Ho paura. soffro di bulimia / anoressia.
Buonasera..
Spero che qualcuno possa leggere queste parole, che vogliono essere uno sfogo e allo stesso tempo una richiesta implicita di aiuto.
In passato (e un po' ancora me lo porto dietro) ho sofferto di autolesionismo, ho tentato più volte il suicidio.
Ho 19 anni e soffro di bulimia e anoressia. Ne sono consapevole,e questo mi fa stare ancora più male.
Sono alta 155 centimetri e peso intorno ai 44 chili.
è da più di un anno che soffro di bulimia, ho capito quali cibi posso mangiare in notevoli (anche se non abominevoli) quantità e che poi posso vomitare con più "facilità", anche se tale facilità è alquanto relativa, dato che mi distruggo di stanchezza e rimango senza forze.
Alterno giornate di questo tipo ad altre in cui non faccio altro che bere te', magari un caffè o un cappuccino, e non mangio, mi rifiuto.
Io ho paura del cibo. Per me non ha un significato associabile al benessere fisico. Per me mangiare non vuol dire concedersi di vivere, per me mangiare vuol dire male, io odio il cibo, lo odio con tutte le mie forze, vuol dire solo concedersi qualcosa che al mio organismo non serve, o perlomeno voglio illudermi riguardo questa cosa.
Mi fa paura, mi fa paura mangiare, ho paura di ingrassare, e io nutro solo il desiderio di dimagrire. Vorrei che il mio rapporto con il cibo fosse pari a zero, e quindi lasciarmi alle spalle questi episodi di bulimia, ma non ce la faccio, è più forte di me e non riesco a controllarlo, quando accade.
Nell'ultimo mese sono dimagrita di un po' di chili, in media ero sui 48/49 chili, e ora che sono arrivata ai 44 mi vedo abominevole, ho la fissazione del pesare niente, vorrei scomparire nei vestiti, invece mi ritrovo ancora con quei 4 orribili mostrati sulla bilancia.
Così non ce la faccio più. Guarire vorrebbe dire riprendere a mangiare normalmente, cosa che mi rifiuto consapevolmente e razionalmente di fare. Rimanere in questo stato di malattia significherebbe continuare a dimagrire (credo) e permanere in uno stato di ansia/(in)felicità che mi guida ogni minuto del giorno.
Non voglio uscirne, ma non vorrei nemmeno continuare così.. preferirei morire.
Sono in contraddizione, il bivio ha due strade entrambe sbarrate. Non mi resta che sbattere contro l'albero che si trova in mezzo.
Non so per quanto io possa ancora resistere.. Mi sento sola, anche perchè non voglio rendere partecipi di questi miei problemi le persone che più mi stanno vicino.
Non vedo vie d'uscita, vedo solo nero.
E mi viene unicamente da piangere. Forse me lo merito e me le sono cercate, queste situazioni.. perchè venire a lamentarmi qui?
Non ne ho idea.
è la parte irrazionale che fa a botte con la mia razionalità e testa. Mi ritengo intelligente e sensibile, ma odiando me stessa non credo riuscirò mai ad assumere un "significato" per le persone che potenzialmente potrei amare.
Ringrazio per la gentile attenzione.
Spero che qualcuno possa leggere queste parole, che vogliono essere uno sfogo e allo stesso tempo una richiesta implicita di aiuto.
In passato (e un po' ancora me lo porto dietro) ho sofferto di autolesionismo, ho tentato più volte il suicidio.
Ho 19 anni e soffro di bulimia e anoressia. Ne sono consapevole,e questo mi fa stare ancora più male.
Sono alta 155 centimetri e peso intorno ai 44 chili.
è da più di un anno che soffro di bulimia, ho capito quali cibi posso mangiare in notevoli (anche se non abominevoli) quantità e che poi posso vomitare con più "facilità", anche se tale facilità è alquanto relativa, dato che mi distruggo di stanchezza e rimango senza forze.
Alterno giornate di questo tipo ad altre in cui non faccio altro che bere te', magari un caffè o un cappuccino, e non mangio, mi rifiuto.
Io ho paura del cibo. Per me non ha un significato associabile al benessere fisico. Per me mangiare non vuol dire concedersi di vivere, per me mangiare vuol dire male, io odio il cibo, lo odio con tutte le mie forze, vuol dire solo concedersi qualcosa che al mio organismo non serve, o perlomeno voglio illudermi riguardo questa cosa.
Mi fa paura, mi fa paura mangiare, ho paura di ingrassare, e io nutro solo il desiderio di dimagrire. Vorrei che il mio rapporto con il cibo fosse pari a zero, e quindi lasciarmi alle spalle questi episodi di bulimia, ma non ce la faccio, è più forte di me e non riesco a controllarlo, quando accade.
Nell'ultimo mese sono dimagrita di un po' di chili, in media ero sui 48/49 chili, e ora che sono arrivata ai 44 mi vedo abominevole, ho la fissazione del pesare niente, vorrei scomparire nei vestiti, invece mi ritrovo ancora con quei 4 orribili mostrati sulla bilancia.
Così non ce la faccio più. Guarire vorrebbe dire riprendere a mangiare normalmente, cosa che mi rifiuto consapevolmente e razionalmente di fare. Rimanere in questo stato di malattia significherebbe continuare a dimagrire (credo) e permanere in uno stato di ansia/(in)felicità che mi guida ogni minuto del giorno.
Non voglio uscirne, ma non vorrei nemmeno continuare così.. preferirei morire.
Sono in contraddizione, il bivio ha due strade entrambe sbarrate. Non mi resta che sbattere contro l'albero che si trova in mezzo.
Non so per quanto io possa ancora resistere.. Mi sento sola, anche perchè non voglio rendere partecipi di questi miei problemi le persone che più mi stanno vicino.
Non vedo vie d'uscita, vedo solo nero.
E mi viene unicamente da piangere. Forse me lo merito e me le sono cercate, queste situazioni.. perchè venire a lamentarmi qui?
Non ne ho idea.
è la parte irrazionale che fa a botte con la mia razionalità e testa. Mi ritengo intelligente e sensibile, ma odiando me stessa non credo riuscirò mai ad assumere un "significato" per le persone che potenzialmente potrei amare.
Ringrazio per la gentile attenzione.
[#1]
Gentile utente,
I disturbi del comportamento alimentari di tipo bulimico sono trattabili. Come lei sa bene, nel tempo, al di là delle crisi o delle fasi, si sviluppa una specie di ossessione per l'atto del mangiare, il pensiero del cibo, il ricorrere del mangiare nella giornata, come se tutto ruotasse intorno a questo, compresa la considerazione di sé e delle proprie capacità di controllo sulla propria vita. "Mi fa paura, mi fa paura mangiare" che lei ha scritto riassume tutto.
Ho cercato di sintetizzare questo tipo di evoluzione cronica nell'articolo "dipendenza da cibo" nella sezione MinForma.
Non deve concentrarsi sul controllo del peso. E' utile provare un trattamento che controlli la voracità, l'invasione del pensiero del cibo, e le riporti l'umore in condizioni stabili. Questo è il primo passo comune alla cura dei vari disturbi della condotta alimentare.
I tentativi di controllare chilo per chilo le proprie variazioni, o evitarle che è lo stesso, è un modo per attorcigliarsi sul problema e rimanerne ancora più schiavi.
I disturbi del comportamento alimentari di tipo bulimico sono trattabili. Come lei sa bene, nel tempo, al di là delle crisi o delle fasi, si sviluppa una specie di ossessione per l'atto del mangiare, il pensiero del cibo, il ricorrere del mangiare nella giornata, come se tutto ruotasse intorno a questo, compresa la considerazione di sé e delle proprie capacità di controllo sulla propria vita. "Mi fa paura, mi fa paura mangiare" che lei ha scritto riassume tutto.
Ho cercato di sintetizzare questo tipo di evoluzione cronica nell'articolo "dipendenza da cibo" nella sezione MinForma.
Non deve concentrarsi sul controllo del peso. E' utile provare un trattamento che controlli la voracità, l'invasione del pensiero del cibo, e le riporti l'umore in condizioni stabili. Questo è il primo passo comune alla cura dei vari disturbi della condotta alimentare.
I tentativi di controllare chilo per chilo le proprie variazioni, o evitarle che è lo stesso, è un modo per attorcigliarsi sul problema e rimanerne ancora più schiavi.
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
[#2]
Utente
La ringrazio per la celere considerazione. è stato molto gentile.
Leggerò l'articolo citato..
L'invasione del pensiero del cibo a cui lei ha fatto riferimento è molto azzeccato, tuttavia irrazionalmente non posso che essere in disaccordo con le considerazioni finali. Sono consapevole che "I tentativi di controllare chilo per chilo le proprie variazioni, o evitarle che è lo stesso, è un modo per attorcigliarsi sul problema e rimanerne ancora più schiavi."; tuttavia, è veramente una paura profonda quella di non riuscire più a perdere peso e sentirmi "a posto" con me stessa. Ho come l'impressione che le persone mi vedrebbero con occhio diverso, con più disprezzo, avrei qualcosa "che non va", non sarei più accettabile, e io desidererei tanto risultare una bella ragazza agli occhi degli altri, sia dentro che fuori..
Capisco tuttavia che la situazione nella quale mi ritrovo ora è il risultato di molti disagi che ho subito o che mi sono creata nel corso degli anni, a tal punto che sono giunta al limite di sopportazione.
Mi sembra tutto così terribilmente inutile. Sarebbe una perdita di tempo tentare di guarire,come è inutile permanere in questa situazione, e ritorniamo al circolo vizioso del "guarisco-non guarisco", ha senso-non ha senso, è utile-è inutile?
Fino a che punto posso cercare di uscirne, andando irrimediabilmente a ledere la mia capacità di affermarmi almeno in qualcosa, che in questo caso è il saper avere un rapporto insano con il cibo, ma che mi permette di diventare più "leggera"?
Leggerò l'articolo citato..
L'invasione del pensiero del cibo a cui lei ha fatto riferimento è molto azzeccato, tuttavia irrazionalmente non posso che essere in disaccordo con le considerazioni finali. Sono consapevole che "I tentativi di controllare chilo per chilo le proprie variazioni, o evitarle che è lo stesso, è un modo per attorcigliarsi sul problema e rimanerne ancora più schiavi."; tuttavia, è veramente una paura profonda quella di non riuscire più a perdere peso e sentirmi "a posto" con me stessa. Ho come l'impressione che le persone mi vedrebbero con occhio diverso, con più disprezzo, avrei qualcosa "che non va", non sarei più accettabile, e io desidererei tanto risultare una bella ragazza agli occhi degli altri, sia dentro che fuori..
Capisco tuttavia che la situazione nella quale mi ritrovo ora è il risultato di molti disagi che ho subito o che mi sono creata nel corso degli anni, a tal punto che sono giunta al limite di sopportazione.
Mi sembra tutto così terribilmente inutile. Sarebbe una perdita di tempo tentare di guarire,come è inutile permanere in questa situazione, e ritorniamo al circolo vizioso del "guarisco-non guarisco", ha senso-non ha senso, è utile-è inutile?
Fino a che punto posso cercare di uscirne, andando irrimediabilmente a ledere la mia capacità di affermarmi almeno in qualcosa, che in questo caso è il saper avere un rapporto insano con il cibo, ma che mi permette di diventare più "leggera"?
[#3]
Gentile utente,
capisco bene il problema. Ma la via d'uscita non può agganciarsi al pensiero "devo trovare un modo per controllare il peso", è il traino sbagliato. L'appetito è maggiore di quello che lei vorrebbe, ma questo è condizionabile perché quasi tutto vorrebbero avere meno appetito di quello che hanno, e invece la tendenza è all'aumento del peso medio, in tutto il mondo "ricco".
Il controllo automatico, e non ricercato, dell'appetito deve essere gradualmente ottenuto intanto eliminando i fattori che lo alimentano, e poi depotenziandolo, finché magari si conosceranno mezzi sicuri per contenerlo alla base. Alcuni farmaci aiutano a fare questo lavoro così come alcune psicoterapie, meglio se associate insieem.
capisco bene il problema. Ma la via d'uscita non può agganciarsi al pensiero "devo trovare un modo per controllare il peso", è il traino sbagliato. L'appetito è maggiore di quello che lei vorrebbe, ma questo è condizionabile perché quasi tutto vorrebbero avere meno appetito di quello che hanno, e invece la tendenza è all'aumento del peso medio, in tutto il mondo "ricco".
Il controllo automatico, e non ricercato, dell'appetito deve essere gradualmente ottenuto intanto eliminando i fattori che lo alimentano, e poi depotenziandolo, finché magari si conosceranno mezzi sicuri per contenerlo alla base. Alcuni farmaci aiutano a fare questo lavoro così come alcune psicoterapie, meglio se associate insieem.
[#4]
> E mi viene unicamente da piangere. Forse me lo merito e
> me le sono cercate, queste situazioni.. perchè venire a
> lamentarmi qui?
> Non ne ho idea.
È notevole il fatto che sia lei a chiederlo a noi, e non noi a lei. Quindi, mi permetta di chiederle, la descrizione del suo disturbo è più da prendersi come uno sfogo, oppure come una reale richiesta d'aiuto?
Cordiali saluti
> me le sono cercate, queste situazioni.. perchè venire a
> lamentarmi qui?
> Non ne ho idea.
È notevole il fatto che sia lei a chiederlo a noi, e non noi a lei. Quindi, mi permetta di chiederle, la descrizione del suo disturbo è più da prendersi come uno sfogo, oppure come una reale richiesta d'aiuto?
Cordiali saluti
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
[#5]
Utente
Buongiorno..
mi permetto di risponderle con la mia più sincera franchezza..
il mio vuole essere uno sfogo, e non una richiesta di aiuto. questo semplicemente perchè sono convinta che da questa spirale io non sia più in grado di uscire, fa parte della mia quotidianità e spezzare la stessa vorrebbe dire perdere qualsiasi appiglio con quelle poche "certezze" che penso di avere.
Non posso permettermi di cercare di uscirne anche utilizzando "Alcuni farmaci" che "aiutano a fare questo lavoro così come alcune psicoterapie", l'idea di utilizzare qualcosa di artificiale anche solo per darmi una spinta verso l'uscita di questo tunnel mi mette a disagio, non sono d'accordo con l'assunzione di queste cose..
Forse però inconsciamente sto chiedendo un confronto, un confronto reale con qualcuno che semplicemente mi ascolti,perchè così sono stanca di respirare e di vivere.
Credo di essere confusa,e di non sapere cosa voglio o posso volere veramente..
tutto qui.
Ringrazio caldamente per la Vostra comprensione.
mi permetto di risponderle con la mia più sincera franchezza..
il mio vuole essere uno sfogo, e non una richiesta di aiuto. questo semplicemente perchè sono convinta che da questa spirale io non sia più in grado di uscire, fa parte della mia quotidianità e spezzare la stessa vorrebbe dire perdere qualsiasi appiglio con quelle poche "certezze" che penso di avere.
Non posso permettermi di cercare di uscirne anche utilizzando "Alcuni farmaci" che "aiutano a fare questo lavoro così come alcune psicoterapie", l'idea di utilizzare qualcosa di artificiale anche solo per darmi una spinta verso l'uscita di questo tunnel mi mette a disagio, non sono d'accordo con l'assunzione di queste cose..
Forse però inconsciamente sto chiedendo un confronto, un confronto reale con qualcuno che semplicemente mi ascolti,perchè così sono stanca di respirare e di vivere.
Credo di essere confusa,e di non sapere cosa voglio o posso volere veramente..
tutto qui.
Ringrazio caldamente per la Vostra comprensione.
[#6]
Bene, ma "inconsciamente" significa poco e andrebbe specificato molto, ma molto meglio. Perciò se il suo era solo e semplicemente uno sfogo, ok, l'abbiamo ascoltata.
Altrimenti, può provare ad aggiungere qualcos'altro. Ma solo se ne ha voglia.
Cordiali saluti
Altrimenti, può provare ad aggiungere qualcos'altro. Ma solo se ne ha voglia.
Cordiali saluti
[#7]
"Non posso permettermi di cercare di uscirne anche utilizzando "Alcuni farmaci" che "aiutano a fare questo lavoro così come alcune psicoterapie", l'idea di utilizzare qualcosa di artificiale anche solo per darmi una spinta verso l'uscita di questo tunnel mi mette a disagio, non sono d'accordo con l'assunzione di queste cose.."
Questa posizione non è costruttiva. La scelta di ognuno di noi rimane di per sé incriticabile, le ragioni possono anche non esserci. Certo che questo concetto di "artificiale" e di uscirne da sola sono concetti assurdi.
Non si esce dai disturbi. I disturbi finiscono da soli a volte. E se dovessi fare un esempio di cosa "naturale" farei quello di una malattia.
Questa posizione non è costruttiva. La scelta di ognuno di noi rimane di per sé incriticabile, le ragioni possono anche non esserci. Certo che questo concetto di "artificiale" e di uscirne da sola sono concetti assurdi.
Non si esce dai disturbi. I disturbi finiscono da soli a volte. E se dovessi fare un esempio di cosa "naturale" farei quello di una malattia.
Questo consulto ha ricevuto 7 risposte e 2.8k visite dal 20/05/2009.
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Approfondimento su DCA: Disturbi del Comportamento Alimentare
I disturbi alimentari (DCA), come anoressia, bulimia e binge eating, sono patologie legate a un comportamento disfunzionale verso il cibo. Sintomi, cause, cura.