La ferita della mancata spiegazione
Salve, ho 28 anni e scrivo perché ancora oggi, dopo mesi, mi tormenta un quesito che non ha mai avuto risposta.
Quattro anni fa conobbi un uomo più grande di me, di cui mi innamorai.
Ero stata rifiutata, e io me ne feci dolorosamente una ragione.
Questa persona dopo molto tempo mi cercò, diede avvio ad un "tira e molla" comunicativo durato mesi, in cui mi confidava cose personali sulle sue relazioni dolorose e infelici, per poi sparire tagliando i contatti.
In estate 2020 ricompare, ma questa volta ricevo da quest'uomo una inaspettata dichiarazione, mi dice di volermi frequentare e di desiderare una relazione con me.
Cerco di essere prudente, sono ovviamente entusiasta, e iniziamo una breve frequentazione, in cui condividiamo anche momenti intimi, che purtroppo viene poi interrotta dai lockdown invernali.
Lui tiene a comunicare con me quotidianamente, anche a distanza, e per lungo tempo (8 mesi) non c'è giorno in cui non si fa sentire con entusiasmo.
Arriva addirittura a propormi una convivenza appena le cose si sarebbero sbloccate.
Io ci spero tanto, e mi sento felice anche perché mi sembrava di aver trovato una persona di cui potermi fidare: in quegli 8 mesi abbiamo condiviso cose sentimentalmente importanti, e c'è stata anche una disgrazia familiare che ci ha fatti sentire più "uniti".
In tutto ciò, però, vengo a sapere che nessuno dei suoi amici o familiari sa nulla di me.
Non dico nulla, ma noto purtroppo che il nostro legame non si definisce, lui parla di prospettive da condividere insieme, io di cose concrete.
In generale, salvo certe distanze emotive da parte sua (nessuna parola di tenerezza, ad esempio), sembra filare tutto liscio, finché mi viene chiesto di confidargli di avere un problema di salute.
Poco dopo, scompare e dirada i contatti.
Io mi allarmo e dopo qualche giorno provo a toccare l'argomento in modo delicato: mi disse di essere a disagio (non so perché), alzando i toni.
Io rimasi ferita, finché chiesi esplicitamente una spiegazione chiara di questo improvviso atteggiamento distante.
La risposta fu devastante, e mi fu solo detto, dopo aver ripetuto il contrario per mesi, che "lui non vuole relazioni e desidera stare da solo".
Tenevo a capire la motivazione del cambio improvviso di idee, ma non mi fu mai data.
Ho ricevuto anche delle offese per averla cordialmente chiesta, mi ero sentita dire che i miei sentimenti sono totalmente irrilevanti e che sono stupida, perché lui non è innamorato.
Mi chiedo, e dopo questa lunga vicenda è ciò che mi assilla, perché voler instaurare una relazione con qualcuno che sai di non amare, e che sai che prova dei sentimenti per te da anni.
Dopo diverso tempo, questo vissuto mi ha lasciato una voragine foriera di sofferenza, per questo punto di domanda.
Ho paura di aver fatto qualcosa di male, e non so cosa.
Se lo avessi saputo, avrei voluto riparare il mio errore, se c'è stato.
Sono sempre stata presente e comprensiva con questa persona, non capisco la ragione di questo comportamento.
Quattro anni fa conobbi un uomo più grande di me, di cui mi innamorai.
Ero stata rifiutata, e io me ne feci dolorosamente una ragione.
Questa persona dopo molto tempo mi cercò, diede avvio ad un "tira e molla" comunicativo durato mesi, in cui mi confidava cose personali sulle sue relazioni dolorose e infelici, per poi sparire tagliando i contatti.
In estate 2020 ricompare, ma questa volta ricevo da quest'uomo una inaspettata dichiarazione, mi dice di volermi frequentare e di desiderare una relazione con me.
Cerco di essere prudente, sono ovviamente entusiasta, e iniziamo una breve frequentazione, in cui condividiamo anche momenti intimi, che purtroppo viene poi interrotta dai lockdown invernali.
Lui tiene a comunicare con me quotidianamente, anche a distanza, e per lungo tempo (8 mesi) non c'è giorno in cui non si fa sentire con entusiasmo.
Arriva addirittura a propormi una convivenza appena le cose si sarebbero sbloccate.
Io ci spero tanto, e mi sento felice anche perché mi sembrava di aver trovato una persona di cui potermi fidare: in quegli 8 mesi abbiamo condiviso cose sentimentalmente importanti, e c'è stata anche una disgrazia familiare che ci ha fatti sentire più "uniti".
In tutto ciò, però, vengo a sapere che nessuno dei suoi amici o familiari sa nulla di me.
Non dico nulla, ma noto purtroppo che il nostro legame non si definisce, lui parla di prospettive da condividere insieme, io di cose concrete.
In generale, salvo certe distanze emotive da parte sua (nessuna parola di tenerezza, ad esempio), sembra filare tutto liscio, finché mi viene chiesto di confidargli di avere un problema di salute.
Poco dopo, scompare e dirada i contatti.
Io mi allarmo e dopo qualche giorno provo a toccare l'argomento in modo delicato: mi disse di essere a disagio (non so perché), alzando i toni.
Io rimasi ferita, finché chiesi esplicitamente una spiegazione chiara di questo improvviso atteggiamento distante.
La risposta fu devastante, e mi fu solo detto, dopo aver ripetuto il contrario per mesi, che "lui non vuole relazioni e desidera stare da solo".
Tenevo a capire la motivazione del cambio improvviso di idee, ma non mi fu mai data.
Ho ricevuto anche delle offese per averla cordialmente chiesta, mi ero sentita dire che i miei sentimenti sono totalmente irrilevanti e che sono stupida, perché lui non è innamorato.
Mi chiedo, e dopo questa lunga vicenda è ciò che mi assilla, perché voler instaurare una relazione con qualcuno che sai di non amare, e che sai che prova dei sentimenti per te da anni.
Dopo diverso tempo, questo vissuto mi ha lasciato una voragine foriera di sofferenza, per questo punto di domanda.
Ho paura di aver fatto qualcosa di male, e non so cosa.
Se lo avessi saputo, avrei voluto riparare il mio errore, se c'è stato.
Sono sempre stata presente e comprensiva con questa persona, non capisco la ragione di questo comportamento.
[#1]
Gentile utente,
in rete troverà facilmente il termine *zombieing*, con il quale si definisce il comportamento di ritorno di chi prima era sparito, come lo zombie dei film. Ritorna quando la persona nemmeno più lo attende, salvo poi essere nuovamente reinghiottito dal nulla ...
Tale modalità è sempre esistita, ma oggi si è accentuata a causa delle caratteristiche dei social e forse anche del lockdown.
Ri-comparsa e ri-sparizione nulla hanno a che fare con l'altra persona, ma unicamente per il soddisfacimento di bisogni propri, spesso narcisistici.
E' ovvio che questo non si riferisce all'uomo di cui Lei ci parla - ci mancherebbe, nemmeno lo conosciamo - ma unicamente ad un fenomeno in aumento e che purtroppo lascia segni importanti in chi lo subisce: tornano a galla vecchie ferite legate a dinamiche di abbandono, come quando Lei dice:
"... questo vissuto mi ha lasciato una voragine foriera di sofferenza, per questo punto di domanda".
D'altra parte nel comportamento sessuale di quest'uomo, da Lei descritto con precisione del consulto precedente, si riscontravano tutte le caratteristiche di egoismo e centratura su di sè, verso le quali peraltro l'avevamo messa in guardia.
Non si chieda ora (se ci riesce) "Ho paura di aver fatto qualcosa di male, e non so cosa",
e nemmeno
"...non capisco la ragione di questo comportamento...".
Il Suo "lavoro interiore" ora è di evitare auto-colpevolizzazioni,
di far evolvere il lutto, evitando così di divenire preda del pensiero ossessivo;
in questo caso si tratterebbe di un *bel regalo* - detto ironicamente - che lui Le lascerebbe per non essere dimenticato. L'ennesima ferita dello zombieing.
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
in rete troverà facilmente il termine *zombieing*, con il quale si definisce il comportamento di ritorno di chi prima era sparito, come lo zombie dei film. Ritorna quando la persona nemmeno più lo attende, salvo poi essere nuovamente reinghiottito dal nulla ...
Tale modalità è sempre esistita, ma oggi si è accentuata a causa delle caratteristiche dei social e forse anche del lockdown.
Ri-comparsa e ri-sparizione nulla hanno a che fare con l'altra persona, ma unicamente per il soddisfacimento di bisogni propri, spesso narcisistici.
E' ovvio che questo non si riferisce all'uomo di cui Lei ci parla - ci mancherebbe, nemmeno lo conosciamo - ma unicamente ad un fenomeno in aumento e che purtroppo lascia segni importanti in chi lo subisce: tornano a galla vecchie ferite legate a dinamiche di abbandono, come quando Lei dice:
"... questo vissuto mi ha lasciato una voragine foriera di sofferenza, per questo punto di domanda".
D'altra parte nel comportamento sessuale di quest'uomo, da Lei descritto con precisione del consulto precedente, si riscontravano tutte le caratteristiche di egoismo e centratura su di sè, verso le quali peraltro l'avevamo messa in guardia.
Non si chieda ora (se ci riesce) "Ho paura di aver fatto qualcosa di male, e non so cosa",
e nemmeno
"...non capisco la ragione di questo comportamento...".
Il Suo "lavoro interiore" ora è di evitare auto-colpevolizzazioni,
di far evolvere il lutto, evitando così di divenire preda del pensiero ossessivo;
in questo caso si tratterebbe di un *bel regalo* - detto ironicamente - che lui Le lascerebbe per non essere dimenticato. L'ennesima ferita dello zombieing.
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
[#2]
Utente
Gentile dottoressa,
Grazie per il suo intervento. Ciò che spiega sembra corrispondere bene all'esperienza da me vissuta e, francamente, non credevo fosse stato coniato un termine anglofono per esprimerne il triste concetto. Da un po' di tempo ho scelto di intraprendere un percorso di psicoterapia proprio a causa di questo vissuto, che ovviamente ho sentito come traumatico. Non tanto per l'egoismo in sé, che purtroppo è di certo un elemento che ferisce, quanto per l'insensatezza e lo squilibrio di più narrazioni che mi sono state fornite. Stavo bene elaborando questo lutto, anni fa, quando ecco che chi stavo per dimenticare riemerge a bussare alla porta, con le dinamiche che ho già descrtto. È per questo che mi ero permessa di domandarmi la causa di comportamenti simili: io non riuscirei a farli miei, e mi paiono irrispettosi. Quello che poi emerge sul colpevolizzarmi, è verissimo: è molto faticoso, ma mi devo rendere conto che non sarà così che ne uscirò.
Grazie per il suo intervento. Ciò che spiega sembra corrispondere bene all'esperienza da me vissuta e, francamente, non credevo fosse stato coniato un termine anglofono per esprimerne il triste concetto. Da un po' di tempo ho scelto di intraprendere un percorso di psicoterapia proprio a causa di questo vissuto, che ovviamente ho sentito come traumatico. Non tanto per l'egoismo in sé, che purtroppo è di certo un elemento che ferisce, quanto per l'insensatezza e lo squilibrio di più narrazioni che mi sono state fornite. Stavo bene elaborando questo lutto, anni fa, quando ecco che chi stavo per dimenticare riemerge a bussare alla porta, con le dinamiche che ho già descrtto. È per questo che mi ero permessa di domandarmi la causa di comportamenti simili: io non riuscirei a farli miei, e mi paiono irrispettosi. Quello che poi emerge sul colpevolizzarmi, è verissimo: è molto faticoso, ma mi devo rendere conto che non sarà così che ne uscirò.
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 1.6k visite dal 09/11/2021.
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