Sentimento religioso e psiche

Buon giorno, vorrei porvi un quesito sul quale negli ultimi giorni sto ponendo una serie di riflessioni esistenziali.

Da alcuni anni dopo un incidente convivo con una disabilità, non estrema ma che comunque mi ha tenuto impegnato molto in cure e interventi, con alcuni strascichi che rimarranno a vita.
In questo periodo mi sono avvicinato alla religione (cattolica), non seguendo certi fenomeni o certi movimenti, ma comunque iniziando ad andare spesso a messa e pregare, oltre a conoscere persone della mia parrocchia.
Solo che ultimamente mi accorgo che questa mia religiosità è stata "viziata" dalla situazione che vivo, e che forse ho cercato nella religione, con la sua spiritualità e le sue promesse ultra-terrene, delle consolazioni alla mia situazione.
Però se da un lato c'è la volontà di fare chiarezza e di liberami da una certa visione della vita e del mondo, dall'altro lato mi sento monco di qualcosa che mi dava la forza di andare oltre le vicissitudini che affronto, quasi come se solo la religione con i suoi insegnamenti e la sua morale potesse darmi una certa dignità di considerarmi alla pari delle persone normodotate.

Io vado da una psichiatra per dei farmaci, e sono seguito bene, vorrei chiederVi se a Vostro avviso la situazione che ho esposto può essere anche oggetto di analisi, lo chiedo perchè parlando di religione non vorrei mettere in difficoltà un eventuale professionista che nutre sentimenti religiosi.

Grazie.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.4k 193
Gentile utente,
avendo letto tutti i suoi quesiti precedenti so che ha fatto studi umanistici, dei quali dovrebbe far parte la filosofia, con la sua lunga storia.
Avrà quindi notato che tra i filosofi convivono coloro che hanno una visione religiosa del mondo e coloro che ne hanno una visione non religiosa.
Questo, a mio avviso, dovrebbe far tacere tutti gli "estremisti".
Gli atei ad oltranza, così come i fanatici ad oltranza di questo o quel credo religioso, dovrebbero ricordare che i grandi pensatori, i quali usano la ragione, imperfetta ma libera, per investigare a tutto campo lo scibile, non hanno sviluppato in nessuna epoca un pensiero unico sull'esistenza di Dio, sulla sua natura, sulla genesi del sentimento religioso, sulla funzione socio-psicologica della religione e così via.
Potrei aggiungere che la filosofia è nata in occidente e che il cristianesimo, permeato di cultura filosofica, è il prodotto maturo dell'incontro di tre grandi civiltà: la greca, la romana e l'ebraica. In particolare, che si creda o meno all'esistenza di Dio, il cristianesimo è una rivoluzionaria etica dell'uguaglianza, ancora mirabile a distanza di due millenni, ancora alla radice di sovvertimenti sociali non del tutto attuati nella storia, ma in gran parte attuati (e per Hegel sappiamo che il reale è razionale). Una rivoluzione che cresce, se non sempre nel sociale, certamente nel cuore dell'individuo.
Prima del cristianesimo, addirittura quattro secoli prima, le filosofie ellenistiche sono state le prime psicoterapie della storia: una di esse è religiosa (lo stoicismo), una atea (l'epicureismo), una dedita all'epoché o sospensione del giudizio (lo scetticismo).
Ora, se ho ben capito il suo quesito, lei si è accostato al cattolicesimo e ne ha tratto vantaggio, proprio per quella filosofia che restituisce dignità a tutti gli esseri umani e privilegia i meno felici. Però adesso si chiede se questa posizione mentale, assieme ai rassicuranti rituali della chiesa, non le tolgano, nello stesso tempo, il coraggio di lottare. In altre parole, se la religione non le offra, oltre ai caratteri consolatori, la narcosi della rassegnazione.
A me, se guardo la serie infinita dei combattenti per la fede, la serie infinita di quelli che hanno creato dal nulla realtà a volte umili, ignote ai più, ma fari di luce per coloro che ne hanno tratto giovamento, il quesito sembra trasformabile in questi termini: una volta tratto conforto e speranza dalla religione, io posso, voglio fare di questo una torcia per illuminare il buio in cui altri si intristiscono?
Se il dono della religione è il recupero della serenità interiore, l'uso che poi ne facciamo è la nostra scelta etica. Penso a Don Bosco, a Carlo Carretto, a frère Roger, fondatore della comunità di Taizè (le farebbe bene visitarla, è vicino a Macon, in Provenza).
Ma in ultima analisi lei ci chiede se i suoi dubbi sarebbero un ostacolo per una psicoterapia. Premesso che il dubbio è l'unica posizione umana accettabile, perché coincide con la ricerca (le suggerirei di leggere il romanzo di Thornton Wilder "Il ponte di Saint Luis Rey"), stia tranquillo: nessuno psicologo può contrastare le sue posizioni religiose, irreligiose o antireligiose, se non sono ossessioni, quindi malattie mentali. Lo vieta il codice deontologico, ma molto prima il buon senso: essere uno psicologo esclude di ritenersi il fanatico e ignorante depositario di questa o quella verità.
Non mi dilungo oltre. Le auguro di recuperare ogni possibile serenità e benessere, fisico e psicologico.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

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Attivo dal 2019 al 2022
Ex utente
La ringrazio veramente tanto dott.ssa Potenza per le Sua parole e per i concetti che ha esposto, direi che ha colto nel segno i miei interrogativi. Tramite la mia psichiatra contatterò un psicoterapueta, però mi che creda, farò tesoro delle Sue parole.
Le auguro buona domenica
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.4k 193
Caro utente,
sono lieta di esserle stata utile e di nuovo le auguro ogni bene. Se crede, ci tenga al corrente.