Come gestire un sospetto in casi di paranoia ?

Buonasera,

premetto che sono una persona con marcate tendenze paranoiche.


Riconduco questa tendenza ad un episodio che mi ha segnato nell'adolescenza, ovvero la scoperta che persone reputate amiche, in realtà mi frequentavano solo per questioni di interesse, legate alla comodità di una mia abitazione, diventata luogo di ritrovo della comitiva (la cosa è stata confermata esplicitamente dai diretti interessati).


Da lì ho sviluppato un profondo senso di sfiducia nei confronti delle persone a me vicine.


Oggi, a diversi anni di distanza, mi ritrovo consapevole della mia paranoia, tendendo quindi a un certo scetticismo quando mi si presentano sospetti di questo genere.


Attualmente però, sto vivendo un forte dubbio legato ad una persona che sospetto possa frequentarmi e "sopportarmi" per ragioni di interesse.
Senza entrare nel merito, mi limiterò a dire che questo amico attualmente ha particolare bisogno dei miei mezzi e competenze tecniche per realizzare dei progetti legati alle sue prospettive di carriera.


Ultimamente mi sembra che da alcune sue conversazioni intrattenute con altre persone in mia presenza, trapelino delle considerazioni che, collegate, evidenzino la possibilità che questa persona sia disposta a fare "buon viso a cattivo gioco" per realizzare i suoi obiettivi.
Tiene sempre a sottolineare come sia sua intenzione escludere i propri amici da questo tipo di dinamiche.
Tuttavia, ora come ora ho il sospetto che, per quanto ci tenga a sottolineare il contrario, io possa fare parte della cerchia di persone con cui sia disposto ad attuare atteggiamenti del genere.


Chiaramente a me sembra che la mappa che ho descritto collegando queste affermazioni sia abbastanza verosimile.
Tuttavia, essendo consapevole della mia paranoia, non posso escludere che si tratti solo di un'ennesima manifestazione del mio disturbo paranoide.
Ho anche cercato di comunicare esplicitamente questo mio sospetto; tuttavia, nell'ottica del "buon viso a cattivo gioco" non è affatto escluso che le sue rassicurazioni possano far parte di questa strategia dichiarata.


Mi rendo conto che chi non è addentro a questa situazione non abbia gli strumenti per valutare la situazione da un punto di vista obiettivo, per questo la mia domanda è un'altra.


Come gestire un sospetto di questo genere, nel momento in cui si vedono elementi che possano confermare il sospetto in maniera tangibile, ma si è consapevoli che questa evidenza potrebbe essere frutto di una distorsione paranoide?


Ci tengo a specificare che lavorando su questo aspetto ormai da qualche hanno, sono stato in grado in altri casi di rendermi conto della distorsione che ne era alla base, mentre in questo caso gli argomenti mi sembrano piuttosto ragionevoli.
La questione mi tocca particolarmente, poiché tendo a vedere la persona in questione come un amico abbastanza stretto, con cui però ho vissuto in passato certi periodi di distacco (da qui il sospetto sull'autenticità della sua vicinanza).


Grazie per l'attenzione
[#1]
Dr. Daniele Rondanini Psicologo, Psicoterapeuta 111 4
Bene, iniziamo con il dire che qualunque interazione tra persone si sviluppa con il concorso di ognuno. Quel che ne viene è sempre l'effetto combinato dell'apporto di tutti gli attori. Nel suo caso c'è di positivo che lei riconosce e osserva in sé una tendenza alla persecutorietà, perché probabilmente già riscontrata in altre situazioni. È verosimile che essa solleciti una risposta complementare nell'altro.
Questa persecutorietà è segnale di una qualche sua labilità, a sua volta esito di qualcosa di più profondo e lontano nel tempo. Più lontano degli episodi adolescenziali che lei presume: da sempre si "sfrutta" l'amico che ha casa libera... è un fare innocente.
Quel suo sintomo rappresenta una faglia nel sistema di fiducia di base, che si instaura molto presto, perché presumibilmente non si è stati abbastanza riconosciuti e sostenuti agli inizi della vita né incoraggiati nel proprio spontaneo e sereno esrimersi.
Danno supplementare però sarebbe quello di diventare cronicamente sospettoso e rinunciatario di fronte alle relazioni umane, se è vero che in queste viviamo!
Il punto dunque non sta nello "scovare" se e quanto l'altro si approfitti, ma nel curare e trasformare le proprie aree vulnerabili attraverso un percorso di psicoterapia grazie al quale potenziarsi e così cogliere e modulare i rapporti in spirito positivo.

Dr. DANIELE RONDANINI- Dirig. Psicologo ASL RM 2- Psicoterapeuta - Psicoanalista Junghiano Didatta e Supervisore- Docente - CIPA Roma
3384703937

[#2]
Utente
Utente
La ringrazio per la sua risposta dottore. Ha ragione nel notare che si tratti di un problema precedente: purtroppo mio padre ha sempre demolito la mia autostima ritenendomi incapace di pensare quanto dicessi (il motto era "non sono parole tue" e, purtroppo per me che lo sapevo, lo erano sempre). L' averlo perso a 13 anni non ha migliorato la situazione. Comunque ho iniziato la terapia questa settimana e ho intenzione di impegnarmi per lavorare su queste labilità. Credo che anche l'impellenza che mi porta a temere così tanto questo "raggiro" sia legata al timore che ho di perdere una persona che mi è molto cara e come ha notato anche lei, la risposta non può certo essere quella di sottrarsi.

Grazie ancora per la sua disponibilità.
[#3]
Dr. Daniele Rondanini Psicologo, Psicoterapeuta 111 4
Bene. Sento che ha ottime risorse. Verrà fuori dagli ostacoli ancora presenti
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