Ansia e incomprensioni

Buongiorno Gentili Dottori,

Ho 26 anni, figlio ansioso di genitori iperprotettivi.
A 20 anni mi è stato diagnosticato il DAP, curato rivolgendomi a una psichiatra e terapeuta (la stessa di mia madre) con 10mg di daparox e psicoterapia.
Ripresomi da quel periodo buio, sono stato bene, posso dire di aver vissuto: ho trovato una ragazza, mi sono laureato, intrapreso progetti e fatto vita sociale.
Il comune denominatore delle mie attività, però, è sempre stato una forte tendenza a compiacere gli altri, dai genitori, ad amici, a perfetti sconosciuti.
Questo mi porta spesso a perdere di vista le mie esigenze, al punto da non sapere neanche più quali siano, sfumando progressivamente i confini della mia personalità.
Personalità che c’è sempre stata da qualche parte, sotto la coltre di accettazione di cui - evidentemente - ho un gran bisogno.
Quando provo a soffocarla troppo a lungo, trova modi (ansia, angoscia, malessere) per uscire in superficie e dopo lunghi periodi di compiacenza, i rapporti/progetti intrapresi mi appaiono così compromessi’ da vedere come unica soluzione quella di abbandonare la nave.
Di recente, all’ennesimo ripetersi di questa dinamica, ho avuto un crollo con forte esacerbazione di una sintomatologia ansiosa.
Stavolta però in ballo c’è un investimento economico fatto da mio padre che m’impedisce di scappare.
Data la situazione, un mese fa mi sono nuovamente rivolto alla mia specialista, la quale ha aumentato il dosaggio del daparox a 20mg e mi riceve a colloquio ogni due settimane.
Ho cominciato lentamente a migliorare, forse apprezzando un effetto terapeutico del farmaco, forse grazie al periodo di malattia’.
Ma di colpo, un’accesa discussione con mio padre mi ha fatto ripiombare nella fase acuta.
È stanco della mia inaffidabilità, della mia evanescenza, non vuole perdere l’investimento e sospetta che l’ansia sia solo un’attenuante per giustificare il mio inconfessabile desiderio di vivere una vita priva di sacrifici.

Non so che fare, né cosa pensare, vorrei dedicarmi a cura e convalescenza, esplorarmi più a fondo e remare, anche se faticosamente, verso la mia felicità, non più verso quella altrui.

P.
S. I tratti’ di cui ho scritto sul piano psicologico sono stati maturati in sede di psicoterapia.


Accetto ogni consigli o parere, vi sono grato per il tempo che mi dedicherete!
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.4k 193
Gentile utente,
se lei ha completato la sua psicoterapia, per quale ragione si rende ancora vittima di persone che la implicano nei loro progetti?
Ognuno di noi preferisce non essere eterodiretto e darsi il tempo di scegliere osservando sé stesso e le proprie preferenze; ma lei che ha scoperto di essere particolarmente soggetto all'eterodirezione, e sofferente quando si trova immerso in un progetto altrui, dovrebbe sistematicamente scartare progetti dei quali non è l'artefice unico o almeno il principale.
Nel presupposto che ci scriva senza essere nella situazione di aver chiesto lei l'investimento in cui suo padre l'ha implicata, le chiedo: cosa l'ha spinta ad accettare il progetto di suo padre?
E come può scrivere, non nel più buio Medioevo, ma nel terzo millennio, una frase come: "[Mio padre] È stanco della mia inaffidabilità, della mia evanescenza, non vuole perdere l’investimento e sospetta che l’ansia sia solo un’attenuante per giustificare il mio inconfessabile desiderio di vivere una vita priva di sacrifici"?
Spero bene che ognuno di noi si costruisca una vita priva di sacrifici, anche perché poi gli stress e anche i traumi arrivano da soli; ci mancherebbe solo che dovessimo andarceli a cercare!
Ancora peggio farceli "offrire" dagli altri, specie da un padre che investe su di lei (ma chi è lei, un dipendente? Uno strumento? Una bestia da soma?) e poi si dichiara "stanco" della sua "inaffidabilità" ed "evanescenza"!
Mi chiedo se lei ha valutato con il terapeuta che tipo di ambiente ha intorno, e se non sia il caso di sospendere per qualche tempo ogni legame che la implichi troppo da vicino.
La psicologia insegna che raramente si è malati da soli, senza un contesto che favorisce, acuisce o culla la nostra malattia.
Auguri e ci tenga al corrente.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

[#2]
Utente
Utente
Gentile Dottoressa,
La ringrazio di cuore per le sue parole: è terapeutico per me, in questa fase, sentirmi compreso. Provo a risponderLe punto per punto:

<< se lei ha completato la sua psicoterapia, per quale ragione si rende ancora vittima di persone che la implicano nei loro progetti?>>
La tendenza all’eterodirezione è emersa soltanto nelle ultime sedute della psicoterapia attualmente in corso, ripresa di recente. Quella portata a termine anni fa per il DAP, invece, si limitò a tirarmi fuori dal circolo vizioso del panico.

<<Nel presupposto che ci scriva senza essere nella situazione di aver chiesto lei l'investimento in cui suo padre l'ha implicata, le chiedo: cosa l'ha spinta ad accettare il progetto di suo padre?>>
Qui è doveroso un mea culpa: l’ho chiesto io, ahimé, lasciandomi irretire dal travolgente entusiasmo di un amico con un’idea, a cui serviva un finanziamento.

<<E come può scrivere, non nel più buio Medioevo, ma nel terzo millennio, una frase come: [ ] >>
Mi rendo perfettamente conto che - con le poche righe a disposizione - possa aver trasmesso di mio padre un’idea antidiluviana, per mia grande fortuna così non è. È un genitore indulgente, affettuoso, protettivo forse troppo. Ha avuto tanta pazienza con me, lasciandomi fare esattamente quello che volevo, quando volevo e devo assumermi le mie responsabilità: talvolta ne ho approfittato. Sono certo ci sia un fine pedagogico nel suo modo di porsi, che risulta dispotico a causa della storica riluttanza che nutre verso i disagi psicologici, intrappolato com’è nella convinzione che un po’ di forza di volontà sia sempre sufficiente ad uscirne. La aggiorno, tra l’altro, che oggi a seguito di un tentativo più assertivo ho ottenuto il suo benestare, non senza un’ evidente delusione negli occhi.

Non avere il suo supporto in una fase così delicata mi destabilizza, e il motivo per cui ho chiesto consulto (in attesa ovviamente di parlarne alla mia terapista) è proprio questo: condivide la scelta di prendere le distanze dagli agenti di stress e di concentrarmi su di me, su una corretta guarigione e sulla ricerca della mia strada?
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.4k 193
Gentile utente,
sono felice di sentire che ha ripreso una terapia e che attraverso questa ha già scoperto la sua tendenza ad essere eterodiretto, il che può essere un disturbo a sé, ma anche l'indice di più complesse sindromi. Solo una forte alleanza con il suo curante può portarla fuori dal disturbo, senza distrazioni e suggestioni di pareri esterni, che danneggiano il percorso terapeutico e in certi casi lo inficiano del tutto.
Di questo percorso può far parte anche l'affrontare gli agenti di stress, con cautela, osservando sé stesso, misurando le sue reazioni, modulando azioni ed emozioni; fare una terapia non vuol dire abbandonare tutti i cimenti della vita. Molto dipende dal tipo di terapia che ha scelto e specificamente dal suo patto terapeutico.
Quanto al discorso di suo padre, lei lo definisce "un genitore indulgente, affettuoso, protettivo forse troppo" e aggiunge che non avere il suo supporto in questa fase delicata la "destabilizza". Un eccessivo invischiamento? Lo verificherete assieme al curante.
Valuterei invece come un'idea di suo padre non campata in aria la "storica riluttanza che nutre verso i disagi psicologici, intrappolato com’è nella convinzione che un po’ di forza di volontà sia sempre sufficiente ad uscirne".
Gli psicologi stessi devono ricordare sempre che non tutti i disturbi presentano la stessa forza coercitiva sul comportamento (altrimenti non dovremmo nemmeno considerare possibile la guarigione, e gli esseri umani agirebbero sempre come vittime del proprio malessere), tuttavia alcune "forzature" possono sbloccare una situazione, altre invece incancrenirla.
Di qui l'importanza del supporto del curante.
Auguri.
[#4]
Utente
Utente
Dottoressa, devo ringraziarla. Rileggerò i suoi messaggi nei momenti di difficoltà, saranno determinanti per affrontare il percorso psicoterapeutico con l’approccio giusto.
Le mando un forte abbraccio virtuale!
[#5]
Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.4k 193
Ricambio l'abbraccio! :)
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