Perché non riesco a relazionarmi con le persone risultando distaccata?
Buongiorno ho 25 anni ed ogni volta che provo a relazionarmi con gli altri anche intervenendo durante discorsi, soprattutto nei casi in cui si tratta di stare in un gruppo /team succede che si crea indifferenza da parte delle persone che ho di fronte; in pratica quella che può essere una mia frase o battuta espressa rimbalza sulle persone senza creare alcuna reazione, soprattutto quando si parla di cose inerenti al divertimento o al sesso.
Purtroppo mi è capitato più volte soprattutto in gruppo e non riesco a capire come risolvere la cosa che mi fa stare male.
È come se fossi sempre poco credibile in tutto quello che dico, soprattutto quando si tratta di scherzi o battute, mentre se dette dagli altri suscitano risate o riscontri.
Purtroppo mi è capitato più volte soprattutto in gruppo e non riesco a capire come risolvere la cosa che mi fa stare male.
È come se fossi sempre poco credibile in tutto quello che dico, soprattutto quando si tratta di scherzi o battute, mentre se dette dagli altri suscitano risate o riscontri.
[#1]
Gentile Utente,
mi viene da chiederle se le frasi che esprime all'interno di un gruppo a cui fa riferimento le dice per cercare di essere accettata dai suoi amici.
Questo suo tentativo di relazionarsi utilizzando scherzi e battute lo sente naturale, fa parte del suo modo di essere ed esprimersi, oppure lo sente costruito per avere approvazione sociale?
La mancanza di reazioni e l'indifferenza come la fa sentire, può provare a raccontarcelo meglio?
Questa sua "scarsa credibilità", come lei la definisce, è qualcosa che si verifica solo quando è all'interno di un gruppo o anche con singole persone?
Ci sono delle relazioni che lei sente significative nella sua vita con le quali può esprimersi in maniera sincera e autentica senza sentirsi in qualche modo giudicata?
Cerchiamo di esplorare meglio questo suo malessere, così da poter orientare meglio le risposte alla sua domanda
Ci faccia sapere
Cordialmente
mi viene da chiederle se le frasi che esprime all'interno di un gruppo a cui fa riferimento le dice per cercare di essere accettata dai suoi amici.
Questo suo tentativo di relazionarsi utilizzando scherzi e battute lo sente naturale, fa parte del suo modo di essere ed esprimersi, oppure lo sente costruito per avere approvazione sociale?
La mancanza di reazioni e l'indifferenza come la fa sentire, può provare a raccontarcelo meglio?
Questa sua "scarsa credibilità", come lei la definisce, è qualcosa che si verifica solo quando è all'interno di un gruppo o anche con singole persone?
Ci sono delle relazioni che lei sente significative nella sua vita con le quali può esprimersi in maniera sincera e autentica senza sentirsi in qualche modo giudicata?
Cerchiamo di esplorare meglio questo suo malessere, così da poter orientare meglio le risposte alla sua domanda
Ci faccia sapere
Cordialmente
Dr.ssa Valeria Mazzilli
Psicologa Clinica
Via San Giacomo, 15 Napoli
cel. 3895404108
[#2]
Ex utente
Gentile Dottoressa, intanto la ringrazio per la Sua risposta.
Per rispondere alla Sua prima domanda le dirò che sicuramente il "fare battute " non fa parte del mio essere.
Frequentando le persone e anche all'interno dell'ambiente di lavoro mi sono però accorta che è come se questo atteggiamento fosse necessariamente richiesto dalla società per poi essere appunto accettata e non isolata come spesso mi è capitato.
L'indifferenza che provo in questi momenti mi fa sentire esclusa o comunque non adatta a questa società. Anche il mio ragazzo, nonostante sia la persona con cui comunque riscontro meno questo problema, mi ha piu volte detto che sarei dovuta nascere in un'altra epoca, nel medioevo per esempio.
Il fatto di essere poco credibile è molto piu evidente in gruppo rispetto a quando ci sono persone prese singolarmente. Il mio "tentare" di sforzarmi ad omologarmi in questo senso ha generato un effetto doppiamente problematico essendomi come le dicevo resa conto di risultare indifferente. A volte addirittura è come se non avessi proprio aperto bocca e la gente mi prendesse per scema.
L'unica persona con cui ho espresso quello che provo è il mio ragazzo, che però considera questo atteggiamento anormale. Dice che non sia possibile il fatto che non mi facciano ridere determinati tipi di discorsi per esempio quando si parla di sesso o di situazioni inerenti a questa sfera.
Le anticipo che ho avuto diverse esperienze all'estero anche in grandi ambienti di multinazionali con cui mi sono confrontata con diverse realtà, mi sono spesso messa in gioco per cambiare sotto questo punto di vista (oltre che molti altri) che però non sono mai riuscita ad aggiustare, anzi, negli ultimi 2 anni è peggiorato a vista d'occhio. Se prima riuscivo a nascondere il fatto che non mi facessero ridere deterinate cose ora non ci riesco più e vengo subito stanata.
Quello che non riesco a capire e con cui non riesco a convivere è proprio il fatto che a me determinati discorsi o situazioni non suscitino in me alcuna reazione. Spesso mi sono anche domandata se avessi qualche problema di fondo in quanto questo aspetto mi sta rendendo le giornate pesantssime.
Per omologarti alla massa è come se prima o dopo una battuta o comunque un riferimento alla sfera sessuale (preferibilmente originale, quindi non un rapporto a 2 o da fidanzati) fosse necessario, altrimenti dopo un po' risultassi noioso.
Spero di essere stata chiara in quanto esprimere certe sensazioni mi è molto difficile.
Grazie ancora
Per rispondere alla Sua prima domanda le dirò che sicuramente il "fare battute " non fa parte del mio essere.
Frequentando le persone e anche all'interno dell'ambiente di lavoro mi sono però accorta che è come se questo atteggiamento fosse necessariamente richiesto dalla società per poi essere appunto accettata e non isolata come spesso mi è capitato.
L'indifferenza che provo in questi momenti mi fa sentire esclusa o comunque non adatta a questa società. Anche il mio ragazzo, nonostante sia la persona con cui comunque riscontro meno questo problema, mi ha piu volte detto che sarei dovuta nascere in un'altra epoca, nel medioevo per esempio.
Il fatto di essere poco credibile è molto piu evidente in gruppo rispetto a quando ci sono persone prese singolarmente. Il mio "tentare" di sforzarmi ad omologarmi in questo senso ha generato un effetto doppiamente problematico essendomi come le dicevo resa conto di risultare indifferente. A volte addirittura è come se non avessi proprio aperto bocca e la gente mi prendesse per scema.
L'unica persona con cui ho espresso quello che provo è il mio ragazzo, che però considera questo atteggiamento anormale. Dice che non sia possibile il fatto che non mi facciano ridere determinati tipi di discorsi per esempio quando si parla di sesso o di situazioni inerenti a questa sfera.
Le anticipo che ho avuto diverse esperienze all'estero anche in grandi ambienti di multinazionali con cui mi sono confrontata con diverse realtà, mi sono spesso messa in gioco per cambiare sotto questo punto di vista (oltre che molti altri) che però non sono mai riuscita ad aggiustare, anzi, negli ultimi 2 anni è peggiorato a vista d'occhio. Se prima riuscivo a nascondere il fatto che non mi facessero ridere deterinate cose ora non ci riesco più e vengo subito stanata.
Quello che non riesco a capire e con cui non riesco a convivere è proprio il fatto che a me determinati discorsi o situazioni non suscitino in me alcuna reazione. Spesso mi sono anche domandata se avessi qualche problema di fondo in quanto questo aspetto mi sta rendendo le giornate pesantssime.
Per omologarti alla massa è come se prima o dopo una battuta o comunque un riferimento alla sfera sessuale (preferibilmente originale, quindi non un rapporto a 2 o da fidanzati) fosse necessario, altrimenti dopo un po' risultassi noioso.
Spero di essere stata chiara in quanto esprimere certe sensazioni mi è molto difficile.
Grazie ancora
[#3]
Gentile Utente,
grazie per la chiarezza con cui ha cercato di esprimere questo suo disagio.
Proviamo a guardare meglio i diversi elementi che porta nel suo racconto:
Da un lato c'è il bisogno di sentirsi come gli altri, omologata per non sentirsi isolata.
D'altra parte però dice di sentirsi "non adatta a questa società". Innanzitutto le chiedo: chi è questa "società" di cui parla? Il suo ambiente lavorativo, il suo gruppo di amici, le persone a cui vorrebbe somigliare, la sua famiglia?
In entrambe le situazioni sembra non trovare una risoluzione soddisfacente.
E se invece provasse a focalizzarsi per un attimo su cosa sente più vicino alla sua persona e personalità? Potrebbe essere un altro punto di partenza?
Forse risulta poco credibile proprio perché tenta di snaturarsi e questo probabilmente all'esterno viene percepito. Se la battuta facile e l'essere al centro della scena non le riesce naturale, metta in campo altro. Offra qualcosa di sé che risulti autentico, non finto o forzato.
"Quello che non riesco a capire e con cui non riesco a convivere è proprio il fatto che determinati discorsi o situazioni non suscitino in me alcuna reazione"
Quanto è importante il giudizio dell'altro? Così tanto da farle sentire un grande disagio forse.
Fermo restando che a lei potrebbero divertire discorsi, fatti e situazioni differenti rispetto a quelli dei suoi colleghi, potrebbe essere utile riflettere sulle diverse percezioni di sé:
- Come lei si percepisce
- Come viene percepita dagli altri (quello che gli altri ci dicono di noi)
- Come sente che gli altri la percepiscono (quello che noi pensiamo che gli altri pensano)
In ultimo, lei ha descritto prevalentemente un contesto relazionale particolare, quello con il gruppo di lavoro. Non è detto che qui nasca una complicità tale da voler condividere divertimento ed ilarità, questo lo tenga presente. Inoltre non ci dice come è strutturato questo gruppo: prevalenza maschile o femminile? Coetanei oppure grande disparità di età? Sono dettagli che hanno importanza per la costruzione delle relazioni, seppur lavorative.
Con il suo ragazzo dice infatti che la situazione anche se di poco ma cambia.
Spero di averle dato qualche spunto utile su cui riflettere
Ci faccia sapere. Resto a disposizione se ne avesse ancora bisogno
Cordialmente
grazie per la chiarezza con cui ha cercato di esprimere questo suo disagio.
Proviamo a guardare meglio i diversi elementi che porta nel suo racconto:
Da un lato c'è il bisogno di sentirsi come gli altri, omologata per non sentirsi isolata.
D'altra parte però dice di sentirsi "non adatta a questa società". Innanzitutto le chiedo: chi è questa "società" di cui parla? Il suo ambiente lavorativo, il suo gruppo di amici, le persone a cui vorrebbe somigliare, la sua famiglia?
In entrambe le situazioni sembra non trovare una risoluzione soddisfacente.
E se invece provasse a focalizzarsi per un attimo su cosa sente più vicino alla sua persona e personalità? Potrebbe essere un altro punto di partenza?
Forse risulta poco credibile proprio perché tenta di snaturarsi e questo probabilmente all'esterno viene percepito. Se la battuta facile e l'essere al centro della scena non le riesce naturale, metta in campo altro. Offra qualcosa di sé che risulti autentico, non finto o forzato.
"Quello che non riesco a capire e con cui non riesco a convivere è proprio il fatto che determinati discorsi o situazioni non suscitino in me alcuna reazione"
Quanto è importante il giudizio dell'altro? Così tanto da farle sentire un grande disagio forse.
Fermo restando che a lei potrebbero divertire discorsi, fatti e situazioni differenti rispetto a quelli dei suoi colleghi, potrebbe essere utile riflettere sulle diverse percezioni di sé:
- Come lei si percepisce
- Come viene percepita dagli altri (quello che gli altri ci dicono di noi)
- Come sente che gli altri la percepiscono (quello che noi pensiamo che gli altri pensano)
In ultimo, lei ha descritto prevalentemente un contesto relazionale particolare, quello con il gruppo di lavoro. Non è detto che qui nasca una complicità tale da voler condividere divertimento ed ilarità, questo lo tenga presente. Inoltre non ci dice come è strutturato questo gruppo: prevalenza maschile o femminile? Coetanei oppure grande disparità di età? Sono dettagli che hanno importanza per la costruzione delle relazioni, seppur lavorative.
Con il suo ragazzo dice infatti che la situazione anche se di poco ma cambia.
Spero di averle dato qualche spunto utile su cui riflettere
Ci faccia sapere. Resto a disposizione se ne avesse ancora bisogno
Cordialmente
[#4]
Ex utente
Buonasera dottoressa, grazie nuovamente per la risposta. Quando parlo di "società" mi riferisco soprattutto ai miei coetanei.
Ha ragione sul fatto che mi senta come divisa in 2 parti ovvero, il bisogno di sentirmi omologata e il fatto di provare irritazione al dovermi abbassare nel comportarmi come gli altri per essere accettata. Trovo che spesso se non si finisce per parlare di determinati argomenti (quante volte ci si è ubriacati o di quanto facciano ridere i Cinepanettoni per esempio) si risulta noiosi o fuori luogo e di conseguenza ci si ritrova isolati.
Mi focalizzo un momento sull'elenco da Lei riportato (visione che ho di me stessa e da parte degli altri)
e ci tengo a farlo portando un esempio abbastanza concreto.
Percezione di me stessa:
Non ho mai sopportato gli animatori (soprattutto quelli da villaggio) ed i loro comportamenti; allo stesso tempo però ho sempre desiderato essere come tali e ho sempre cercato di imitare il loro modo di fare, di rapportarsi, tanto da inserirmi in un gruppo di animazione di cui ha fatto parte per molti anni il mio compagno. Anche qui ho iniziato a rendermi conto di quanto fossi fuori luogo siccome alcuni discorsi non mi facevano ridere come al resto del gruppo (parliamo di più di 100 persone). Per questo mi sto chiedendo se ci sia qualcosa in me che non funziona, come se mancasse l'ironia.
Come mi percepiscano gli altri questo onestamente non lo so perchè non mi è mai capitato di chiederlo in faccia ai conoscenti , solo al mio ragazzo con cui ho un rapporto molto stretto. Penso che, se una volta riuscivo a nascondere il mio disagio (tanto da essere stata comunque selezionata per far parte di questo gruppo animazione in cui ci sono stati diversi esclusi) ora sia maggiormente palese in quanto come le dicevo, al lavoro durante i meeting quanto provo ad intervenire non ho risposta dall'altra parte e nemmeno reazione.
Per quanto riguarda il gruppo di lavoro parliamo di una prevalenza maschile (età non più di trent'anni) e le poche ragazze che ci sono emergono comunque, infatti quando intervengono suscitano comunque reazioni da parte dei ragazzi.
Sono molto preoccupata per questa situazione e penso che da un po' di tempo mi sia sfuggita di mano, oltre ad influenzarmi negativamente le giornate.
Ci tengo inoltre a precisare che riconosco a stessa problematica (non avere ironia o essere isolati) nella mia famiglia, in tutti i membri di essa ma a loro non interessa e non lo considerano un problema in quanto non si sono mai allontanati dal loro luogo di nascita e rapportati con il mondo esterno.
Spero di essere stata chiara e di poter, in caso approfondire ulteriormente la situazione.
Grazie
Ha ragione sul fatto che mi senta come divisa in 2 parti ovvero, il bisogno di sentirmi omologata e il fatto di provare irritazione al dovermi abbassare nel comportarmi come gli altri per essere accettata. Trovo che spesso se non si finisce per parlare di determinati argomenti (quante volte ci si è ubriacati o di quanto facciano ridere i Cinepanettoni per esempio) si risulta noiosi o fuori luogo e di conseguenza ci si ritrova isolati.
Mi focalizzo un momento sull'elenco da Lei riportato (visione che ho di me stessa e da parte degli altri)
e ci tengo a farlo portando un esempio abbastanza concreto.
Percezione di me stessa:
Non ho mai sopportato gli animatori (soprattutto quelli da villaggio) ed i loro comportamenti; allo stesso tempo però ho sempre desiderato essere come tali e ho sempre cercato di imitare il loro modo di fare, di rapportarsi, tanto da inserirmi in un gruppo di animazione di cui ha fatto parte per molti anni il mio compagno. Anche qui ho iniziato a rendermi conto di quanto fossi fuori luogo siccome alcuni discorsi non mi facevano ridere come al resto del gruppo (parliamo di più di 100 persone). Per questo mi sto chiedendo se ci sia qualcosa in me che non funziona, come se mancasse l'ironia.
Come mi percepiscano gli altri questo onestamente non lo so perchè non mi è mai capitato di chiederlo in faccia ai conoscenti , solo al mio ragazzo con cui ho un rapporto molto stretto. Penso che, se una volta riuscivo a nascondere il mio disagio (tanto da essere stata comunque selezionata per far parte di questo gruppo animazione in cui ci sono stati diversi esclusi) ora sia maggiormente palese in quanto come le dicevo, al lavoro durante i meeting quanto provo ad intervenire non ho risposta dall'altra parte e nemmeno reazione.
Per quanto riguarda il gruppo di lavoro parliamo di una prevalenza maschile (età non più di trent'anni) e le poche ragazze che ci sono emergono comunque, infatti quando intervengono suscitano comunque reazioni da parte dei ragazzi.
Sono molto preoccupata per questa situazione e penso che da un po' di tempo mi sia sfuggita di mano, oltre ad influenzarmi negativamente le giornate.
Ci tengo inoltre a precisare che riconosco a stessa problematica (non avere ironia o essere isolati) nella mia famiglia, in tutti i membri di essa ma a loro non interessa e non lo considerano un problema in quanto non si sono mai allontanati dal loro luogo di nascita e rapportati con il mondo esterno.
Spero di essere stata chiara e di poter, in caso approfondire ulteriormente la situazione.
Grazie
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Gentile Utente,
lei cita contesti ed esempi in cui il concetto di ironia e divertimento viene molto stereotipato.
Proviamo a parlare e a partire da un'altra prospettiva, la sua. Le chiedo: c'è qualcosa che a lei fa ridere o trova divertente? Qualcosa che la faccia stare bene, situazioni o contesti che la mettono a proprio agio?
Inoltre, posso chiederle che lavoro fa o di cosa si occupa? Così possiamo contestualizzare e comprendere meglio il disagio che ci descrive
Cordialmente
lei cita contesti ed esempi in cui il concetto di ironia e divertimento viene molto stereotipato.
Proviamo a parlare e a partire da un'altra prospettiva, la sua. Le chiedo: c'è qualcosa che a lei fa ridere o trova divertente? Qualcosa che la faccia stare bene, situazioni o contesti che la mettono a proprio agio?
Inoltre, posso chiederle che lavoro fa o di cosa si occupa? Così possiamo contestualizzare e comprendere meglio il disagio che ci descrive
Cordialmente
[#6]
Ex utente
Gentile Dottoressa,
Per quanto riguarda situazioni in cui mi sento a mio agio accade quando per esempio mi trovo con le poche amiche che ho (2), in una delle quali riconosco comunque lo stesso disagio/comportamento che sto provando io stessa e che le sto descrivendo (anche se lei non se ne rende conto ed infatti e' sempre stata molto isolata). L'altra persona e' invece piu' simile agli altri ma siamo comunque riuscite ad instaurare un legame...forse perche' non si e' mai accorta di questo punto, del fatto che io magari rida a cose per coprire il disagio.
Sulla domanda di cosa mi faccia ridere non saprei rispondere di preciso ad essere sincera e la cosa mi preoccupa abbastanza. Il mio ragazzo mi dice che non mi ha mai vista ridere di gusto.
Attualmente lavoro in una multinazionale all'estero ( da ormai 4 anni ) in cui comunque l'idea del team e del dover instaurare per forza un legame con il gruppo (con tutti i componenti) e' molto sentita e ho lasciato in Italia le poche amiche strette. Durante l ultimo anno la situazione e' peggiorata di molto
Per quanto riguarda situazioni in cui mi sento a mio agio accade quando per esempio mi trovo con le poche amiche che ho (2), in una delle quali riconosco comunque lo stesso disagio/comportamento che sto provando io stessa e che le sto descrivendo (anche se lei non se ne rende conto ed infatti e' sempre stata molto isolata). L'altra persona e' invece piu' simile agli altri ma siamo comunque riuscite ad instaurare un legame...forse perche' non si e' mai accorta di questo punto, del fatto che io magari rida a cose per coprire il disagio.
Sulla domanda di cosa mi faccia ridere non saprei rispondere di preciso ad essere sincera e la cosa mi preoccupa abbastanza. Il mio ragazzo mi dice che non mi ha mai vista ridere di gusto.
Attualmente lavoro in una multinazionale all'estero ( da ormai 4 anni ) in cui comunque l'idea del team e del dover instaurare per forza un legame con il gruppo (con tutti i componenti) e' molto sentita e ho lasciato in Italia le poche amiche strette. Durante l ultimo anno la situazione e' peggiorata di molto
[#7]
Gentile Utente,
io ritornerei al nucleo iniziale dal quale è partita.
Il bisogno di essere autentica, di stare a proprio agio con sé stessa e fedele alla persona che sente di essere, da un lato.
Il desiderio di sentirsi accettata e riconosciuta, dall'altro.
Il disagio che lei sente e le difficoltà che sperimenta probabilmente provengono da qui.
La invito a valutare la possibilità di contattare una/o psicologa/o per provare a lavorare su questi temi.
Con l'aiuto di un professionista potrà trovare uno spazio di accoglienza, in cui poter essere sostenuta e avrà la possibilità di esplorare e lavorare su di sé per migliorare sulle dimensioni che trova problematiche.
Mi sembra di capire che attualmente vive all'estero. Se cerca un professionista che parli la sua lingua madre e le riesce difficile trovarlo dove abita, le ricordo che la grande maggioranza di noi professioni esercita la professione anche da remoto in modalità online.
Cambiano gli spazi, ma non i processi che si attivano e la qualità del lavoro.
Spero di averle dato qualche spunto di riflessione utile
Ci faccia sapere
Resto a disposizione se ne avesse ancora bisogno
Cordialmente
io ritornerei al nucleo iniziale dal quale è partita.
Il bisogno di essere autentica, di stare a proprio agio con sé stessa e fedele alla persona che sente di essere, da un lato.
Il desiderio di sentirsi accettata e riconosciuta, dall'altro.
Il disagio che lei sente e le difficoltà che sperimenta probabilmente provengono da qui.
La invito a valutare la possibilità di contattare una/o psicologa/o per provare a lavorare su questi temi.
Con l'aiuto di un professionista potrà trovare uno spazio di accoglienza, in cui poter essere sostenuta e avrà la possibilità di esplorare e lavorare su di sé per migliorare sulle dimensioni che trova problematiche.
Mi sembra di capire che attualmente vive all'estero. Se cerca un professionista che parli la sua lingua madre e le riesce difficile trovarlo dove abita, le ricordo che la grande maggioranza di noi professioni esercita la professione anche da remoto in modalità online.
Cambiano gli spazi, ma non i processi che si attivano e la qualità del lavoro.
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Questo consulto ha ricevuto 7 risposte e 8.6k visite dal 06/02/2021.
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