La perdita di mia madre durante l'infanzia può riflettersi negativamente nel futuro?
Cari psicologi e care psicologhe, mi sono finalmente deciso a tirare fuori dei problemi che mi attanagliano da anni.
Il motivo per cui non l'abbia fatto prima o non sia ancora andato a parlarne di persona, è che quando prendo in considerazione gli aspetti che andrò a descrivere, penso sempre che siano futili, di poca importanza, insomma che non ci sia bisogno di farmi ascoltare da qualcuno; tendo quindi a sminuire ciò che porto dentro e, a dire il vero, lo faccio quasi con tutto ciò che mi riguarda.
Ho una scarsissima autostima, forse per la paura costante di fallire o del giudizio altrui.
Sono veramente tanto timido, faccio tanta fatica a socializzare e le poche volte che l'ho fatto è stato perché l'altro ha deciso di prendermi in considerazione, da parte mia non c'è mai un primo passo.
Per questa ragione ho pochissimi amici e sento anche di aver buttato via la mia adolescenza, avendo fatto poco o nulla di esaltante.
Non ho mai avuto una ragazza al mio fianco e per questo soffro molto, mi sento parecchio solo e ciò va a minare ancora di più la mia autostima.
La mia infanzia è stata relativamente tranquilla; dico relativamente perché a 7 anni ho perso mia madre a causa del cancro.
All'epoca non avevo minimamente compreso cosa stesse succedendo; per questo mi sento terribilmente in colpa perché avrei voluto starle più vicino, mostrarle tutto l'amore che avevo e ho in me...ma ero accecato dalla mia infantile innocenza.
Di lei ho pochissimi ricordi e sono tutti di quando stava male...non mi piace tirarli fuori.
Ricordo di quando la andai a trovare in ospedale con mio padre o quando esternò la volontà di farla finita (detesto questo ricordo), o ancora quando il prete veniva a dare le benedizioni e io rimanevo fuori dalla stanza a giocare al PC; forse proviene da qui il senso di sicurezza che trovo nei videogiochi, mi distraggono da tutto...a volte troppo.
Con papà è sempre stato tutto tranquillo, ha sempre cercato di non farmi mancare nulla e di non esternare quel dolore con me.
Ora ho 20 anni e già da molto tempo, circa da quando iniziai le superiori, che mi sento vuoto e perso e questa sensazione è andata peggiorando col tempo.
Cambiai scuola in terza e mi sono diplomato, ma all'università faccio tutt'altro, ho scelto lingue perché conosco bene l'inglese ma ancora non so se sia la mia strada.
Il fatto è che non so quasi nulla di me, non so cosa mi piacerebbe fare/studiare.
In questi mesi ho perso motivazione nel fare quasi tutto, studio pochissimo, perdo velocemente interesse in quasi ogni cosa che inizio, faccio fatica ad addormentarmi e la mattina, non importa che mi svegli alle 12 mi sento sempre stanco.
Sono terrorizzato dalla morte e ad ogni minimo sintomo penso subito al peggio.
Mi rifugio sempre nella musica o vgames.
Comunque sia, c'è una cosa che mi è sempre piaciuto fare, cioè scrivere; al momento sto scrivendo una mia storia ma non so se questa passione mi possa portare da qualche parte.
Potrebbe piacermi teatro (?).
Mi sento perso.
Il motivo per cui non l'abbia fatto prima o non sia ancora andato a parlarne di persona, è che quando prendo in considerazione gli aspetti che andrò a descrivere, penso sempre che siano futili, di poca importanza, insomma che non ci sia bisogno di farmi ascoltare da qualcuno; tendo quindi a sminuire ciò che porto dentro e, a dire il vero, lo faccio quasi con tutto ciò che mi riguarda.
Ho una scarsissima autostima, forse per la paura costante di fallire o del giudizio altrui.
Sono veramente tanto timido, faccio tanta fatica a socializzare e le poche volte che l'ho fatto è stato perché l'altro ha deciso di prendermi in considerazione, da parte mia non c'è mai un primo passo.
Per questa ragione ho pochissimi amici e sento anche di aver buttato via la mia adolescenza, avendo fatto poco o nulla di esaltante.
Non ho mai avuto una ragazza al mio fianco e per questo soffro molto, mi sento parecchio solo e ciò va a minare ancora di più la mia autostima.
La mia infanzia è stata relativamente tranquilla; dico relativamente perché a 7 anni ho perso mia madre a causa del cancro.
All'epoca non avevo minimamente compreso cosa stesse succedendo; per questo mi sento terribilmente in colpa perché avrei voluto starle più vicino, mostrarle tutto l'amore che avevo e ho in me...ma ero accecato dalla mia infantile innocenza.
Di lei ho pochissimi ricordi e sono tutti di quando stava male...non mi piace tirarli fuori.
Ricordo di quando la andai a trovare in ospedale con mio padre o quando esternò la volontà di farla finita (detesto questo ricordo), o ancora quando il prete veniva a dare le benedizioni e io rimanevo fuori dalla stanza a giocare al PC; forse proviene da qui il senso di sicurezza che trovo nei videogiochi, mi distraggono da tutto...a volte troppo.
Con papà è sempre stato tutto tranquillo, ha sempre cercato di non farmi mancare nulla e di non esternare quel dolore con me.
Ora ho 20 anni e già da molto tempo, circa da quando iniziai le superiori, che mi sento vuoto e perso e questa sensazione è andata peggiorando col tempo.
Cambiai scuola in terza e mi sono diplomato, ma all'università faccio tutt'altro, ho scelto lingue perché conosco bene l'inglese ma ancora non so se sia la mia strada.
Il fatto è che non so quasi nulla di me, non so cosa mi piacerebbe fare/studiare.
In questi mesi ho perso motivazione nel fare quasi tutto, studio pochissimo, perdo velocemente interesse in quasi ogni cosa che inizio, faccio fatica ad addormentarmi e la mattina, non importa che mi svegli alle 12 mi sento sempre stanco.
Sono terrorizzato dalla morte e ad ogni minimo sintomo penso subito al peggio.
Mi rifugio sempre nella musica o vgames.
Comunque sia, c'è una cosa che mi è sempre piaciuto fare, cioè scrivere; al momento sto scrivendo una mia storia ma non so se questa passione mi possa portare da qualche parte.
Potrebbe piacermi teatro (?).
Mi sento perso.
[#1]
Gentile Ragazzo,
la perdita precoce di sua madre ha avuto, ha ed avrà senz'altro un'influenza nella sua vita, così come d'altra parte l'avrebbe se lei fosse ancora fisicamente al suo fianco.
Ciò non significa che necessariamente e ineluttabilmente quel lutto si debba riflettere in maniera negativa sulla sua esistenza presente o futura.
Se quando era bambino qualcun altro ha deciso per Lei, pensando amorevolmente che fosse un bene non renderla partecipe di quanto stava accadendo (di fatto, invece, privandola di quall'utilissima fase di cordoglio anticipatorio che le avrebbe consentito di elaborare più efficacemente il successivo lutto e derubandola di momenti preziosi da vivere insieme alla sua mamma), oggi che è un giovane uomo ha una parte considerevole nel "dirigere" l'impatto che quell'evento può avere nella sua quotidianità.
Anche il fatto che in famiglia non si sia aperto uno spazio di condivisione del dolore che vi accomunava -ciascuno nel suo ruolo (di figlio e di marito e padre) e dunque con una specificità nella sofferenza- non è stato positivo: non è negando il dolore che lo si può far diventare occasione di crescita personale e di rafforzamento delle relazioni tra i "sopravvissuti".
Chiarisco che con ciò non voglio colpevolizzare nessuno, perché sono certa che tutto è stato fatto con l'intento di proteggerla.
Accolga senza fuggire questo momento di crisi in cui si sta domandando chi è, cosa vuole dalla vita e cosa Lei può dare alla vita.
E si dia l'opportunità di scoprirlo, facendosi affiancare da uno psicologo psicoterapeuta che l'aiuti a (ri)trovare i punti cardinali della sua esistenza.
Coltivi la scrittura, che può davverlo esserle benefica, ma ricordi che la narrazione è tale solo se prevede che ci sia un orecchio che l'ascolta, perciò non trascuri la socialità e lo stare nel mondo (quello reale e non quello dei videogiochi).
"Il vento può spegnere una candela e ravvivare un fuoco"
Cordialità.
la perdita precoce di sua madre ha avuto, ha ed avrà senz'altro un'influenza nella sua vita, così come d'altra parte l'avrebbe se lei fosse ancora fisicamente al suo fianco.
Ciò non significa che necessariamente e ineluttabilmente quel lutto si debba riflettere in maniera negativa sulla sua esistenza presente o futura.
Se quando era bambino qualcun altro ha deciso per Lei, pensando amorevolmente che fosse un bene non renderla partecipe di quanto stava accadendo (di fatto, invece, privandola di quall'utilissima fase di cordoglio anticipatorio che le avrebbe consentito di elaborare più efficacemente il successivo lutto e derubandola di momenti preziosi da vivere insieme alla sua mamma), oggi che è un giovane uomo ha una parte considerevole nel "dirigere" l'impatto che quell'evento può avere nella sua quotidianità.
Anche il fatto che in famiglia non si sia aperto uno spazio di condivisione del dolore che vi accomunava -ciascuno nel suo ruolo (di figlio e di marito e padre) e dunque con una specificità nella sofferenza- non è stato positivo: non è negando il dolore che lo si può far diventare occasione di crescita personale e di rafforzamento delle relazioni tra i "sopravvissuti".
Chiarisco che con ciò non voglio colpevolizzare nessuno, perché sono certa che tutto è stato fatto con l'intento di proteggerla.
Accolga senza fuggire questo momento di crisi in cui si sta domandando chi è, cosa vuole dalla vita e cosa Lei può dare alla vita.
E si dia l'opportunità di scoprirlo, facendosi affiancare da uno psicologo psicoterapeuta che l'aiuti a (ri)trovare i punti cardinali della sua esistenza.
Coltivi la scrittura, che può davverlo esserle benefica, ma ricordi che la narrazione è tale solo se prevede che ci sia un orecchio che l'ascolta, perciò non trascuri la socialità e lo stare nel mondo (quello reale e non quello dei videogiochi).
"Il vento può spegnere una candela e ravvivare un fuoco"
Cordialità.
Dr.ssa Paola Scalco, Psicoterapia Cognitiva e Sessuologia Clinica
ASTI - Cell. 331 5246947
https://whatsapp.com/channel/0029Va982SIIN9ipi00hwO2i
[#2]
Utente
Credo proprio lei abbia ragione su tutto. Ciò detto, mi farò senz'altro accompagnare da uno psicologo/a in questa fase della mia vita, ho deciso. Piccola domanda, devo prima rivolgermi al mio medico di base per poter intraprendere questo percorso o devo provvedere io a trovare uno/a psicoterapeuta?
PS: m'è piaciuta moltissimo la citazione alla fine e fin dall'inizio ho condiviso la mia storia su una piattaforma e ai miei amici più stretti, dubito che la abbandonerò facilmente.
PS: m'è piaciuta moltissimo la citazione alla fine e fin dall'inizio ho condiviso la mia storia su una piattaforma e ai miei amici più stretti, dubito che la abbandonerò facilmente.
[#3]
Le strade sono due:
- rivolgersi ad un professionista privato, che può scegliere in base alle caratteristiche che ritiene per Lei utili (uomo/donna, orientamento terapeutico, comodità rispetto alla sua abitazione, tariffe, ecc..), cercando sul web: https://ordinepsicologi.piemonte.it/ordine/albo-psicologi/
- rivolgersi al servizio di Psicologia della sua ASL di appartenenza, solitamente con l'impegnativa del Medico di Base e previo pagamento del ticket se dovuto.
Si tratta di due strade diverse, anche in base all'obiettivo che si vuole raggiungere: normalmente le sedute possibili nel servizio pubblico sono limitate e non sempre è possibile effettuare un percorso psicoterapeutico, non si può scegliere l'operatore a cui si verrà assegnati (ma ciò non significa che non si capiti con uno bravo) e i tempi di attesa possono essere molto più lunghi.
D'altro canto, rivolgersi ad un libero professionista ha un costo e perciò di questo è indispensabile tenere conto.
Il nostro Ordine Nazionale da tempo si batte per l'istituzione dello Psicologo di Base e per l'introduzione di voucher psicologici, ma purtroppo la politica fa orecchie da mercante.
Le allego alcune utili letture:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/407-come-spendere-meno-dallo-psicologo.html
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/233-la-psicoterapia-che-cos-e-e-come-funziona.html
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/156-dubbi-e-miti-dell-aspirante-psico-paziente-indeciso.html
In bocca al lupo per tutto.
Se le farà piacere aggiornarci tra un po' di tempo, siamo qua.
- rivolgersi ad un professionista privato, che può scegliere in base alle caratteristiche che ritiene per Lei utili (uomo/donna, orientamento terapeutico, comodità rispetto alla sua abitazione, tariffe, ecc..), cercando sul web: https://ordinepsicologi.piemonte.it/ordine/albo-psicologi/
- rivolgersi al servizio di Psicologia della sua ASL di appartenenza, solitamente con l'impegnativa del Medico di Base e previo pagamento del ticket se dovuto.
Si tratta di due strade diverse, anche in base all'obiettivo che si vuole raggiungere: normalmente le sedute possibili nel servizio pubblico sono limitate e non sempre è possibile effettuare un percorso psicoterapeutico, non si può scegliere l'operatore a cui si verrà assegnati (ma ciò non significa che non si capiti con uno bravo) e i tempi di attesa possono essere molto più lunghi.
D'altro canto, rivolgersi ad un libero professionista ha un costo e perciò di questo è indispensabile tenere conto.
Il nostro Ordine Nazionale da tempo si batte per l'istituzione dello Psicologo di Base e per l'introduzione di voucher psicologici, ma purtroppo la politica fa orecchie da mercante.
Le allego alcune utili letture:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/407-come-spendere-meno-dallo-psicologo.html
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/233-la-psicoterapia-che-cos-e-e-come-funziona.html
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/156-dubbi-e-miti-dell-aspirante-psico-paziente-indeciso.html
In bocca al lupo per tutto.
Se le farà piacere aggiornarci tra un po' di tempo, siamo qua.
Dr.ssa Paola Scalco, Psicoterapia Cognitiva e Sessuologia Clinica
ASTI - Cell. 331 5246947
https://whatsapp.com/channel/0029Va982SIIN9ipi00hwO2i
Questo consulto ha ricevuto 4 risposte e 551 visite dal 06/01/2022.
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