Sola ed abbandonata

Buonasera dottori,
spero che qualcuno abbia tempo e voglia di aiutarmi in un momento così particolare.
Sono stata lasciata da un ragazzo conosciuto un anno fa, che ho sentito telefonicamente per sei mesi, giorno e notte, con cui ho vissuto un'estate insieme e per cui mi sono trasferita in un'altra città.
A settembre comincio a cercare lavoro dopo essermi laureata, lui mi faceva pressioni, io innamorata, ho cominciato la ricerca.
Comincio i colloqui che non vanno bene perché erano contratti che non mi andavano bene e torno a casa.
Già da li, lui comincia a non avere pazienza, iniziaa dire che non stiamo più insieme che se voglio andare a Milano deve essere solo per il lavoro e non per lui.
Parto, trovo lavoro, mi ospita qualche giorno, liti.
La proprietaria ci manda via di casa, perché in casa c'ero anche io e a lei dava fastidio la cosa per una questione di spese.
Ci mettiamo a cercare casa, lui la trova, io continuo la ricerca.
Dopo un po' trovo casama in tutto questo lui era sempre distante.
Per il mio compleanno mi porta una torta uno spumante, festeggiamo così e va via.
Usciamo altre due tre volte e poi io stressata e stremata dalle sue mancanze, quando inizia a dire che comunque non stiamo insieme ma che possiamo uscire insieme gli dico chw voglio chiudere definitivamente con lui.
Lui ci resta male e da li non si è più tornati indietro.
Discussioni, dammi le mie cose, ecc ecc.
Non ci siamo sentiti per natale, ne per capodanno e quando sono tornata gli ho chiesto fi ridarmi ciò che aveva di mio.
Lui ha risposto "tu devi arrivare sempre fino in fondo, questa è la tua educazione".
Passano dei giorni gli mando un messaggio in cui gli apro il cuore, in cui gli dico che vorrei parlargli e lui risponde "la nostra è una cosa finita tempo fa, voglio fare le cose con calma, voglio essere felice così come te, non ho bisogno di te, mi appello all'invito che mi hai fatto di riportarti le cose e poi basta, lasciami in pace, chiaro?
" io a quel punto gli ho risposto che avrei da quel momento rispettato la sua scelta.
Si parlava di matrimonio, di progetti insieme ed è finito tutto.
Non so cosa fare in questo momento, sento solo un gran vuoto e un enorme senso di colpa per non avere dato il 100% a lui.
Mi ha sempre dettodi non fidarsi di me, di nonessere tranquillo mentalmente con me perché non sono chiara o cambio idea, in realtà non ha mai capito che era il suo atteggiamento a rendermi insicura e spaventata.
Non ho mai sentito il suos sostegno, si è sempre limitato a dirmi che non capivo, che dovevo cavarmela da sola e non rompere le scatole letteralmente.
Avevo paura a chiedergli un favore.
Non ho mai avuto un rapporto completo con lui ed in una delle ultime volte in cui ci siamo visti al suo "guarda com'è innamorata, " ho risposto con un "no, altrimenti avrei fatto l'amore con te" e lui "appunto".
È una situazione intricata dalla quale non so uscire e che non riesco a capire.
Mi ha eliminata dai social e non vuole parlarmi.
Ho solo da ridargli delle cose
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.4k 193
Gentile utente,
prima di risponderle ho letto tutte le sue precedenti richieste di consulto (36) e le risposte dei vari specialisti, con le sue repliche. Questo non mi dà ancora la conoscenza estesa che uno psicologo potrebbe avere di lei dopo una serie di colloqui, ma mi permette di fare alcune osservazioni. Intanto le chiedo di verificare i suoi dati di peso e altezza, che in questo periodo di dieci anni potrebbero essere cambiati.
Parto dall'osservazione che gli individui sono uno diverso dall'altro sia fisicamente che mentalmente. Questa differenza va riconosciuta e rispettata, ma sarebbe un errore credere che tutte le condizioni siano ugualmente favorevoli all'esistenza. Un individuo malato avrà più difficoltà di uno sano. Un genio risolverà più problemi di un normodotato, e quest'ultimo sarà più a suo agio nella vita rispetto ad un ipodotato, che al contrario si troverà sempre in svantaggio su cose di "normale" semplicità.
Pongo tra parentesi questa parola, che rimanda ad un concetto pericoloso e magico: la "normalità".
Proviamo a considerarla la facoltà media di adeguare le nostre risorse alle sfide usuali della vita. Se ci troviamo ad essere troppo lontani dalla media, finiremo per inseguire le varie tappe dell'esistenza con eccessiva difficoltà, mancando la maggior parte dei traguardi.
Questo vuol dire che dobbiamo rinunciare alla nostra originalità? In certi casi, decisamente sì. Se soffriamo di qualche malattia, per esempio, non stiamo lì a coltivarla dicendoci compiaciuti: "Questa è la mia natura". Chi è affetto da tubercolosi si affida senz'altro a farmaci che possano far scomparire dal suo corpo il pericoloso bacillo di Koch.
Eppure noi psicologi siamo posti regolarmente di fronte a malati della sfera cognitiva, emotiva, comportamentale, i quali perfino quando sono abbastanza sani da riconoscere la propria patologia, e quindi vengono da noi per farsi curare, di fronte alle proposte di cambiamento affermano: "Non ci posso fare nulla, questo è il mio carattere", rinunciando in tal modo a rimuovere quegli ostacoli al benessere che pervadono la loro visione della realtà, le loro relazioni, le loro azioni.
Venendo a lei, è chiaro dalle sue numerose lettere che persegue obiettivi comuni: la salute, il titolo di studio, il lavoro, il piacere, l'amore. La più parte degli individui cerca queste cose nella forma più congeniale a sé, e cerca anche il modo più idoneo per perseguire queste mete.
Lei invece cosa fa? Come la maggior parte dei nostri pazienti, non si interroga su cosa vuole davvero, anzi se lo nasconde, e agisce poi verso i suoi scopi in maniera inidonea, tortuosa.
Si accorge di fallire e chiede aiuto, ma ad eventuali correzioni di rotta che le vengono fornite dall'esterno, si ribella o finge di non capire.
Così è stato per i ripetuti episodi di presunta malattia fisica: ha cercato in internet tutto sulle cardiopatie, sulle patologie gastriche, sulle emorroidi; si è spaventata, ha implorato consulti scrivendo "sono solo una ragazza" (in realtà era trentenne) ma quando le hanno suggerito precise indagini diagnostiche ha nicchiato, e quando infine le hanno detto di recarsi da uno psicologo si è imbizzarrita.
Ha manifestato un terrore del tutto irrazionale di possibili "contagi" da liquido seminale che a suo dire potevano ingravidarla, ma non ha voluto prendere in considerazione alcuna contraccezione, con la scusa che non aveva mai rapporti completi. Anche su questo, non ha voluto prendere atto di una sua fobia o di una sua preferenza, ma ha parlato di "educazione repressiva". Quale educazione repressiva prescrive i rapporti orali e la masturbazione?
Inoltre, nelle sue numerose ricerche su internet due parole non ha mai cercato: "ipocondria" e "alessitimia". Provi a cercarle adesso.
Ora dice di sentirsi "sola e abbandonata". Cosa ha fatto concretamente perché questa situazione non si producesse, e non ora, che ha un'età ampiamente matura, ma negli anni trascorsi?
Rilegga la sua ultima email e provi a rispondere alle domande: Cosa voglio davvero? Cosa ho fatto per ottenere l'amore di quest'uomo? Perché non voglio conoscere me stessa con l'aiuto di uno specialista?
Spero di averle dato qualche spunto di riflessione.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

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Utente
Utente
Dottoressa buongiorno,
cos'ho fatto per ottenere l'amore di quest'uomo!? La valigia. Ho lasciato tutto e sono venuta qui, da lui. E poi, bisogna davvero "fare" per "ottenere"? Non credo che i sentimenti seguano questa logica. Perché ciò che faccio io feve essere sminuito e il suo "nulla" ignorato?
Mi ha detto "non ho bisogno di te", si ha bisogno delle cose, non delle persone! Conviene con me? Come potrei riavvicinare un uomo che in testa ha queste parole? Prova odio nei miei confronti? Io vivrò nel mio mondo, ma è possibile che se una donna non se la sente fopo 3 mesi di fare l'amore debba essere trattata male e scartata come se fosse un pezzo difettoso? Certo che non ascolto alla fine. Se faccio di tutto per farti star bene e poi vedo strafottenza, cpsa dovrei fare? Il mio vero problema è che amo davvero chi incontro, non scarto, non dimentico. Non sopportava nemmeno i capelli che perdevo e che cadevano sul pavimento, che ovviamente toglievo sia chiaro, però, sopportazione zero proprio! Ora mi dica dottoressa, un uomo che se ne viene fuori con quelle parole, è stanco ed ha bisogno di tempo, o ha chiuso definitivamente?

N.b: per problemi di salute non posso prendere la pillola. L'educazione repressiva l'ho avvertita anni fa, le cose sono cambiate, ma se ho la percezione che non sia il momento di concedermi, non lo faccio. Punto. E da donna, voglio essere rispettata. Se un uomo ti ama, aspetta e comprende, senza se, senza ma.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.4k 193
Gentile utente,
le avevo scritto lungamente ma pare che lei non abbia letto il mio scritto o non si sia soffermata a comprenderlo.
Le avevo rivolto tre domande, non una, ma lei ne ha ignorate due e ha risposto, in maniera imperfetta, ad una soltanto.
Riguardo a questa domanda: "Cosa ho fatto per ottenere l'amore di quest'uomo?" non si trattava di un "dare per avere", ma di valutare le azioni compiute e le parole dette, al fine di comprendere se hanno potuto avvicinare o allontanare la persona che voleva accanto a sé.
Mi sembra evidente, anche dalla sua esperienza, che fare la valigia non basta. A lei basterebbe?
Le avevo scritto nella mia prima risposta di aver letto tutte e trentasei le sue email precedenti, impegnando il mio tempo umano e professionale pur non conoscendola e non ricavandone nulla. Lei mi ha ricambiata non prendendo in considerazione quello che ho scritto.
Glielo segnalo perché da questo può comprendere cosa vuol dire "fare qualcosa per un altro" o al contrario "fare qualcosa contro il mantenimento e lo sviluppo di una relazione".
Se crede, può rileggere la mia precedente e rispondere a tutte e tre le domande, specie alla terza, che riformulo: perché si rifiuta di conoscere sé stessa e di mettere in discussione le sue convinzioni e i suoi comportamenti, cosa che con l'aiuto di uno specialista sarebbe possibile e per lei sommamente utile?
Ha una laurea; non dovrebbero mancarle orecchie per intendere.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

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Utente
Utente
Dottoressa il punto è proprio questo, siamo stati lontani dal 19 dicembre e da quel momento in poi non ho fatto altro che chiedermi dove, come e quando avessi sbagliato,incluso il discorso del sesso. Mi sono resa conto di essere stata troppo impulsiva, netta, tagliente quando avrei dovuto fare prima un bel respiro e capire lui, capire cosa mi stesse dicendo. E sono state le parole che ho detto a lui, in cui chiedevo solo di vederci, per parlarne se voleva. Il fatto però è che anche lui è del tipo "se non lo senti subito, non lo provi quindi ciao" qualsiasi cosa essa sia. Quindi mi sono sentita sempre come sul filo del rasoio. Sono da sempre purtroppo molto riflessiva, raramente mi butto a capofitto o a caso nelle cose. Tutto quello che però non sono riuscita a dargli ho capito che è stato frutto delle sue reticenze del suo senso critico nei miei confronti che mi stava letteralmente svuotando. Gli voglio bene ma il suo modo di fare mina ad egemonizzare ogni cosa,persona. Cibo, sesso, divertimento, senza spazio per il resto. Quando mi arrabbiavo "tu rompi le palle, tu vuoi rompere solo le palle". "Metti spesso questo cappotto nero, che orrendi i tuoi stivali, se fossi stato il tuo ragazzo ti avrei portata a comprarne un apio decenti". Però a me piacciono i miei stivali. È questo che mi ha portato a stare sulla difensiva, che mi ha bloccato poi nel dare e nel darmi perché ero certa che sarebbe finita male. È sempre così. Dottoressa la risposta a quel mio messaggio è stata "la nostra è una storia chiusa da tempo, non ho bisogno di te, devo essere felice così come lo devi essere tu" che significato ha? Uno che mi diceva "tra 10 anni torneremo in questo posto con i nostri figli". Sono forse io che mi attacco alle parole e dovrei guardare i contorni? Così facendo però non vedo altro che la conferma delle sue parole. Si è allontanato e mi ha detto quella frase. Eliminata dai social, tranne che su WhatsApp. Dopo che ha passato tutte le vacanze a spiare quello che facessi o meno. Abbiamo un amico in comune che continuamente non ha fatto altro che chiedermi dove fossi, con chi fossi a capodanno ad esempio. E che ad oggi mi dice, forse è meglio se lasci stare ma se hai modo parlaci, vedi un po. Dottoressa mi ha lasciata da sola spesso ed io ho fatto finta di niente, mentre gli altri inclusi i familiari mi facevano notare questa cosa. Sono innamorata purtroppo, gli ho detto che rispetto la sua scelta, ma è ovvio che vorrei riprovarci con nuove consapevolezze. Però, comincio a pensare che da parte sua non ci sia mai stato nulla. Ed ecco spiegata quella frase "non ho bisogno di te".
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.4k 193
Gentile utente,
circa la vicenda di cui ci parla, a chiare note il suo ex partner chiarisce che è finita.
Lei si interroga sul perché, sottolineando le responsabilità di lui, che reputa ipercritico e distaccato. Ritiene però che lei stessa sia stata influenzata unicamente da lui: "È questo che mi ha portato a stare sulla difensiva, che mi ha bloccato poi nel dare e nel darmi". Qui aggiunge una frase che esprime ciò che gli psicologi chiamano una 'profezia autoavverantesi': "perché ero certa che sarebbe finita male. È sempre così".
Proprio questo ho cercato di dirle fino ad ora: lei produce, più o meno consapevolmente, la sua stessa sconfitta. Si risolva ad uscire dal sistema chiuso della sua ideazione e si affidi all'aiuto di un professionista, se vuole davvero combattere la condizione di "sola e abbandonata".
Auguri.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

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Utente
Utente
Dottoressa salve,
infatti gli ho detto che rispetto la sua decisione e non faccio e non farò mai più nulla. Stop. Una cosa però non capisco. Abbiamo un amico in comune che sento. Prima di più ora di meno per scelta personale e perché credo non sia il caso, vista la situazione, essendo fondamentalmente suo e non mio amico. Il punto è questo: io sto lavorando fuori città per esigenze aziendali. Sui social pubblico video dei posti meravigliosi che sto vedendo, principalmente mare. Questo amico, puntualmente mi chiede dove io sia, o perché abbia deciso di lasciare la città, addirittura ha detto ad una mia amica "ma dov'è? Dimmi la verità, ti ha detto lei di non dirmi nulla?". Parlando sempre con questa mi amica ha aggiunto che lui non ce la faceva più (il mio ex), che da quello che gli ha detto la cosa si era raffreddata da un po', che non si farà sentire e che se avesse voluto mi avrebbe già contattata. Io, dottoressa, credo di non dover dare spiegazioni a nessuno circa la mia vita in questo momento, soprattutto non ho lasciato la città né il mio lavoro, cosa che invece ho sempre fatto credere a loro due anche prima che finisse la storia, perché sono stata anche accusata di essere "arretrata" pensando che se un amore finisce bisogna tornare a casa. Ovviamente, lui qui ha la sua famiglia, IO NO, non ho NESSUNO. Mi chiedo adesso, dietro l'insistenza di questo suo amico, cosa c'è? Può spiegarmelo lei? Potrebbe suggerirmi come dovrei comportarmi a questo punto?
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.4k 193
Gentile utente,
Vado direttamente alle sue domande.
"Mi chiedo adesso, dietro l'insistenza di questo suo amico, cosa c'è? Può spiegarmelo lei?"
Certamente no. Come potrei fare io delle ipotesi anche lontanamente verosimili, se non ne fa lei che conosce questa persona? Interesse per lei, forse un po' morboso? o al contrario gentile sollecitudine per la sua sofferenza?
Perché non glielo chiede direttamente?
"Potrebbe suggerirmi come dovrei comportarmi a questo punto?"
Posso ripetere quello che già le ho scritto: "Si risolva ad uscire dal sistema chiuso della sua ideazione e si affidi all'aiuto di un professionista, se vuole davvero combattere la condizione di "sola e abbandonata"".
Tutto il resto è avvoltolarsi attorno alla sua solitudine, sperare l'impossibile e ignorare le possibilità reali di costruire una relazione appagante.
Le auguro di prendersi cura di sé nel modo migliore.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com