La morte di mio padre

Salve, ieri è morto mio padre anni 71.

Era da tempo depresso, aveva fisso il pensiero della morte, ripeteva la mia vita è finita, mi spengo come una candela, desiderava morire.

Ad inizio dicembre comincia a mangiare sempre meno e vomita, a metà gennaio la situazione diventa ingestibile a casa ed il 118 lo porta in ospedale, fanno tac e gastroscopia, nessun tumore o malattia terminale, una esofagite da reflusso che gli dava il vomito.

Per 2 settimane zero cibo, solo flebo e cure per lo stomaco.

Finite le cure provano a farlo mangiare ma niente, si rifiutava e sputava ogni cosa, è voluto morire di fame.

Piano piano diventava sempre più uno scheletro, si è autodistrutto, catabolizzato.

Se ripenso che non voleva andare in ospedale ma io e mio fratello lo abbiamo caricato a forza mi ci sento male, lo abbiamo mandato a morire.

Non è stato un padre affettivo, un padre che ti dicesse ti voglio bene, era molto grezzo.

Me ne ha dette di ogni (magari crepi, quando non ti vedo sto meglio, vattene o prendi una coltellata, ti prendesse un tumore) ed io ho fatto altrettanto, alla fine era il nostro modo grezzo di comunicare, a modo suo mi voleva bene ed io glene volevo.

L’ho visto prima che morisse, era un vegetale attaccato all’ossigeno, con gli occhi spalancati a fissare il vuoto, incosciente senza reagire agli
Stimoli, gli prendevo la mano ma non aveva reazioni, respirava in modo rantoloso, gli ho parlato un po’ all’orecchio nella speranza che potesse sentirmi e mentre lo facevo, dicendogli cosa fai mi lasci dasolo, vedo gli occhi che iniziano a lacrimare, mi piace pensare che abbia ascoltato le mie parole, poco dopo che sono andato via ci hanno comunicato della morte, la mattina di ieri ha visto mio fratello, nel pomeriggio me e poi si è spento, anche qui voglio pensare che abbia combattuto per aspettare il mio saluto prima di lasciarsi andare, prima di realizzare quello che era il suo sogno, la morte.

Mi addolora quello che era il nostro rapporto conflittuale, non ci siamo mai detti esplicitamente ti voglio bene, non conservo ricordi felici perché non è stato un padre affettivo.

Mi addolora che se in qualche modo a casa combatteva per resistere, una volta mandato forzatamente in ospedale abbia pensato che lo abbiamo scaricato per abbandonarlo, noi volevamo solo capire se poteva avere un tumore al fatto che non mangiava e vomitava, ed invece ci è morto in quel letto di ospedale.

Non stava in forma aveva una encefalopatia ipossica dovuta da diversi piccoli ictus, ma non stava neanche così male.

L’idea che si è sentito abbandonato e si è lasciato andare totalmente mi logora, ma con i se non si va avanti, forse sarebbe morto lo stesso o forse con delle attenzioni sarebbe vissuto più a lungo
Di fatto lui non c’è più, ed io ho i miei rimorsi che mi porterò tutta la vita.

Mi sono dissociati da tutti, faccio finta di niente, non mostro emozioni a nessuno.

Ha compiuto gli anni in ospedale dove è morto, non l’ho neanche chiamato per fargli gli auguri
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Dr.ssa Jenny Buonamano Psicologo 1
Gentile utente,
Per prima cosa condoglianze per la sua perdita.
Quello che lei riporta è sicuramente una situazione complessa, oltre al lutto infatti si ritrova ad affrontare problematiche legate alla relazione con suo padre e sensi di colpa per le scelte fatte nel tentativo di aiutarlo.
Purtroppo non possono esserci risposte veloci a quello che riporta.
Credo che per lei possa avere senso intraprendere un percorso che la sostenga in questo lutto e che le dia modo di vedere ed elaborare la relazione con suo padre.
Un in bocca al lupo

Dr.ssa Jenny Buonamano

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