Paura di lasciare il nido
Salve, sono una ragazza di trent'anni.
Fra qualche giorno, dopo aver considerato per più di un anno la possibilità di andare a convivere col mio fidanzato con cui ormai sto da tre anni, faremo il grande passo.
Come già immaginavo, conoscendomi molto bene, sto affrontando questi ultimi giorni in casa con grande ansia e dispiacere.
Ho una sorella di nove anni che amo molto e considero come mia figlia, i miei genitori sono esemplari e sono cresciuta accudita e amata anche da una nonna che ormai non c'è più.
Lasciare il nido per me non significa lasciare le comodità, sono una ragazza impegnata che lavora e si prende molte responsabilità, ma significa rinunciare a una specie di "perfezione".
Amo così tanto questi equilibri, questa famiglia così unita e questa felicità che quasi sento un dolore e un'ansia immensa all'idea del distacco.
So di doverlo fare, anche più di volerlo fare, perché non voglio arrivare a quaranta, cinquanta anni sola e piena di rinunce.
Rinunce fatte per paura.
Da piccola ho vissuto un trauma fortissimo, mi sono persa un in grande parco giochi italiano e sono stata ritrovata dopo credo un'ora mentre ero sola nella folla e piangevo senza riuscire a ritrovare nessuno.
Quel trauma ha segnato da lì in avanti la mia vita.
Ho sofferto di esaurimento, attacchi di panico ma sono diversi anni che sto bene, vivo la mia vita, le mie indipendenze, ne sono uscita.
Una volta per me viaggiare anche era destabilizzante, piangevo, avevo la nausea, l'ansia.
Ora è pura gioia.
Eppure questo della convivenza mi sembra QUEL passo, il più difficile, che potrebbe minare questa serenità tanto sudata.
Mi chiedo sempre: perché devo lasciare tanto amore e tanta felicità?
La risposta che mi do è: devi crescere e spiccare il volo, devi diventare donna oltre che figlia.
Ma quanto caro mi costa?
Molte mie coetanee hanno fatto questo passo con leggerezza.
Non sono leggera io, sebbene andrò letteralmente a vivere sotto i miei genitori e a mia sorella, al fianco della sorella grande che vive da sola.
Una sciocchezza eppure diciamoci la verità: quando uno lascia la casa, la lascia per sempre.
Niente sarà più come prima.
Come posso aiutarmi in questo processo?
Grazie.
Fra qualche giorno, dopo aver considerato per più di un anno la possibilità di andare a convivere col mio fidanzato con cui ormai sto da tre anni, faremo il grande passo.
Come già immaginavo, conoscendomi molto bene, sto affrontando questi ultimi giorni in casa con grande ansia e dispiacere.
Ho una sorella di nove anni che amo molto e considero come mia figlia, i miei genitori sono esemplari e sono cresciuta accudita e amata anche da una nonna che ormai non c'è più.
Lasciare il nido per me non significa lasciare le comodità, sono una ragazza impegnata che lavora e si prende molte responsabilità, ma significa rinunciare a una specie di "perfezione".
Amo così tanto questi equilibri, questa famiglia così unita e questa felicità che quasi sento un dolore e un'ansia immensa all'idea del distacco.
So di doverlo fare, anche più di volerlo fare, perché non voglio arrivare a quaranta, cinquanta anni sola e piena di rinunce.
Rinunce fatte per paura.
Da piccola ho vissuto un trauma fortissimo, mi sono persa un in grande parco giochi italiano e sono stata ritrovata dopo credo un'ora mentre ero sola nella folla e piangevo senza riuscire a ritrovare nessuno.
Quel trauma ha segnato da lì in avanti la mia vita.
Ho sofferto di esaurimento, attacchi di panico ma sono diversi anni che sto bene, vivo la mia vita, le mie indipendenze, ne sono uscita.
Una volta per me viaggiare anche era destabilizzante, piangevo, avevo la nausea, l'ansia.
Ora è pura gioia.
Eppure questo della convivenza mi sembra QUEL passo, il più difficile, che potrebbe minare questa serenità tanto sudata.
Mi chiedo sempre: perché devo lasciare tanto amore e tanta felicità?
La risposta che mi do è: devi crescere e spiccare il volo, devi diventare donna oltre che figlia.
Ma quanto caro mi costa?
Molte mie coetanee hanno fatto questo passo con leggerezza.
Non sono leggera io, sebbene andrò letteralmente a vivere sotto i miei genitori e a mia sorella, al fianco della sorella grande che vive da sola.
Una sciocchezza eppure diciamoci la verità: quando uno lascia la casa, la lascia per sempre.
Niente sarà più come prima.
Come posso aiutarmi in questo processo?
Grazie.
[#1]
Gentile utente,
pare che il suo problema sia nel drammatizzare quello che drammatico non è.
Ha scritto che ha avuto "un trauma fortissimo", tale che "ha segnato da lì in avanti la mia vita" per essersi persa da bambina... dove?
Immaginavo un luogo deserto, prima di leggere il seguito: "in un grande parco giochi italiano e sono stata ritrovata dopo credo un'ora mentre ero sola nella folla".
Ecco, questo è il punto: lei si sente "sola nella folla", si presenta come "una ragazza di trent'anni" mentre a trent'anni si è donne fatte, avverte l'uscita dalla casa paterna come se stesse partendo per l'Australia, per poi scrivere: "andrò letteralmente a vivere sotto i miei genitori e a mia sorella, al fianco della sorella grande che vive da sola".
Infine, l'esplosione finale della bomba che è tutta nella sua testa: "diciamoci la verità: quando uno lascia la casa, la lascia per sempre. Niente sarà più come prima".
Ma cara utente, apra gli occhi: una convivenza non è un matrimonio (che del resto a sua volta è una condizione non così eterna); donne più giovani di lei hanno anche due convivenze alle spalle, e il rimanere imbalsamata in una dimensione di finta ragazzina non le fa bene, come non fa bene alle sue relazioni adulte.
Il problema è che lei sembra aver paura della mutevolezza della vita, e forse non ha condotto fin qui la terapia idonea (glielo dico perché ho letto le sue numerose email precedenti).
Auguri.
pare che il suo problema sia nel drammatizzare quello che drammatico non è.
Ha scritto che ha avuto "un trauma fortissimo", tale che "ha segnato da lì in avanti la mia vita" per essersi persa da bambina... dove?
Immaginavo un luogo deserto, prima di leggere il seguito: "in un grande parco giochi italiano e sono stata ritrovata dopo credo un'ora mentre ero sola nella folla".
Ecco, questo è il punto: lei si sente "sola nella folla", si presenta come "una ragazza di trent'anni" mentre a trent'anni si è donne fatte, avverte l'uscita dalla casa paterna come se stesse partendo per l'Australia, per poi scrivere: "andrò letteralmente a vivere sotto i miei genitori e a mia sorella, al fianco della sorella grande che vive da sola".
Infine, l'esplosione finale della bomba che è tutta nella sua testa: "diciamoci la verità: quando uno lascia la casa, la lascia per sempre. Niente sarà più come prima".
Ma cara utente, apra gli occhi: una convivenza non è un matrimonio (che del resto a sua volta è una condizione non così eterna); donne più giovani di lei hanno anche due convivenze alle spalle, e il rimanere imbalsamata in una dimensione di finta ragazzina non le fa bene, come non fa bene alle sue relazioni adulte.
Il problema è che lei sembra aver paura della mutevolezza della vita, e forse non ha condotto fin qui la terapia idonea (glielo dico perché ho letto le sue numerose email precedenti).
Auguri.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 4.1k visite dal 04/03/2021.
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