Come affrontare la depressione del proprio compagno
Gentilissimi dottori,
sono una ragazza di 30 anni e sto con il mio compagno, che ne 40, da circa 7 anni.
Il mio compagno ha avuto una vita molto difficile, segnata da gravi lutti familiari, il padre quando aveva 4 anni e la sorella, circa 10 anni fa.
Quando l'ho conosciuto mi aveva detto di aver avuto una diagnosi di depressione, ma a quanto so non ha mai preso farmaci e tutt'ora non è seguito da nessuno psicologo o psichiatra.
Nel corso di questi anni ha avuto degli alti e bassi ma sempre gestibili, la nostra vita insieme andava molto bene fino a circa 6 mesi fa quando abbiamo deciso di andare a convivere.
Inizialmente lui era molto felice poi ad un certo punto i lavori per la casa, che aveva deciso di seguire lui dal momento che io purtroppo non ho ancora un lavoro, non priseguono più.
Io ovviamente chiedo spiegazioni e dopo giorni e giorni di insistenza mi confessa che la madre non era d'accordo perché si sarebbe sentita abbandonata (la casa è nella stessa via di quella della madre).
Io gli suggerisco di parlarle e dopo alcune reticenze la madre sembra accettare o forse questo è quello che lui mi ha fatto credere.
Succede che in autunno, dopo aver già conseguito una laurea anni fa, ho un altro successo accademico ma lui quel giorno non è presente, non mi regala nemmeno un fiore, è triste e non vuole festeggiare perché "non riesce a stare in mezzo alla felicità".
Nel frattempo i lavori a casa, sebbene molto a rilento, sono proseguiti fino a che, circa 10 giorni fa, non esplode in un pianto e non mi dice tutto: la madre lo odia, non gli rivolge parola da mesi, non è mai entrata a casa nuova, non accetta che il figlio sia felice.
Io sono esasperata, non abbiamo rapporti sessuali da mesi, in tutti questi anni ho cercato di stargli vicino ma sono arrivata al punto di esplodere.
Tanto più che anche io mi sento triste e insoddisfatta perché ho passato la vita a studiare ma non ho un lavoro.
Una settimana fa abbiamo avuto una brutta lite, o meglio l ho avuta da sola dato che lui ha solo ascoltato, e non ci vediamo e sentiamo da quel giorno.
So che gli dovrei stare vicino, lo dovrei chiamare, ma non ho le forze.
Che posso fare?
sono una ragazza di 30 anni e sto con il mio compagno, che ne 40, da circa 7 anni.
Il mio compagno ha avuto una vita molto difficile, segnata da gravi lutti familiari, il padre quando aveva 4 anni e la sorella, circa 10 anni fa.
Quando l'ho conosciuto mi aveva detto di aver avuto una diagnosi di depressione, ma a quanto so non ha mai preso farmaci e tutt'ora non è seguito da nessuno psicologo o psichiatra.
Nel corso di questi anni ha avuto degli alti e bassi ma sempre gestibili, la nostra vita insieme andava molto bene fino a circa 6 mesi fa quando abbiamo deciso di andare a convivere.
Inizialmente lui era molto felice poi ad un certo punto i lavori per la casa, che aveva deciso di seguire lui dal momento che io purtroppo non ho ancora un lavoro, non priseguono più.
Io ovviamente chiedo spiegazioni e dopo giorni e giorni di insistenza mi confessa che la madre non era d'accordo perché si sarebbe sentita abbandonata (la casa è nella stessa via di quella della madre).
Io gli suggerisco di parlarle e dopo alcune reticenze la madre sembra accettare o forse questo è quello che lui mi ha fatto credere.
Succede che in autunno, dopo aver già conseguito una laurea anni fa, ho un altro successo accademico ma lui quel giorno non è presente, non mi regala nemmeno un fiore, è triste e non vuole festeggiare perché "non riesce a stare in mezzo alla felicità".
Nel frattempo i lavori a casa, sebbene molto a rilento, sono proseguiti fino a che, circa 10 giorni fa, non esplode in un pianto e non mi dice tutto: la madre lo odia, non gli rivolge parola da mesi, non è mai entrata a casa nuova, non accetta che il figlio sia felice.
Io sono esasperata, non abbiamo rapporti sessuali da mesi, in tutti questi anni ho cercato di stargli vicino ma sono arrivata al punto di esplodere.
Tanto più che anche io mi sento triste e insoddisfatta perché ho passato la vita a studiare ma non ho un lavoro.
Una settimana fa abbiamo avuto una brutta lite, o meglio l ho avuta da sola dato che lui ha solo ascoltato, e non ci vediamo e sentiamo da quel giorno.
So che gli dovrei stare vicino, lo dovrei chiamare, ma non ho le forze.
Che posso fare?
[#1]
Gentile utente,
è difficile stare accanto ad una perona depressa (quale Specialista ha fatto la diagnosi?),
ma ancor più a chi non intende curarsi.
Curarsi? dirà Lei.
Ebbene sì, lo penso; mi spiego.
Nel percorso evolutivo le figure genitoriali passo dopo passo rimangono sullo sfondo, mentre si fanno strada nuovi protagonisti:
innanzi tutto se stessi che - passo dopo passo - si cresce e si diventa affettivamente autonomi,
e poi altre persone affettivamente rilevanti, con le quali si intende condividere - oltre che un amore - un progetto di vita.
Talvolta tutto questo meccanismo si inceppa.
O per motivi interiori (la persona non ce la fa),
o per resistenze dei genitori che
- pur allungando il guinzaglio -
non accettano di toglierlo consapevoli che esso ha fatto il suo tempo: all'età di 40 anni del figlio si può esserne certi; anzi, fuori tempo massimo..
Il/la figlio/a è prigioniero.
E dunque
- o si ribella
- o si ammala.
Un percorso psicologico diventa dunque indispensabile per rimettere in movimento il percorso evolutivo inceppato,
affinchè il prigioniero accetti (ed abbia la forza) di togliersi da sè il guinzaglio;
accettando che la parte genitoriale metta in atto tutta una serie di manovre,
e riuscendo a resistervi nonostante i sensi di colpa che lo assediano.
Ritiene che lui sarebbe disponibile?
Occorre uno Psicologo che sia però anche Psicoterapeuta.
Importante.
Tenga conto che noi qui non conosciamo nessuno dei protagonisti della vicenda, e che dunque il discorso fatto non può essere che generale, seppure suffragato da una notevole esperienza professionale in materia.
Dott. Brunialti
è difficile stare accanto ad una perona depressa (quale Specialista ha fatto la diagnosi?),
ma ancor più a chi non intende curarsi.
Curarsi? dirà Lei.
Ebbene sì, lo penso; mi spiego.
Nel percorso evolutivo le figure genitoriali passo dopo passo rimangono sullo sfondo, mentre si fanno strada nuovi protagonisti:
innanzi tutto se stessi che - passo dopo passo - si cresce e si diventa affettivamente autonomi,
e poi altre persone affettivamente rilevanti, con le quali si intende condividere - oltre che un amore - un progetto di vita.
Talvolta tutto questo meccanismo si inceppa.
O per motivi interiori (la persona non ce la fa),
o per resistenze dei genitori che
- pur allungando il guinzaglio -
non accettano di toglierlo consapevoli che esso ha fatto il suo tempo: all'età di 40 anni del figlio si può esserne certi; anzi, fuori tempo massimo..
Il/la figlio/a è prigioniero.
E dunque
- o si ribella
- o si ammala.
Un percorso psicologico diventa dunque indispensabile per rimettere in movimento il percorso evolutivo inceppato,
affinchè il prigioniero accetti (ed abbia la forza) di togliersi da sè il guinzaglio;
accettando che la parte genitoriale metta in atto tutta una serie di manovre,
e riuscendo a resistervi nonostante i sensi di colpa che lo assediano.
Ritiene che lui sarebbe disponibile?
Occorre uno Psicologo che sia però anche Psicoterapeuta.
Importante.
Tenga conto che noi qui non conosciamo nessuno dei protagonisti della vicenda, e che dunque il discorso fatto non può essere che generale, seppure suffragato da una notevole esperienza professionale in materia.
Dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
[#2]
Utente
Innanzitutto la ringrazio per la risposta,
Lui mi ha accennato alla volontà di intraprendere un percorso con uno psicologo ma poi non ha mai fatto nulla di concreto.
Ha cercato di convincersi che i problemi nella sfera sessuale derivassero da un problema fisico e si è rivolto ad uno specialista il quale gli ha espressamente detto che è un problema a livello psicologico.
Nonostante la madre lo tratti malissimo, anche in mia presenza, lui non fa nulla, si sente in colpa per quello che la madre ha passato e non riesce a venirne fuori. Si chiude in sé stesso, non parla, non mi cerca, passa la giornata chiuso in casa.
La madre gli ha sempre fatto pesare anche semplici viaggi o weekend fuori perché sarebbe rimasta sola e quindi con la futura convivenza la situazione è degenerata.
Io credo che lui si senta in colpa per essere felice con me, per avere un progetto, dal momento che invece la madre non ha mai superato i lutti.
Non so se cercarlo o aspettare si faccia vivo lui.
Lui mi ha accennato alla volontà di intraprendere un percorso con uno psicologo ma poi non ha mai fatto nulla di concreto.
Ha cercato di convincersi che i problemi nella sfera sessuale derivassero da un problema fisico e si è rivolto ad uno specialista il quale gli ha espressamente detto che è un problema a livello psicologico.
Nonostante la madre lo tratti malissimo, anche in mia presenza, lui non fa nulla, si sente in colpa per quello che la madre ha passato e non riesce a venirne fuori. Si chiude in sé stesso, non parla, non mi cerca, passa la giornata chiuso in casa.
La madre gli ha sempre fatto pesare anche semplici viaggi o weekend fuori perché sarebbe rimasta sola e quindi con la futura convivenza la situazione è degenerata.
Io credo che lui si senta in colpa per essere felice con me, per avere un progetto, dal momento che invece la madre non ha mai superato i lutti.
Non so se cercarlo o aspettare si faccia vivo lui.
[#3]
Non è questione di cercarlo o di attendere di essere cercata,
quanto di *negoziare* un percorso psicologico che inizi fin da da subito.
Lei sente di potercela fare a presentare questa proposta?
Inizialmente di coppia, se lui da solo non ce la fa.
Dott. Brunialti
quanto di *negoziare* un percorso psicologico che inizi fin da da subito.
Lei sente di potercela fare a presentare questa proposta?
Inizialmente di coppia, se lui da solo non ce la fa.
Dott. Brunialti
[#5]
Vi occorre uno Psicologo che sia anche Psicoterapeuta (è essenziale!) con esperienza;
effettuerà diagnosi e cura.
Se ci sarà bisogno di farmaci,
sarà lui stesso a indirizzare allo Psichiatra.
Se il Suo fidanzato lo desidera, fate insieme le prime sedute. Poi si vedrà.
Anche la problematica sessuale verrà certamente esplorata, considerato che l’urologo ha già escluso cause organiche.
Mi faccia sapere, se ritiene.
Dott. Brunialti
effettuerà diagnosi e cura.
Se ci sarà bisogno di farmaci,
sarà lui stesso a indirizzare allo Psichiatra.
Se il Suo fidanzato lo desidera, fate insieme le prime sedute. Poi si vedrà.
Anche la problematica sessuale verrà certamente esplorata, considerato che l’urologo ha già escluso cause organiche.
Mi faccia sapere, se ritiene.
Dott. Brunialti
Questo consulto ha ricevuto 5 risposte e 936 visite dal 13/02/2021.
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