Ho un attaccamento molto forte nei confronti di mia madre
Buonasera dottori, sono Sonia e ho 20 anni.
Sin da bambina sono sempre stata legata ai miei genitori, in particolare a mia madre, che tutt’ora amo e proteggo.
mia madre è sempre stata una donna iperprotettiva, dolcissima e allo stesso tempo molto attenta alla mia salute.
Quando ero più piccola, mia madre aveva la necessità di andare a lavorare e quindi, era costretta a lasciarmi molto tempo in compagnia dei nonni.
Durante i primi anni delle elementari, non riuscivo mai a separarmi da lei, perciò prima di lasciarla andare regolarmente a lavoro, la mattina, mi facevo prendere dal panico, piangendo e talvolta, vomitando.
A scuola venivo presa di mira e bullizzata.
Ma di questo ai miei genitori non ne parlavo.
Ora che sono cresciuta, non riesco a non pensare a mia mamma.
Sono così sensibile ed emotiva che, se penso ai sacrifici e alle sofferenze che ha dovuto subire, piango immediatamente.
Quando penso a lei, mi commuovo spesso, addirittura, cedendo a un pianto a dirotto.
Penso continuamente alle difficoltà che ha affrontato, al suo sorriso nonostante abbia combattuto un tumore maligno che me la stava portando via, alle cattiverie delle persone che in teoria dovrebbero tutelarla, le angherie dei suoi parenti che non hanno pietà di una donna così dolce e amorevole, incapace di far del male a una mosca, così innocente, così buona.
Mi piange il cuore vederla soffrire per mio padre che non ci sta più con la testa ormai.
Tutto questo mi fa provare un enorme attaccamento nei suoi confronti che si riflette anche nella mia vita.
Ho spesso la paura che possa mancare da un giorno all’altro o che se dovesse succedere, di non riuscire a superarlo.
Sono così legata a lei che vorrei poterla sempre sostenere, starle vicino anche a costo di rimanere solo accanto a lei e a mio padre.
Da un lato so che è sbagliato, che sono giovane e devo fare qualcosa affinché non provi così tanto attaccamento a lei, ma allo stesso tempo non ci riesco.
Cosa mi consigliate di fare?
A cosa si deve questo attaccamento?
È normale oppure devo fare qualcosa?
Grazie per l’attenzione,
cordiali saluti
Sin da bambina sono sempre stata legata ai miei genitori, in particolare a mia madre, che tutt’ora amo e proteggo.
mia madre è sempre stata una donna iperprotettiva, dolcissima e allo stesso tempo molto attenta alla mia salute.
Quando ero più piccola, mia madre aveva la necessità di andare a lavorare e quindi, era costretta a lasciarmi molto tempo in compagnia dei nonni.
Durante i primi anni delle elementari, non riuscivo mai a separarmi da lei, perciò prima di lasciarla andare regolarmente a lavoro, la mattina, mi facevo prendere dal panico, piangendo e talvolta, vomitando.
A scuola venivo presa di mira e bullizzata.
Ma di questo ai miei genitori non ne parlavo.
Ora che sono cresciuta, non riesco a non pensare a mia mamma.
Sono così sensibile ed emotiva che, se penso ai sacrifici e alle sofferenze che ha dovuto subire, piango immediatamente.
Quando penso a lei, mi commuovo spesso, addirittura, cedendo a un pianto a dirotto.
Penso continuamente alle difficoltà che ha affrontato, al suo sorriso nonostante abbia combattuto un tumore maligno che me la stava portando via, alle cattiverie delle persone che in teoria dovrebbero tutelarla, le angherie dei suoi parenti che non hanno pietà di una donna così dolce e amorevole, incapace di far del male a una mosca, così innocente, così buona.
Mi piange il cuore vederla soffrire per mio padre che non ci sta più con la testa ormai.
Tutto questo mi fa provare un enorme attaccamento nei suoi confronti che si riflette anche nella mia vita.
Ho spesso la paura che possa mancare da un giorno all’altro o che se dovesse succedere, di non riuscire a superarlo.
Sono così legata a lei che vorrei poterla sempre sostenere, starle vicino anche a costo di rimanere solo accanto a lei e a mio padre.
Da un lato so che è sbagliato, che sono giovane e devo fare qualcosa affinché non provi così tanto attaccamento a lei, ma allo stesso tempo non ci riesco.
Cosa mi consigliate di fare?
A cosa si deve questo attaccamento?
È normale oppure devo fare qualcosa?
Grazie per l’attenzione,
cordiali saluti
[#1]
Gentile ragazza,
lei descrive una situazione che definire "attaccamento" non è del tutto esatto.
Piangere e perfino vomitare, da bambina, perché la mamma va al lavoro, appare insolito, e fa pensare che lei non amasse o addirittura temesse le persone alle quali restava affidata, ossia i nonni.
Anche quello che ci dice dei grandi sacrifici affrontati da sua madre e delle cattiverie -quasi persecuzioni- da lei subite, appare oltre la norma, specie se non chiarisce in che senso questi sacrifici e questi maltrattamenti siano stati così pesanti da eccedere le normali fatiche e gli stress usuali di tutte le esistenze.
Diciamo che si avverte una sproporzione tra la sua visione della realtà, le sue reazioni emotive e le cose che racconta.
Poi accenna appena all'unica vicenda che sembra rivestire una reale gravità: "Mi piange il cuore vederla soffrire per mio padre che non ci sta più con la testa ormai".
Suo padre è malato? Di cosa? Si sta curando?
Non potrebbe essere questa situazione a farle sentire questo "attaccamento" così forte a sua madre?
Ci dica se lei studia, lavora, ha degli amici e un fidanzato.
Restiamo in attesa, per poterla meglio aiutare.
lei descrive una situazione che definire "attaccamento" non è del tutto esatto.
Piangere e perfino vomitare, da bambina, perché la mamma va al lavoro, appare insolito, e fa pensare che lei non amasse o addirittura temesse le persone alle quali restava affidata, ossia i nonni.
Anche quello che ci dice dei grandi sacrifici affrontati da sua madre e delle cattiverie -quasi persecuzioni- da lei subite, appare oltre la norma, specie se non chiarisce in che senso questi sacrifici e questi maltrattamenti siano stati così pesanti da eccedere le normali fatiche e gli stress usuali di tutte le esistenze.
Diciamo che si avverte una sproporzione tra la sua visione della realtà, le sue reazioni emotive e le cose che racconta.
Poi accenna appena all'unica vicenda che sembra rivestire una reale gravità: "Mi piange il cuore vederla soffrire per mio padre che non ci sta più con la testa ormai".
Suo padre è malato? Di cosa? Si sta curando?
Non potrebbe essere questa situazione a farle sentire questo "attaccamento" così forte a sua madre?
Ci dica se lei studia, lavora, ha degli amici e un fidanzato.
Restiamo in attesa, per poterla meglio aiutare.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#2]
Ex utente
Grazie per la sua gentile risposta dott.ssa.
Mio padre, assieme a mia mamma, hanno dovuto sostenere la situazione economica e fisica della costruzione, circa 30 anni fa, dell’edificio in cui viviamo. Purtroppo, mio nonno non è mai stato di grande aiuto, e soprattutto in un momento così delicato, essendo sempre stato un egoista e un uomo che oserei dire soffrire di deliri di onnipotenza , ha lasciato mia madre e mio padre al loro destino. Fortunatamente ora, la situazione è migliorata, ma mia madre non lavora e mio padre, che ha lo stipendio dimezzato, non ce la fa a sostenere le spese di casa e anche altre cose. In più, siccome nel nostro stesso edificio, vivono sia i nonni che gli zii, non riusciamo più a gestirli. Sono persone subdole, cattive e false che fanno buon viso a cattivo gioco e fanno soffrire mia madre senza davvero un motivo, se non la loro invidia. In più mio padre che ha sofferto, per i sacrifici di prima, e dopo per le angherie dei miei parenti, si rifugia nel vino, del quale è diventato dipendente da anni. Non è più ragionevole, io e le mie sorelle cerchiamo di farlo rinsavire, ma è molto difficile. Continua a gridare e a riferirisi ai parenti di mia madre con brutte parole. Sembra indomabile, ma se cerchiamo di farlo ragionare, ci tratta in malo modo. Tutto questo è la conseguenza della cattiveria di quelle persone piccole piccole dei miei parenti, che altro non sanno fare che farci del male
Mio padre, assieme a mia mamma, hanno dovuto sostenere la situazione economica e fisica della costruzione, circa 30 anni fa, dell’edificio in cui viviamo. Purtroppo, mio nonno non è mai stato di grande aiuto, e soprattutto in un momento così delicato, essendo sempre stato un egoista e un uomo che oserei dire soffrire di deliri di onnipotenza , ha lasciato mia madre e mio padre al loro destino. Fortunatamente ora, la situazione è migliorata, ma mia madre non lavora e mio padre, che ha lo stipendio dimezzato, non ce la fa a sostenere le spese di casa e anche altre cose. In più, siccome nel nostro stesso edificio, vivono sia i nonni che gli zii, non riusciamo più a gestirli. Sono persone subdole, cattive e false che fanno buon viso a cattivo gioco e fanno soffrire mia madre senza davvero un motivo, se non la loro invidia. In più mio padre che ha sofferto, per i sacrifici di prima, e dopo per le angherie dei miei parenti, si rifugia nel vino, del quale è diventato dipendente da anni. Non è più ragionevole, io e le mie sorelle cerchiamo di farlo rinsavire, ma è molto difficile. Continua a gridare e a riferirisi ai parenti di mia madre con brutte parole. Sembra indomabile, ma se cerchiamo di farlo ragionare, ci tratta in malo modo. Tutto questo è la conseguenza della cattiveria di quelle persone piccole piccole dei miei parenti, che altro non sanno fare che farci del male
[#3]
Gentile utente,
sembra che lei al momento sia irretita dalle problematiche che coinvolgono i suoi genitori e non riesca a staccarsene nemmeno per dare un giudizio autonomo sulle vicende che li vedono protagonisti: la costruzione della casa (avvenuta addirittura prima che lei nascesse), le liti coi parenti, la scelta di lasciare il lavoro da parte di sua madre, il carattere egoista del nonno che non ha aiutato i propri figli (ma a parte che i genitori non devono aiutare i figli oltre un certo limite, questi figli ormai hanno l'età per essere nonni!), infine la dipendenza alcoolica di suo padre, brutta faccenda che non ha scelto lei e nemmeno può curare lei, e resta affidata alla volontà di suo padre.
Tante cose le sono state raccontate da adulti che a loro volta forse non sono liberi, loro stessi, di un passato invischiante. Lei però è un individuo autonomo, e l'affetto non può farla diventare una semplice appendice dei suoi genitori, dei loro ricordi, dei loro rancori, dei loro errori e delle loro pene.
Come un tempo non ha potuto intervenire nelle scelte che hanno fatto o non fatto, così oggi non dovrebbe occuparsi delle conseguenze di quelle scelte, se non per offrire il conforto di una buona parola. Per il resto, lei ha la sua vita da costruire.
Non ci ha detto se studia o lavora, se ha amici e se è fidanzata, tutte cose che alla sua età sarebbero normali e le permetterebbero inoltre di valutare la situazione dei genitori con maggiore distacco ed equilibrio.
Se va all'università, ricordi che c'è uno psicologo a disposizione degli studenti, così come se frequenta ancora la scuola superiore.
Altrimenti contatti per consulenza un/a psicologo/a del Consultorio Giovani o delle ASL.
Le auguro che voglia e possa prendersi cura della sua vita.
sembra che lei al momento sia irretita dalle problematiche che coinvolgono i suoi genitori e non riesca a staccarsene nemmeno per dare un giudizio autonomo sulle vicende che li vedono protagonisti: la costruzione della casa (avvenuta addirittura prima che lei nascesse), le liti coi parenti, la scelta di lasciare il lavoro da parte di sua madre, il carattere egoista del nonno che non ha aiutato i propri figli (ma a parte che i genitori non devono aiutare i figli oltre un certo limite, questi figli ormai hanno l'età per essere nonni!), infine la dipendenza alcoolica di suo padre, brutta faccenda che non ha scelto lei e nemmeno può curare lei, e resta affidata alla volontà di suo padre.
Tante cose le sono state raccontate da adulti che a loro volta forse non sono liberi, loro stessi, di un passato invischiante. Lei però è un individuo autonomo, e l'affetto non può farla diventare una semplice appendice dei suoi genitori, dei loro ricordi, dei loro rancori, dei loro errori e delle loro pene.
Come un tempo non ha potuto intervenire nelle scelte che hanno fatto o non fatto, così oggi non dovrebbe occuparsi delle conseguenze di quelle scelte, se non per offrire il conforto di una buona parola. Per il resto, lei ha la sua vita da costruire.
Non ci ha detto se studia o lavora, se ha amici e se è fidanzata, tutte cose che alla sua età sarebbero normali e le permetterebbero inoltre di valutare la situazione dei genitori con maggiore distacco ed equilibrio.
Se va all'università, ricordi che c'è uno psicologo a disposizione degli studenti, così come se frequenta ancora la scuola superiore.
Altrimenti contatti per consulenza un/a psicologo/a del Consultorio Giovani o delle ASL.
Le auguro che voglia e possa prendersi cura della sua vita.
[#4]
Ex utente
Buongiorno dott.ssa, sì io studio, ho appena concluso le superiori e a settembre inizierò l’università. Sono fidanzata da poco, ma la nostra relazione è instabile e litighiamo spesso. Suppongo per la scarsa fiducia di lui che muta a volte in una gelosia asfissiante. Gli voglio bene, ma è un altro discorso che mi è difficile affrontare, in quanto spesso in due mesi ci capita di avere una viva discussione spesso, almeno una volta a settimana
[#5]
Gentile utente,
prenda in considerazione il mio suggerimento di vivere in pieno la sua vita, non più quella dei suoi genitori.
Data la situazione di alcolismo presente in famiglia (ma ne avete informato il vostro medico?) è ancora più necessario che lei acceda ad una consulenza psicologica.
In questi casi, aiutando sé stessi si finisce per aiutare anche gli altri.
Non si preoccupi troppo del rapporto conflittuale col fidanzato: alla sua età si fanno esperienze, non scelte definitive. Coltivi invece le amicizie, non se ne faccia distogliere dal suo ragazzo e non ne trascuri il valore.
Auguri.
prenda in considerazione il mio suggerimento di vivere in pieno la sua vita, non più quella dei suoi genitori.
Data la situazione di alcolismo presente in famiglia (ma ne avete informato il vostro medico?) è ancora più necessario che lei acceda ad una consulenza psicologica.
In questi casi, aiutando sé stessi si finisce per aiutare anche gli altri.
Non si preoccupi troppo del rapporto conflittuale col fidanzato: alla sua età si fanno esperienze, non scelte definitive. Coltivi invece le amicizie, non se ne faccia distogliere dal suo ragazzo e non ne trascuri il valore.
Auguri.
[#6]
Ex utente
Gentile dottoressa, le sue risposte mi danno la speranza in più che mi mancava. Un’ultimissima domanda se non le dispiace. Lei crede che sia capace una ragazza della mia età, affrontare un percorso psicologico senza dire niente a nessuno?
Ho purtroppo la necessità di prendermi cura di me stessa, ma non voglio farlo, facendolo sapere a tutta la mia famiglia.
Il medico di base non è al corrente della dipendenza di mio padre, ma ho paura che parlandone con qualcun altro si possa fraintendere. Mio padre è un brav uomo, con i suoi problemi, ma la sua dipendenza non l’hai mai spinto ad essere violento.
Grazie per l’attenzione,
Buona serata!
Ho purtroppo la necessità di prendermi cura di me stessa, ma non voglio farlo, facendolo sapere a tutta la mia famiglia.
Il medico di base non è al corrente della dipendenza di mio padre, ma ho paura che parlandone con qualcun altro si possa fraintendere. Mio padre è un brav uomo, con i suoi problemi, ma la sua dipendenza non l’hai mai spinto ad essere violento.
Grazie per l’attenzione,
Buona serata!
[#7]
Gentile utente,
se lei, come vedo nella scheda, ha compiuto i diciotto anni, il suo percorso psicologico sarà tenuto rigorosamente segreto dallo/a psicologo/a che la prenderà in cura, sia nei contenuti, sia nel fatto stesso che ha intrapreso queste cure.
Per i minorenni, invece, il percorso dev'essere autorizzato per scritto da entrambi i genitori, ma anche in questo caso il segreto professionale si applica ai contenuti dei colloqui clinici.
Volendosi far prescrivere una serie di colloqui dal suo medico di base, anche lui è tenuto al segreto, ed è bene avvisarlo di non dire nulla alla sua famiglia. Può accedere alla consulenza gratuita o a costo di ticket presso le ASL, il Centro di Salute Mentale, il Consultorio Giovani o nella sua università.
Ricordi che qualunque maggiorenne può scegliere un medico di base di sua fiducia, diverso da quello del resto della famiglia.
Tenga conto che l'alcol è una droga devastante, per certi effetti più dell'eroina, se si esclude il prezzo: ma la facile reperibilità dell'alcol lo rende più pericoloso.
Dovrà parlare presto con sua madre, se vuole difendere lei stessa e soprattutto suo padre dalle peggiori conseguenze; rivolgervi insieme al SERT della sua città, e/o al vostro medico di base.
Capisco profondamente il suo desiderio di difendere l'immagine di suo padre, una brava persona che è stata sfortunata, ma questo non lo aiuta. Se fosse malato lei lotterebbe, anche contro lui stesso, per farlo curare, per guarirlo. Una dipendenza è una malattia devastante, lo sa? Quanti anni ha suo padre?
La abbraccio.
se lei, come vedo nella scheda, ha compiuto i diciotto anni, il suo percorso psicologico sarà tenuto rigorosamente segreto dallo/a psicologo/a che la prenderà in cura, sia nei contenuti, sia nel fatto stesso che ha intrapreso queste cure.
Per i minorenni, invece, il percorso dev'essere autorizzato per scritto da entrambi i genitori, ma anche in questo caso il segreto professionale si applica ai contenuti dei colloqui clinici.
Volendosi far prescrivere una serie di colloqui dal suo medico di base, anche lui è tenuto al segreto, ed è bene avvisarlo di non dire nulla alla sua famiglia. Può accedere alla consulenza gratuita o a costo di ticket presso le ASL, il Centro di Salute Mentale, il Consultorio Giovani o nella sua università.
Ricordi che qualunque maggiorenne può scegliere un medico di base di sua fiducia, diverso da quello del resto della famiglia.
Tenga conto che l'alcol è una droga devastante, per certi effetti più dell'eroina, se si esclude il prezzo: ma la facile reperibilità dell'alcol lo rende più pericoloso.
Dovrà parlare presto con sua madre, se vuole difendere lei stessa e soprattutto suo padre dalle peggiori conseguenze; rivolgervi insieme al SERT della sua città, e/o al vostro medico di base.
Capisco profondamente il suo desiderio di difendere l'immagine di suo padre, una brava persona che è stata sfortunata, ma questo non lo aiuta. Se fosse malato lei lotterebbe, anche contro lui stesso, per farlo curare, per guarirlo. Una dipendenza è una malattia devastante, lo sa? Quanti anni ha suo padre?
La abbraccio.
[#9]
Cara utente,
capisco la sua condizione: in pratica non ha mai avuto un papà sano, costruttivo, ottimista.
Le auguro di uscire da tutto questo, ma l'aiuto di uno psicologo, assieme alla sua tenace buona volontà nel seguire un percorso di recupero, è indispensabile.
Buone cose.
capisco la sua condizione: in pratica non ha mai avuto un papà sano, costruttivo, ottimista.
Le auguro di uscire da tutto questo, ma l'aiuto di uno psicologo, assieme alla sua tenace buona volontà nel seguire un percorso di recupero, è indispensabile.
Buone cose.
Questo consulto ha ricevuto 10 risposte e 10.9k visite dal 10/08/2021.
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