Ha senso nascondere ad una persona la sua sindrome di asperger al giorno d'oggi?

Salve,

da molti anni sono a conoscenza che nella mia famiglia c'è una ragazzo di circa 30 anni con sindrome di Asperger.


Non ho nessuna certezza che il ragazzo abbia la sindrome, poichè non è mai stata diagnosticata di fatto.


Alla nascita ebbe dei gravi problemi di anemia, e i medici comunicarono ai genitori che era molto probile che avrebbe avuto la suddetta sindrome.


Nei primi anni, l'attenzione fu quasi tutta incentrata sulla questione fisica, e credo, l'aspetto della diversità fu dimenticato o non gli fu dato peso (non so).


Rimane il fatto che questo ragazzo, guardando il profilo di un Aspy, sembra molto appartenere a questi comportamenti con difficoltà nella relazioni sociali, interessi verticali spiccati, ecc.


Il punto è che questo ragazzo sta collezionando una serie di insuccessi, inconsapevole della sua lieve diversità.
A quanto so la madre, come il fratello, sarebbero contrari a 'svelargli' tale leggera differenza.


Io che da anni sono in terapia cognitivo comportamentale, credo sia giusto, in qualche modo, metterlo a conoscenza della propria lieve diversità per permettergli di comprendere che le sue difficoltà possono dipendere da tale fattore.
Alcune persone in famiglia sostengono che, bloccato nel percorso universitario, ricevere tale notizia potrebbero farlo sprofondare in qualche situazione pericolosa dal punto di vista psicologico.


Dato che sono l'unica persona nella famiglia intenzionato ad aiutare il ragazzo, mi consigliate di comunicare a lui la cosa senza problemai o dovrei prendere particolari accorgimenti?
A vostro avviso è fondamentale il supporto di uno specialista per spiegare al ragazzo questa sua eventuale differenza?


E' giusto ed è etico nascondere tale piccola diversità ad un essere umano al giorno d'ggi?
Sebbene comprenda la difficoltò della madre e del fratello a comunicare la cosa, il nascondere non è un atteggiamento dei tempi passati, che non offre prospettivi positive alla persona?


Immagino la sua possibilità di comprendere molti episodi della sua vita dove si è sentito impreso, non ha compreso gli altri, è stato deriso.
Magari potrebbe prendere conoscenza della propria situazione, farsi accompagnare da uno specialista e magari sviluppare consapevolezza anche nella diversità, abbracciando i lati positivi e negativi della cosa.


Grazie
[#1]
Dr.ssa Fulvia Tramontano Psicologo, Psicoterapeuta 63 3
Salve, non credo ci sia una risposta esatta univoca alla situazione che ci descrive; i dati sono pochi e soprattutto non si sa in che genere di legame o parentela lei è con questo ragazzo. La sindrome di Asperger è tuttora di difficile diagnosi e non tutte le persone che ne sono colpite vivono allo stesso modo la problematicità. Sicuramente il sentimento di affetto che lei prova per questo ragazzo è da mettere in primo piano, ne ha già parlato con il suo terapeuta? Comprendere in profondità la risonanza che hanno su di lei che ci scrive i problemi del ragazzo è il primo passo per considerare, in seguito, come sia possibile aiutarlo.
Parlargli in modo diretto del problema non necessariamente è l'aiuto migliore, potrebbe non essergli d'aiuto affatto, bisognerebbe conoscerlo e conoscere il contesto più generale. Lui potrà farsi accompagnare da uno specialista, come lei dice, anche senza una etichetta diagnostica ma cominciando dal disagio che percepisce in sè, nel caso in cui lo percepisca
Un cordiale saluto

Dr.ssa Fulvia Tramontano

[#2]
Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.4k 194
Gentile utente,
anche dalle sue precedenti richieste noto che lei si arrovella con argomenti che le appaiono tortuosi, ma a ben guardare sono solo frutto di ansia.
Ora ci chiede se deve rivelare a qualcuno che è portatore della Sindrome di Asperger, e al riguardo fa una serie di osservazioni non basate né su fatti, né su diagnosi.
Dice di sapere che un membro della sua famiglia è asperger, ma di seguito esclude che siano stati fatti test e sia stata enunciata una diagnosi. Parla di un discorso che sarebbe stato pronunciato dai medici alla nascita di questo bambino, gravemente anemico, e afferma che essi avrebbero sostenuto il rischio di sindrome di Asperger in futuro.
Lei era presente? Ha mai sentito parlare di una diagnosi di Asperger fatta alla nascita? Anche in base alla sua età, ritengo si tratti solo di fantasie o incubi.
Poi lei nota alcuni insuccessi di questo ragazzo, nel campo degli studi e delle relazioni sociali, e ne ricava la diagnosi di Asperger. Non riesce ad immaginare che siano responsabili, piuttosto, il peso delle circostanze, le capacità, l'impegno, la formazione personale e quella familiare, o altre ragioni ancora, non legate ad alcuna patologia?
Lei pensa che la responsabilità di una sindrome possa spiegare al suo giovane parente perché non ha avuto tutte le gratificazioni che desidera dalla vita?
Si chiede addirittura: "E' giusto ed è etico nascondere tale piccola diversità ad un essere umano al giorno d'ggi?"
Cosa intende esattamente per "giorno d'oggi"? La cosiddetta Sindrome di Asperger è stata definita dalla dottoressa inglese Lorna Wing solo nel 1981, studiando gli scritti di Hans Asperger, ed esistono dubbi su come usare questa definizione.
Rappresenta un insieme di limiti? Non si direbbe, infatti non compromette alcuna capacità cognitiva e l'apprendimento. E' una serie di tratti di personalità? Cosa dunque la distingue da una qualunque altra tipologia psicologica?
In ogni caso, possiamo davvero dire che le diagnosi ci aiutano a capire noi stessi, oppure bloccano i nostri normali sforzi di adattamento alla realtà facendoci pronunciare il fatidico e molto vecchio: "Sono fatto così e non ci posso fare nulla"?
Per finire, lei scrive: "Io che da anni sono in terapia cognitivo comportamentale, credo sia giusto, in qualche modo, metterlo a conoscenza della propria lieve diversità per permettergli di comprendere che le sue difficoltà possono dipendere da tale fattore".
Perché non ha chiesto il parere del suo terapeuta, e soprattutto perché scrive che "da anni" è in una terapia che in genere si conclude in molto meno tempo?
Presumibilmente c'è un'altra componente nel suo disturbo, per la quale il rimuginio non fa bene.
Cordialmente.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com