Come gestire questa situazione

Buonasera,
Sono una giovane donna andata a convivere da poco con il mio ragazzo.
Data la salute precaria dei genitori del mio ragazzo, abbiamo deciso di prenderci cura di sua sorella affetta da autismo e di accoglierla in casa nostra.
Sono la prima ad aver insistito per occuparmi di mia cognata, perché penso che abbia bisogno di una situazione stabile e di affetto.
Le abbiamo preparato la sua camera e lei ci ha aiutato ad arredarla, è molto contenta di vivere con noi, per ora sta con noi da lunedì al giovedì, in quanto la vogliamo abituare gradualmente.
Penso che abbia capito che i suoi genitori non sono più in grado di prendersi cura di lei, ma che comunque non la vogliono abbandonare e continueranno ad avere un bel rapporto con lei.
Io e il mio compagno abbiamo deciso di recarci presso un terapeuta per comprendere come instaurare una convivenza serena per il nostro bene e per il suo bene anche in vista di un figlio che vorremmo avere in un futuro prossimo.
Tuttavia talvolta mi sembra di non essere in grado di gestire al meglio la situazione, ossia di fare da "mamma" a mia cognata nonostante lei abbia 20 anni più di me.
Il mio compagno mi dice che - contrariamente a quanto hanno fatto i suoi genitori- noi dovremmo insegnarle la disciplina.
Io sono d'accordo a insegnarle ad essere più indipendente (ovviamente nel rispetto delle sua capacità), ma sono molto indulgente per via della sua malattia.
Ho deciso di coinvolgere mia cognata nel percorso di terapia, perché almeno anche lei - pit con i suoi limiti- può dire ciò che pensa.
Il mio compagno dice che non è una sciocchezza e che noi facciamo fin troppo, per voi sarebbe utile?
Grazie mille
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Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 18.5k 597
Gentile utente,

mi auguro che abbiate consultato uno Psicoterapeuta specialista in *Terapia familiare* prima di decidere di inserire la signora nel Vostro nucleo di coppia.
Dico ciò anche a vantaggio dei molti che ci leggno e che,
non conoscendo a fondo le dinamiche e le fatiche (presenti e future) connesse con tale scelta,
potrebbero inconsciamente ritenere che la bontà di per sè premi. In realtà anch'essa (la bontà) presenta prezzi alti da pagare
(e che non vengono certo ripagati dalle tutele dal parte dello Stato per l'assistenza al familiare disabile),
come accade ora a Voi quando - Lei dice - "..talvolta mi sembra di non essere in grado di gestire al meglio la situazione..".

Ma in ogni caso attualmente siete seguiti da uno Psicoterapeuta.

La questione che Lei pone qui riguarda se "..coinvolgere mia cognata nel percorso di terapia..".
Perchè non chiedere direttamente al Terapeuta, anzichè a noi che non La conosciamo, se sia proprio il caso? Non è di Sua competenza decidere su tale questione, come sembrerebbe emergere dalle Sue parole:
".. Ho deciso di coinvolgere mia cognata nel percorso di terapia..".
E' il Terapeuta che valuta SE la Sua *proposta* (non "decisione") possa essere considerata funzionale al raggiungimento degli obiettivi concordati tra Voi all'inizio del percorso. Le psicoterapie hanno regole ben precise, a tutela dell'efficacia e della deontologia del percorso.

Mi creda, sono situazioni assai più complesse di quanto possa percepire uno sguardo inesperto o non specialistico, soprattutto quando - arrivando un bambino - scatteranno altre dinamiche ancora.

Auspico che il Vostro Psicoterapeuta rappresenti un valido e solido supporto per Lei e per la Vostra coppia
e che tra Voi si sviluppi e si rafforzi un'efficace e fiduciosa alleanza.

Saluti cordiali.
Dott. Brunialti

Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/

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Utente
Utente
Buonasera,
La ringrazio per la sua risposta. Domani parleremocon il terapeuta (esperto in terapia familiare) su quanto sia opportuno coinvolgere o meno mia cognata. Mi scuso per scelte semantiche errate, ovviamente sono consapevole del vostro ruolo e non no né la competenza né la velleità di mettere in discussione la professionalità del mio terapeuta. Se ho dato l'impressione che si tratti di una situazione idilliaca, non lo è affatto. Richiede impegno soprattutto per chi come me ha una laurea in un altro settore e - diversamente dal mio compagno- non ha esperienza. Siamo stati indirizzati dallo psichiatra che segue mia cognata verso un terapeuta familiare perché sia io e il mio compagno vorremmo cercare di gestire al meglio la situazione. Senz'altro abbiamo valutato sia i pro che contro della situazione, ma il fatto che i miei suoceri stiano molto male e la mancanza di aiuti sostanziali dallo Stato- ha accelerato questa scelta. Noi abbiamo la fortuna di essere una coppia stabile e collaborativa, siamo sani e benestanti, quindi rispetto a molte altre famiglie dal punto di vista economico possiamo non solo mantenere mia cognata ma anche un aiuto per lei. Dal punto di vista relazionale io invece sto imparando pian piano e non nego che a volte commetto errori che il mio compagno mi fa notare. I miei genitori inizialmente erano scettici - anche e soprattutto per la mia giovane età - ma quando hanno visto che mia cognata non intacca negativamente la nostra vita si sono ricreduti. È un impegno per la vita e ine siamo consapevoli. D'altro canto abbiamo la fortuna di essere sani e entrambi pensiamo che il senso della vita sia dare e ricevere amore. La ringrazio ancora ne parlerò con il terapeuta familiare e ricontatterò il mio vecchio terapeuta per affrontare - oltre al percorso insieme al mio compagno- anche le mie difficoltà. Non siamo buoni, facciamo solo ciò che forse egoisticamente vorremmo che un fratello facesse per noi se fossimo malati. Buona giornata e grazie
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Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 18.5k 597
Grazie del riscontro,
che, nella sua completezza, modifica la preoccupazione che la Sua giovanissima età suscita in chi legge. *Giovanissima età* in considerazione della scelta di un impegno "per la vita" di cui stiamo parlando.

Mi allieta sapere che avete i supporti psico-relazionali necessari, sia come coppia caregiver, sia per Lei come persona.

Conosco a fondo le problematiche della famiglia in cui vive una persona con disabilità medio-gravi
(da tempo come sessuologa mi occupo della loro sessualità, di cui ho scritto anche per Medicitalia),
e so per esperienza professionale di quanto sapere, saper fare, e soprattutto saper essere, abbisogna chi *accompagna* nel percorso esistenziale le persone disabili (dovrei dire diversamente abili, ma il discorso sarebbe lungo).

Saluti cari.
Dott. Brunialti