Sono ad un bivio, non so che strada prendere

Buongiorno,
ho 33 anni e mi trovo ad un bivio della mia vita.
Ciclicamente ci faccio ritorno ma sento che scelgo di non affrontarlo mai veramente, almeno così mi sembra.
Lavoro con una compagnia teatrale attiva anche a livello internazionale e, nonostante il periodo e i risvolti anche per il settore culturale, riusciamo a sostenerci e andare avanti.
Mi occupo di organizzazione da anni e ho sempre amato il settore nel quale lavoro, al punto tale da dedicare tutta la mia vita a questo e a questa realtà professionale nella quale mi trovo.
Da un paio di anni mi si chiede di fare un "salto" qualitativo nel mio lavoro che mi porterebbe ad un ruolo ancora più dirigenziale ma non riesco, mi rendo conto che mi trovo di fronte ad un ostacolo molto grande perchè, per fare questo "salto, devo cambiare tratti del mio carattere e del mio relazionarmi con gli altri.
Ci provo costantemente ma, essendo di natura un'introversa che ama la solitudine e non molto incline alle relazioni sociali, i passi avanti fatti negli anni in questo campo già mi sembrano molto per me e, per quanto mi forzi, non riesco ad essere come mi si chiede.
Sento che lo vorrei ma non riesco ad ottenerlo e questo mi crea frustrazione, senso di fallimento, senso di colpa, inadeguatezza.
Sto male per questo, piombo in una spirale di pensieri negativi e comincio ad essere meno efficace lavorativamente.
Sento che se non faccio questo salto comportamentale non ha più senso per me neanche rimanere in questa realtà lavorativa, dove mi si chiede di essere qualcuno che non riesco ad essere.
Oppure ci rimarrei con il senso di frustrazione di non essere riuscita a progredire.
Ho pensato di andare via e ricominciare la mia vita in altro modo, ma lavoro con questi colleghi e in questa realtà da quando sono uscita dalle scuole superiori, e associo l'andare via con il fatto di aver sprecato più di un decennio della mia vita, anche se so che non è così.
In più non ho un titolo di studi (laurea), non ho soldi da parte perchè mi sono sempre mantenuta autonoma e non vorrei tornare a vivere dalla mia famiglia (cosa che dovrei fare se abbandono il mio lavoro).
Si aggiunge a questo il fatto che, a 33 anni da poco compiuti, comincio a sentire un desiderio di maternità che fino ad ora non avevo preso in considerazione (non ho un compagno da 3 anni, dopo una storia finita non molto bene e altre passeggere) e anche questo pensiero mi crea frustrazione e fallimento.

Grazie dei consigli che vorrete darmi.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.4k 193
Gentile utente,
direi che potrebbe cominciare a testare sé stessa su qualcuna delle nuove mansioni che le vengono proposte.
Dire "non sono capace", "non rientra nelle mie attitudini" e così via è molto umano, ma dimostra che lei è una persona scrupolosa che sa fare bene, senza presunzione, il suo lavoro, e proprio per questo le si chiede di più.
In Inghilterra ci sono corsi (anche universitari) di management teatrale, e forse anche in Italia; mi sembrava di aver visto qualcosa di simile al teatro Vittoria a Testaccio. In questo periodo suppongo siano online.
Provi a cercare i corsi di cui le dicevo, e se crede anche qualche corso di gruppo sulla sicurezza personale.
Ci tenga al corrente.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

[#2]
Utente
Utente
Buongiorno grazie della risposta.
il problema è che quello di cui non sono capace non sono delle competenze "tecniche" su cui mi sono formata sul campo ma sono delle capacità umane e relazionali che però sono indispensabili per poter avanzare in questo cammino, dei tratti del carattere, delle capacità comportamentali che per indole non ho e fino ad ora non sono stata in grado di acquisire. e ho paura di non riuscirci mai e quindi di rimanere frustrata tutta la vita perchè non ci riesco. credo che fino ad ora non ci sono riuscita perché in fondo non voglio cambiare veramente.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.4k 193
Gentile utente,
ha fatto un'autodiagnosi esatta.
Fin dal primo consulto le avevo suggerito dei corsi online per la sicurezza personale. Adesso le propongo un'altra strada immediatamente praticabile, dal momento che lei non può, giovane e capace, rimanere intrappolata in certe idee come quella che esistano "tratti del carattere" e "capacità comportamentali che per indole non ho".
Molto più vera la sua conclusione finale: "fino ad ora non ci sono riuscita perché in fondo non voglio cambiare veramente".
Giusto, a questo punto lei ha davanti una bilancia: su un piatto c'è la sua possibilità di affermarsi nel suo lavoro sgominando l'immobilismo della paralisi mentale, dall'altra la sua paura di esporsi.
Le rinunce e le rigidità non ci forniscono un buon bilancio nell'immediato, e non sono carte vincenti per il futuro.
Lei oggi è una persona che ha un lavoro, alla quale viene proposto, per le sue capacità verificate, di accrescere le sue mansioni. Vorrebbe trasformarsi in una persona su cui non si può contare, messa da parte a vantaggio di altre, meno preparate ma dotate di ambizione e faccia tosta?
Il suo desiderio di essere madre, che non dimentico, va associato a progressive assunzioni di responsabilità e di capacità relazionali, non a timori e rinunce.
Ecco la mia proposta. Compri subito il libro di Dale Carnegie "Come parlare in pubblico e convincere gli altri" (Bompiani, euro 12, si compra anche online) e lo legga.
Avrà già un effetto sulle sue convinzioni. Mentre lo legge le si muoveranno delle idee nella mente. Se ha tempo e modo, le scriva, o almeno si fermi a rifletterci.
In seguito ci scriva ancora.
Auguri.