Non so cosa fare nella vita
Non so cosa fare nella vita, ho più di 30 anni e vivo a casa dei miei genitori pensionati.
Non ho più lavoro e non ho più neanche una direzione da seguire.
Soffro da anni di ansia cronica e disturbo depressivo credo, mai guarito nonostante le cure.
La mia vita non ha senso, Non ho amici ne nessun affetto.
Non ho più le energie per reagire e non so come uscire da questa situazione di blocco.
Il covid mi ha dato il colpo finale alle mie già scarse energie.
Dove vivo non c'è nulla, tutto intorno sembra ormai precipitato in uno stato di desolazione terminale.
L'Italia è un paese fallito e si vede benissimo, ma io non sono riuscito ad abbandonare casa in tempo come hanno fatto alcuni conoscenti.
Il senso di fallimento è sempre forte.
Vedo che senza un lavoro decente e soldi non si può vivere.
Io le strade che potevo le ho tentate ora penso solo che se va avanti così non so se vivrò ancora molti anni.
Non ho mai vissuto niente e la pandemia non passerà.
Non sopporto le persone e faccio fatica a relazionarmi, il lavoro non riesco a cercarlo e a tenermelo per via delle crisi d'ansia che mi vengono quasi ogni giorno.
I miei genitori sono stanchi e non hanno piacere di avere un figlio depresso in casa ma io non so cosa dirgli, sto pensando di andarmene ma a dormire in auto perché non ho altro.
Gli psicologi che ho sentito non mi hanno aiutato, mi hanno solo preso i pochi soldi che avevo.
Pensavo di andare dai servizi sociali ma non so se mi prenderebbero sul serio.
Non ho più lavoro e non ho più neanche una direzione da seguire.
Soffro da anni di ansia cronica e disturbo depressivo credo, mai guarito nonostante le cure.
La mia vita non ha senso, Non ho amici ne nessun affetto.
Non ho più le energie per reagire e non so come uscire da questa situazione di blocco.
Il covid mi ha dato il colpo finale alle mie già scarse energie.
Dove vivo non c'è nulla, tutto intorno sembra ormai precipitato in uno stato di desolazione terminale.
L'Italia è un paese fallito e si vede benissimo, ma io non sono riuscito ad abbandonare casa in tempo come hanno fatto alcuni conoscenti.
Il senso di fallimento è sempre forte.
Vedo che senza un lavoro decente e soldi non si può vivere.
Io le strade che potevo le ho tentate ora penso solo che se va avanti così non so se vivrò ancora molti anni.
Non ho mai vissuto niente e la pandemia non passerà.
Non sopporto le persone e faccio fatica a relazionarmi, il lavoro non riesco a cercarlo e a tenermelo per via delle crisi d'ansia che mi vengono quasi ogni giorno.
I miei genitori sono stanchi e non hanno piacere di avere un figlio depresso in casa ma io non so cosa dirgli, sto pensando di andarmene ma a dormire in auto perché non ho altro.
Gli psicologi che ho sentito non mi hanno aiutato, mi hanno solo preso i pochi soldi che avevo.
Pensavo di andare dai servizi sociali ma non so se mi prenderebbero sul serio.
[#1]
Caro utente,
come lei in fondo sa, si è strutturato una vita difficile e con l'ausilio della malattia l'ha resa ancora più difficile non procurandosi neanche un lavoro gratificante che la renda autonomo. "Non ho amici ne nessun affetto". Per forza: "Non sopporto le persone e faccio fatica a relazionarmi"!
Veniamo alle cure che avrebbe dovuto praticare, anzi che dice di aver praticato: "Gli psicologi che ho sentito non mi hanno aiutato, mi hanno solo preso i pochi soldi che avevo".
Perché non è andato, gratis, alle ASL o nei consultori?
Ma il punto è un altro: per "ansia cronica e disturbo depressivo", se diagnosticati, alla psicoterapia, soprattutto quando tarda a produrre risultati, vanno abbinati i farmaci.
Ha effettuato entrambe le cure?
Quanto agli psicologi "che ha sentito" (ma si è limitato al colloquio?) sembra strano il fatto che lei usi il plurale. Uno poteva non essere adatto, forse anche un secondo; ma quando anche un terzo, scelto con la cura di chi ha già sbagliato, non ha potuto curare la sua malattia, occorre chiedersi se lei non metta sistematicamente in atto quelle che la psicologia chiama "resistenze".
Sembra, in effetti, che nella sua poco accogliente e angusta nicchia lei voglia coltivare il malessere anziché sconfiggerlo: "Dove vivo non c'è nulla, tutto intorno sembra ormai precipitato in uno stato di desolazione terminale. L'Italia è un paese fallito e si vede benissimo, ma io non sono riuscito ad abbandonare casa in tempo come hanno fatto alcuni conoscenti".
Uno, mi sembra che lei estenda la realtà della sua cittadina, se non del suo quartiere o la sua personale, a quella di tutta l'Italia; due, cosa vuol dire che non è riuscito "ad abbandonare casa in tempo"? Mentre scappava è scattata la tagliola che le ha amputato tutte e due le gambe?
Lei è giovane, i suoi genitori non sembrano ansiosi di tenerla per forza con sé; cosa le vieta, dunque, di frequentare un corso online per ampliare le sue risorse e intanto progettare la sua vita altrove?
Valuti bene la sua frase "Pensavo di andare dai servizi sociali ma non so se mi prenderebbero sul serio".
Ci provi. Immagino parli di quei servizi che nutrono gli indigenti, danno una coperta ai senza-tetto, etc. Secondo me le farebbe bene fare un giro in quell'ambito: potrebbe farle rivalutare la sua vita o addirittura far scattare la molla della solidarietà. Forse trasformandosi lei stesso, col tempo, in un operatore volontario, troverebbe amicizia e calore umano.
Se l'ostacolo è ancora e sempre la sua malattia, prenda la risoluzione di curarla. Tenga però conto che il processo di guarigione richiede coraggio, volontà, impegno, e anche l'umiltà di saper chiedere aiuto.
Auguri.
come lei in fondo sa, si è strutturato una vita difficile e con l'ausilio della malattia l'ha resa ancora più difficile non procurandosi neanche un lavoro gratificante che la renda autonomo. "Non ho amici ne nessun affetto". Per forza: "Non sopporto le persone e faccio fatica a relazionarmi"!
Veniamo alle cure che avrebbe dovuto praticare, anzi che dice di aver praticato: "Gli psicologi che ho sentito non mi hanno aiutato, mi hanno solo preso i pochi soldi che avevo".
Perché non è andato, gratis, alle ASL o nei consultori?
Ma il punto è un altro: per "ansia cronica e disturbo depressivo", se diagnosticati, alla psicoterapia, soprattutto quando tarda a produrre risultati, vanno abbinati i farmaci.
Ha effettuato entrambe le cure?
Quanto agli psicologi "che ha sentito" (ma si è limitato al colloquio?) sembra strano il fatto che lei usi il plurale. Uno poteva non essere adatto, forse anche un secondo; ma quando anche un terzo, scelto con la cura di chi ha già sbagliato, non ha potuto curare la sua malattia, occorre chiedersi se lei non metta sistematicamente in atto quelle che la psicologia chiama "resistenze".
Sembra, in effetti, che nella sua poco accogliente e angusta nicchia lei voglia coltivare il malessere anziché sconfiggerlo: "Dove vivo non c'è nulla, tutto intorno sembra ormai precipitato in uno stato di desolazione terminale. L'Italia è un paese fallito e si vede benissimo, ma io non sono riuscito ad abbandonare casa in tempo come hanno fatto alcuni conoscenti".
Uno, mi sembra che lei estenda la realtà della sua cittadina, se non del suo quartiere o la sua personale, a quella di tutta l'Italia; due, cosa vuol dire che non è riuscito "ad abbandonare casa in tempo"? Mentre scappava è scattata la tagliola che le ha amputato tutte e due le gambe?
Lei è giovane, i suoi genitori non sembrano ansiosi di tenerla per forza con sé; cosa le vieta, dunque, di frequentare un corso online per ampliare le sue risorse e intanto progettare la sua vita altrove?
Valuti bene la sua frase "Pensavo di andare dai servizi sociali ma non so se mi prenderebbero sul serio".
Ci provi. Immagino parli di quei servizi che nutrono gli indigenti, danno una coperta ai senza-tetto, etc. Secondo me le farebbe bene fare un giro in quell'ambito: potrebbe farle rivalutare la sua vita o addirittura far scattare la molla della solidarietà. Forse trasformandosi lei stesso, col tempo, in un operatore volontario, troverebbe amicizia e calore umano.
Se l'ostacolo è ancora e sempre la sua malattia, prenda la risoluzione di curarla. Tenga però conto che il processo di guarigione richiede coraggio, volontà, impegno, e anche l'umiltà di saper chiedere aiuto.
Auguri.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#5]
Caro utente,
ho esitato molto prima di scegliere le parole "comodo rifugio", perché è evidente che la sua situazione non è piacevole.
Tuttavia, un malato può scegliere se passare attraverso la sofferenza in vista della guarigione o rimanere in una sorta di limbo dove non occorre impiegare energie e volontà.
La psicoterapia, se idonea e abbinata a farmaci a loro volta ben scelti, può fare la differenza, ma nessun processo di cura prescinde dall'impegno del paziente, e le cure di un disagio che probabilmente ha alla radice un trauma pregresso richiedono pazienza infinita (i farmaci impiegano mesi per manifestare risultati) e strenua resistenza al dolore che si rinnova a ogni seduta, nel mettere in discussione ricordi, idee, comportamenti, affetti.
Lei ha la scelta di tentare questa strada; non sottovaluti questo vantaggio.
ho esitato molto prima di scegliere le parole "comodo rifugio", perché è evidente che la sua situazione non è piacevole.
Tuttavia, un malato può scegliere se passare attraverso la sofferenza in vista della guarigione o rimanere in una sorta di limbo dove non occorre impiegare energie e volontà.
La psicoterapia, se idonea e abbinata a farmaci a loro volta ben scelti, può fare la differenza, ma nessun processo di cura prescinde dall'impegno del paziente, e le cure di un disagio che probabilmente ha alla radice un trauma pregresso richiedono pazienza infinita (i farmaci impiegano mesi per manifestare risultati) e strenua resistenza al dolore che si rinnova a ogni seduta, nel mettere in discussione ricordi, idee, comportamenti, affetti.
Lei ha la scelta di tentare questa strada; non sottovaluti questo vantaggio.
Questo consulto ha ricevuto 5 risposte e 7.1k visite dal 02/02/2021.
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