sono malata e mi hanno dato farmaci che hanno fatto peggio, adesso che non importa la malattia, ma devo spendere 30 l'ora per fare non ho capito che, al fine di non ho capito cosa, in non si sa quale modo, per non si sa quanto.
Io sto male e ho la sensazione che chi dovrebbe curarmi mi prenda in giro.
Ma che devo fare per capire?
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Gentile utente,
l'equivoco per il quale lei non riesce a comprendere la funzione della psicoterapia risiede soprattutto nel confonderla con una cura medica.
Nelle terapie mediche si osservano dei sintomi e dei segni mediante indagini cliniche che individuano una precisa malattia al fine di intervenire su di essa con farmaci, con trattamenti (massaggi, diete etc.) e/o chirurgicamente.
Anche nel campo medico c'è poi la variabile che un organismo non è un meccanismo, ma ha proprie individuali modalità di risposta, tanto alla malattia quanto alla cura.
Il campo della psicologia, in ogni caso, è diverso. Un insieme di sintomi, quasi mai riportabili a segni rintracciabili con strumenti diagnostici, può avere significati diversi per diversi individui, e anche nel corso della vita di uno stesso individuo.
Per farle qualche esempio elementare, il dolore profondo che si prova per un lutto non è depressione (anche se espone al rischio di diventare tale); molte forme di innamoramento, con la centralità, l'idealizzazione della persona amata e la frase ossessiva "non posso vivere senza di lei/lui", simulano le forme del delirio paranoico, ma non sono questo (anche in questo caso possono però diventarlo).
Per questa ragione lo psicologo e il paziente assieme a lui hanno bisogno di concedersi tutto il tempo necessario per valutare la situazione; non necessariamente per applicare una diagnosi alla sofferenza, ai disagi, alle incapacità, i quali per lo più assumono forme e andamento individuale e non possono essere etichettati, e del resto non ne trarrebbero utilità.
Spesso questa fase di valutazione determina già un primo passo verso il benessere, perché il disagio psicologico è fondato su esperienze pregresse che hanno lasciato delle tracce nel sistema cognitivo, emotivo e comportamentale del paziente, incidendo su realtà psico-neuro-biologiche che sono già differenti per ciascuno, a partire dal concepimento.
Il dialogo col curante fa sperimentare modalità differenti nei tre sistemi che ho citato, per cui in sinergia si può svolgere il processo di cambiamento nella direzione del benessere.
Il paziente partecipa attivamente a questo processo, con la volontà di guarire e l'attenzione ai propri stati psichici che vengono palesati al curante con fiducia.
Il curante agisce con la conoscenza e l'esperienza dei meccanismi psichici favorevoli e di quelli avversi; in estrema sintesi, con la sua capacità di supportare il paziente nel processo di cambiamento.
L'opposizione accesa da lei dimostrata alla sua curante è già un sintomo della sua malattia. Quello che ho scritto in queste poche righe le è stato certamente spiegato molto più estesamente, ma certo non può sostituire la formazione pluriennale di uno psicologo.
Osserverò marginalmente che se lei pagava ogni seduta solo trenta euro, la sua curante le stava facendo un generoso regalo, perché quasi nessuno di noi percepisce onorari così bassi.
Inoltre, solo per restare nel paragone che le è gradito, ha mai pagato trenta euro per una visita medica? Quando va da un medico gli dice quello che scrive a proposito della psicologa: "come controllo che stai facendo le cose per bene?".
Se può esserle utile qualche ulteriore chiarimento, siamo qui.
Buone cose.
l'equivoco per il quale lei non riesce a comprendere la funzione della psicoterapia risiede soprattutto nel confonderla con una cura medica.
Nelle terapie mediche si osservano dei sintomi e dei segni mediante indagini cliniche che individuano una precisa malattia al fine di intervenire su di essa con farmaci, con trattamenti (massaggi, diete etc.) e/o chirurgicamente.
Anche nel campo medico c'è poi la variabile che un organismo non è un meccanismo, ma ha proprie individuali modalità di risposta, tanto alla malattia quanto alla cura.
Il campo della psicologia, in ogni caso, è diverso. Un insieme di sintomi, quasi mai riportabili a segni rintracciabili con strumenti diagnostici, può avere significati diversi per diversi individui, e anche nel corso della vita di uno stesso individuo.
Per farle qualche esempio elementare, il dolore profondo che si prova per un lutto non è depressione (anche se espone al rischio di diventare tale); molte forme di innamoramento, con la centralità, l'idealizzazione della persona amata e la frase ossessiva "non posso vivere senza di lei/lui", simulano le forme del delirio paranoico, ma non sono questo (anche in questo caso possono però diventarlo).
Per questa ragione lo psicologo e il paziente assieme a lui hanno bisogno di concedersi tutto il tempo necessario per valutare la situazione; non necessariamente per applicare una diagnosi alla sofferenza, ai disagi, alle incapacità, i quali per lo più assumono forme e andamento individuale e non possono essere etichettati, e del resto non ne trarrebbero utilità.
Spesso questa fase di valutazione determina già un primo passo verso il benessere, perché il disagio psicologico è fondato su esperienze pregresse che hanno lasciato delle tracce nel sistema cognitivo, emotivo e comportamentale del paziente, incidendo su realtà psico-neuro-biologiche che sono già differenti per ciascuno, a partire dal concepimento.
Il dialogo col curante fa sperimentare modalità differenti nei tre sistemi che ho citato, per cui in sinergia si può svolgere il processo di cambiamento nella direzione del benessere.
Il paziente partecipa attivamente a questo processo, con la volontà di guarire e l'attenzione ai propri stati psichici che vengono palesati al curante con fiducia.
Il curante agisce con la conoscenza e l'esperienza dei meccanismi psichici favorevoli e di quelli avversi; in estrema sintesi, con la sua capacità di supportare il paziente nel processo di cambiamento.
L'opposizione accesa da lei dimostrata alla sua curante è già un sintomo della sua malattia. Quello che ho scritto in queste poche righe le è stato certamente spiegato molto più estesamente, ma certo non può sostituire la formazione pluriennale di uno psicologo.
Osserverò marginalmente che se lei pagava ogni seduta solo trenta euro, la sua curante le stava facendo un generoso regalo, perché quasi nessuno di noi percepisce onorari così bassi.
Inoltre, solo per restare nel paragone che le è gradito, ha mai pagato trenta euro per una visita medica? Quando va da un medico gli dice quello che scrive a proposito della psicologa: "come controllo che stai facendo le cose per bene?".
Se può esserle utile qualche ulteriore chiarimento, siamo qui.
Buone cose.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 2k visite dal 20/01/2022.
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