Problemi di concentrazione e relazionali, cosa può essere e a chi rivolgersi?

Gentili dottori/esse
salve.
Sono una ragazza di 22 anni.
Ho deciso di chiedere il Vostro aiuto per risolvere una situazione che sta iniziando a pesare sulla mia vita.
Vorrei sapere da voi a quale tipo di specialista, sia medico che psicologo, sarebbe opportuno che mi rivolgessi, e se sia ciò effettivamente necessario, alla luce di quanto sto per descrivere.

Ho grandi problemi a concentrarmi, a portare a termine un'attività.
A ciò è associato un disagio sociale, che non so se abbia legami con quanto appena detto.
Iniziando dalla concentrazione: pur avendo sempre terminato gli studi sempre con il massimo dei voti, sono sempre stata consapevole che ciò fosse dovuto solo ad un’ottima capacità di comprensione, poiché in realtà procrastino all’inverosimile, e se ci sono scadenze, ad esempio compito/esame, riesco a fare le cose all'ultimo minuto solo grazie all’ansia della scadenza.
Sembrerebbe che io, chiusa in stanza, studi tutto il giorno, ma il tempo totale di studio è minimo, perché dopo poche righe sento il bisogno di alzarmi, pensare ad altro; un minimo rumore può deconcentrarmi per tutto il resto della giornata.
In occasione di un lavoro di gruppo, il non potermi fermare quando il mio cervello me lo richiedeva mi ha messo a dura prova; la mia collega voleva continuare, io però avevo la mente altrove, non riuscivo a formulare un pensiero, è nato in me un grande nervosismo, e ho iniziato anche a muovermi compulsivamente sulla sedia.
Quando guido spesso mi rimprovero di pensare ad altro, mi dico di concentrarmi sulla strada, ma il pensiero stesso mi distrae ulteriormente e mi fa venire in mente altro ancora.
Durante la lettura di alcuni testi per l’università ho avuto delle crisi di frustrazione, poiché per quanto leggessi non riuscivo a capire veramente ciò che leggevo.
Ciò accade con i libri, come per i film e le serie tv, soprattutto perché si tratta di attività che si possono mettere in pausa, ed io lo faccio ogni pochi minuti, mi alzo, scarico un po’ di energia, ricomincio, e così via.
Quando scrivo, scrivo tutto contemporaneamente, saltando da un paragrafo all’altro, cercando di mettere per iscritto tutte le idee che arrivano disordinate.

Sono estremamente sensibile, sia nei sensi (ad esempio: odio i rumori forti), che nelle emozioni.
Ho paura del rifiuto e del fallimento, la mia insicurezza mi porta a mettere le mani avanti ogniqualvolta io mi cimenti in qualcosa pubblicamente.
Ad esempio, giustifico un possibile fallimento (che pure non arriva quasi mai) prima ancora di iniziare.
Non sono mai uscita con un ragazzo, ho pochi amici, non esco mai ed amo la solitudine e l’isolamento, anche dalla mia famiglia.
Come se vivessi in una bolla e avessi paura che le persone si rendessero conto della mia esistenza.

Ci sarebbero molte altre cose da aggiungere, ma credo che queste siano le principali per dare l’idea, e quelle che più creano disagio.

Vi ringrazio molto e chiedo scusa per la lettura lunga.
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Dr. Luigi Davide Cecio Psicologo, Psicoterapeuta 9 1
Gentile utente
in generale, essere intelligenti purtroppo non ci salva dall’incappare in subdole trappole mentali anzi, come tutti i pregi, se non gestito può rovesciarsi nel suo contrario e diventare difetto in modi inaspettati, portandoci per esempio a fare cose stupide proprio come studiare tutto insieme all’ultimo manco avessimo trovato una fonte d’acqua nel deserto dopo giorni di ricerca disperata.
In alcuni casi, ma non so se sia il suo, si arriva all’estremo in cui, siccome abbiamo le capacità per ottenerlo, tutto deve essere perfetto e ciò che non lo è diventa un fallimento. Si finisce che i successi valgono zero e gli insuccessi valgono doppio, si parte col freno a mano tirato.
Solitamente poi i problemi che si formano nella relazione con noi stessi si allargano a macchia d’olio nelle relazioni con gli altri e nella relazione con il mondo, ed è vero anche l’inverso perché questi tre tipi di relazioni fondamentali sono strettamente interconnessi e si influenzano a vicenda.
A parte queste considerazioni generali, quando sentiamo di essere in presenza di una difficoltà che è diventata insormontabile, contro cui si è lottato senza risultati ma finendo anzi col passare dalla padella alla brace, e si fa concreta la paura di non uscirne più, allora è arrivato il momento di usare un occhio esterno per trovare il percorso migliore per uscirne fuori. In relazione agli argomenti che ha portato, direi che il medico può essere sempre una risorsa da valutare al momento opportuno, ma al momento le consiglierei primariamente uno psicologo con l’obiettivo di migliorare la concentrazione e di gestire la paura del fallimento.
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Utente
Utente
Gentile dott. Cecio,
La ringrazio per la risposta, è un grande sollievo avere un punto di partenza.
Spero di riuscire a trovare la spinta per mettere in pratica il Suo consiglio, purtroppo non posso contare sull'appoggio di altri. Mia madre non mi prende sul serio, nonostante siano problemi che ho da quando ho memoria e alcuni si manifestino davanti ai suoi occhi,come l'interrompermi perché ho perso il filo, inserire parole in altre lingue (ne conosco diverse) perché in italiano non mi vengono, dimenticare di fare ogni favore che mi chiede.
Temo di essere lenta, con ritmi e modi di operare non adatti e compatibili con quanto vedo fare a tutti. Trovare lavoro mi spaventa per questo,ad esempio sono disorganizzatissima; mi dà ansia parlare al telefono e non riesco ad ascoltare a lungo in questo contesto; non ho la cognizione del tempo; ho avuto numerosi interessi "usa e getta", a cui continuo a pensare nei momenti meno opportuni.
Per risponderLe: sì, sono abbastanza perfezionista, ma è come se non avessi i mezzi per sostenere tale perfezionismo. Ad esempio: volevo che la mia tesi di laurea risultasse un buon lavoro, ma come le ho detto ho difficoltà a concentrarmi nella lettura: per questo ho finito per consegnarla senza rileggerla davvero.

Ancora grazie
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Dr. Luigi Davide Cecio Psicologo, Psicoterapeuta 9 1
Bene, vedo che è stata molto brava a infilarsi in diversi vicoli ciechi di quel particolare labirinto creato dalla coscienza quando invade la consapevolezza. È un po’ la storia del millepiedi avventuriero che a un certo punto si mette in testa di dover controllare uno ad uno tutti i piedi e si blocca, e cade rovinosamente. Fortunatamente l'esperienza clinica ci mostra che, anche se un problema persiste da molto tempo, non è detto che ne serva altrettanto per risolverlo, se ci si fa guidare nella maniera giusta.
Una nota su sua madre: come tutti i genitori di questo mondo, sua madre è presa in una morsa a tenaglia tra l’amore per i figli e il terrore di fare errori e vederseli rovinati. Anche qui si nasconde un’insidia, un punto cieco nell’occhio ipervigile di una madre che conosce la figlia meglio di chiunque altro ma guarda caso non si accorge proprio di quel problema che sta diventando tanto invalidante; un grande classico sono per esempio i genitori che non si accorgono che il figlio ha problemi con l’utilizzo di sostanze e sono assolutamente convinti che gli occhi rossi siano dovuti alla stanchezza. Vaglielo a spiegare Questo per dire che i genitori farebbero tutto, ma non possono tutto.
Si prenda tutto il tempo che le serve, in attesa che la spinta si faccia sentire posso suggerire una lettura ricca di spunti, tra cui alcuni esempi che potrebbero risultarle familiari, il libro si chiama L’ingannevole paura di non essere all’altezza di Milanese, e consiglio sempre di leggerlo la prima volta tutto d’un fiato come il più appassionante dei romanzi e attendere la seconda lettura per fermarsi quando c’è qualcosa che vuole capire meglio.
In bocca al lupo per tutto