Mia madre non vuole che me ne vada di casa
Buonasera.
Scrivo perchè mi trovo in una situazione molto difficile ed ho bisogno di aiuto.
Ho 29 anni e vivo a casa dei miei genitori, da due anni anche il mio fidanzato vive a casa dei miei genitori, ed ora che abbiamo finalmente la possibilità di andarcene (ossia andare a vivere due piani sotto rispetto a dove sto adesso) i miei genitori non vogliono che ce ne andiamo.
So che la mia situazione è un po’ particolare, ma vivere a casa loro per varie ragioni è stata l’unica scelta che abbiamo avuto, e sarebbe dovuta essere momentanea.
È una situazione innaturale che ci va stretta, tuttavia la casa dove abitiamo è molto grande e finora è stato tollerabile.
Ora peró abbiamo una base economica più stabile, e vogliamo crearci i nostri spazi, ma i miei non vogliono.
Ce ne saremmo già andati se non fosse che i miei hanno effettivamente bisogno di noi: mio padre ha 92 anni ed è allettato e mia madre, sessantenne, si occupa di lui in tutto e per tutto, ed è esaurita.
Mia madre l’anno scorso ha anche avuto un cancro dal quale, fortunatamente, è guarita, ma in ogni caso non splende di salute: prende molti sonniferi, è sempre piena di dolori, non lavora, non ha hobbies, ed ha poche amicizie che vede sporadicamente.
È la badante di mio padre, e credo che l’unica cosa bella della sua vita sia io.
Io amo profondamente mia madre, per lei mi taglierei un braccio, ma vivere cosi è deprimente.
L’altro giorno ho detto a mia madre, a seguito di una lite, che me ne sarei andata.
Non credevo fosse una grande tragedia, alla fine sarei andata a vivere due piani sotto, sempre nello stesso villino familiare, ma l’ha presa malissimo.
Mi ha scritto una lettera di addio, ha messo il muso per giorni, mi ha iniziato a trattar male senza motivo, finchè alla fine mi ha apertamente detto che ha bisogno di me e del mio ragazzo e del nostro sostegno (anche psicologico) dentro casa.
Io la capisco.
Se me ne andassi, rimarrebbe a vivere da sola in una grande casa polverosa, a fare da badante ad un anziano che per l’80% delle volte la tratta come una serva, senza avere un lavoro, senza passioni, senza nessuno, andando a dormire alle 21.30 carica di sonniferi e degli insulti di mio padre.
Sola.
Mi viene da piangere se ci penso.
Mia madre è una persona buona che ha dedicato la sua vita agli altri e non è giusto che finisca così.
Eppure rimane il fatto che vivere con il mio fidanzato a casa dei miei genitori (uno allettato, l’altra mezza depressa) in una casa tetra antiquata e cupa dove non viviamo la nostra giovinezza è sbagliato.
A seguito della reazione negativa di mia madre alla decisione di andar via di casa me ne sono andata in un’altra stanza ed ho pianto molto, ed alla fine, mettendo da parte i miei desideri, le ho detto che saremmo rimasti con lei, senza nemmeno consultare il mio fidanzato.
Inutile dire che non è stato contento, peró ha capito.
Da quando ho preso questa decisione mi trovo in un momento di confusione totale.
I miei hanno bisogno di me, ma io cosa dovrei fare?
Scrivo perchè mi trovo in una situazione molto difficile ed ho bisogno di aiuto.
Ho 29 anni e vivo a casa dei miei genitori, da due anni anche il mio fidanzato vive a casa dei miei genitori, ed ora che abbiamo finalmente la possibilità di andarcene (ossia andare a vivere due piani sotto rispetto a dove sto adesso) i miei genitori non vogliono che ce ne andiamo.
So che la mia situazione è un po’ particolare, ma vivere a casa loro per varie ragioni è stata l’unica scelta che abbiamo avuto, e sarebbe dovuta essere momentanea.
È una situazione innaturale che ci va stretta, tuttavia la casa dove abitiamo è molto grande e finora è stato tollerabile.
Ora peró abbiamo una base economica più stabile, e vogliamo crearci i nostri spazi, ma i miei non vogliono.
Ce ne saremmo già andati se non fosse che i miei hanno effettivamente bisogno di noi: mio padre ha 92 anni ed è allettato e mia madre, sessantenne, si occupa di lui in tutto e per tutto, ed è esaurita.
Mia madre l’anno scorso ha anche avuto un cancro dal quale, fortunatamente, è guarita, ma in ogni caso non splende di salute: prende molti sonniferi, è sempre piena di dolori, non lavora, non ha hobbies, ed ha poche amicizie che vede sporadicamente.
È la badante di mio padre, e credo che l’unica cosa bella della sua vita sia io.
Io amo profondamente mia madre, per lei mi taglierei un braccio, ma vivere cosi è deprimente.
L’altro giorno ho detto a mia madre, a seguito di una lite, che me ne sarei andata.
Non credevo fosse una grande tragedia, alla fine sarei andata a vivere due piani sotto, sempre nello stesso villino familiare, ma l’ha presa malissimo.
Mi ha scritto una lettera di addio, ha messo il muso per giorni, mi ha iniziato a trattar male senza motivo, finchè alla fine mi ha apertamente detto che ha bisogno di me e del mio ragazzo e del nostro sostegno (anche psicologico) dentro casa.
Io la capisco.
Se me ne andassi, rimarrebbe a vivere da sola in una grande casa polverosa, a fare da badante ad un anziano che per l’80% delle volte la tratta come una serva, senza avere un lavoro, senza passioni, senza nessuno, andando a dormire alle 21.30 carica di sonniferi e degli insulti di mio padre.
Sola.
Mi viene da piangere se ci penso.
Mia madre è una persona buona che ha dedicato la sua vita agli altri e non è giusto che finisca così.
Eppure rimane il fatto che vivere con il mio fidanzato a casa dei miei genitori (uno allettato, l’altra mezza depressa) in una casa tetra antiquata e cupa dove non viviamo la nostra giovinezza è sbagliato.
A seguito della reazione negativa di mia madre alla decisione di andar via di casa me ne sono andata in un’altra stanza ed ho pianto molto, ed alla fine, mettendo da parte i miei desideri, le ho detto che saremmo rimasti con lei, senza nemmeno consultare il mio fidanzato.
Inutile dire che non è stato contento, peró ha capito.
Da quando ho preso questa decisione mi trovo in un momento di confusione totale.
I miei hanno bisogno di me, ma io cosa dovrei fare?
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Gentile utente,
".. alla fine mi ha apertamente detto che ha bisogno di me e del mio ragazzo e del nostro sostegno (anche psicologico) dentro casa."
E' l'ultima parte della frase "dentro casa" che non trova fondamento oggettivo; se non nel bisogno di Sua madre di sostegno.
Torniamo da capo.
Voi andreste ad abitare "via", MA sempre nella stessa palazzina. E dunque per qualsiasi richiesta urgente, oltre che per quelle consuete, Voi ci sareste.
Andare ad abitare da soli, dopo due anni di coabitazione, Vi permetterebbe una ben differente intimità di vita, di progettualità, ... di essere una vera coppia di trentenni che si distanzia 'fisiologicamente' dalla famiglia d'origine pur continuando ad esserci nel bisogno ordinario e straordinario.
E' fisiologico che ciò avvenga nella crescita psicologica; ma ciò accade senza strappi solo se la generazione più anziana lo 'permette', evitando i ricatti affettivi e le colpevolizzazioni.
In altro caso purtroppo, o si soccombe sacrificando sè (e chi proprio non c'entra, cioè il fidanzato); o al contrario si strappa e si esce in modo unilaterale.
Vi proporrei un transito graduale, cioè di trasferirvi gradualmente di sotto.
Magari solo a dormire.
Oppure dalla mattina alla sera, mantenendo gli aiuti di cui i genitori abbisognano.
Sono certa però che nemmeno ciò andrà bene a Sua madre, in questa situazione imbalsamata che attende la morte del padre per sbloccarsi. Tenga conto che neppure allora sarete liberi, perchè le vedove hanno bisogno - dicono - della vicinanza dei figli (in specifico dellE figliE) H24 per assorbire il dolore inconsolabile.
E dunque si apre un altro capitolo e si va all'infinito.
Capisco che le parole che ho scritto sono molto dure, ma - mi creda - sono dettate dalla conoscenza professionale profonda delle dinamiche familiari, e in specifico di quelle legate alla presenza di un ammalato cronico all'interno.
Forse da sola potrebbe non farcela senza sentirsi una cattiva figlia egoista.
Si faccia aiutare di persona da una Psicologa con esperienza, e capirà meglio quali sono i motivi *evolutivi* profondi che portano i figli trentenni a *dover* uscire dalla dimora genitoriale. Al contempo troverebbe un sostegno e delle indicazioni operative per gestire le difficili dinamiche con Sua madre.
Ritiene di poterlo fare?
Caluti cari!
Dott. Brunialti
".. alla fine mi ha apertamente detto che ha bisogno di me e del mio ragazzo e del nostro sostegno (anche psicologico) dentro casa."
E' l'ultima parte della frase "dentro casa" che non trova fondamento oggettivo; se non nel bisogno di Sua madre di sostegno.
Torniamo da capo.
Voi andreste ad abitare "via", MA sempre nella stessa palazzina. E dunque per qualsiasi richiesta urgente, oltre che per quelle consuete, Voi ci sareste.
Andare ad abitare da soli, dopo due anni di coabitazione, Vi permetterebbe una ben differente intimità di vita, di progettualità, ... di essere una vera coppia di trentenni che si distanzia 'fisiologicamente' dalla famiglia d'origine pur continuando ad esserci nel bisogno ordinario e straordinario.
E' fisiologico che ciò avvenga nella crescita psicologica; ma ciò accade senza strappi solo se la generazione più anziana lo 'permette', evitando i ricatti affettivi e le colpevolizzazioni.
In altro caso purtroppo, o si soccombe sacrificando sè (e chi proprio non c'entra, cioè il fidanzato); o al contrario si strappa e si esce in modo unilaterale.
Vi proporrei un transito graduale, cioè di trasferirvi gradualmente di sotto.
Magari solo a dormire.
Oppure dalla mattina alla sera, mantenendo gli aiuti di cui i genitori abbisognano.
Sono certa però che nemmeno ciò andrà bene a Sua madre, in questa situazione imbalsamata che attende la morte del padre per sbloccarsi. Tenga conto che neppure allora sarete liberi, perchè le vedove hanno bisogno - dicono - della vicinanza dei figli (in specifico dellE figliE) H24 per assorbire il dolore inconsolabile.
E dunque si apre un altro capitolo e si va all'infinito.
Capisco che le parole che ho scritto sono molto dure, ma - mi creda - sono dettate dalla conoscenza professionale profonda delle dinamiche familiari, e in specifico di quelle legate alla presenza di un ammalato cronico all'interno.
Forse da sola potrebbe non farcela senza sentirsi una cattiva figlia egoista.
Si faccia aiutare di persona da una Psicologa con esperienza, e capirà meglio quali sono i motivi *evolutivi* profondi che portano i figli trentenni a *dover* uscire dalla dimora genitoriale. Al contempo troverebbe un sostegno e delle indicazioni operative per gestire le difficili dinamiche con Sua madre.
Ritiene di poterlo fare?
Caluti cari!
Dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 7.3k visite dal 18/01/2022.
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