Relazione complicata padre-figlio
Salve a tutti,
Sono un ragazzo di 25 anni.
Ho da poco terminato con profitto gli studi, conseguendo la laurea magistrale.
Penso di essere vittima di un padre padrone.
Il percorso universitario e l'aver condiviso casa con altre persone, è stato per me motivo di crescita personale, soprattutto nel corso dell'ultimo anno, in cui mi sono avvalso della consulenza dello psicologo preposto presso l'università.
Se prima ero idealizzavo mio padre, questo percorso mi ha aiutato a considerare un altro punto di vista su di lui, comprendendo i suoi limiti.
Bene, lui conduce un'azienda agricola, io sarei ben disposto a dare una mano in azienda, se solo lui mi permettesse di affiancarlo, tra l'altro ha 70 anni e non capisco perché non tiri i remi in barca, quanto meno coinvolgendo anche noi.
Tra i suoi difetti, quello principale della sua personalità è di prestare poco ascolto alle esigenze degli altri componenti della famiglia, sarebbe disposto a mettere da parte anche le sue di esigenze, pur di non spendere soldi.
Lui ha un basso livello di scolarizzazione, e non ci ha mai dato dimostrazioni di affetto, sembra un bancomat più che un padre.
Io non recrimino niente a lui.
Quello che chiedo per me è un briciolo dell' sua fiducia.
Vedo i genitori degli altri miei amici, che vantano i figli e sono orgogliosi di loro, mentre io, nonostante la mi brillante laurea in agraria, ai suoi occhi non valgo niente.
Ho anche l'impressione che si senta superato da me nel suo campo, dal momento che io riesco a fornirgli delle spiegazioni per la comprensione dei fenomeni.
Però poi, se il parere viene da uno esterno, magari esso anche discutibile, allora solo ammirazione per questo tipo.
La dinamica in casa mia è sempre stata di lui che da ordini, e ci fa vivere costantemente in un clima di terrore.
A pranzo non c'è dialogo, lui parla a senso unico, e guai a dargli torto o a presentare una versione diversa, lui si infervora e inizia ad urlare.
Mio padre beve da sempre, a pranzo.
Io ed i miei fratelli siamo cresciuti temendo il suo giudizio e con la paura di sbagliare.
Lui non è stato mai ad ascoltare le nostre inclinazioni o i nostri punti di vista, costringendo l'altro mio fratello ad andarsene al nord.
Io invece vorrei restare, giacché lui ha costruito qualcosa di suo, ed a me piacerebbe tanto un domani dedicarmi a questo, magari integrando con qualcos'altro, applicando le conoscenze derivate dalla laurea.
Ma lui vuole mandarci tutti via di qui.
Io sto pensando nel futuro più prossimo di fare esperienza lontano da qui.
Perché l'ambiente di casa mia per me è tossico, con buona pace di mia madre che sarà costretta a sopportare.
In alternativa, vorrei provare ad instaurare con lui un dialogo, ma ai suoi occhi io non valgo nulla.
Magari tornerò in un futuro, quando lui non se la sentirà più.
Perché penso che forse questa è la migliore soluzione, fare finta che lui non esista.
Mi rivolgo a voi dottori chiedendovi cosa ne pensate, grazie.
Sono un ragazzo di 25 anni.
Ho da poco terminato con profitto gli studi, conseguendo la laurea magistrale.
Penso di essere vittima di un padre padrone.
Il percorso universitario e l'aver condiviso casa con altre persone, è stato per me motivo di crescita personale, soprattutto nel corso dell'ultimo anno, in cui mi sono avvalso della consulenza dello psicologo preposto presso l'università.
Se prima ero idealizzavo mio padre, questo percorso mi ha aiutato a considerare un altro punto di vista su di lui, comprendendo i suoi limiti.
Bene, lui conduce un'azienda agricola, io sarei ben disposto a dare una mano in azienda, se solo lui mi permettesse di affiancarlo, tra l'altro ha 70 anni e non capisco perché non tiri i remi in barca, quanto meno coinvolgendo anche noi.
Tra i suoi difetti, quello principale della sua personalità è di prestare poco ascolto alle esigenze degli altri componenti della famiglia, sarebbe disposto a mettere da parte anche le sue di esigenze, pur di non spendere soldi.
Lui ha un basso livello di scolarizzazione, e non ci ha mai dato dimostrazioni di affetto, sembra un bancomat più che un padre.
Io non recrimino niente a lui.
Quello che chiedo per me è un briciolo dell' sua fiducia.
Vedo i genitori degli altri miei amici, che vantano i figli e sono orgogliosi di loro, mentre io, nonostante la mi brillante laurea in agraria, ai suoi occhi non valgo niente.
Ho anche l'impressione che si senta superato da me nel suo campo, dal momento che io riesco a fornirgli delle spiegazioni per la comprensione dei fenomeni.
Però poi, se il parere viene da uno esterno, magari esso anche discutibile, allora solo ammirazione per questo tipo.
La dinamica in casa mia è sempre stata di lui che da ordini, e ci fa vivere costantemente in un clima di terrore.
A pranzo non c'è dialogo, lui parla a senso unico, e guai a dargli torto o a presentare una versione diversa, lui si infervora e inizia ad urlare.
Mio padre beve da sempre, a pranzo.
Io ed i miei fratelli siamo cresciuti temendo il suo giudizio e con la paura di sbagliare.
Lui non è stato mai ad ascoltare le nostre inclinazioni o i nostri punti di vista, costringendo l'altro mio fratello ad andarsene al nord.
Io invece vorrei restare, giacché lui ha costruito qualcosa di suo, ed a me piacerebbe tanto un domani dedicarmi a questo, magari integrando con qualcos'altro, applicando le conoscenze derivate dalla laurea.
Ma lui vuole mandarci tutti via di qui.
Io sto pensando nel futuro più prossimo di fare esperienza lontano da qui.
Perché l'ambiente di casa mia per me è tossico, con buona pace di mia madre che sarà costretta a sopportare.
In alternativa, vorrei provare ad instaurare con lui un dialogo, ma ai suoi occhi io non valgo nulla.
Magari tornerò in un futuro, quando lui non se la sentirà più.
Perché penso che forse questa è la migliore soluzione, fare finta che lui non esista.
Mi rivolgo a voi dottori chiedendovi cosa ne pensate, grazie.
[#1]
Gentile utente,
non mi meravigliano le (addolorate) problematiche che Lei ci presenta,
sono frequenti nelle "aziende familiari" o possibili tali.
Uno dei problemi sta nel fatto che il capostipite, cioè il fondatore dell'impresa, sente la stessa non come una fonte di reddito bensì come un proprio figlio, che ha fatto nascere, che con impegno ha fatto crescere, e che ora è divenuto adulto; e dunque non è affatto disposto a cederlo ... In più se il padre fondatore andasse 'in pensione' probabilmente si sentirebbe inutile e fallito.
A proposito poi della compresenza di Voi due nell'azienda agricola, anche questo sarebbe vissuta probabilmente da lui come svalutazione del suo ruolo, per il semplice fatto che Lei - laureato in Agraria - ne sa certamente più di lui e che dunque proporrebbe inevitabilemente dei cambiamenti.
E dunque attualmente sembra proprio una situazione senza uscita.
Ma, come dicevo in apertura, tale empasse è frequentissima, ed è il motivo per cui le aziande intelligenti e lungimiranti chiedono la consulenza dello Psicologo del lavoro; ciò accade frequentemente, ad es., nelle aziende alberghiere a carattere familiare della mia area geografica.
Che fare?
L'ipotesi che Lei ci presenta, e cioè "Io sto pensando nel futuro più prossimo di fare esperienza lontano da qui" è quella che anche noi consigliamo.
Tra estranei Lei potrà
. apprendere ulteriormente,
. sperimentarsi nelle dinamiche presenti nei rapporti di lavoro,
. sentirsi apprezzato, e talvolta inghottire qualche piccola sconfitta senza sentirsi rifiutato (come accadrebbe con il genitore),
. e molti altri aspetti che Lei - esperto del ramo agrario - può immaginare.
Eviti
sia di ritenere ciò una sconfitta,
sia di attribuire a Suo padre un caratteraccio o altro.
Sono dinamiche frequenti, che hanno a che fare anche con l'invecchiamento delle persone di una certa età, per le quali 'mollare l'osso' (l'azienda) significa morire a metà. Conosco 'contadini' novantenni che ancor oggi vanno quotidianamente 'nel campo', come loro dicono.
Auspico che Lei possa trovare in questa risposta alcuni spunti di riflessione utili a ri-programmare la Sua vita professionale in senso realistico
e al contempo rasserenare un po' i rapporti familiari.
Se ritiene,
ci tenga al corrente.
Dott. Brunialti
non mi meravigliano le (addolorate) problematiche che Lei ci presenta,
sono frequenti nelle "aziende familiari" o possibili tali.
Uno dei problemi sta nel fatto che il capostipite, cioè il fondatore dell'impresa, sente la stessa non come una fonte di reddito bensì come un proprio figlio, che ha fatto nascere, che con impegno ha fatto crescere, e che ora è divenuto adulto; e dunque non è affatto disposto a cederlo ... In più se il padre fondatore andasse 'in pensione' probabilmente si sentirebbe inutile e fallito.
A proposito poi della compresenza di Voi due nell'azienda agricola, anche questo sarebbe vissuta probabilmente da lui come svalutazione del suo ruolo, per il semplice fatto che Lei - laureato in Agraria - ne sa certamente più di lui e che dunque proporrebbe inevitabilemente dei cambiamenti.
E dunque attualmente sembra proprio una situazione senza uscita.
Ma, come dicevo in apertura, tale empasse è frequentissima, ed è il motivo per cui le aziande intelligenti e lungimiranti chiedono la consulenza dello Psicologo del lavoro; ciò accade frequentemente, ad es., nelle aziende alberghiere a carattere familiare della mia area geografica.
Che fare?
L'ipotesi che Lei ci presenta, e cioè "Io sto pensando nel futuro più prossimo di fare esperienza lontano da qui" è quella che anche noi consigliamo.
Tra estranei Lei potrà
. apprendere ulteriormente,
. sperimentarsi nelle dinamiche presenti nei rapporti di lavoro,
. sentirsi apprezzato, e talvolta inghottire qualche piccola sconfitta senza sentirsi rifiutato (come accadrebbe con il genitore),
. e molti altri aspetti che Lei - esperto del ramo agrario - può immaginare.
Eviti
sia di ritenere ciò una sconfitta,
sia di attribuire a Suo padre un caratteraccio o altro.
Sono dinamiche frequenti, che hanno a che fare anche con l'invecchiamento delle persone di una certa età, per le quali 'mollare l'osso' (l'azienda) significa morire a metà. Conosco 'contadini' novantenni che ancor oggi vanno quotidianamente 'nel campo', come loro dicono.
Auspico che Lei possa trovare in questa risposta alcuni spunti di riflessione utili a ri-programmare la Sua vita professionale in senso realistico
e al contempo rasserenare un po' i rapporti familiari.
Se ritiene,
ci tenga al corrente.
Dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
[#2]
Utente
La ringrazio Dott.ssa Brunialti, ha descritto esattamente la situazione.
Sono stato un po' duro nel descrivere la figura di mio padre, lo ammetto.
Quello che più mi preoccupa è che ho da poco terminato gli studi, e ad oggi non so ancora "che pesci prendere", ma il suo messaggio mi è stato di conforto. Spero a breve la situazione si sblocchi, e che qualche azienda a cui invio i cv sia disposta ad assumermi. Il fatto di essere tornato a casa, senza avere un obiettivo all'infuori di quello di inviare CV, un po' mi demoralizza. Ma tengo duro, essendo comunque grato per come vanno, sono andate le cose. La ringrazio.
Sono stato un po' duro nel descrivere la figura di mio padre, lo ammetto.
Quello che più mi preoccupa è che ho da poco terminato gli studi, e ad oggi non so ancora "che pesci prendere", ma il suo messaggio mi è stato di conforto. Spero a breve la situazione si sblocchi, e che qualche azienda a cui invio i cv sia disposta ad assumermi. Il fatto di essere tornato a casa, senza avere un obiettivo all'infuori di quello di inviare CV, un po' mi demoralizza. Ma tengo duro, essendo comunque grato per come vanno, sono andate le cose. La ringrazio.
[#3]
Non mi è sembrato duro nella descrizione di Suo padre, ma unicamente sofferente, arrabbiato, deluso.
Per lo Psicologo che osserva le dinamiche relazionali dall'esterno è più facile, perchè non è coinvolto... e poi, osserva per aiutare, osserva delle realtà che gà conosce.
Nel frattempo che Lei attende gli esiti dei CV,
se ci riesce, faccia il 'garzone di bottega' a Suo padre, senza pretendere nulla ma aprendo a 360 gli occhi interiori per osservare, capire, comprendere. Tanto si tratta di un periodo breve.
Se Le viene offerto unicamente uno stage e magari non vicino a casa, valuti seriamente i vantaggi che potrebbe arrecarLe (pur nella scarsa retribuzione), all'inizio lo stipendio non rappresenta la variabile più rilevante.
Buoni giorni e mesi. Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
Per lo Psicologo che osserva le dinamiche relazionali dall'esterno è più facile, perchè non è coinvolto... e poi, osserva per aiutare, osserva delle realtà che gà conosce.
Nel frattempo che Lei attende gli esiti dei CV,
se ci riesce, faccia il 'garzone di bottega' a Suo padre, senza pretendere nulla ma aprendo a 360 gli occhi interiori per osservare, capire, comprendere. Tanto si tratta di un periodo breve.
Se Le viene offerto unicamente uno stage e magari non vicino a casa, valuti seriamente i vantaggi che potrebbe arrecarLe (pur nella scarsa retribuzione), all'inizio lo stipendio non rappresenta la variabile più rilevante.
Buoni giorni e mesi. Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
[#4]
Utente
Dottoressa oltre che un'ottima professionista in psicologia, con tutto il rispetto nei Suoi confronti, le attribuisco anche doti divinatorie.
È esattamente quello che pensavo di fare, per qualche mese il "garzone" standomene in pace con me stesso, in attesa che arrivi l'occasione per mettermi in gioco. Riguardo alla retribuzione non ho alte aspettative, sperando mi venga offerta un'opportunità distante da casa per il momento. L'ambiente di casa è un po' asfissiante, preferirei rendermi autonomo in tutto per ora. La aggiornerò. Nel salutarla la ringrazio di cuore, promettendomi non appena ne ho la possibilità economica di fare ritorno da uno psicologo, avendone sperimentato già i benefici.
È esattamente quello che pensavo di fare, per qualche mese il "garzone" standomene in pace con me stesso, in attesa che arrivi l'occasione per mettermi in gioco. Riguardo alla retribuzione non ho alte aspettative, sperando mi venga offerta un'opportunità distante da casa per il momento. L'ambiente di casa è un po' asfissiante, preferirei rendermi autonomo in tutto per ora. La aggiornerò. Nel salutarla la ringrazio di cuore, promettendomi non appena ne ho la possibilità economica di fare ritorno da uno psicologo, avendone sperimentato già i benefici.
Questo consulto ha ricevuto 5 risposte e 1.6k visite dal 25/09/2021.
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