Peggioramento durante psicoterapia
Buongiorno, ho chiesto un consulto ad aprile, ma non riesco più a rispondere a quella discussione.
Cercherò di essere breve e di riassumere il tutto.
Un anno fa ho iniziato un percorso psicoterapeutico (approccio cognitivo comportamentale) in quanto dopo il lockdown è emersa un'ansia abbastanza forte quando dovevo uscire con una ragazza e episodi di eiaculazione precoce (che avevo anche prima), inoltre volevo fare chiarezza su episodi di ansia e malessere avuti circa 5 anni fa sempre riguardo le relazioni con l'altro sesso, al tempo riguardava la paura di non essere all'altezza dal punto di vista delle prestazioni sessuali.
A distanza di un anno di terapia purtroppo sto sempre peggio, dopo aver abbandonato un ambiente che non mi piaceva (vivevo a Roma con altri ragazzi, sono tornato a casa con i miei da 2 mesi circa) sono stato molto meglio, pensavo fosse quello il problema ma a quanto pare no.
Circa 15 giorni fa ho deciso di acquistare un'auto nuova, questa cosa mi ha messo veramente tanta preoccupazione, sabato scorso ero ad una piccola festa di laurea, stavo già molto male il pomeriggio (vertigini, senso di stanchezza e una brutta sensazione di freddo al petto), ma decido comunque di andare.
Mi hanno chiesto in tanti quando arrivasse l'auto nuova, come va con l'università, non mi sentivo a mio agio, non riuscivo a mangiare nulla, tempo mezz'ora e ho avuto un forte attacco di ansia (in passato provavo panico).
Me ne vado in disparte e dopo 10 minuti circa decido di andare via, sentivo proprio un blocco, non riuscivo ad andare dal festeggiato e dirgli che sarei andato via.
Prendo coraggio e nonostante quel malessere profondo (avevo il cuore a mille e respiro corto) riesco a dirgli con una scusa che sarei andato via.
In quel momento ho realizzato che la mia ansia deriva dalla paura di essere disapprovato, di deludere gli altri con le mie scelte, di non essere "perfetto" (temi già affrontati, ma non razionalizzati)
Temevo molto la loro disapprovazione riguardo il nuovo acquisto e anche "che cosa penseranno di me se vado via dalla festa?
"
Da quel giorno ho costantemente una sensazione di ansia addosso, ho avuto altri attacchi di ansia (meno forti) in situazioni sociali in questi ultimi 7 giorni.
Parlandone con lo psicologo era molto sorpreso di questo attacco di ansia, mi ha suggerito di fare ciò che voglio, io voglio risolvere una volta e per tutte questa cosa e stare bene con me stesso.
Una parte di me vuole uscire e vedere gente, ma più mi sforzo e più sto male, l'altra parte di me sa che starò male e vuole starsene a casa.
Ha aggiunto che nonostante l'ansia sono riuscito comunque a stare in loro compagnia, ma non posso vivere con il cuore a mille e il respiro corto, non so cosa pensare.
E' un "male necessario" ciò che sto vivendo o mi conviene cambiare psicologo/approccio?
Non pensavo che la mente potesse arrivare a tanto, sono abbastanza spaventato e preoccupato, considerando che prima del covid amavo stare con gli altri.
Cercherò di essere breve e di riassumere il tutto.
Un anno fa ho iniziato un percorso psicoterapeutico (approccio cognitivo comportamentale) in quanto dopo il lockdown è emersa un'ansia abbastanza forte quando dovevo uscire con una ragazza e episodi di eiaculazione precoce (che avevo anche prima), inoltre volevo fare chiarezza su episodi di ansia e malessere avuti circa 5 anni fa sempre riguardo le relazioni con l'altro sesso, al tempo riguardava la paura di non essere all'altezza dal punto di vista delle prestazioni sessuali.
A distanza di un anno di terapia purtroppo sto sempre peggio, dopo aver abbandonato un ambiente che non mi piaceva (vivevo a Roma con altri ragazzi, sono tornato a casa con i miei da 2 mesi circa) sono stato molto meglio, pensavo fosse quello il problema ma a quanto pare no.
Circa 15 giorni fa ho deciso di acquistare un'auto nuova, questa cosa mi ha messo veramente tanta preoccupazione, sabato scorso ero ad una piccola festa di laurea, stavo già molto male il pomeriggio (vertigini, senso di stanchezza e una brutta sensazione di freddo al petto), ma decido comunque di andare.
Mi hanno chiesto in tanti quando arrivasse l'auto nuova, come va con l'università, non mi sentivo a mio agio, non riuscivo a mangiare nulla, tempo mezz'ora e ho avuto un forte attacco di ansia (in passato provavo panico).
Me ne vado in disparte e dopo 10 minuti circa decido di andare via, sentivo proprio un blocco, non riuscivo ad andare dal festeggiato e dirgli che sarei andato via.
Prendo coraggio e nonostante quel malessere profondo (avevo il cuore a mille e respiro corto) riesco a dirgli con una scusa che sarei andato via.
In quel momento ho realizzato che la mia ansia deriva dalla paura di essere disapprovato, di deludere gli altri con le mie scelte, di non essere "perfetto" (temi già affrontati, ma non razionalizzati)
Temevo molto la loro disapprovazione riguardo il nuovo acquisto e anche "che cosa penseranno di me se vado via dalla festa?
"
Da quel giorno ho costantemente una sensazione di ansia addosso, ho avuto altri attacchi di ansia (meno forti) in situazioni sociali in questi ultimi 7 giorni.
Parlandone con lo psicologo era molto sorpreso di questo attacco di ansia, mi ha suggerito di fare ciò che voglio, io voglio risolvere una volta e per tutte questa cosa e stare bene con me stesso.
Una parte di me vuole uscire e vedere gente, ma più mi sforzo e più sto male, l'altra parte di me sa che starò male e vuole starsene a casa.
Ha aggiunto che nonostante l'ansia sono riuscito comunque a stare in loro compagnia, ma non posso vivere con il cuore a mille e il respiro corto, non so cosa pensare.
E' un "male necessario" ciò che sto vivendo o mi conviene cambiare psicologo/approccio?
Non pensavo che la mente potesse arrivare a tanto, sono abbastanza spaventato e preoccupato, considerando che prima del covid amavo stare con gli altri.
[#1]
Buongiorno gentile Utente, leggendo i consulti precedenti, ritengo che la collega dott.ssa Potenza le abbia dato un valido suggerimento nel convogliare i suoi dubbi e le sue domande all'interno del percorso terapeutico.
Ora si ripresenta la stessa cosa: il suo malessere e di pari passo nuovamente la sensazione di non lavorare proficuamente in psicoterapia.
La terapia è un ciclo e non è detto che i sintomi vengano debellati definitivamente e improvvisamente: a volte ci sono ricadute, a volte si torna indietro per poi proseguire; solitamente i terapeuti sono pronti a questo e lo mettono in conto, anche col paziente.
Concordo nell'esporre queste domande al Suo curante e valutare l'obiettivo che lei si è posto per questo percorso di cura, che sia condiviso con lui. Se nonostante ciò dovessero persistere dubbi, può darsi che questo non sia l'approccio più indicato per lei. Sviluppare un clima di fiducia, di empatia reciproca, essere sufficientemente a proprio agio con lo psicologo sono ingredienti fondamentali per una buona riuscita...
Cordialmente
Ora si ripresenta la stessa cosa: il suo malessere e di pari passo nuovamente la sensazione di non lavorare proficuamente in psicoterapia.
La terapia è un ciclo e non è detto che i sintomi vengano debellati definitivamente e improvvisamente: a volte ci sono ricadute, a volte si torna indietro per poi proseguire; solitamente i terapeuti sono pronti a questo e lo mettono in conto, anche col paziente.
Concordo nell'esporre queste domande al Suo curante e valutare l'obiettivo che lei si è posto per questo percorso di cura, che sia condiviso con lui. Se nonostante ciò dovessero persistere dubbi, può darsi che questo non sia l'approccio più indicato per lei. Sviluppare un clima di fiducia, di empatia reciproca, essere sufficientemente a proprio agio con lo psicologo sono ingredienti fondamentali per una buona riuscita...
Cordialmente
Dr.ssa Elisabetta Molteni
Psicologa Psicoterapeuta - In studio e Online
www.elisabettamolteni.it
[#2]
Utente
Grazie per la celere risposta.
Al tempo del precedente consulto gli parlai dei miei dubbi, la sua risposta (come quella attuale) è stata che dobbiamo ingranare la marcia e cosa penso mi stia ostacolando.
Forse sono io ad avere un'idea sbagliata della terapia, pensavo che quella cognitivo comportamentale fosse più veloce e non mi sarei aspettato tutto questo dolore.
Non ho MAI avuto attacchi di ansia in pubblico e non me li sarei aspettati dopo ben 1 un anno di terapia.
Magari sta funzionando così bene la terapia che ha fatto emergere cose che mi porto dentro da chissà quanti anni, questa è una cosa che mi sta dando fiducia, aver capito cosa mi disturba così tanto nel profondo "finalmente" è emerso, ora si tratta di superare questo ultimo ostacolo e cambiare il modo di vedere le cose (razionalmente so che non si può piacere a tutti e che devo abbandonare la mia idea di perfezione così da non ricevere critiche).
La reazione di sorpresa da parte dello psicologo mi ha lasciato perplesso, tutto qui.
Con questo malessere che mi porto dentro non riesco più a studiare, mangio con fatica, voglio che questa cosa vada via al più presto, è un modo di essere che non mi appartiene e ogni giorno me ne rendo sempre più conto ricordando come ero all'età di 16 anni.
Non è stato concordato un obiettivo, il mio è quello di ritornare come un tempo, "normale", senza questa paura di essere disapprovato che non mi fa vivere in modo sereno.
Questo momento di "crisi" è nato perché non so se è appunto un segnale positivo o c'è qualcosa che non sta funzionando.
Esporrò nuovamente i miei dubbi alla prossima seduta.
Al tempo del precedente consulto gli parlai dei miei dubbi, la sua risposta (come quella attuale) è stata che dobbiamo ingranare la marcia e cosa penso mi stia ostacolando.
Forse sono io ad avere un'idea sbagliata della terapia, pensavo che quella cognitivo comportamentale fosse più veloce e non mi sarei aspettato tutto questo dolore.
Non ho MAI avuto attacchi di ansia in pubblico e non me li sarei aspettati dopo ben 1 un anno di terapia.
Magari sta funzionando così bene la terapia che ha fatto emergere cose che mi porto dentro da chissà quanti anni, questa è una cosa che mi sta dando fiducia, aver capito cosa mi disturba così tanto nel profondo "finalmente" è emerso, ora si tratta di superare questo ultimo ostacolo e cambiare il modo di vedere le cose (razionalmente so che non si può piacere a tutti e che devo abbandonare la mia idea di perfezione così da non ricevere critiche).
La reazione di sorpresa da parte dello psicologo mi ha lasciato perplesso, tutto qui.
Con questo malessere che mi porto dentro non riesco più a studiare, mangio con fatica, voglio che questa cosa vada via al più presto, è un modo di essere che non mi appartiene e ogni giorno me ne rendo sempre più conto ricordando come ero all'età di 16 anni.
Non è stato concordato un obiettivo, il mio è quello di ritornare come un tempo, "normale", senza questa paura di essere disapprovato che non mi fa vivere in modo sereno.
Questo momento di "crisi" è nato perché non so se è appunto un segnale positivo o c'è qualcosa che non sta funzionando.
Esporrò nuovamente i miei dubbi alla prossima seduta.
[#3]
Bene allora alla luce di questa sua chiarificazione, ritengo sarà utile discutere con il terapeuta quale "obiettivo" vi state dando in questo percorso comune. "Obiettivo" non è il termine che preferisco, ma per intenderci, a cosa puntate e in che modo pensate di raggiungerlo; almeno da assicurarsi di essere allineati e se non foste allineati, ci sono per caso delle aspettative irrealistiche? Ancora lei sente un malessere fisico legato all'ansia (ha mai pensato di richiedere un supporto farmacologico?) ma nello stesso tempo riconosce che stanno emergendo sensazioni che si porta dentro da tanto tempo e queste nuove consapevolezze le danno fiducia. Buon cammino
[#4]
Utente
Buongiorno, ho espresso i miei dubbi allo psicologo, di comune accordo abbiamo deciso di interrompere la terapia perché non c'è stato nessun miglioramento, forse le mie perplessità non erano del tutto insensate.
Era una terapia a distanza, orientamento cognitivo comportamentale, ho intenzione di continuare con una psicoterapeuta (ho sempre preferito avere amicizie femminili, magari ci sarà più sintonia) che riceve in studio ad indirizzo sistemico - relazionale.
Il malessere che sto provando da circa 2 settimane credo derivi anche dalla frustrazione di non riuscire a fare ciò che voglio, vedere i miei amici, portare fuori una ragazza senza provare tutto quel disagio. Attualmente l'unica cosa che mi interessa è ritrovare me stesso e stare bene nella mia pelle, su questo ho una forte motivazione.
Il punto di "intoppo" credo sia questo (anche rileggendo il consulto precedente), non riesco proprio a giudicare "normale" la mia reazione emotiva a situazioni apparentemente banali come queste, cose che un tempo mi veniva semplice fare.
Forse pretendo troppo da me stesso, ma come già detto il mio pretendere è riuscire ad avere una relazione sana con le altre persone. Sicuramente dietro ci sarà qualche convinzione che mi limita, paura di deludere, paura di non essere accettato per quello che sono (se sto così a pezzi forse è anche normale pensarlo), sono cose che delle quali ho discusso in modo approfondito per mesi senza trovare una soluzione.
Dico questo perché in alcune situazioni in cui mi sono sentito "forte e sicuro" non provavo alcun disagio, magari quella cosa che mi fa tanto male (che non ho ancora capito con certezza cosa sia) non si era attivata, riuscivo ad essere me stesso e a controllare l'eiaculazione nel caso di situazioni sentimentali. Dico questo anche alla luce dell'obiettivo da raggiungere, come obiettivo io ho questo, per me questo vuol dire sentirsi normali e a proprio agio. Lo scrivo perché magari è un obiettivo irrealistico e da qui la mia fatica a raggiungerlo, ma non riesco a vedere sfumature, o sono a mio agio oppure no.
Nella mia testa frulla l'idea c'è da correggere qualcosa, così poi mi sentirò "forte e sicuro", che per un uomo è una cosa importante.
Gradirei un vostro parere sia dal punto di vista "terapeutico" che per l'orientamento che mi converrebbe scegliere.
Grazie per la disponibilità!
Era una terapia a distanza, orientamento cognitivo comportamentale, ho intenzione di continuare con una psicoterapeuta (ho sempre preferito avere amicizie femminili, magari ci sarà più sintonia) che riceve in studio ad indirizzo sistemico - relazionale.
Il malessere che sto provando da circa 2 settimane credo derivi anche dalla frustrazione di non riuscire a fare ciò che voglio, vedere i miei amici, portare fuori una ragazza senza provare tutto quel disagio. Attualmente l'unica cosa che mi interessa è ritrovare me stesso e stare bene nella mia pelle, su questo ho una forte motivazione.
Il punto di "intoppo" credo sia questo (anche rileggendo il consulto precedente), non riesco proprio a giudicare "normale" la mia reazione emotiva a situazioni apparentemente banali come queste, cose che un tempo mi veniva semplice fare.
Forse pretendo troppo da me stesso, ma come già detto il mio pretendere è riuscire ad avere una relazione sana con le altre persone. Sicuramente dietro ci sarà qualche convinzione che mi limita, paura di deludere, paura di non essere accettato per quello che sono (se sto così a pezzi forse è anche normale pensarlo), sono cose che delle quali ho discusso in modo approfondito per mesi senza trovare una soluzione.
Dico questo perché in alcune situazioni in cui mi sono sentito "forte e sicuro" non provavo alcun disagio, magari quella cosa che mi fa tanto male (che non ho ancora capito con certezza cosa sia) non si era attivata, riuscivo ad essere me stesso e a controllare l'eiaculazione nel caso di situazioni sentimentali. Dico questo anche alla luce dell'obiettivo da raggiungere, come obiettivo io ho questo, per me questo vuol dire sentirsi normali e a proprio agio. Lo scrivo perché magari è un obiettivo irrealistico e da qui la mia fatica a raggiungerlo, ma non riesco a vedere sfumature, o sono a mio agio oppure no.
Nella mia testa frulla l'idea c'è da correggere qualcosa, così poi mi sentirò "forte e sicuro", che per un uomo è una cosa importante.
Gradirei un vostro parere sia dal punto di vista "terapeutico" che per l'orientamento che mi converrebbe scegliere.
Grazie per la disponibilità!
Questo consulto ha ricevuto 4 risposte e 3.5k visite dal 19/06/2021.
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