Il mio ragazzo non si impone nei confronti dei suoi genitori

Salve, scrivo qui in merito ad una mia richiesta di aiuto riguardo la mia situazione.
Io e il mio ragazzo stiamo insieme da mezzo anno, ci amiamo molto e abbiamo intenzione di convivere non appena saremo indipendenti.
Per alcuni potrebbe sembrare presto per pensare ciò, ma ogni storia è a sè e non credo sia il caso di giudicare.
Avendo fatto dette premesse, il problema riguarda i suoi genitori: sono molto oppressivi nei suoi confronti e purtroppo la cosa influisce sulle nostre attività e sulla serenità del mio ragazzo.
Farò vari esempi: lui ha preso la patente, nonostante ciò i suoi non si sentivano sicuri di farlo guidare e volevano che facesse prima delle guide con loro.
Fin qui tutto ok, sono d'accordo, il problema è che non ne stanno facendo con la scusa che la benzina costa.
Non gli danno le chiavi di casa, non lo lasciano mai dormire fuori, neanche mangiare da me a pranzo/cena, posso solo andare io da loro e se dovessi dormire lì, io e lui dovremmo stare in stanze separate.
Fin qui saranno anche sciocchezze sorvolabili (ma posso assicurarvi che viverle quotidianamente è frustrante), ma la cosa più grave è il fatto che lui ha lavorato quasi un anno, purtroppo però per motivi di budget l'impresa ha dovuto licenziare molti dipendenti e da lì in poi i suoi genitori non si sono interessati di pagargli qualche certificazione in modo da far punteggio nei concorsi pubblici e sistemarsi.
Lui non avendo entrate non riesce a uscire da questa situazione, io vorrei poterlo aiutare ma non ho un lavoro perchè studio, avrei veramente bisogno di vostri consigli... grazie per la pazienza
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Dr. Ferdinando Toscano Psicologo 195 10
Gentile ragazza,
È difficile a distanza dire cosa potrebbe essere giusto fare in questa situazione.
Sicuramente, dal suo scrivere si percepisce una ragionevole frustrazione, di cui certamente mi dispiace.
Parallelamente a ciò, tuttavia, meno chiara appare essere la posizione del suo ragazzo in merito ai fatti che ci racconta.
Se infatti lei ci dice di cosa i genitori fanno a lui, non ci dice come invece la prende lui, cosa ne pensa e soprattutto cosa pensa di fare lui.
Le domanderei inoltre a cosa attribuisce l'apprensione dei genitori del suo ragazzo. In altre parole, perché lo fanno?
È un atteggiamento "generale", che hanno magari anche con altri figli? Riguarda solo lui? Riguarda solo lui perché, faccio per dire... sta con lei? Glielo chiedo perché non lo so e potrebbe essere interessante cogliere il suo punto di vista rispetto a queste sfumature.

Mi conceda una ultima osservazione: sebbene la situazione che ci racconta si infranga inevitabilmente anche sulla sua vita, ricordi che ci sta raccontando delle dinamiche che nascono, crescono e forse muoiono all'interno di una famiglia, della quale non è detto che tutti gli attori la considerino parte.
Il mio consiglio è di essere molta cauta nell'esternare il suo disappunto e nel proporre "rivoluzioni" sulle quali dopotutto non si capisce, per quel che ci ha scritto finora, nemmeno il giudizio del suo ragazzo.
Lo dico non per cattiveria nei suoi confronti, ma per il suo bene. Anche considerando che mezzo anno son sei mesi. Nessuno mette in discussione il sentimento che c'è tra voi, ma lei metterebbe la mano sul fuoco sul fatto che il suo ragazzo, dopotutto, si inimicherebbe la famiglia per sostenerla in un eventuale conflitto con i di lui parenti? E pensa davvero che a lui un eventuale conflitto farebbe bene? (Ossia, che non abbia più "bisogno", anche affettivamente, di loro?)
Capisce bene chi, nel caso le cose andassero male, si candiderebbe ad essere la prima esclusa...

Infine, poi cito lei:
"da lì in poi i suoi genitori non si sono interessati di pagargli qualche certificazione in modo da far punteggio nei concorsi pubblici e sistemarsi"

Frasi come queste puzzano, a torto o ragione non sta a me dirlo, di pensiero assai invadente. E mi permetta, anche di prima repubblica.
(Perché non la prende lei la certificazione per sistemarsi nel pubblico???)

Spero di averla aiutata a riflettere
Un caro saluto

Dott. Ferdinando Toscano
Psicologo

[#2]
Utente
Utente
Buonasera dottore,
La ringrazio innanzitutto per la pazienza, cercherò di essere più esaustiva. Il mio ragazzo ha sempre avuto questi problemi con i suoi genitori, che però si erano affievoliti durante il periodo in cui lavorava. Dopo esser stato licenziato i suoi si sono indispettiti, perchè per un mese lui lo aveva tenuto nascosto avendo paura della loro reazione... Adesso loro pretenderebbero che lui faccia concorsi, ma non avendo nulla apparte il diploma mi chiedo come possa pensare di ottenere un posto. Ha una sorella e anche lei viene trattata allo stesso modo. Lui non è per niente felice di questa situazione, se ne lamenta con me spesso e vorrebbe potersi staccare da loro, infatti oggi stesso è andato a fare delle prove per un lavoro da un privato che almeno gli consenta di pagare i corsi di cui parlavo nell'altro messaggio. Rispondo anche alla domanda che lei mi ha posto:"Perché non la prende lei la certificazione per sistemarsi nel pubblico???" ebbene io dall'anno scorso (ovvero appena finiti gli esami di maturità) ho preso 4 certificazioni (riguardanti lingua inglese e informatica) e sto ancora studiando per altri esami. Il tutto pagato dai miei genitori, per questo vedendo che i suoi non lo aiutano ci rimango un po', io credo che i genitori servano ad aiutare i propri figli a trovare un posto nel mondo. Potranno anche non essere fatti miei, ma di tratta del mio ragazzo e sono pensieri che vengono spontanei. Se lavorassi, pagherei io stessa i corsi al mio ragazzo, ma non posso. Riguardo il fatto della sua famiglia, io non voglio che lui ci si allontani assolutamente, non mi sono mai messa contro di loro, perchè so di essere parte estranea e che mai potrei permettermi di dare loro opinioni. Però vedo il dispiacere del mio ragazzo e per questo cercavo dei consigli da poter dare a lui, in modo che ne parli con loro per sentirsi un minimo più sereno... Tutto qui
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Dr. Ferdinando Toscano Psicologo 195 10
Gentile ragazza,
Credo che ogni famiglia veda e viva il compito di supporto ai figli in modo diverso.
Se da un lato il non dare le chiavi di casa o la macchina sembrino - per come ci racconta i fatti - un atto di sfiducia nei confronti del suo ragazzo o, più in generale, dei figli, dall'altro il fatto che i genitori del suo ragazzo non gli paghino certificazioni per fare punteggio in eventuali concorsi pubblici potrebbe essere un comportamento inquadrabile con logiche diverse dalla sfiducia. Bisognerebbe sapere quale status economico ha la famiglia, quanto crede nell'utilità di questi titoli, e soprattutto, però, come le dicevo, come pensano di fornire supporto questi genitori ai figli.
In alcune famiglie, dopo il diploma, i figli vengono sostenuti nelle loro aspirazioni finanche con sforzi economici che minano lo status patrimoniale del nucleo familiare. In altre, anche prescindendo dallo status, si ritiene che debbano andare via di casa, trovarsi un sostentamento e fare il proprio cammino. E la diversità dei modi di intendere la genitorialità è una variabile che ha da considerare quando, inevitabilmente, le viene di confrontare la sua famiglia con quella del suo ragazzo.

Lei ci racconta che il suo ragazzo ha lavorato per quasi un anno.
Un genitore che ci tiene al conto del soldi e che pensa che i figli dovrebbero "farsi da soli" potrebbe domandarsi dove siano finiti i guadagni di un anno di lavoro, e se non siano essi sufficienti per supportare le prossime tappe di collocamento nel lavoro.
Colpisce anche il fatto che il suo ragazzo non abbia detto ai suoi genitori di essere stato licenziato, segno che il rapporto tra loro non è sempre semplice.

Quello che le consiglio, ancora una volta, è di supportare il suo ragazzo con il suo affetto e la sua presenza, ma di non addentrarsi nelle loro logiche di funzionamento familiare... E neanche nelle sue scelte di carriera...

È il suo ragazzo che può ribellarsi e "contrattare" con i genitori se ritiene di aver ragione, e soprattutto è lui che conosce i funzionamenti della sua famiglia, se stesso e anche le sue aspirazioni. Lui stesso può inoltre decidere di affrancarsi dal sostegno economico dei suoi genitori lavorando e non chiedendo loro il minimo aiuto.

Inoltre, in particolare modo, mi colpisce l'assenza nel discorso che ci racconta di progetti di carriera.
In più punti si intercetta una corsa al "posto fisso". Ma il suo ragazzo cosa vuole fare davvero? Ha un'aspirazione professionale che non consista esclusivamente in un contratto nel settore pubblico?

Concludo sul punto "se potessi, glielo pagherei io". Rischierebbe un errore, a mio avviso.
In una coppia, come in una qualsiasi relazione paritaria, è importante mantenere gli equilibri e il senso di equità che caratterizza questo genere di legame e un'azione di sostegno economico in quel senso rischierebbe di minacciare questo equilibrio... Creando debiti, e quindi debitori.. e quindi creditori... Non solo, e non tanto, sul piano economico...

Insomma... Il suo ragazzo ha in sé stesso gli strumenti per fare, chiedere, lavorare, pagare, studiare, accordarsi. Il mio consiglio è di stargli affettivamente vicino, anche cercando di nutrire il suo senso di auto-efficacia, ma di lasciare a lui il disbrigo dei fatti derivanti dalle meccaniche della sua famiglia, nonché i compiti che attengono la sua collocazione lavorativa.

Un caro saluto