Ansia per il futuro lavorativo e senso di insoddisfazione
Salve dottori,
Sono un ragazzo di 25 anni e vi scrivo per condividere il mio attuale senso di insoddisfazione dovuto ad una scelta lavorativa.
Il mio attuale lavoro mi dà molte soddisfazioni dal punto di vista umano e, personalmente, ritengo che questo sia incline alle mie capacità e alle mie attitudini.
Il problema è che un lavoro è precario.
Pertanto un anno può andar bene e l’altro no, dove i concorsi sono molto rari e a distanza di anni l’uno dall’altro.
Per questo motivo, ho deciso di guardarmi intorno e provare un concorso nelle forze di polizia che si era presentato quasi per gioco (lavoro per altro meglio retribuito del mio attuale.
) L’ho provato e sono riuscito a vincerlo.
A distanza di qualche giorno dalla convocazione, preso dalla passione per il mio attuale lavoro e dalla indecisione sull’ abbandonare o meno, ho deciso comunque di non presentarmi rinunciando al concorso appena vinto.
Questo non solo ha causato la rabbia dei miei genitori che avevano visto la possibilità
di vedermi una volta per tutte sistemato, ma ha creato in me anche tanta confusione e paura di non farcela con il mio attuale percorso.
Questa confusione è spesso dovuta anche al fatto che molte ansie e paure dei miei genitori si riflettano in me (sono figlio unico) al tal punto da sentirle mie e farle diventare mie priorità.
Per questo motivo spesso mi viene naturale pormi in maniera conflittuale con i miei genitori, a volte esagerando anche con le parole.
Avrei gradito da loro magari più comprensione e appoggio.
D’altro canto sento anche io la paura e il peso della scelta di avere abbandonato un lavoro sicuro a tempo indeterminato per una cosa di cui ancora non conosco il futuro.
Premetto che ho fatto un percorso psicologico molto positivo con un vostro collega che mi ha fatto crescere tantissimo sotto tanti punti di vista.
Ora però ritenevo opportuno sentire altri pareri e sento la necessità di camminare con le mie gambe.
Spero sia stato sufficientemente chiaro e aspetto una vostra risposta.
Vi ringrazio.
Sono un ragazzo di 25 anni e vi scrivo per condividere il mio attuale senso di insoddisfazione dovuto ad una scelta lavorativa.
Il mio attuale lavoro mi dà molte soddisfazioni dal punto di vista umano e, personalmente, ritengo che questo sia incline alle mie capacità e alle mie attitudini.
Il problema è che un lavoro è precario.
Pertanto un anno può andar bene e l’altro no, dove i concorsi sono molto rari e a distanza di anni l’uno dall’altro.
Per questo motivo, ho deciso di guardarmi intorno e provare un concorso nelle forze di polizia che si era presentato quasi per gioco (lavoro per altro meglio retribuito del mio attuale.
) L’ho provato e sono riuscito a vincerlo.
A distanza di qualche giorno dalla convocazione, preso dalla passione per il mio attuale lavoro e dalla indecisione sull’ abbandonare o meno, ho deciso comunque di non presentarmi rinunciando al concorso appena vinto.
Questo non solo ha causato la rabbia dei miei genitori che avevano visto la possibilità
di vedermi una volta per tutte sistemato, ma ha creato in me anche tanta confusione e paura di non farcela con il mio attuale percorso.
Questa confusione è spesso dovuta anche al fatto che molte ansie e paure dei miei genitori si riflettano in me (sono figlio unico) al tal punto da sentirle mie e farle diventare mie priorità.
Per questo motivo spesso mi viene naturale pormi in maniera conflittuale con i miei genitori, a volte esagerando anche con le parole.
Avrei gradito da loro magari più comprensione e appoggio.
D’altro canto sento anche io la paura e il peso della scelta di avere abbandonato un lavoro sicuro a tempo indeterminato per una cosa di cui ancora non conosco il futuro.
Premetto che ho fatto un percorso psicologico molto positivo con un vostro collega che mi ha fatto crescere tantissimo sotto tanti punti di vista.
Ora però ritenevo opportuno sentire altri pareri e sento la necessità di camminare con le mie gambe.
Spero sia stato sufficientemente chiaro e aspetto una vostra risposta.
Vi ringrazio.
[#1]
>>> sento la necessità di camminare con le mie gambe
>>>
Però si aspetta sostegno e comprensione da parte dei suoi genitori, dopo una scelta così importante.
Se davvero è intenzionato a camminare sulle sue gambe, deve essere disposto a sopportare le conseguenze delle proprie scelte, fatte in piena autonomia. Non mi riferisco tanto alla rabbia dei suoi genitori, ma al costo di opportunità che esiste in qualsiasi scelta: decidendo per l'opzione A si perdono gli eventuali benefici per non aver scelto l'opzione B. E viceversa.
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Però si aspetta sostegno e comprensione da parte dei suoi genitori, dopo una scelta così importante.
Se davvero è intenzionato a camminare sulle sue gambe, deve essere disposto a sopportare le conseguenze delle proprie scelte, fatte in piena autonomia. Non mi riferisco tanto alla rabbia dei suoi genitori, ma al costo di opportunità che esiste in qualsiasi scelta: decidendo per l'opzione A si perdono gli eventuali benefici per non aver scelto l'opzione B. E viceversa.
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 1.9k visite dal 13/01/2022.
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