Disturbo d'ansia con agorafobia

Premetto che sono totalmente scettico riguardo alla psicoterapia, spero comunque di sbagliarmi visto che sto andando dalla psicologa (almeno posso dire di averci provato).

4 anni fa ebbi il mio primo attacco di panico e a tutt'oggi lo ricordo bene.
Da quel momento non ho avuto grossi attacchi seppur una somatizzazione continua dell'ansia tenuta sotto controllo dai farmaci.
Sono seguito da un medico psichiatra e ho fatto due sedute dalla psicologa (devo tornarci a giorni).
Nonostante io cerchi di "impegnarmi" per stare bene, ovvero cercare di uscire, fare bene il mio lavoro, cercare di finire l'università; ho come la sensazione di non riuscire a fare niente di buono.

Sono insoddisfatto della vita ed ultimamente il problema ansia è peggiorato: non riesco più a studiare appena mi metto seduto penso che sia totalmente inutile, non ho voglia di uscire, ho paura che mi venga un attacco mentre sono a lavoro, non faccio altro che dormire, mi sembra tutto inutile.

E' un evento frequente che l'ansia si associ a depressione: lo capisco.

Quello che non capisco è come nonostante io sappia per primo che l'attacco di panico non può uccidere, al massimo può farmi stare male per un pò e che è normale che io sia depresso perchè logicamente se uno non esce di casa si deprime, NON capisco perchè nonostante io sappia tutto del mio problema perchè ormai ci galleggio da tanto non riesco a capire uno più che curarsi cosa diavolo deve fare per guarire. Scusate per il mio sfogo sono veramente stufo.
[#1]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
Gentile ragazzo, non c'è bisogno di scusarsi per il suo sfogo, che è del tutto legittimo. L'idea che se capisco una cosa allora riuscirò a risolverla, è vecchia come il mondo ma purtroppo, nel caso dei problemi personali come il suo, è totalmente inutile. Capire di avere l'ansia e sapere cos'è non è del minimo aiuto per uscirne fuori.

Purtroppo non tutti sono d'accordo con questo concetto, anche nel nostro campo, ma visto che ha iniziato ad andare da una psicologa c'è da augurarsi che le farà fare le cose "giuste" che le servono per uscirne. Quindi, anche se so già che non potrà farlo per i motivi che ha ben spiegato, dovrebbe essere ottimista in questo senso.

> Nonostante io cerchi di "impegnarmi" per stare bene,
> ovvero cercare di uscire, fare bene il mio lavoro,
> cercare di finire l'università; ho come la sensazione
> di non riuscire a fare niente di buono.

Questa è un'altra delle convinzioni più diffuse, vicina al consiglio "dell'amico": "non ci pensare, è tutta una cosa di testa, basta che ti sforzi e vedrai che il problema svanisce". Ma purtroppo anche questo non funziona.

> E' un evento frequente che l'ansia si associ a
> depressione: lo capisco.

In realtà è più corretto dire che nei casi come il suo è la depressione ad associarsi all'ansia, verosimilmente a causa della ripetuta frustrazione di non riuscire a venirne a capo.

Ad ogni modo può leggere alcuni di questi link per un punto di vista:
http://www.giuseppesantonocito.it/art_intervento.htm
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/

Cordiali saluti

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

[#2]
Dr. Armando De Vincentiis Psicologo, Psicoterapeuta 7.2k 220
(..)Premetto che sono totalmente scettico riguardo alla psicoterapia, spero comunque di sbagliarmi visto che sto andando dalla psicologa (almeno posso dire di averci provato)(..)

Gentile ragazzo questo atteggiamento rappresenta una cattiva premessa per cominciare un percorso terapeutico, valido in psicologia che in medicina generale, poichè la spingerebbe a non metterci quell'impegno necessario per ottenere dei risultati. Basti che questo suo "almeno ci ho provato" non sia solo un modo di sentirsi a posto con la coscienza, e che la spinga ad affrontare superficialmente la cosa. Anche un farmaco funziona meglio se si hanno aspettative positive in questo.
Vada un po a caccia di dati, cerchi informazioni sulla efficacia delle terapie a partire dal sito che il collega le ha indicato.
cordialmente

Dr. Armando De Vincentiis
Psicologo-Psicoterapeuta
www.psicoterapiataranto.it
https://www.facebook.com/groups/316311005059257/?ref=bookmarks

[#3]
Utente
Utente
Ringrazio tutti voi per la celere risposta. Comunque sì, il mio dire "almeno ci ho provato" è un modo per sentirmi a posto con la coscienza. Sono scettico riguardo la psicoterapia perché anche io sto studiando per una professione d'aiuto (non nel campo della medicina né della psicologia) e mi rendo conto di quanto spesso siano limitati i mezzi per sopperire la sofferenza delle persone. Ho dato una lettura veloce dei link postati dal Dr. Santonocito e devo dire che sono interessanti soprattuto quel 95% dei casi risolti inerenti i disturbi d'ansia con attacchi di panico. Ovviamente (senza offesa per il Dottore) qualche dubbio rimane; se è così "semplice" guarire dal DAP come mai tanta gente che ne soffre si fa anni ed anni di psicoterapia e terapia farmacologica? Che senso ha il perfezionamento dalla psicofarmacologia se è sufficiente "qualche" seduta dallo psicoterapeuta? (guadagno?)
[#4]
Dr. Armando De Vincentiis Psicologo, Psicoterapeuta 7.2k 220
Gentile utente, in tutte le problematiche psicologiche ci sono risposte diverse dei pazienti che dipendono da una serie di fattori: collaborazione con il terapeuta, aspettativa verso la terapia, altre problematiche di altra natura associate e così via. Inoltre,esistono anche approcci terapeutici meno indicati per certi disturbi ma ugualmente scelti con la conseguente prospettiva di terapie interminabili con pochi risultati. Gli approcci brevi e direttivi (comportamentali, strategici, sistemici) per determinati disturbi d'ansia particolarmente invalidanti come il panico, hanno una oggettiva efficenza rispetto ad approcci più lunghi. Purtroppo non sempre le scelte sul tipo di terapia sono idonee per il problema.
saluti
[#5]
Utente
Utente
Vi ringrazio per tutte le risposte e vi auguro una buona serata.
[#6]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
Non si preoccupi, le sue affermazioni non sono offensive. Dovrebbe vedere ciò che ci scrivono altri utenti, al confronto.

> mi rendo conto di quanto spesso siano limitati i mezzi
> per sopperire la sofferenza delle persone

Mi scusi, si riferisce ai mezzi cui lei specificamente si è sottoposto, oppure a tutti quelli esistenti?

> se è così "semplice" guarire dal DAP come mai tanta gente
> che ne soffre si fa anni ed anni di psicoterapia e
> terapia farmacologica?

Secondo lei, tutte le psicoterapie e tutte le terapie farmacologiche sono tutte uguali, sono tutte la stessa cosa, oppure sa che possono esserci delle differenze?

> Che senso ha il perfezionamento dalla psicofarmacologia
> se è sufficiente "qualche" seduta dallo psicoterapeuta?
> (guadagno?)

No, perché di solito le cure farmacologiche costano molto meno della psicoterapia. Il vero svantaggio della psicoterapia è che è cara, e non tutti possono permettersela.

Ad ogni modo, così come in altri settori dello scibile umano, non c'è un solo modo riconosciuto di fare le cose. La cura farmacologica viene usata dal medico, che di solito ha un approccio e una visione della malattia diversa da quella dello psicologo/psicoterapeuta, che di norma medico non è.

Ma mi permetta di chiederle questo, dato che sono curioso: se lei è "totalmente scettico" nei confronti della psicoterapia, come mai ha sentito il bisogno di doverlo dire proprio in pubblico, in un forum che ha per titolo "Psicologia"?

Aveva bisogno di un riconoscimento ufficiale della sua incredulità?

Cordiali saluti
[#7]
Utente
Utente
Per quanto riguarda la limitatezza dei mezzi lo vedo sul lavoro quando manca il materiale/personale ad esempio e ci si deve arrangiare in mille modi. Poi studi una cosa e rimane solo teoria perché non c'è tempo per farla come la teoria. Inoltre ho anche l'esperienza personale: anni di cure, sono stato seguito un anno da una fantomatica psicoterapeuta che prima mi ha parlato di 5 sedute massimo 10 sedute ("breve e strategica?") poi sono diventate un anno di psicoterapia poi l'esperienza con la psichiatria e farmaci 2 anni avanti a zoloft senza riuscita.
Le psicoterapie e le farmacoterapie non sono tutte uguali ma le basi sono le stesse: il farmaco agisce su qualche neurotrasmettitore (visione biologica), mentre la psicoterapia si basa sull'ascolto e sulla parola (visione olistica?) per risolvere un problema. Non sono la stessa cosa ma i principi su cui si basano quello sì.
Ho pubblicato le mie domande non per avere un riconoscimento ufficiale della mia incredulità piuttosto per capire se crederci o meno.

Grazie per l'attenzione
[#8]
Dr. Armando De Vincentiis Psicologo, Psicoterapeuta 7.2k 220
Caro lettore come le è stato già detto numerose variabili influenzano la terapia molte favoriscono il percorso terapeutico altre decisamente no. L'aspettativa del paziente è una delle variabili fortemente influenzanti.
inoltre anche in psicoterapia si ha una visione biologistica dell'uomo poichè, parole, esperienze emozionali correttive e nuove strategie di comportamento influenzano comunque la biologia del cervello.
Saluti
[#9]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
> Per quanto riguarda la limitatezza dei mezzi lo vedo sul
> lavoro quando manca il materiale/personale ad esempio e
> ci si deve arrangiare in mille modi. Poi studi una cosa e
> rimane solo teoria perché non c'è tempo per farla come la
> teoria.

Mi perdonerà, ma non riesco a capire cosa abbia a che vedere questo con l'efficacia o meno di una cura, che è quello di cui si stava discutendo.

> Le psicoterapie e le farmacoterapie non sono tutte uguali
> ma le basi sono le stesse: il farmaco agisce su qualche
> neurotrasmettitore (visione biologica), mentre la
> psicoterapia si basa sull'ascolto e sulla parola (visione
> olistica?)

La visione olistica, con la psicoterapia propriamente detta, non c'entra per nulla. Anzi, io non so esattamente nemmeno che cosa significhi "visione olistica", dato che per risolvere un problema è necessario concentrarsi prima e innanzitutto su di lui, non su un fantomatico "tutto".

Lei parla di "studi" e di "teoria" ma tutto ciò, come le dicevo, non serve a nulla per uscire dall'ansia. L'ansia è un'emozione (paura) e le emozioni non possono essere trattate secondo una logica razionale e ordinaria.

> ("breve e strategica?")

L'approccio strategico è lo stesso che anch'io seguo e le confermo che i cicli di trattamento per molti disturbi d'ansia durano in media appunto 7-10 sedute. Ma non posso sapere, specificamente, che cosa la "fantomatica psicoterapeuta" abbia fatto con lei, e non glielo chiederò neepure dato che non è questa la sede adatta. Le dico però, come dico spessissimo agli utenti qui, che è più importante il particolare terapeuta del particolare approccio utilizzato.

> Ho pubblicato le mie domande non per avere un
> riconoscimento ufficiale della mia incredulità
> piuttosto per capire se crederci o meno.

Bene, però la mia intenzione non è quella di convincerla, perché è un diritto che spetta a chiunque l'essere scettico nei confronti di qualcosa.

In fondo, svolgendo una professione d'aiuto, sono le persone che si rivolgono a noi per un aiuto, non noi a cercare loro ed è giusto che sia così. Le confesso però che avendo scelto di fare questo lavoro, e quindi animato dalla motivazione di fare qualcosa per migliorare la vita degli altri, rimane sempre un po' d'amaro in bocca sapendo che qualcuno potrebbe beneficiare del nostro operato, ma che ciò non potrà avvenire a causa di preconcetti o, come nel suo caso, di cattive esperienze pregresse. Ed è evidente anche dalle sue parole l'amarezza per aver riposto fiducia in quegli specialisti, che però non sono riusciti ad aiutarla a venire a capo del suo problema.

Provi a leggere anche questo:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/374-sull-efficacia-della-psicoterapia-parte-ii.html

e veda se per caso, magari non subito, non riesce a ripensarci.

Cordiali saluti
[#10]
Dr. Daniel Bulla Psicologo, Psicoterapeuta 3.6k 187
Gentile Utente,
ho letto con attenzione tutti i suoi post, ed il suo scetticismo in realtà ha una spiegazione piuttosto semplice: essere scettici è una caratteristica fondamentale di chi soffre d'ansia. E' quella sensazione che Lei avverte quando magari si ritrova a pensare "E se magari io facessi parte di quel 5% che non risponderà alla cura terapeutica?"

Qual'è la cosa da non fare assolutamente quando si affronta lo scetticismo ansiogeno? Rassicurare.

Le rassicurazioni, come lei stesso ha già sperimentato, in casi come questo hanno una durata molto breve. Dopo poco tempo ricompare il solito dubbio: "E se invece io...?"

Per quanto riguarda il suo caso specifico: una psicoterapia può anche non funzionare, soprattutto se

a) si allontana dal modello teorico di riferimento per i disturbi d'ansia, che la ricerca ha dimostrato essere quello cognitivo-comportamentale (vedi le terapie che durano molti anni)

b) il paziente inizia poco motivato e dubbioso

E' il paziente il maggior responsabile del cambiamento: lei potrà andare dal miglior psicoterapeuta d'Italia, ma se non mette in dubbio i suoi dubbi (scusi il gioco di parole) è destinato a vagare in diversi studi professionali.

Lo so, sembra facile a dirsi, me ne rendo conto. Però se vuole essere più sicuro inizi ad informarsi sui risultati dei trattamenti, quelli scientifici però, non quelli che può trovare in giro per la rete.

Una volta di fronte ad un dato scientifico una persona è libera di non crederci: però a questo punto dovrebbe ridimensionare il proprio sistema di probabilità.

Se ha ancora voglia di leggere articoli, provi a leggere questo articolo sull'ansia https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/205-caro-psicologo-mi-sento-ansioso-i-disturbi-d-ansia-e-la-terapia-cognitivo-comportamentale.html
[#11]
Utente
Utente
Gentili dottori di meditalia.
Ho riflettuto attentamente in questi giorni per capire il problema che mi tormenta e credo di essere arrivato ad una conclusione. Vi spiego un attimo. A 14 anni mio padre s'ammalò di morbo di altzaimer e da allora ho perso purtroppo via via progressivamente la sua figura con tutte le conseguenze del caso. Mia madre purtroppo non è stata per me una figura forte e anche lei ha sofferto di problemi psichici in passato. Mi sono ammalato di anoressia nervosa a 15 anni non mangiavo e facevo ore ed ore di cyclette, mi ero isolato. Nessuno s'accorgeva del mio problema finché non mi sono deciso da solo ad andare da una dietista con la scusa di volere una "dieta di mantenimento". Ho seguito un percorso terapeutico con la dietista e ho iniziato a fare attività fisica (palestra). Gradualmente in due, tre anni ho ripreso il mio peso a livelli accettabli, stavo finalmente bene, la scuola mi piaceva, avevo un gran gruppo di amici anche se ero un pò timido. Dopo la morte di mio padre è cominciata una sorta di mio narcisismo fissazione con i muscoli che mi ha portato a perdere la maggior parte del mio tempo dietro alla palestra e al nuoto, soprattuto una fissazione con l'alimentazione. Durante l'attività fisica accusai un fortissimo dolore alla schiena e da quel giorno ogni qual volta cercavo di fare sport mi veniva l'ansia e nonostante mi impegnassi nello svolgerla non stavo bene. Poi il grosso attacco di panico e la decisione di smettere di fare sport. Sono stato due anni senza toccare un peso e ho ricominciato ma come volevasi dimostrare dopo un paio di mesi ho rismesso (PREMETTO CHE NON HO PIU' FISSAZIONI CON IL CIBO MANGIO DI TUTTO). Ad oggi ci riprovo ma ho l'ansia solo a cominciare poi naturalmente l'ansia si è estesa allo stato generale del mio fisico come se avessi paura di essere debole o di fare cose troppo stressanti a livello fisico (tipo paura se ho troppo sonno, paura se ho troppa fame, paura di svenire), quindi mi capita di mangiare per paura di svenire anche se realmente non ho fame. adesso sapete come si chiama questo problema ha un nome secondo voi?
[#12]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
Gentile ragazzo, perdere il padre è un momento di grossa destabilizzazione, dato che corrisponde alla perdita di un punto di riferimento importante. Del resto lo descrive bene lei quando dice: "Mia madre purtroppo non è stata per me una figura forte", quasi esprimendo la disdetta di non aver potuto trovare in lei un qualche sostituto adeguato.

È possibile che non abbia ancora superato la sua perdita, e che il disagio le abbia messo in moto una forma di desiderio di compensazione (i pesi, per "crescere") alternato a un rifiuto del cibo (per fermare il tempo e "restare piccolo"). Ma al di là delle interpretazioni, che lasciano sempre il tempo che trovano, e delle etichette diagnostiche che non possono in questa sede spingersi oltre il generico, il suo racconto è un ulteriore conferma che un adeguato lavoro psicoterapeutico potrebbe aiutarla notevolmente.

Cordiali saluti
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