Ansia e nostalgia per un imminente trasferimento di lavoro
Salve, sono un ragazzo di 28 anni, premetto che sono una persona estroversa, attiva nel sociale, nella politica e con molti interessi, tra un paio di settimane dovrò cominciare un lavoro in Emilia, a 500km da casa.
Prima che mi fosse data la certezza della partenza vivevo con molto entusiasmo la cosa, è un lavoro importante, a tempo indeterminato, ottenuto dopo un concorso e mesi di formazione.
I miei problemi di ansia, mancanza di appetito, apatia e sonno disturbato sono nati dal momento in cui ho realizzato di dover partire.
Nella città in cui andrò abita mia sorella, quindi non sarei completamente solo.
Ho un ottimo rapporto con lei e con la mia famiglia, sanno di questo mio stato d'animo attuale e mi stanno dando forza dicendo che tutto passerà.
Sono felicemente fidanzato da 3 anni e la mia ragazza mi sta sostenendo fortemente, ne parliamo e questo peso sullo stomaco si placa per un pò... ma poi ritorna.
Mi era stata offerta anche la possibilità di lavorare in una città a 200km da casa ma i turni ed il lavoro sarebbero stati più problematici, anche per tornare nei weekend e sarei stato completamente solo, per questo dopo averci pensato tanto, ho rifiutato, anche se il pensiero di essere a meno km mi faceva stare un pò meglio.
Nella mia vita ho avuto sempre nostalgia di casa e il momento della partenza, anche per viaggi di piacere, mi metteva uno stato d'animo poco felice.
Ho però comunque viaggiato molto con la mia ragazza in Italia e all'estero e conservo bellissimi ricordi.
Riconduco a queste sensazioni di malessere, in particolare, due episodi del passato.
La prima avvenne da bambino, in colonia, dopo 2 giorni di pianto i miei genitori vennero a prendermi per tornare a casa.
La seconda è stata la mia prima esperienza universitaria, mi iscrissi alla facoltà che avevo sempre sognato, ad 1 ora e mezzo da casa mia ma, ugualmente avevo questo perenne stato d'animo, non riuscivo a concentrarmi e dopo due settimane lasciai per iscrivermi nella mia città ad un'altra facoltà.
Resta un grosso rimpianto per me.
Ora mi ritrovo nella stessa situazione ed ogni tanto mi viene il pensiero di mollare tutto prima di partire, ma non voglio, ho investito tanto in questo percorso e deluderei tutti, in primis me stesso.
Mi terrorizza la paura di dover stare lì almeno per 3 o 4 anni e vivere quest'ansia, prima di poter chiedere un trasferimento, eventualmente.
Non riesco a capire come uscire da questa situazione, considerando che stare in questo stato mi rende difficile concentrarmi per studiare quando invece dovrei farlo.
Grazie in anticipo.
Prima che mi fosse data la certezza della partenza vivevo con molto entusiasmo la cosa, è un lavoro importante, a tempo indeterminato, ottenuto dopo un concorso e mesi di formazione.
I miei problemi di ansia, mancanza di appetito, apatia e sonno disturbato sono nati dal momento in cui ho realizzato di dover partire.
Nella città in cui andrò abita mia sorella, quindi non sarei completamente solo.
Ho un ottimo rapporto con lei e con la mia famiglia, sanno di questo mio stato d'animo attuale e mi stanno dando forza dicendo che tutto passerà.
Sono felicemente fidanzato da 3 anni e la mia ragazza mi sta sostenendo fortemente, ne parliamo e questo peso sullo stomaco si placa per un pò... ma poi ritorna.
Mi era stata offerta anche la possibilità di lavorare in una città a 200km da casa ma i turni ed il lavoro sarebbero stati più problematici, anche per tornare nei weekend e sarei stato completamente solo, per questo dopo averci pensato tanto, ho rifiutato, anche se il pensiero di essere a meno km mi faceva stare un pò meglio.
Nella mia vita ho avuto sempre nostalgia di casa e il momento della partenza, anche per viaggi di piacere, mi metteva uno stato d'animo poco felice.
Ho però comunque viaggiato molto con la mia ragazza in Italia e all'estero e conservo bellissimi ricordi.
Riconduco a queste sensazioni di malessere, in particolare, due episodi del passato.
La prima avvenne da bambino, in colonia, dopo 2 giorni di pianto i miei genitori vennero a prendermi per tornare a casa.
La seconda è stata la mia prima esperienza universitaria, mi iscrissi alla facoltà che avevo sempre sognato, ad 1 ora e mezzo da casa mia ma, ugualmente avevo questo perenne stato d'animo, non riuscivo a concentrarmi e dopo due settimane lasciai per iscrivermi nella mia città ad un'altra facoltà.
Resta un grosso rimpianto per me.
Ora mi ritrovo nella stessa situazione ed ogni tanto mi viene il pensiero di mollare tutto prima di partire, ma non voglio, ho investito tanto in questo percorso e deluderei tutti, in primis me stesso.
Mi terrorizza la paura di dover stare lì almeno per 3 o 4 anni e vivere quest'ansia, prima di poter chiedere un trasferimento, eventualmente.
Non riesco a capire come uscire da questa situazione, considerando che stare in questo stato mi rende difficile concentrarmi per studiare quando invece dovrei farlo.
Grazie in anticipo.
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Direi che andrebbero distinti i due aspetti: l'ansia nell'allontanarsi da casa per lavoro (che non è ovviamente la stessa cosa di viaggiare per turismo) e la sua reale motivazione - o meno - di intraprendere un lavoro in un altra città.
Se il primo aspetto potrebbe aver bisogno di un consulto psicologico in senso terapeutico, per i sintomi di inappetenza e insonnia, il secondo attiene alla volontà di allontanarsi da casa, che può esserci o non esserci, ma in entrambi i casi sarebbe normale.
In altre parole una persona che non soffrisse di ansia e che non volesse allontanarsi da casa vivrebbe la cosa come un fastidio, un "uggia", ma non avrebbe i sintomi che descrive.
Un consulto psicologico potrebbe aiutarla a risolvere il primo e a fare chiarezza sul secondo.
Se il primo aspetto potrebbe aver bisogno di un consulto psicologico in senso terapeutico, per i sintomi di inappetenza e insonnia, il secondo attiene alla volontà di allontanarsi da casa, che può esserci o non esserci, ma in entrambi i casi sarebbe normale.
In altre parole una persona che non soffrisse di ansia e che non volesse allontanarsi da casa vivrebbe la cosa come un fastidio, un "uggia", ma non avrebbe i sintomi che descrive.
Un consulto psicologico potrebbe aiutarla a risolvere il primo e a fare chiarezza sul secondo.
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 3.6k visite dal 15/01/2022.
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