Non riuscire ad accettare la propria introversione

Salve, ho difficoltà ad accettare la mia introversione.

Penso che buona parte della mia sofferenza di sotto fondo sia data dalla mia introversione.

Ho fatto i miei studi a riguardo, so bene che è un tratto genetico ed è un qualcosa su cui non abbiamo un controllo.

L'introversione mi ha portato a perdere la verginità più tardi della media, rispecchiavo lo stereotipo standard dell'introverso, pochi amici stretti e una vita dietro i riflettori.

Non c'è voluto molto a capire che gli estroversi hanno una vita qualitativamente migliore e viviamo in un mondo di dominanza estroversa, il ragazzo estroverso è quello che viene invitato sempre ovunque e sta con la tipa più carina, mentre l'introverso se c'è o non c'è poco cambia.

Non avete idea di quante volte belle ragazze hanno cercato di avvicinarsi a me intrigate dalla mia estetica e poi dopo aver realizzato che sono introverso sono sparite.

Ogni volta un colpo al cuore.

Circa 7 anni fa iniziai a cercare di cambiare le cose, volevo diventare estroverso.

Questo mi portò a studiare contenuti vari di psicologia, ad aumentare le mie conoscenze generali per avere più cose di cui parlare, iniziai ad avvicinarmi alle ragazze e qualcosa nei fatti è cambiato...
Perché oggi a primo impatto sembro estroverso quando approccio una ragazza, riesco anche a sembrarlo finché non finiamo a letto, però inevitabilmente poi emerge la mia introversione nel tempo, perché puoi nasconderla un po' ma alla fine è lì.

Quindi la stessa ragazza che inizialmente avevo intrigato poi si distacca.

Ora so che penserete "se fai così sbagli perché non attiri quelle a cui piaci per come sei", si il problema è che sono stato me stesso per tanti anni e non attiravo nessuna, e mi rendo conto che le ragazze che stavano con me lo facevano per un discorso estetico non per una personalità che le prendesse.

Se non avessi indossato questa maschera da estroverso avrei rinunciato ad una miriade di esperienze bellissime che ho nella mia memoria.

E che vita sarebbe?

Oltre a questo il lavoro fatto su di me negli ultimi anni mi ha reso più sicuro e interessante rispetto al passato.

Però il problema è che appena cade la maschera finisce tutto.

Da quello che vedo altri introversi non stanno meglio di me, decisamente.

Prima che mi venga chiesto, ho già affrontato percorsi con psicologi, fatto un percorso di psicoterapia cognitivo comportamentale (molto utile) ma l'introversione è rimasta.

A volte quando esco con i colleghi la sera bevo alcol così posso sbloccarmi un po' e mi vedono in una versione più simpatica del solito, altrimenti sono sempre quello che "parla poco"
Non so perché sto scrivendo tutto ciò, più che dirmi che non posso fare nulla a riguardo cosa si può dire?
Forse è solo uno sfogo di chi ha vinto qualche battaglia ma ha perso la guerra.

Su un articolo dice che gli introversi sanno dove cercare la loro anima gemella, ma dove?
Che mi ritrovo solo donne interessate ad estroversi, da tutta una vita è così.

Nella nostra società l'introversione è un handicap.
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Dr.ssa Daniela Pellitteri Psicoterapeuta, Psicologo 50 8
Gent.mo Utente,
mi hanno colpito molto le affermazioni che inserisco di seguito :
"Però il problema è che appena cade la maschera finisce tutto."
"Prima che mi venga chiesto, ho già affrontato percorsi con psicologi, fatto un percorso di psicoterapia cognitivo comportamentale (molto utile) ma l'introversione è rimasta."

Di quale maschera parliamo?
Di quella che sembra scegliere nel tentativo di comportarsi come Lei ritiene che gli altri ed in particolare le altre lo vorrebbero?
E quale consapevolezza ha potuto sviluppare in questi percorsi con psicologi già fatti?
Quella di essere ormai molto sicuro che i cosiddetti introversi, come Lei li definisce, fanno parte di una sorta di categoria difficile da 'piazzare' a livello sentimentale o di semplice piacevolezza e che Lei, in particolare, appartiene a questa categoria?
Non nascondo di essermi un po' confusa nel senso che a fronte di una persona che sembra aver trovato già tutte le risposte mi chiedo a cosa può servire un consulto però vorrei provare lo stesso a condividere le mie impressioni.

A rischio di sembrarle retorica sono allergica ad etichette , categorizzazioni, titoli e tutto ciò che cerca di restringere e definire in cornici di senso e significato statiche ognuno di noi.
Avere la capacità di riuscire a stare in silenzio e di rivolgersi a se stessi prima di parlare, capacità che potremmo associare a chi Lei definisce 'introverso', per quanto mi riguarda potrebbe essere considerato un pregio, una migliore attenzione all'altro, un desiderio di approfondire e di non immergersi in uno scambio superficiale.
Oppure potrebbe rappresentare il timore di non piacere, di non essere all'altezza, di fallire in un approccio agognato da tempo.
La variabile 'introversione' può essere una variabile molto utile in termini di opportunità di conoscenza di se stessi nella misura in cui ci abituiamo ad osservarci in diversi contesti e situazioni imparando a comprendere cosa ci trattiene dal condividere parti di noi con altri, quali fantasie ci sostengono nel rivelarci di meno o a poco a poco in quella specifica situazione, in quel 'qui ed ora' con aspettative di un certo tipo e percezioni su noi stessi e nostre autorappresentazioni che ci vincolano spesso senza che noi si possa esserne consapevoli.
E al di là di modelli relazionali appresi nei primi anni di vita, possono essere innumerevoli i motivi che ci spingono a definirci in un modo o in un altro.
Forse il focus è su quanto sia possibile liberarsi dalle prescrizioni sociali che decidono come bisogna comportarsi per essere definiti interessanti, brillanti, piacevoli e chi più ne ha più ne metta. Su quanto sia possibile non percepire una propria caratteristica come un 'problema' obbligando se stessi ad indossare maschere paradossali che ci prescrivono una spontaneità impossibile da raggiungere perché snatura ciò che siamo.
Chi decide che chi parla tanto e mostra se stesso senza reticenze sia 'migliore' di chi non è portato a farlo?
Forse coloro che fanno fatica ad entrare in relazione in modo più significativo, meno ovvio, coloro che non hanno tempo per approfondire e che non si soffermano a scoprire, ad osservare qualcosa che magari nasconde una brillantezza così luminosa da costringerti a strizzare le palpebre per poter guardare chi hai di fronte.

Le auguro tutto il meglio che c'è.
Dr.ssa Daniela Pellitteri

Dr.ssa Daniela Pellitteri