Tristezza e socialità

Gentili dottori.

Da un tempo immemore che non saprei quantificare mi sento triste e insoddisfatto.
Tale tristezza si è accentuata proporzionalmente alla presa consapevolezza della realtà, fattispecie sociale, a cui mi risulta impossibile sintonizzarmi.
Purtroppo ho la tendenza di analizzare ogni cosa troppo in profondità.
A volte vorrei essere in grado di fermarmi ad un livello più superficiale, per vivere ed apprezzare con serenità anche le più piccole cose.
Sono predisposto ad annoiarmi molto facilmente.
Amo il concetto di sfida, ma non riesco a trovare nulla che mi stimoli a tal punto da impegnarmi con tutte le mie risorse.
Sono da diversi anni socialmente isolato: Occasionalmente esco per svago, ma con la maggior parte delle persone che conosco mi sento costretto a sintonizzarmi su una lunghezza d'onda che non è la mia; nella maggior parte dei casi per poter comunicare efficacemente devo esprimermi in un modo più semplicistico di quello che è la mia spontaneità, non tanto in quanto a vocabolario, ma specialmente in senso concettuale.
La maschera che indosso è efficace, perchè molte persone mi trovano in gamba, con un senso dell'umorismo straordinario e originale, qualcuno ha espresso perfino ammirazione nei miei confronti.
Ma sono apprezzamenti che si limitano al lato superficiale di me.
Il problema non è che non mi sento accettato, mi sento incompreso.
Sento che la maggior parte delle persone che conosco non potrebbero abbracciare la mia complessa, reale emotività, quella che si cela dietro a battute e discorsi di circostanza.
Sono anche stato da diversi terapeuti, ma non è servito a nulla per il fatto che alle soluzioni propostemi ci sono già arrivato anche da solo, mi sono sembrate troppo ovvie.
Questo, insieme alla mia marcata tendenza a procrastinare, mi ha fatto desistere dall'efficacia dellla psicoterapia nel mio caso.
Vorrei almeno essere in grado di dare un nome a questo mio problema, di riuscire a comprendere il perchè, l'origine, ma non so nemmeno da dove iniziare.
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Dr.ssa Lucia Murgia Psicoterapeuta, Psicologo 31 1
Gentile utente, lei parla della sua tendenza a procastinare e del fatto che la psicoterapia non le sia servita perche comunque lei già conosceva le soluzioni. La tendenza a procastinare potrebbe dirsi anche evitamemto nell'affrontare un qualcosa che lei sa già (così come dice riguardo a se stesso e a ciò che le è stato suggerito in sede di analisi) mi chiederei cosa la porta ad evitare, a rimandare allora le soluzioni. E mi chiedo anche da dove potrebbe aver origine la sua certezza di non essere accolto per come è, nonché il bisogno di indossare delle maschere che nella sua quotidianità. Parla inoltre di noia e nel contempo di piacere negli stimoli. Cosa le impedisce di trovare compagnie stimolanti dove può essendo se stesso essere uno stimolo a sua volta? Spero di averle dato qualche spunto di riflessione. Cordialità

Dr. Lucia  Murgia