Fobia e discorsi in pubblico
Età: 38 Sesso: F
Gentilissimi dottori, vi ringrazio anticipatamente per l'attenzione al mio problema.
Penso di soffrire, in modo incredibile anche per me stessa, di una forte forma di fobia sociale. Mi sono trovata nei giorni scorsi a parlare in pubblico ma non sono riuscita se non a dire 2 parole in quanto sono stata colta da una crisi di panico con pulsazioni cardiache fortissime, vampate di rossore e spavento generale.
Non ho simili esperienze recenti però ricordo una passata esperienza (10 anni fa)nella quale mi è capitata la stessa cosa. Per me tutto questo è assurdo anche perchè i miei brevi discorsi erano già preparati per cui non dovevo fare altro che ripetere. Preciso che all'Università non ho mai avuto questi problemi.Avevo ansia prima di sostenere l'esame ma dopo, davanti al professore passava tutto. Gli unici momenti in cui sono un pò in difficoltà si riferiscono invece ai rapporti sociali. Ho un certo timore di questi ed in genere delle persone che incontro perchè penso mi vogliano aggredire. Sono migliorata col tempo però...ho ancora dei timori. Durante la mie riunioni in pubblico però, non pensavo di venire aggredita. Il problema che mi ponevo era solo oggettivo e consisteva in questo: "riuscirò a parlare in pubblico?" e non sono riuscita!!! procurandomi, per quel che è peggio, la pessima impressione di coloro che mi conoscevano (miei superiori tra l'altro) E quel che è capitato, ripeto, mi pare assurdo ed incredibile ma....purtroppo non è la prima volta. E' possibile una cura autodidatta?
Gentilissimi dottori, vi ringrazio anticipatamente per l'attenzione al mio problema.
Penso di soffrire, in modo incredibile anche per me stessa, di una forte forma di fobia sociale. Mi sono trovata nei giorni scorsi a parlare in pubblico ma non sono riuscita se non a dire 2 parole in quanto sono stata colta da una crisi di panico con pulsazioni cardiache fortissime, vampate di rossore e spavento generale.
Non ho simili esperienze recenti però ricordo una passata esperienza (10 anni fa)nella quale mi è capitata la stessa cosa. Per me tutto questo è assurdo anche perchè i miei brevi discorsi erano già preparati per cui non dovevo fare altro che ripetere. Preciso che all'Università non ho mai avuto questi problemi.Avevo ansia prima di sostenere l'esame ma dopo, davanti al professore passava tutto. Gli unici momenti in cui sono un pò in difficoltà si riferiscono invece ai rapporti sociali. Ho un certo timore di questi ed in genere delle persone che incontro perchè penso mi vogliano aggredire. Sono migliorata col tempo però...ho ancora dei timori. Durante la mie riunioni in pubblico però, non pensavo di venire aggredita. Il problema che mi ponevo era solo oggettivo e consisteva in questo: "riuscirò a parlare in pubblico?" e non sono riuscita!!! procurandomi, per quel che è peggio, la pessima impressione di coloro che mi conoscevano (miei superiori tra l'altro) E quel che è capitato, ripeto, mi pare assurdo ed incredibile ma....purtroppo non è la prima volta. E' possibile una cura autodidatta?
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Carissima,
prima di interrogarsi e magari "etichettarsi" in categorie appartenenti a nevrosi ed anche a psicosi (non è di tale natura l'etichetta da Lei usata o di appartenenza), sarebbe necessario conoscere quello che è considerato "normale" per la maggior parte delle Persone, ciò che appartiene alla prima deviazione standard.
A tal uopo, ricordo con piacere, per il riconoscimento a me conferitomi, la richiesta di aiuto di un Personaggio Pubblico, tuttora in "circolazione", che mi fece tornare dall'estero, dove all'epoca esercitavo quale specialista in Terapia del Dolore e Psicoterapeuta, in tutta fretta, perchè il Suo primo discorso in Pubblico, dal carattere diverso dalle abitudini consolidate, era risultato un "disastro"... seppur tutto da leggere... in preda al panico più assoluto.
Aspettative, desiderio di apparire, desiderio di portare -qualcosa di nuovo- al "vecchio consolidato" appartenente a Lui stesso ed all'area di interesse di cui era neofita, risultarono le cause del "drammatico evento".
Le aggressioni per chi si espone sono consuete: meglio vivere in una campana di vetro?
Oppure è un modo di sentirsi vivi, il sentire l'ansia, la paura, l'angoscia di poter essere abbandonati e fraintesi presentandosi così come si è e come si vorrebbe che le "cose" andassero?
Quando metti in gioco Te stessa, per i Tuoi vissuti emozionali affettivi, e per i Tuoi processi progettuali, sarebbe anomalo che il cuore non giungesse in gola, che non sopraggiungessero paure, angoscia di "morte" (di non essere capita e quindi di essere abbandonata): questa è la Vita con la V maiuscola... "povero" colui che non vivesse questo... quasi una "macchina".
Piuttosto potrebbe essere di utilità imparare, in una palestra protetta ed adeguata, a gestire questa straordinaria energia, per ottemperare, al meglio per Noi, al Nostro bisogno di essere Persone nella propria integralità e consapevolezza del Nostro Sè: un setting psicoterapeutico potrebbe essere la palestra... se hai fretta.
Altrimenti il trucco è prendere coscienza di ciò che Ti aliena dal progetto che hai su di Te, riconoscerlo ed utilizzarlo per essere Viva ed in pace con le Tue aspettative: il trucco in fondo è soltanto quello di imparare ad AMARE TE STESSA prima di ogni altra cosa.
A diposizione
In Fede
Alessandro Dr. Roscetti
prima di interrogarsi e magari "etichettarsi" in categorie appartenenti a nevrosi ed anche a psicosi (non è di tale natura l'etichetta da Lei usata o di appartenenza), sarebbe necessario conoscere quello che è considerato "normale" per la maggior parte delle Persone, ciò che appartiene alla prima deviazione standard.
A tal uopo, ricordo con piacere, per il riconoscimento a me conferitomi, la richiesta di aiuto di un Personaggio Pubblico, tuttora in "circolazione", che mi fece tornare dall'estero, dove all'epoca esercitavo quale specialista in Terapia del Dolore e Psicoterapeuta, in tutta fretta, perchè il Suo primo discorso in Pubblico, dal carattere diverso dalle abitudini consolidate, era risultato un "disastro"... seppur tutto da leggere... in preda al panico più assoluto.
Aspettative, desiderio di apparire, desiderio di portare -qualcosa di nuovo- al "vecchio consolidato" appartenente a Lui stesso ed all'area di interesse di cui era neofita, risultarono le cause del "drammatico evento".
Le aggressioni per chi si espone sono consuete: meglio vivere in una campana di vetro?
Oppure è un modo di sentirsi vivi, il sentire l'ansia, la paura, l'angoscia di poter essere abbandonati e fraintesi presentandosi così come si è e come si vorrebbe che le "cose" andassero?
Quando metti in gioco Te stessa, per i Tuoi vissuti emozionali affettivi, e per i Tuoi processi progettuali, sarebbe anomalo che il cuore non giungesse in gola, che non sopraggiungessero paure, angoscia di "morte" (di non essere capita e quindi di essere abbandonata): questa è la Vita con la V maiuscola... "povero" colui che non vivesse questo... quasi una "macchina".
Piuttosto potrebbe essere di utilità imparare, in una palestra protetta ed adeguata, a gestire questa straordinaria energia, per ottemperare, al meglio per Noi, al Nostro bisogno di essere Persone nella propria integralità e consapevolezza del Nostro Sè: un setting psicoterapeutico potrebbe essere la palestra... se hai fretta.
Altrimenti il trucco è prendere coscienza di ciò che Ti aliena dal progetto che hai su di Te, riconoscerlo ed utilizzarlo per essere Viva ed in pace con le Tue aspettative: il trucco in fondo è soltanto quello di imparare ad AMARE TE STESSA prima di ogni altra cosa.
A diposizione
In Fede
Alessandro Dr. Roscetti
[#2]
Gentile utente,
condivido il monito del collega volto al non "autoetichettarsi" preventivamente, operazione che alle volte (mi verrebbe da dire spesso)può determinare peggioramenti inaspettati.
Il fatto che le uniche (=isolate) 2 esperienze siano capitate nell'arco di 10 anni mi porterebbe ad escludere la presenza di patologia/e, e mi sentirei pertanto di rassicurarla in proposito.
Il fatto, invece, che il modo in cui ha vissuto questo evento la faccia stare piuttosto male mi porta invece a consigliarle un consulto psicologico, anche di una singola seduta, almeno per fare chiarezza e per riuscire ad ottenere delle risposte: questo la farebbe sicuramente stare meglio, poichè spesso la nostra paura è legata a situazioni ignote (o ignorate...).
Cordialmente
Dr Daniel Bulla
condivido il monito del collega volto al non "autoetichettarsi" preventivamente, operazione che alle volte (mi verrebbe da dire spesso)può determinare peggioramenti inaspettati.
Il fatto che le uniche (=isolate) 2 esperienze siano capitate nell'arco di 10 anni mi porterebbe ad escludere la presenza di patologia/e, e mi sentirei pertanto di rassicurarla in proposito.
Il fatto, invece, che il modo in cui ha vissuto questo evento la faccia stare piuttosto male mi porta invece a consigliarle un consulto psicologico, anche di una singola seduta, almeno per fare chiarezza e per riuscire ad ottenere delle risposte: questo la farebbe sicuramente stare meglio, poichè spesso la nostra paura è legata a situazioni ignote (o ignorate...).
Cordialmente
Dr Daniel Bulla
Questo consulto ha ricevuto 2 risposte e 6.6k visite dal 30/07/2003.
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