Come affrontare un trasferimento in altra città che mi provoca ansia?
Buonasera a tutti.
Scrivo questo post in un momento di profondo sconforto.
Sono una ragazza di 27 anni e questa estate mi sono laureata in psicologia del lavoro con il voto massimo. A distanza di un mese dalla laurea ho iniziato a muovermi per trovare lavoro seppur molto sconfortata dalle possibilità lavorative. A fine agosto ho ricevuto la chiamata della mia relatrice che mi propone il dottorato.
Ero contentissima perché il dottorato era qualcosa a cui avevo sempre pensato nel corso di questi anni universitari, anche se ero consapevole che fosse una strada difficile da ottenere.
Il dottorato non è nella mia regione (Sud Italia) ma al Nord a P. (Preferisco appuntare i nomi). Ma la mia relatrice mi assicura che non è necessario stare sempre in presenza a P., dovrei andarci solo per brevi periodi, come ad esempio i seminari.
Tale cosa viene confermata anche da una professoressa di P. Accetto e mi metto subito al lavoro per il concorso.
Supero la fase della valutazione degli scritti e con i miei genitori mi metto in viaggio per il colloquio orale (i miei genitori mi hanno sempre supportata anche economicamente, pur non avendo grosse disponibilità economiche). Supero anche il colloquio orale e la commissione sembra essere davvero entusiasta.
Uscita di lì mi metto in viaggio per Firenze: la città è bellissima e mi fa pensare all'invidia che avevo provato per molte mie conoscenze che si sono trasferite in giro per l’italia (e anche fuori).
Nel periodo che segue sono soddisfatta di aver passato il dottorato, ma finché non concludo con la procedura di immatricolazione preferisco non parlarne troppo. Ecco però che subito dopo arriva lo sconforto.
Mi chiedo se il dottorato mi possa dare qualche possibilità in più di trovare lavoro.
Le persone che mi circondano dicono di si, ma perché non chiederlo a internet?
Mi imbatto in diversi forum anche vecchi di 15 anni che descrivono una situazione preoccupante dove sembra che il dottorato, non solo non ti apra più porte, ma sembra essere anche un impedimento stesso alla ricerca di lavoro.
Inoltre tutti parlano di un alto numero di depressione e disturbi d’ansia tra i dottorandi, fatto che mi ha molto spaventato essendo io una persona molto ansiosa.
Passa qualche giorno e parlo con la professoressa di P. Lei mi spiega che siccome ha cattedra a B.
sarebbe opportuno per me trasferirmi lì.
Ma come? Non era necessario andare solo per i seminari? Ora invece si parla di trasferimento?
Entro in uno stato di ansia! Non voglio trasferirmi!
In questo periodo non si trovano alloggi a B., ma tramite un’amica ne trovo una e decido quindi di partire per B. (da dove sto scrivendo ora), spendendo altri soldi, ma la casa è invivibile.
Tutto questo mi ha lasciata in uno stato d’ansia e tristezza.
La città non mi piace (pur essendo rinomata per essere una bella città), la casa che ho visto non mi piace.
Non voglio vivere qui e a questo punto sto mettendo in discussione anche il dottorato.
Nel frattempo ho fatto spendere ai miei fior di soldi per il viaggio.
Ho solo voglia di mollare tutto.
Scrivo questo post in un momento di profondo sconforto.
Sono una ragazza di 27 anni e questa estate mi sono laureata in psicologia del lavoro con il voto massimo. A distanza di un mese dalla laurea ho iniziato a muovermi per trovare lavoro seppur molto sconfortata dalle possibilità lavorative. A fine agosto ho ricevuto la chiamata della mia relatrice che mi propone il dottorato.
Ero contentissima perché il dottorato era qualcosa a cui avevo sempre pensato nel corso di questi anni universitari, anche se ero consapevole che fosse una strada difficile da ottenere.
Il dottorato non è nella mia regione (Sud Italia) ma al Nord a P. (Preferisco appuntare i nomi). Ma la mia relatrice mi assicura che non è necessario stare sempre in presenza a P., dovrei andarci solo per brevi periodi, come ad esempio i seminari.
Tale cosa viene confermata anche da una professoressa di P. Accetto e mi metto subito al lavoro per il concorso.
Supero la fase della valutazione degli scritti e con i miei genitori mi metto in viaggio per il colloquio orale (i miei genitori mi hanno sempre supportata anche economicamente, pur non avendo grosse disponibilità economiche). Supero anche il colloquio orale e la commissione sembra essere davvero entusiasta.
Uscita di lì mi metto in viaggio per Firenze: la città è bellissima e mi fa pensare all'invidia che avevo provato per molte mie conoscenze che si sono trasferite in giro per l’italia (e anche fuori).
Nel periodo che segue sono soddisfatta di aver passato il dottorato, ma finché non concludo con la procedura di immatricolazione preferisco non parlarne troppo. Ecco però che subito dopo arriva lo sconforto.
Mi chiedo se il dottorato mi possa dare qualche possibilità in più di trovare lavoro.
Le persone che mi circondano dicono di si, ma perché non chiederlo a internet?
Mi imbatto in diversi forum anche vecchi di 15 anni che descrivono una situazione preoccupante dove sembra che il dottorato, non solo non ti apra più porte, ma sembra essere anche un impedimento stesso alla ricerca di lavoro.
Inoltre tutti parlano di un alto numero di depressione e disturbi d’ansia tra i dottorandi, fatto che mi ha molto spaventato essendo io una persona molto ansiosa.
Passa qualche giorno e parlo con la professoressa di P. Lei mi spiega che siccome ha cattedra a B.
sarebbe opportuno per me trasferirmi lì.
Ma come? Non era necessario andare solo per i seminari? Ora invece si parla di trasferimento?
Entro in uno stato di ansia! Non voglio trasferirmi!
In questo periodo non si trovano alloggi a B., ma tramite un’amica ne trovo una e decido quindi di partire per B. (da dove sto scrivendo ora), spendendo altri soldi, ma la casa è invivibile.
Tutto questo mi ha lasciata in uno stato d’ansia e tristezza.
La città non mi piace (pur essendo rinomata per essere una bella città), la casa che ho visto non mi piace.
Non voglio vivere qui e a questo punto sto mettendo in discussione anche il dottorato.
Nel frattempo ho fatto spendere ai miei fior di soldi per il viaggio.
Ho solo voglia di mollare tutto.
[#1]
Ciao Mery, ho letto la tua richiesta di aiuto, ogni trasferimento è x sua natura carico di ansia e preoccupazione, è un cambiamento e ti richiede tanto impegno e coraggio. Nessuno può assicurarti la buona riuscita del trasferimento. Il meglio non sta nella meta, che è quel che rimane fissa all'orizzonte, ma il viaggio, quel che questo ti può dare in termini di esperienze, incontri e nuove possibilità. Certo si tratterà di utilizzare tutte le forze e le risorse che hai a disposizione, ci saranno momenti di sconforto ma se ti conservi vigile e positiva tutto andrà x il meglio. Va avanti a piccoli passi e senza contare su troppe certezze, l'imprevisto potrà anche meravigliarti positivamente.
Dott.ssa Daponte Antonella
[#2]
Utente
Grazie per la risposta dottoressa. Effettivamente sto vivendo un grande cambiamento e sto inevitabilmente uscendo dalla mia comfort zone. Ho paura di non essere all’altezza di un dottorato, di vivere lontana da casa, di viaggiare all’estero in autonomia. Ma so anche che rimanere chiusa nel mio paesino e nelle quattro mura della mia casa natale non mi farà crescere. Devo accogliere questa esperienza. Ma a paralizzarmi c’è la paura di fallire, di non essere all’altezza e di dover affrontare tutto questo da sola.
Questo consulto ha ricevuto 2 risposte e 9.2k visite dal 29/10/2021.
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