Gestire l'ansia per non farla ricadere sui figli
Buonasera,
ho un disturbo d'ansia generalizzato con lievi tendenze ossessive e una ipocondria di fondo che si accentua o diminuisce a seconda dei periodi storici e che affonda le radici nell'aver assistito in pochissimi mesi alla morte della mia intera famiglia d'origine per cancro.
Sono stata in terapia per sei anni, imparando a gestire le crisi più acute, elaborando i lutti subiti e cercando strategie di coping per le tendenze più ossessive.
Ho interrotto la terapia quando la mia dottoressa è andata in maternità, ma a quel punto la relazione non era già più efficace e funzionale e avrei dovuto cambiare comunque terapista.
Ora è qualche mese che sono in pausa, ma ho preso contatto per riprendere le sedute con una nuova terapista a gennaio.
Nelle ultime settimane, però, mio figlio di nove anni, che ha sempre avuto un rapporto poco sereno con medici e malanni, ha iniziato a terrorizzarsi per ogni minimo disturbo, doloretto, livido, che ci comunica puntualmente ma che poi non vuole realmente gestire.
Pediatra e padre dicono che non va assecondato, perché nella maggior parte dei casi sono fastidi insignificanti e si rischia di validare la tendenza al "loop", ma per me è difficile far finta di nulla: scatta immediatamente il dubbio ansiogeno "e se fosse un sintomo serio che sottovalutiamo?
Se fosse l'inizio di qualcosa che preso per tempo può essere gestito?
" e tutta la serie di pensieri simili che potete ben immaginare.
Le mie domande, che cercano di approfondire il sintomo per capire quanto sia esagerato e quanto ci sia di vero, lo agitano, innescando un circolo vizioso che diventa poi difficile da interrompere.
Ho deciso di riprendere la terapia perché voglio limitare il più possibile il danno che l'ansia genitoriale può creare a mio figlio, ma al momento sono appunto in questa fase di transizione che fatico a gestire.
Come posso non cadere nel meccanismo di avvitamento che mi fa temere il peggio ogni volta che ha un doloretto senza per questo sentire che lo sto condannando e abbandonando?
Vi ringrazio per ogni spunto di riflessione
ho un disturbo d'ansia generalizzato con lievi tendenze ossessive e una ipocondria di fondo che si accentua o diminuisce a seconda dei periodi storici e che affonda le radici nell'aver assistito in pochissimi mesi alla morte della mia intera famiglia d'origine per cancro.
Sono stata in terapia per sei anni, imparando a gestire le crisi più acute, elaborando i lutti subiti e cercando strategie di coping per le tendenze più ossessive.
Ho interrotto la terapia quando la mia dottoressa è andata in maternità, ma a quel punto la relazione non era già più efficace e funzionale e avrei dovuto cambiare comunque terapista.
Ora è qualche mese che sono in pausa, ma ho preso contatto per riprendere le sedute con una nuova terapista a gennaio.
Nelle ultime settimane, però, mio figlio di nove anni, che ha sempre avuto un rapporto poco sereno con medici e malanni, ha iniziato a terrorizzarsi per ogni minimo disturbo, doloretto, livido, che ci comunica puntualmente ma che poi non vuole realmente gestire.
Pediatra e padre dicono che non va assecondato, perché nella maggior parte dei casi sono fastidi insignificanti e si rischia di validare la tendenza al "loop", ma per me è difficile far finta di nulla: scatta immediatamente il dubbio ansiogeno "e se fosse un sintomo serio che sottovalutiamo?
Se fosse l'inizio di qualcosa che preso per tempo può essere gestito?
" e tutta la serie di pensieri simili che potete ben immaginare.
Le mie domande, che cercano di approfondire il sintomo per capire quanto sia esagerato e quanto ci sia di vero, lo agitano, innescando un circolo vizioso che diventa poi difficile da interrompere.
Ho deciso di riprendere la terapia perché voglio limitare il più possibile il danno che l'ansia genitoriale può creare a mio figlio, ma al momento sono appunto in questa fase di transizione che fatico a gestire.
Come posso non cadere nel meccanismo di avvitamento che mi fa temere il peggio ogni volta che ha un doloretto senza per questo sentire che lo sto condannando e abbandonando?
Vi ringrazio per ogni spunto di riflessione
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Gentile utente,
"..scatta immediatamente il dubbio ansiogeno "e se fosse un sintomo serio che sottovalutiamo?"
Sembrerebbe che Lei stia spostando sul bambino il Suo sintomo quando:
"... Le mie domande, che cercano di approfondire il sintomo per capire quanto sia esagerato e quanto ci sia di vero, lo agitano, innescando un circolo vizioso che diventa poi difficile da interrompere".
In realtà le problematiche psichiche non sono ereditarie (come il senso comune ritiene), ma si apprendono proprio dai genitori.
Riprendere al più presto la psicoterapia sembra la decisione più saggia,
anche perchè Lei sembra in difficoltà a credere al "..Pediatra e padre dicono che non va assecondato".
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
"..scatta immediatamente il dubbio ansiogeno "e se fosse un sintomo serio che sottovalutiamo?"
Sembrerebbe che Lei stia spostando sul bambino il Suo sintomo quando:
"... Le mie domande, che cercano di approfondire il sintomo per capire quanto sia esagerato e quanto ci sia di vero, lo agitano, innescando un circolo vizioso che diventa poi difficile da interrompere".
In realtà le problematiche psichiche non sono ereditarie (come il senso comune ritiene), ma si apprendono proprio dai genitori.
Riprendere al più presto la psicoterapia sembra la decisione più saggia,
anche perchè Lei sembra in difficoltà a credere al "..Pediatra e padre dicono che non va assecondato".
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 1.3k visite dal 20/12/2021.
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