Ruolo del genitore acquisito

Buongiorno,

vi scrivo per aiutarmi a fare chiarezza sui miei sentimenti.

Da più di 7 anni convivo con una donna divorziata, con due figlie, che all'epoca in cui abbiamo iniziato a convivere avevano rispettivamente 9 e 13 anni.

Mi sono inserito da subito nel nucleo familiare, instaurando un bellissimo rapporto con le due ragazze, che dentro di me considero come figlie mie (senza pretendere di impormi in un ruolo che ovviamente non mi spetta).
Per cui mi sono sempre sentito appagato dalla loro presenza nella mia vita e non ho mai desiderato un figlio mio.

Il padre delle ragazze è una persona assente e anaffettiva, che gradualmente, dopo la separazione, ha smesso di vederle e occuparsi di loro, pur nutrendo un fortissimo astio nei confronti della mia compagna e miei e avendo accusato spesso lei di essere la causa del l'allontanamento delle sue figlie da lui.
Nella realtà dei fatti, anche precedentemente alla separazione era un padre assente e distaccato, mai stato in grado di instaurare un legame sano con le sue figlie.

Venendo a me, data la situazione, il mio ruolo di "genitore acquisito" è andato probabilmente oltre quello che si instaura di solito nelle famiglie allargate, e le ragazze si sono legate a meno attribuendomi chiaramente un ruolo "paterno", pur consapevoli chiaramente che il loro padre è un altro.

Le ragazze stesse, esprimendo il loro affetto per me, hanno spesso esternato i loro sentimenti nei loro confronti, e mi hanno anche detto esplicitamente che mi sono grate per essere per loro come un padre, pur non essendolo realmente.

Questo mi riempie di orgoglio e allo stesso tempo di paure: a volte mi vedo come un "usurpatore", ho paura anche di aver dato troppo e di non aver fatto loro del bene, anche semplicemente diventando involontariamente un metro di giudizio tra il tipo di uomo che è il loro padre naturale e quello che sono io.

Ora stanno crescendo, e adesso che avere figli miei nella circostanza in cui mi trovo sarebbe impossibile, sto cominciando a vivere delle ansie.

Ho paura che un giorno (e come ammetto sarebbe giusto accadesse) riallacceranno il rapporto con il padre e inizieranno a vedermi come una figura marginale nella loro vita, seppur positiva, e ho paura di perdere tutto e di guardarmi indietro un giorno pensando di aver sprecato la mia vita.

Allo stesso tempo, il rapporto con la mia compagna e con le ragazze è solido e profondo, sono gli affetti più forti che ho, e mi sembrerebbe assurdo seguire la razionalità che mi porta a pensare che magari un giorno sarò più felice lasciando loro e costruendo una famiglia mia con una persona che devo ancora conoscere e con dei figli che non ho.
Non so se mi sono spiegato, ma spero possiate darmi un consiglio.

Grazie e buon anno.
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Dr.ssa Paola Scalco Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 4.3k 102
"ho paura di perdere tutto e di guardarmi indietro un giorno pensando di aver sprecato la mia vita"

Gentile Utente,
non potendo fornirle consigli, le propongo alcuni spunti di riflessione, seguendo il filo del suo discorso.

In questo momento, nel presente (e non in un ipotetico futuro che nessuno di noi conosce), Lei ha la sensazione di star sprecando la sua vita, o è più o meno discretamente soddisfatto della vita che ha, nella quale "il rapporto con la mia compagna e con le ragazze è solido e profondo, sono gli affetti più forti che ho"?

Le ansie e le paure che ci racconta cos'hanno di razionale?
Che garanzia ha di poter instaurare con un figlio biologico un rapporto altrettanto solido e reciprocamente rispettoso, anche in considerazione del divario generazionale che vi separerebbe, dato che a 25 anni si ritroverebbe un padre ultrasettantenne...

Quanto l'deale di sé che aveva in mente da ragazzo assomiglia all'uomo che è diventato? E in che misura il progetto di vita a suo tempo immaginato si avvicina a quello concretizzato?

Cordialità.

Dr.ssa Paola Scalco, Psicoterapia Cognitiva e Sessuologia Clinica
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