Non so se continuare la psicoterapia

Ciao e tutti, circa 5 anni fa ho iniziato ad avere i miei primi disturbi d'ansia, in concomitanza con l'inizio dell'università, il trasferimento in un'altra città e la fine di una relazione durata 4 anni.
Ho avuto un attacco di panico abbastanza violento mentre ero in auto per andare all'università e per qualche mese ansia anticipatoria.
In quel periodo ho rotto definitivamente con la mia ex ragazza, ho iniziato a frequentare nuove persone e sono stato decisamente meglio.
In questi anni, fino ad ora, ho avuto soltanto relazioni occasionali, tranne un paio durate pochi mesi.

Ho sempre avuto un po' di ansia prima di ogni appuntamento che mi ha causato episodi di eiaculazione precoce (o la possibilità di eiaculare presto mi genera ansia, ancora non l'ho capito), però tutto sommato era gestibile.

Due anni fa mi sono trasferito a Roma (sto per concludere la magistrale in economia), ho conosciuto molte ragazze, avevo una vita sociale attiva fino a quando non arriva l'emergenza covid che mi lascia un po' interdetto.
Il primo lockdown, quello di marzo scorso, l'ho gestito bene, mi allenavo, studiavo, ho iniziato a meditare e a fare esercizi di rilassamento pensando che potessero aiutarmi a gestire meglio la mia ansia.

Dopo il lockdown ritorno a fare i miei soliti appuntamenti e la mia ansia è peggiorata, in alcuni casi avevo extrasistole (delle vere e proprie scariche) e sensazione di testa leggera, sintomi già avuti in passato e ho escluso cause fisiche.

A giugno ho iniziato un percorso di psicoterapia cognitivo - comportamentale, volevo fare chiarezza sugli episodi di ansia avuti in passato, imparare a gestire meglio l'ansia e rapportarmi in modo più sereno nei confronti dell'altro sesso, andando a risolvere il problema di eiaculazione precoce che mi porto dietro da anni.

Lo psicoterapeuta ha detto che è normale avere ansia e che non devo reprimerla, mi è sembrata una risposta un po' superficiale, ma eravamo agli inizi e mi sono fidato di lui.

Andando avanti con il percorso i miei sintomi sono peggiorati, ho avuto dei "crolli emotivi" ai quali non sono riuscito a dare un senso e mi ha sempre detto che è normale e che fa parte del percorso.
Durante gli ultimi due mesi ho avuto due attacchi di ansia (in compagnia di una ragazza, sempre la stessa) che mi hanno fatto perdere fiducia nei confronti dello psicoterapeuta facendogli anche intendere la cosa.

Il "problema" di fondo è che ho paura di deludere gli altri e che tendo ad essere un perfezionista (ma la mia idea di "perfezione" è non avere l'ansia che mi invalida e di non eiaculare presto).

E' da qualche settimana che ho una costante sensazione di nervoso/malessere addosso, non riesco ancora a dare un senso a tutto ciò, da dove viene tutta questa ansia, cosa mi fa stare così male.

Ho come l'impressione che lo psicologo non abbia capito il problema.

Dopo 8 mesi mi sarei aspettato un netto miglioramento.

Vorrei un parere esterno, continuo con questo psicoterapeuta?
E' normale un peggioramento?
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.3k 193
Gentile utente,
il percorso psicoterapeutico si fonda su un continuo confronto tra il paziente e il professionista. Nel caso della terapia cognitivo-comportamentale, lo scopo non è solo quello di capirsi sempre meglio via via che il cambiamento avanza, ma anche quello della ristrutturazione cognitiva dei pensieri disfunzionali che alimentano il disturbo.
Parlando dei suoi dubbi su Medicitalia anziché col curante, lei toglie al percorso terapeutico la parte essenziale.
Tutta la sua lettera sembra manifestare questo imperfetto coinvolgimento nella terapia.
Le faccio un esempio. Lei motiva l'inizio della terapia con queste parole: "Volevo fare chiarezza sugli episodi di ansia avuti in passato, imparare a gestire meglio l'ansia e rapportarmi in modo più sereno nei confronti dell'altro sesso, andando a risolvere il problema di eiaculazione precoce che mi porto dietro da anni".
Il "fare chiarezza sugli episodi di ansia" si spera non coincida con l'ingenua ricerca delle cause, oltretutto estranea alla terapia cognitivo-comportamentale; invece "imparare a gestire meglio l'ansia", i rapporti con l'altro sesso e l'eiaculazione precoce sono richieste adeguate, ma certo necessitano di un certo tempo, essendo tre, e non interdipendenti come lei sembra credere.
Il curante inizia la terapia col dirle che è normale avere ansia e che non deve reprimerla.
Questo è il primo passaggio della terapia cognitivo-comportamentale: togliere al paziente "l'ansia di avere l'ansia", facendogliela accettare per quello che è, un fenomeno che fa parte delle esperienze umane, non un drago, un evento catastrofico o qualche altra ingestibile calamità. Su questo ridimensionamento si inizia poi a smontare l'ansia stessa.
Lei cosa replica (a noi, non al curante)? "Mi è sembrata una risposta un po' superficiale, ma eravamo agli inizi e mi sono fidato di lui".
Se avesse fatto al curante una domanda diretta, una comunicazione sulle sue perplessità, si sarebbe sentito spiegare perché la procedura terapeutica prevede come primo passo proprio l'accettazione dell'ansia (come quella della fobia, della rabbia, e così via).
Sembra invece che lei si aspetti la guarigione per vie miracolose. Le ripeto che il confutare passo passo le indicazioni del professionista può condurla al processo di cambiamento, perché quelle che lei andrà esternando, e che è opportuno mettere in discussione, sono proprio le sue "idee irrazionali", ossia quelle che generano la sua sofferenza.
Vuole un esempio anche di questo? Eccolo. "Il problema di fondo è che ho paura di deludere gli altri e che tendo ad essere un perfezionista".
Ottimo, dunque in questi mesi di terapia lei ha individuato il suo problema di fondo. Però nelle stesse frasi esterna anche quell'idea irrazionale che mantiene il disturbo. Sa che il suo perfezionismo è dannoso, ma vuole coltivarlo, infatti aggiunge: "la mia idea di "perfezione" è non avere l'ansia che mi invalida e di non eiaculare presto".
Ma la sua guarigione, caro utente, consiste proprio nel vincere questo perfezionismo malato. A quel punto, ansia ed eiaculazione precoce, ridimensionate e considerate tollerabili, saranno anche affrontabili e potranno essere debellate.
Se porterà la sua lettera, o un'analoga serie di rilievi, in psicoterapia, penso ne trarrà giovamento.
Buone cose.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

[#2]
Utente
Utente
Grazie per la cortese risposta.

Purtroppo lo spazio a disposizione era limitato, vorrei aggiungere che in questo periodo sto compiendo azioni pratiche che vanno contro a queste mie idee dannose (ad esempio imparare a dire no a situazioni/persone che non voglio più tra i piedi), non nego che questo mi fa molto male, ho anche pianto a seguito di queste decisioni (evento rarissimo da prima che iniziassi la terapia) e ho avuto dei brutti cali di umore, forse è proprio questa fase delicata di cambiamento che mi fa sentire così.
Sono fenomeni che mi spaventano molto, lo ammetto, insieme al ritorno degli attacchi di ansia, sono stati di lieve entità, ma comunque fastidiosi.

La cosa che mi manda in confusione è non sapere perché sono così depresso alcuni giorni, faccio di tutto per dare un senso alla cosa, ma questo non fa altro che alimentare la mia sofferenza, ne sono consapevole.

Riferirò i miei dubbi allo psicoterapeuta quanto prima, grazie per il suggerimento.
[#3]
Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.3k 193
Lieta di averle prospettato una migliore opportunità di farsi aiutare dal suo curante, gentile utente. Ricordi che i cambiamenti prodotti dalla terapia sono dolorosi, in corso d'opera: è solo dopo aver terminato il percorso che ci si attesta su nuove posizioni idonee al nostro benessere.
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