Interruzione psicoterapia e blocco

Gentilissimi Dottori,
vi contatto perché sono in un blocco emotivo terribile.

Da diverso tempo, mi sono accorta che la psicoterapia mi porta a "snaturarmi", a non sentire più sensazioni ed emozioni, la utilizzo per contenermi, mi sento cambiata e vi è una forte rabbia.

È una psicoterapia ad indirizzo cognitivo comportamentale, intrapresa da 2 anni.


Sono entrata in crisi ad agosto ed ho contattato un precedente terapeuta di un'altra città dove vivevo per mediare con l'altra terapeuta, si sono messi in contatto, abbiamo provato ma non siamo riusciti...

L'empasse è diventato troppo forte e alla crisi a cui è seguita una diminuzione delle sedute, con un mio blocco, si è presentata una forte ansia che non vi era più da tempo.
Mi sono fermata dal lavoro in malattia da un mese.


Ho tutto in standby ed io non riesco a decidere.
Gli psichiatri mi hanno dato dei farmaci per l'ansia, ma io sento che dipende da questo bisogno.


Non riesco ad affrontare il terapeuta, l'ho visto due settimane fa su Skype e poi gli ho dovuto dire via mail che non riesco ma non ho interrotto il rapporto terapeutico.


Andare in terapia mi cambia con gli altri, non riesco più a relazionarmi con naturalezza e spontaneità, ma io sento che devo sciogliere questo blocco.


Non riesco a parlare col terapeuta.

Quando vado in terapia, l'ansia non c'è ma sono solo pianti continui. Abbiamo lavorato a lungo sul bambino interiore ed io temo in una dipendenza.

Come procedere?


Sono in crisi profonda.


Grazie
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.4k 193
Gentile utente,
dovrebbe rispondere a tre domande, per permetterci di aiutarla.
1: In base a quale diagnosi assume i farmaci e segue una psicoterapia?
2; La sua psicoterapia non sembra di tipo cognitivo/comportamentale, al contrario di quanto afferma, infatti scrive di "bambino interiore". Può farsi dire dal curante di quale psicoterapia si tratta?
3: Sarebbe utile chiarire la frase "Gli psichiatri mi hanno dato dei farmaci per l'ansia, ma io sento che dipende da questo bisogno". Cos'è che dipende? La sua ansia? E da quale bisogno, visto che lei non ne ha espresso alcuno?
Formulando con chiarezza le domande ci aiuterà ad aiutarla e farà bene a sé stessa.
Restiamo in attesa.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

[#2]
Utente
Utente
Gentile Dottoressa,
i farmaci che assumo sono per una sindrome ansiosa con talvolta umore depresso, attualmente. In passato si era parlato di temperamento ciclotimico, ma credo nel tempo sia cambiato.

Il primo psichiatra mi ha dato un antidepressivo, mentre il secondo mi ha riportato ad una precedente terapia con Lamictal ma mi ha detto di aggiungere benzodiazepine.
Ora non ho un medico di riferimento e tanta confusione.

Il terapeuta mi faceva lavorare con la mia bambina interiore, credo con la mindfullness con la regolazione delle emozioni. Non si trattava di Emdr. Mi faceva stare sulla sensazione attuale e ricollegarla a stati d'animo e ricordi del passato.

Non mi sentivo più autonoma, e sentivo una maschera, ed avevo tanta rabbia e non riesco proprio a tornare da lui ma è difficile anche affidarmi ad un altro.

L'ansia che ho non c'era durante la terapia, ma prima della terapia, quindi temo che sia data dall'assenza della terapia e dal mio bisogno di sentirmi rassicurata e di affidarmi, che però va in conflitto col mio desiderio di autonomia e da una sensazione ora della mancanza di una figura, forse maschile.

Grazie per l'attenzione e la disponibilità.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.4k 193
Gentile utente,
dovrebbe avere cura della sua salute mentale, a maggior ragione perché è giovane e sta ancora costruendo la sua vita.
Dunque, a quel che capisco, la sua diagnosi è di sindrome ansioso-depressiva, la cui cura d'elezione è la psicoterapia, talvolta associata a farmaci.
S'intende che lei deve aver ricevuto la diagnosi in seguito a valutazione clinica, corredata da test.
La scelta di prendere o meno i farmaci, se si vuole guarire, non è del paziente, ma dello ,specialista, la cui presenza è indispensabile. Lei invece scrive; "Ora non ho un medico di riferimento e tanta confusione".
Per il tipo di psicoterapia, dovrebbe essere sempre lo specialista a pronunciarsi, ma in questo campo la gamma dei metodi efficaci è un po' più ampia: il metodo finora considerato vincente sulle sindromi ansioso-depressive sarebbe il cognitivo-comportamentale, variamente articolato in sottotipi e giunto alla sua quarta generazione.
In ogni caso non si può prescindere da una buona relazione col curante, che vuol dire fiducia, dialogo aperto, accoglimento delle spiegazioni e delle eventuali prescrizioni, profonda consapevolezza di ciò che si sta facendo.
Lei ci dice, al contrario, che parlavate di bambina interiore, forse di Mindfulness o di regolazione delle emozioni, e nella precedente email ha parlato di terapia cognitivo-comportamentale, e conclude: "Non mi sentivo più autonoma, e sentivo una maschera, ed avevo tanta rabbia". Ha parlato al suo terapeuta di queste sensazioni?
Nel corso della terapia il paziente impara a conoscere sé stesso e la malattia: ne riconosce i sintomi, sente se si acutizzano o si attenuano, agisce per contrastarne gli effetti. Viceversa, lei parla della sua ansia come se non fosse una malattia regolarmente considerata dal DSM (Manuale Statistico Diagnostico dei disturbi mentali), ma quello stato di nervosismo che può capitare a tutti in seguito a qualche evento spiacevole.
Infatti scrive: "L'ansia che ho non c'era durante la terapia, ma prima della terapia, quindi temo che sia data dall'assenza della terapia e dal mio bisogno di sentirmi rassicurata e di affidarmi, che però va in conflitto col mio desiderio di autonomia e da una sensazione ora della mancanza di una figura, forse maschile".
Alquanto confuse queste" cause" dell'ansia, che se è un'ansia patologica, come da diagnosi, non è certo prodotta da cause esterne.
Tirando le somme, lei rischia di percorrere il noto cammino che serve a non guarire mai;
1) non vuol capire che la sindrome che le hanno diagnosticata non consiste in un occasionale stato d'animo, ma è una malattia;
2) rifiuta le cure o le gestisce a modo suo, sottovalutando la malattia mentale;
3) non crede che le variazioni del suo umore siano gli strumenti della guarigione, se correttamente comunicate al curante. Del suo "blocco emotivo" dovrebbe parlare a lui, non a noi.
Per altro, se il suo psichiatra e/o il suo psicologo non le sembrano idonei a curarla, li cambi, ma solo dopo aver discusso con chiarezza cosa avverte di inadeguato, aver ascoltato con attenzione le loro spiegazioni, ed essersi proposta di cercare specialisti a cui definitivamente affidarsi, la prossima volta.
Pensi a guarire, e se le è utile ci aggiorni.