Salve, mia madre 60enne si è completamente persa dietro facebook e avrei bisogno di un consiglio

buonasera,
sto cercando un consiglio su come comportarmi perché la situazione ha ormai da tempo superato la sopportazione e mi provoca moltissimi pensieri.

Una premessa: nel 2010, ho perso mio padre per una rara malattia di cuore, fulminante, che lo ha portato in un solo anno a 10 operazioni a cuore aperto un trapianto e poi alla morte.
Avevo 21 anni, mia sorella 24, mia madre 51.

Fino a quel momento la nostra famiglia, normale, allegra, benestante, aveva sempre affrontato con un certo spirito solerte ogni avversità.
Dopo questa batosta, nonostante la vicinanza carissima dei famigliari, mia madre ha iniziato ad assumere dei comportamenti che con il crescere degli anni l'hanno isolata emotivamente da noi e da tutti.

Nei primi anni ha sfogato la sua ira e la sua frustrazione su di noi, facendoci sentire nemmeno troppo sottilmente in colpa se provavamo a costruire al di fuori del "nido" e scoraggiava non apertamente ogni cambiamento, mettendo maniacalmente becco su ogni briciola spostata in casa.
Molte crisi di pianto, oggetti gettati, fumo cronico esagerato, acquisti sregolati, rapporto ambiguo col cibo (o mangia a non finire o non tocca nulla).
Nel tempo noi figlie abbiamo provato a suggerirle di parlarne con qualcuno che non fossimo noi, a non dipendere da lei per ogni cosa.
Il terremoto ci ha portato via la casa, siamo state sommerse di debiti per anni (mio padre era rappresentante colpito dalla crisi del 2008) e solo dal 2018 abbiamo tutte e 3 riguadagnato una sorta di equilibrio materiale.
Negli ultimi tempi, dopo un esagerato dimagrimento e (credo) un paio di tentativi di relazione con altri uomini, mia madre si è perduta in facebook e, pur avendo smesso di fumare, le sue maniere sono diventate aggressive, appariscenti e spesso capricciosissime.
È una donna intelligente, eppure ora parla sempre con un tono di voce alto ed esasperato, non comunica mai se non ciò che riguarda Facebook, interrompe chiunque quando sta parlando per dire cose che la riguardano e cerca disperatamente l'attenzione di tutti, esprimendo opinioni spesso anche sgarbate e non richieste.
Provo ad invitarla a cena, a coinvolgerla nelle comune passioni (nonostante spesso mi sia diventato indigesto stare con lei) la riempio di complimenti quando fa qualcosa che mi piace ma se le chiedo di riflettere sui suoi comportamenti si rabbuia, si offende e si ritrae.
So che si tratta di questioni torte e delicate ma sono estremamente stanca di queste cose e non nascondo che dopo 10 anni ho iniziato ad evitarla.
Mia sorella invece la tratta sempre un po' a muso duro e un po' ammiro il modo in cui riesce a darle sempre pan per focaccia.
Le ho chiesto tante volte di provare a cercare di parlare con uno specialista ma so rifiuta.
Non so più cosa fare.
Vorrei che stesse bene, perché anche se fa finta di niente, so che soffre ma non so come aiutarla.
[#1]
Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 18.6k 598
Gentile utente,

quanti consulti di genitori che vorrebbero aiutare i figli,
e qualcuno di figli che non riescono a farlo verso i genitori.

Sono anni che Sua madre sta cercando a modo proprio di far fronte al lutto imprevisto che l'ha lasciata vedova a soli 50 anni,
età non facile per una donna, situazione non lieve.
Lo fa nei modi che trova, e che manifestano - a quanto dite - sofferenza.

Voi (figlie NON conviventi, credo di intuire) avete provato ad aiutarla, partendo da un implicito:
che tra genitori e figli sia possibile aiutarsi.
La pratica e la teoria ci dicono che talvolta ciò accade, e spesso no,
proprio per quella estrema vicinanza affettiva che rende difficile che due ricci si possano abbracciare senza pungersi reciprocamente.

Il Vostro suggerimento affinchè la signora si faccia aiutare da uno specialista - cioè all'esterno delle relazioni familiari - è corretto;
ma non sempre chi ha bisogno se ne rende conto
e dunque non ritenendosi malato non è disponibile ... !

In queste situazioni ci si può orientare verso un maggiore distanziamento (incontrarsi con minore frequenza, per un tempo breve, in situazioni strutturate e non in casa ...),
che porti tutte Voi tre ad apprezzare/sopportare meglio i momenti trascorsi insieme.
Lo avete già sperimentato?

Saluti cari.
Dott. Brunialti

Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/

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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.4k 194
Gentile utente,
capisco la profondità del dramma che avete attraversato e quello che ancora avete di fronte.
Temo che il suo insistere con la mamma sulla visita specialistica non sia la strada giusta, anzi può essere un modo per esasperarvi a vicenda, ma anche il trattarla "un po' a muso duro" di sua sorella, ha dato qualche risultato?
Se c'è una malattia psichiatrica e/o delle dipendenze, anche plurime, da Internet ma non solo, si potrebbe ipotizzare un trattamento sanitario obbligatorio, ma questo se sua madre giungesse a fare del male a sé stessa o ad altri.
Non ricorrendo questa circostanza, si potrebbe, forse, minacciarle l'interdizione, se c'è la tendenza a dilapidare denaro e altri beni. Tuttavia la strada maestra sarebbe convincerla che una cura ben calibrata, psicoterapia e farmaci, può farle ritrovare equilibrio e benessere.
Lei, cara utente, è personalmente coinvolta in questa serie di disgrazie familiari ed è certamente esausta. Del resto all'insorgere di malattie come quella di sua madre, anche in assenza dei lutti che l'hanno preceduta, i familiari stretti sono i primi a soffrire e gli ultimi a poter trovare, da soli, strategie risolutive; anche solo un dialogo che non sia tormentoso con la persona ammalata. Gli altri parenti hanno provato a parlarle?
Le suggerirei di affidarsi ad uno psicologo, anche delle ASL o del Centro di Salute Mentale, per ricavarne la migliore soluzione anche per sua madre. Il suo medico di famiglia -a proposito: cosa dice della situazione?- può prescriverle colloqui psicologici gratuiti o a costo di ticket.
Infiniti auguri.
Può scrivermi -anche privatamente, se crede- da quale malattia cardiaca era stato colpito suo padre?

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

[#3]
Utente
Utente
Grazie per il Vostro prezioso contributo suppongo che già solo il fatto di condividere con qualcuno fuori dalla famiglia queste cose dopo anni di tentativi faticosi di digestione sia di grande sollievo.

Per rispondere ad entrambe:

1) si, proprio questa via dello stare più isolate e vedersi magari solo il fine settimana (lockdowm permettendo) è quella che ho percorso negli ultimi due anni. L'esempio del porcospino rende molto bene l'idea di ciò che accade e suppongo di dover usare a mia madre ancora tanta pazienza perché quel lutto che ci ha travolto è stato certamente affrontato con energie e prospettive di vita differenti. Come si fa a far riaccendere di nuovo una scintilla di interesse fuori da sé? non perché debba evitare i problemi o dimenticarsene ma ho l'impressione che la sua fuga sia in qualche modo connotata da un aggrapparsi quasi feroce alla propria persona. Sembrerebbe apparentemente egoismo (e devo dire che l'alternanza tra ansia e indifferenza da lei esercitata negli anni non mi aiuta a gestire questo) ma continuo come a vederci solo la voce di una donna che soffre. Tutti gli altri aspetti, comprese le parole non gentilissime e l'isolamento digitale, sono per me manierismi
aspetti di fenomeno. Vorrei poterle dire che in un certo senso va bene così, che può interessarsi al mondo e dedicarsi ai suoi interessi come prima questo non la renderà meno forte o una perdente.

2) Diciamo che non ho mai voluto radicalizzare molto la medicalizzazione del suo stato psicologico perché se rifiutava di sentire uno psicologo, figuriamoci a richiedere un parere diretto al medico di base (che è arrivato al tempo a parlare giusto appena di depressione ma non ha mai detto altro).
I suoi comportamenti esagerati non sono dannosi agli altri in senso materiale e non lo sono nel senso che impediscono il normale svolgimento della sua vita. Sta proprio qui la fregatura: va tutto bene, perché l'importante è che scorre tutto in avanti, possibilmente senza cambiare. Gli altri parenti non entrano in merito ma i miei cugini ultimamente mi hanno rivolto qualche sguardo preoccupato perché lei davvero ha avuto il cuore di dire cose totalmente furoi calibro rispetto alla situazione e non riconoscono più la loro zia (siamo cresciuti tutti assieme tipo grande famiglia)
Le sue due sorelle, una più grande (un muro impenetrabile incline al giudizio corrosivo) e una più piccola (storia di vita e di lavoro umanamente sgretolato e emotivamente analfabeta) rilevano solo con noi (mia sorella ed io) che mamma sta sempre sul cellulare e ha dei cambi di umore strani e sembra molto cambiata e tende ad isolarsi. Con loro non ho mai discusso apertamente di questi argomenti, nemmeno dei suggerimenti di parlare con uno specialista, però sono certa che siano in grado di supportare ogni decisione che lei voglia prendere se solo volesse farlo.

Ho dimenticato di descrivere un altro aspetto del suo isolamento: non ascolta. Si ritrova davanti a questo telefono con lo sguardo perso e l'aria vagamente sognante (cosa che mi ha fatto così brutto durante le ultime feste da costringermi a ritornare con mia sorella sull'argomento). Inoltre, sembra incline al dire cose non esattamente corrispondenti alla realtà: ci sono dei momenti (che dentro di me chiamo ormai "crisi") in cui evidentemente ha passato ore da sola in compagnia di qualche pensiero ossessivo e triste, torturandocisi, in cui la trovo particolarmente oppressa, letargica e scollegata dal mondo. In queste fasi, scatta come una molla per qualsiasi cosa e ovviamente attacca discussioni su argomenti che non c'entrano niente con quanto si sta dicendo ma, se interrogata sul suo stato di salute, rialza lo scudo. Ci sono altri momenti in cui sembra avere uno stato di euforia assolutamente ingiustificato (nel senso che per logica non è generato da nulla) in cui evoca ricordi di grandezza e opulenza, cucina per 10 se siamo in 5 a pranzo e ride.
Un ultimo aspetto che mi sfinisce e mi ha sempre corroso sono i suoi discorsi spesso critici e negativi, e la narrazione assolutamente intossicante ( che tutt'ora non riesco a scalfire) che se sei una donna forte non ti lamenti, non ti fai vedere debole, non piangi.
Proverò certamente ad usare tutta la mia diplomazia per suggerirle di parlare con qualcuno, uno specialista, magari una di quelle volte in cui è in uscita da una delle "crisi".
Mia sorella non è molto diplomatica ma devo dire che mia madre non è mai stata molto gentile con lei che è la fotocopia caratteriale di mio padre e per questo per motlo tempo si è "guadagnata" una sorta di atteggiamento di critica doppia e antipatia da parte di mamma.

Per quel che riguarda mio padre, nel novembre 2009 è risultato affetto da una grave cardiomiopatia derivante da cause sconosciute (non sono stati in grado di dire se fosse genetica o dovuta a qualche agente esterno). Si è sottoposto a molti interventi per avere diversi cuori artificiali che lo portassero vivo al trapianto. Il decorso di questa malattia prevedeva che tutto ciò che lui ha avuto in un anno circa gli accadesse in 10 o 15 anni (infarti, ictus, problemi di pressione, reazioni allergiche ai macchinari e ai medicinali etcetc) e pertanto decidemmo come famiglia di far sì che le operazioni e gli sforzi dei medici servissero alla ricerca.
La malattia fu devastante , anche se breve, vivevamo tutti e 4 in un ospedale a 100 km da casa nostra, in un'altra regione. Nel frattempo, a causa della crisi, sperimentammo gravissimi problemi economici e mi rendo conto, anno dopo anno, che mamma deve aver sofferto moltissimo anche per questo, perché non poteva reagire come avrebbe voluto. Nelle ultime settimane so che lo psichiatra della struttura parlava regolarmente con mia madre e si trovava in presenza di mio padre ma non ha mai detto nulla a noi figlie. Non ho mai saputo se ci fossero delle eventuali diagnosi ma non credo, cercavano di capire come mai nonostante lui fosse ormai cieco, tracheostomizzato e fortemente allucinato dalle continue anestesie totali, continuasse in qualche modo a rimanere legato a lei e a rispondere solo alle sue cure.
Non saprò mai cosa è stato tutto questo per lei e non importa che siano passati 10 anni, probabilmente si è tutto bloccato lì. Vorrei che me ne parlasse, davvero.

Grazie per le Vostre parole, condividerò con mia sorelle queste riflessioni e proveremo a fare ulteriori sforzi.
So che non sempre riesce questa cosa di aiutare i genitori ma vorrei continuare a credere che possiamo cercare ancora una strada migliore insieme.
[#4]
Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 18.6k 598
Gentile utente,

un'ultima riflessione.

. SE solo nella Sua email avesse omesso il fatto che Lei scrivente è la figlia
e che la madre dunque è una signora 60enne:
persa al cellulare, "aggrappata ferocemente alla propria persona", che non ascolta, che sta dentro la propria bolla su FB,
. e SE l'intero consulto fosse riferito ad una 16enne con le suddette caratteristiche,
tutto apparirebbe come molto più "normale".

Dico questo per far riflettere anche chi ci legge
. su quanto gli stereotipi di età possano essere ingabbianti per le persone adulte,
. su come sia estremamente difficile - soprattutto per i familiari più stretti - entrare con sguardo neutro (non giudicante) dentro le strategie di vita che un genitore si inventa per (soprav)vivere e che in realtà non fanno male a nessuno, come Lei acutamente osserva.
I figli adulti in molti casi agiscono nei confronti dei genitori
proprio come molti genitori fanno (o hanno fatto) con i propri figli adolescenti ... solo che in questo secondo caso c'è(ra) un compito educativo da assolvere.

Se i nostri stimoli Vi hanno fatto riflettere,
ne siamo contenti.

Dott. Brunialti
[#5]
Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.4k 194
Gentile utente,
la ringrazio per i chiarimenti sulla malattia che le ha strappato suo padre. Immagino si sia trattato della valvola aortica bicuspide, con tutte le conseguenze che questa malformazione comporta in termini di infezione del muscolo cardiaco.
Per il resto, condivido quanto scritto dalla mia collega dott.ssa Brunialti.
Lei conclude la seconda email con le parole: "So che non sempre riesce questa cosa di aiutare i genitori ma vorrei continuare a credere che possiamo cercare ancora una strada migliore insieme".
Scinderei in due la frase: che ci possano essere molti anni futuri di affetto e di salute è auspicabile, ma questo, come ribadito fin dall'inizio dalla mia collega e da me, non passa attraverso il "cercare ancora una strada migliore insieme", che fin qui è coinciso con la perdita del ruolo filiale.
Vorrei farla riflettere su una frase della sua seconda email: "Diciamo che non ho mai voluto radicalizzare molto la medicalizzazione del suo stato psicologico perché se rifiutava di sentire uno psicologo, figuriamoci a richiedere un parere diretto al medico di base (che è arrivato al tempo a parlare giusto appena di depressione ma non ha mai detto altro)".
Qui c'è tutto l'equivoco: è lei che decide se medicalizzare o meno lo stato di un adulto intelligente?
Inoltre, se il medico di base ha parlato di depressione, la diagnosi c'è stata, e anche severa.
Provi a fare un passo indietro, come le stiamo suggerendo, e ad accettare le strategie esistenziali di sua madre. La guarigione può avvenire per tante vie; in ogni caso, è il "malato" stesso che deve volerla.
Auguri ancora.
[#6]
Utente
Utente
La questione penso si annodi proprio qua, nel fatto che lei non voglia consultare nessuna voce e la cosa le è stata suggerita sempre con estrema cautela verbale. Questo intendevo con il non voler radicalizzare una definizione medica, anche perché non sono certo un medico e penso sia chiaro che il metodo diretto non abbia sortito alcun risultato. Il dottore di famiglia purtroppo non ha fatto a suo tempo alcuna diagnosi: tornate dall'esperienza, ci fece una sorta di discorso vago sulla possibilità di utilizzare farmaci antidepressivi a seguito di un lutto importante che terminò lì, senza alcun seguito. Forse avremmo dovuto mostrare più interesse ma, in tutta franchezza, eravamo senza un tetto sopra la testa in inverno e io stessa ricordo molto poco di quel che succedeva. D'altra parte, senza alcun invito a delle sedute con uno specialista e senza alcun discorso su un percorso, anche collettivo, di terapia, mi sentivo di evitare di prendere farmaci di quel tipo. Forse avremmo dovuto prestare più
attenzione. Per questo, pur riconoscendo il disagio negli anni, mia sorella ed io non abbiamo mai usato con nostra madre parole tipo: diagnosi, cura, psicologo ma sempre "vedere qualcuno, parlare con qualcuno" perché, ovviamente, a quanto sta sopra scritto si aggiunge il fatto che, nella mente di mia madre, psicologo=manicomio e psicoterapia=pillole strane per l'umore e per chi vede cose inesistenti.
Venendo al ruolo filiale, sono consapevole di non essere genitore ma figlia e penso sia proprio per questo che mi astengo da una serie di decisioni "in bianco e in nero", continuando una sorta di resistenza a basso profilo. Penso sarebbe una sorta di "abuso" da parte mia voler giocare al genitore con mia madre e penso sarebbe anche una sorta di protrazione di una violenza verso me: sono figlia, che io possa dunque essere figlia, auspicando, appunto, che proprio a fronte del suo essere un adulto intelligente, mia madre possa da sola giudicare che forse è il caso di farsi aiutare. Non posso certo costringerla io, penso sia proprio il modo centrale della cosa. Passo alcune delle mie notti a pensare a un'apertura su qualche discorso, un momento giusto per poter ventilare l'ipotesi perché so che una scelta davvero eticamente i individuale deve scattare dalla motivazione interna. Perciò mi interrogo su come suscitare il suo interesse, staccarla dal telefono, riaccendere qualche passione parlando di ciò che le piace. Le piante, i libri, i film, i viaggi.

Se le cose sono incomplete e se le "porte" rimangono aperte, che sia così e basta, va bene ugualmente, sia per i figli sia per i genitori. Con tutto quello che ha passato mia madre, è semplice scambiare un'opinione per un giudizio, un punto dj vista per un attacco alla propria persona. Le modalità comunicative in cui sta immersa a causa di Facebook non mi aiutano a stimolare in lei un pensiero costruttivo, di ascolto, di accettazione ma le peggiorano riducendo spesso il dialogo a: io dico quel che dico e siccome lo dico io sta bene così, sono libera da ogni giudizio e da ogni catena. Magari però le chiedevo solo una mano, da figlia a madre, su un banale compito quotidiano.
Questo è ciò che vorrei intendere quando dico che avrei desiderio di procedere insieme verso il meglio, ovvero cercando strade anche incomplete ma di minor sofferenza e fatica e più presenza nel mondo reale. L'affetto a cui Lei si riferisce, Dott.ssa, potrebbe finire con l'essere formale e distanziato. Non ammasso l'affetto sui ruoli o sulla distorsione di essi, e infatti sto ancora qui a parlarne, però vorrei davvero vedere mia madre recuperare smalto, ironia, interesse nei confronti della vita. Vorrei inoltre che smettesse di replicare una sorta di versione caricaturale e teatrale di se stessa perché non so con quale grado di consapevolezza la gestisce (credendo, non so, di darci in pasto qualcosa di monolitico e sicuro) ma so che dentro ci vedo esattamente tutto ciò che la fa soffrire e non la fa smuovere da dove si trova da 10 anni.

p.s. mi trovo ignorante in materia in maniera devastante , però mi pare che non fosse un problema di valvole ma proprio di riduzione graduale ma rapidissima di tutto il muscolo cardiaco interno. Consideri che mio padre era un uomo di alta montagna e aveva un fisico pressoché perfetto; infatti, tolto il cuore, fu estremamente reattivo alle cure considerati i suoi 56 anni.