Fallimento esistenziale
Sono un uomo di 37 anni.
Da qualche anno, dopo un lungo tragitto di riflessione, servito più che altro a disintossicarmi da alcune narrazioni consolatorie sugli uomini e la vita, sono giunto alla conclusione di aver fallito la mia esistenza.
Sebbene sia vero che, per tirarmi su, mi concedo facilmente quote di rabbia rilevanti, in questo caso non si tratta di una lamentela vittimistica.
A partire da un padre debole, svalutativo e repressivo, e da una madre negazionista, non ho avuto quella sicurezza necessaria per aprirmi alla vita, in tutti i suoi aspetti.
Fin da adolescente sento il bisogno di uno spazio in cui poter raccogliermi, facendo i conti con tutto ciò che è per me rilevante.
Di fatto, non l'ho mai avuto e non me lo sono mai dato, e oggi ne vedo le conseguenze.
Mai ho interagito con la vita in modo dialettico, affermando il mio "esserci".
Ho riempito invece il tempo con una sequenza di task al servizio di obiettivi astratti, non essendo in grado di formularne di "miei".
Non ricordo di aver mai provato una vera gioia, ma solo emozioni "difensive": perlopiù, il piacere nello spegnermi (sottraendomi all'ansia) e l'entusiasmo nella conquista di qualche potere illusorio ed effimero.
Ad oggi, non so chi sono.
Non ho (letteralmente) una storia né radici.
Non riesco nemmeno a concepire l'idea di avere amici o compagne.
Non provo emozioni, ansia a parte, e non vi è nulla che apprezzi.
Un bagno al mare, il calore della sabbia sotto i piedi, il profumo di un gelsomino: nulla mi dà piacere, in quanto tutto mi ricorda un passato devastato da un silenzio assordante e un futuro che non riesco nemmeno a immaginare.
Non ho mai fatto nulla di costruttivo.
Non ho dunque mai fatto nulla.
L'idea di continuare su questa linea è straziante, o lo sarebbe se mi permettessi di provare paura e tristezza.
Quella di un cambiamento appartiene, mi sembra, al mondo delle utopie.
Credo che un terapeuta, per tirami fuori da questo, dovrebbe avere uno spessore umano davvero notevole ed essere disposto a profondere un impegno del tutto irrealistico, ampiamente al di fuori delle consuetudini del ruolo.
Mi piacerebbe ricevere feedback liberi e onesti.
Se qualcuno ritiene di aver qualcosa da dirmi, lo prego di non trattenersi.
Da qualche anno, dopo un lungo tragitto di riflessione, servito più che altro a disintossicarmi da alcune narrazioni consolatorie sugli uomini e la vita, sono giunto alla conclusione di aver fallito la mia esistenza.
Sebbene sia vero che, per tirarmi su, mi concedo facilmente quote di rabbia rilevanti, in questo caso non si tratta di una lamentela vittimistica.
A partire da un padre debole, svalutativo e repressivo, e da una madre negazionista, non ho avuto quella sicurezza necessaria per aprirmi alla vita, in tutti i suoi aspetti.
Fin da adolescente sento il bisogno di uno spazio in cui poter raccogliermi, facendo i conti con tutto ciò che è per me rilevante.
Di fatto, non l'ho mai avuto e non me lo sono mai dato, e oggi ne vedo le conseguenze.
Mai ho interagito con la vita in modo dialettico, affermando il mio "esserci".
Ho riempito invece il tempo con una sequenza di task al servizio di obiettivi astratti, non essendo in grado di formularne di "miei".
Non ricordo di aver mai provato una vera gioia, ma solo emozioni "difensive": perlopiù, il piacere nello spegnermi (sottraendomi all'ansia) e l'entusiasmo nella conquista di qualche potere illusorio ed effimero.
Ad oggi, non so chi sono.
Non ho (letteralmente) una storia né radici.
Non riesco nemmeno a concepire l'idea di avere amici o compagne.
Non provo emozioni, ansia a parte, e non vi è nulla che apprezzi.
Un bagno al mare, il calore della sabbia sotto i piedi, il profumo di un gelsomino: nulla mi dà piacere, in quanto tutto mi ricorda un passato devastato da un silenzio assordante e un futuro che non riesco nemmeno a immaginare.
Non ho mai fatto nulla di costruttivo.
Non ho dunque mai fatto nulla.
L'idea di continuare su questa linea è straziante, o lo sarebbe se mi permettessi di provare paura e tristezza.
Quella di un cambiamento appartiene, mi sembra, al mondo delle utopie.
Credo che un terapeuta, per tirami fuori da questo, dovrebbe avere uno spessore umano davvero notevole ed essere disposto a profondere un impegno del tutto irrealistico, ampiamente al di fuori delle consuetudini del ruolo.
Mi piacerebbe ricevere feedback liberi e onesti.
Se qualcuno ritiene di aver qualcosa da dirmi, lo prego di non trattenersi.
[#1]
Gentile utente,
non di rado la persona può giungere a fare un bilancio negativo della propria vita. Talvolta sono le condizioni dell'esistenza, talaltra il colore delle lenti degli occhiali con cui sta guardando il mondo in quello specifico momento, altre ancora un setaccio mentale particolare, che seleziona solo le ombre: ad esempio Lei non ci dice se ha un lavoro, se in qualche settore professionbale o scolastico ha ricevuto riscontri positivi o anche forse eccellenti...
Lei chiede molto ad uno/a Psicoterapeuta:
"..Credo che un terapeuta, per tirami fuori da questo, dovrebbe avere uno spessore umano davvero notevole ed essere disposto a profondere un impegno del tutto irrealistico, ampiamente al di fuori delle consuetudini del ruolo".
Le segnalo che non è tra i compiti del/la Terapeuta "tirar fuori" alcuno dalle situazioni;
peraltro ognuno di noi Psicoterapeuti "profonde il proprio impegno" con ogni singolo paziente seduta dopo seduta, sia che si tratti di un percorso breve oppure prolungato nel tempo.
Il/la terapeuta è una guida, un sostegno, forse talvolta un faro, per la persona che vuole cercare e cambiare;
è indispensabile però che la persona-paziente metta a disposizione la propria parte di impegno senza riserve, per tutto quanto in quel momento può dare.
Al fine di chiarirsi sulla psicoterapia, Le consiglio la lettura attenta del seguente linkato:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/233-la-psicoterapia-che-cos-e-e-come-funziona.html .
Saluti cari.
Dott. Brunialti
non di rado la persona può giungere a fare un bilancio negativo della propria vita. Talvolta sono le condizioni dell'esistenza, talaltra il colore delle lenti degli occhiali con cui sta guardando il mondo in quello specifico momento, altre ancora un setaccio mentale particolare, che seleziona solo le ombre: ad esempio Lei non ci dice se ha un lavoro, se in qualche settore professionbale o scolastico ha ricevuto riscontri positivi o anche forse eccellenti...
Lei chiede molto ad uno/a Psicoterapeuta:
"..Credo che un terapeuta, per tirami fuori da questo, dovrebbe avere uno spessore umano davvero notevole ed essere disposto a profondere un impegno del tutto irrealistico, ampiamente al di fuori delle consuetudini del ruolo".
Le segnalo che non è tra i compiti del/la Terapeuta "tirar fuori" alcuno dalle situazioni;
peraltro ognuno di noi Psicoterapeuti "profonde il proprio impegno" con ogni singolo paziente seduta dopo seduta, sia che si tratti di un percorso breve oppure prolungato nel tempo.
Il/la terapeuta è una guida, un sostegno, forse talvolta un faro, per la persona che vuole cercare e cambiare;
è indispensabile però che la persona-paziente metta a disposizione la propria parte di impegno senza riserve, per tutto quanto in quel momento può dare.
Al fine di chiarirsi sulla psicoterapia, Le consiglio la lettura attenta del seguente linkato:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/233-la-psicoterapia-che-cos-e-e-come-funziona.html .
Saluti cari.
Dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
[#2]
Utente
La ringrazio della risposta.
Mi chiede di lavoro e riconoscimenti: ho il primo, ho avuto i secondi, a volte anche significativi. Il punto però è che io non ci sono stato, e non ho dunque potuto apprezzare nulla. C'è uno stato d'animo corrispondente all'essere "svegli", che ho in brevi episodi sperimentato. Quando sono "dormiente", la mia vita è semplice e farla filare liscia è relativamente facile. Altrettanto semplicemente, non la percepisco però come mia, e so di essere falso e in fondo manipolativo. Tale conflitto irrisolto mi ha accompagnato per tutta la vita.
Per quanto riguarda il suo commento sulla psicoterapia, io credo che alcune persone abbiano un reale bisogno di essere "salvate", in quanto incapaci di tollerare la percezione della propria situazione e/o prive di mezzi sufficienti per un recupero in tempo utile. In questi casi, perché funzioni, l'intervento deve essere più sostanziale. Non tutti portano la stessa taglia.
Cordialità.
Mi chiede di lavoro e riconoscimenti: ho il primo, ho avuto i secondi, a volte anche significativi. Il punto però è che io non ci sono stato, e non ho dunque potuto apprezzare nulla. C'è uno stato d'animo corrispondente all'essere "svegli", che ho in brevi episodi sperimentato. Quando sono "dormiente", la mia vita è semplice e farla filare liscia è relativamente facile. Altrettanto semplicemente, non la percepisco però come mia, e so di essere falso e in fondo manipolativo. Tale conflitto irrisolto mi ha accompagnato per tutta la vita.
Per quanto riguarda il suo commento sulla psicoterapia, io credo che alcune persone abbiano un reale bisogno di essere "salvate", in quanto incapaci di tollerare la percezione della propria situazione e/o prive di mezzi sufficienti per un recupero in tempo utile. In questi casi, perché funzioni, l'intervento deve essere più sostanziale. Non tutti portano la stessa taglia.
Cordialità.
[#3]
Gentile utente,
l'esperienza mi dice che chi chiede aiuto ad uno/a Psicologo/a,
e ancor più ad uno/a Psicoterapeuta,
ha quasi sempre delle proprie aspettative ben precise.
* Però frequentemente esse non coincidono con il profilo e con la professionalità del/la Terapeuta, bensì unicamente con la percezione del paziente, con le sue opinioni. *
Tale discrepanza, se rigida, in molti casi è causa del fallimento di qualsiasi presa in carico,
di qualsivoglia percorso breve o prolungato che sia. Fallimento che viene (ovviamente) attribuito al Terapeuta, al quale viene addossata la colpa - o l'incompetenza - di non aver fatto quello che il pz. chiedeva/esigeva (ad es., "tirarlo fuori", "intervento più sostanziale").
Per questo motivo Le consigliavo una lettura di approfondimento (linkata),
per provare a mettere a confronto le Sue aspettative qui espresse con la reale esperienza della psicoterapia teorizzata e descritta nella News.
Scrivere qui nell'area di Psicologia significa fondamentalmente
. essere aperti all'ascolto di un parere professionale specialistico,
. mettere in atto la capacità di de/centrarsi - sia pure momentaneamente - rispetto al proprio punto di vista.
Sarà poi l'utente stesso a decidere cosa fare dei motivati orientamenti qui fornitigli.
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
l'esperienza mi dice che chi chiede aiuto ad uno/a Psicologo/a,
e ancor più ad uno/a Psicoterapeuta,
ha quasi sempre delle proprie aspettative ben precise.
* Però frequentemente esse non coincidono con il profilo e con la professionalità del/la Terapeuta, bensì unicamente con la percezione del paziente, con le sue opinioni. *
Tale discrepanza, se rigida, in molti casi è causa del fallimento di qualsiasi presa in carico,
di qualsivoglia percorso breve o prolungato che sia. Fallimento che viene (ovviamente) attribuito al Terapeuta, al quale viene addossata la colpa - o l'incompetenza - di non aver fatto quello che il pz. chiedeva/esigeva (ad es., "tirarlo fuori", "intervento più sostanziale").
Per questo motivo Le consigliavo una lettura di approfondimento (linkata),
per provare a mettere a confronto le Sue aspettative qui espresse con la reale esperienza della psicoterapia teorizzata e descritta nella News.
Scrivere qui nell'area di Psicologia significa fondamentalmente
. essere aperti all'ascolto di un parere professionale specialistico,
. mettere in atto la capacità di de/centrarsi - sia pure momentaneamente - rispetto al proprio punto di vista.
Sarà poi l'utente stesso a decidere cosa fare dei motivati orientamenti qui fornitigli.
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 3.5k visite dal 28/09/2021.
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