Bivio e stallo: continuare l'università o lasciare?

Gentili dottori/dottoressa,
Ho 25 anni, sono laureata in scienze e tecniche psicologiche e sono iscritta alla specialistica.
È da un anno che sono iscritta ma non do esami: ho provato a darne uno, convintissima che sarebbe andato bene, e invece mi hanno proposto come voto il 18.
Da allora mi sono bloccata.
Ho un lavoro che amo, ma senza specialistica non posso avanzare di grado Nè ambire ad un posto di lavoro pubblico un domani, molto meno "avventuroso" di quello attuale e ovviamente più stabile.
Sono felicemente sposata da un anno e ho scoperto da poco di aspettare un figlio, cosa che io e mio marito abbiamo desiderato tanto.
Sono molto felice ma appena penso all'università, agli esami da dare, al fatto che devo Interfacciarmi con i professori e le loro richieste, mi sento male, mi agito, piango come una bambina, non dormo.
Sono consapevole di essere brava nel mio lavoro e sarei brava anche come psicologa un giorno, ma ho un rifiuto completo per la specialistica.
Studio e dimentico le cose.
Leggo e non mi entra nulla nella mente.
Riassumo meravigliosamente, ma quando espongo mi sento male.
Ho già perso un anno, col piccolo in arrivo e il lavoro sarò ancora più lenta e questo mi angoscia Perchè io desidero godermi la felicità di questi momenti, invece sono tormentata.
Vorrei lasciare, ma temo di fare un torto alle mie potenzialità facendolo e inoltre ho paura del futuro (magari quello che ho fatto fin ora non basta, penso).
Se continuo non so che strategie adottare per uscire da questa bolla di angoscia e riuscire a rendere nello studio.
Non so se resto per paura o se non lascio per paura.
Sono in stallo.
Non so che fare.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.4k 193
Gentile utente,
cominciamo col dire che lei ci scrive in piena pandemia e recentemente si cominciano a studiare gli effetti negativi che questa situazione ha sulla memoria. Lo studio in particolare, in questo stato di sotterranea ma continua allerta risulta l'ultimo dei pensieri.
Aggiungiamo altri fatti, che ci sarebbero anche senza pandemia ma che ne rinforzano gli effetti distraenti.
Chi ha già un lavoro e già una laurea ha una spinta minore verso una futura specialistica, e al contrario viene fagocitato dalle attività quotidiane. Lavoro, matrimonio, casa, sono già begli impegni... e per lei, su tutto è sorto l'evento di un bambino in arrivo, un pensiero che attira e concentra l'attenzione -giustamente- molto più di qualunque materia d'esame.
Inoltre la magistrale -così oggi si chiama la specialistica- rispetto alla triennale ha criteri di maggiore severità, nei contenuti e nella conduzione degli esami, specie quelli online, altra cosa che vede professori e studenti combattere con una novità ansiogena.
Molti poi arrivano alla magistrale molto stanchi, esauriti dallo sforzo precedente.
Infine, dopo un anno di tentennamenti e difficoltà, lei si è scontrata con un insuccesso: la proposta di un 18.
Non ci ha detto se lo ha rifiutato, ma queste sono brutte sorprese, che abbattono soprattutto gli studenti coscienziosi, preparati e con una certa ansia da prestazione. Uomini che sono poi diventati professori universitari e scienziati, da studenti, per un singolo esame andato male -non sempre per loro colpa- hanno attraversato periodi di depressione e non hanno fatto più nulla per mesi.
Le dico tutto questo per farla riflettere serenamente.
Non guardi la magistrale come uno spauracchio insormontabile, ma nemmeno deve imporsela subito come un'amara medicina, a tutti i costi, perfino a rischio di non godersi la gravidanza e i primi mesi del suo bambino.
Se per ora si riposa, sospendendo l'iscrizione per un anno, se legge e fa altre cose, vedrà che riprenderà lo slancio con ben altre risorse. A proposito: quale indirizzo di magistrale ha scelto?
Le faccio tanti auguri per tutto, futura collega.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

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Utente
Utente
Gentile dottoressa,
Grazie della risposta e delle parole rassicuranti. Ho scelto come indirizzo quello di psicologia clinica.
Non sono mai stata esitante nella vita, sono sempre stata piuttosto risoluta e avventurosa, determinata in ogni scelta e perseverante nei miei scopi, perciò mi stranisco: la mia più grande paura è lasciare una porta sempre aperta senza attraversarla mai. Lasciare una questione in sospeso. Il grande punto interrogativo mi preoccupa molto più della questione in sè. Non saper decidere mi logora, perché non è da me. Rimandare la scelta mi fornisce un motivo di preoccupazione costante che va a intaccare tutto il resto. Già l'anno scorso ho preso la decisione di darmi del tempo, ma sono sempre allo stesso punto. Il diciotto dell'anno scorso non l'ho accettato. In effetti ho concluso la triennale con una tesi eccellente e la mia relatrice mi dimostrò una forte delusione, mi disse che ero brillante ma i miei voti non lo rispecchiavano e che ero uno spreco. Questa sua affermazione mi ha seguita alla magistrale, volevo in qualche modo avere una rivalsa, migliorare con i voti, ma poi il diciotto. Vivo l'avvilimento di voler dimostrare qualcosa quando in effetti con gli esami probabilmente non rendo. Li uso come un metro di soddisfazione destinato a darmi delusione. Allora mi chiedo: vale la pena sottopormi a tutto questo?
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.4k 193
Gentile utente,
vedo che il problema è complesso.
Da un canto lei fa l'errore di considerare gli esami universitari un banco di prova del suo valore assoluto, e questo le dà un'ansia da prestazione che non aiuta.
Da un altro canto ci dev'essere un errore nella preparazione e nell'esposizione, se la media della triennale non era adeguata alle sue reali capacità... a meno che, spinta dalla fretta parossistica che mi sembra il terzo aspetto da considerare, lei non corra di furia a concretizzare, prima di avere rinsaldato la preparazione.
Molti fanno così proprio per eludere il primo aspetto, in pratica dicendosi inconsciamente: "L'esame potrebbe misurare il mio valore, ma io dedico poco tempo alla preparazione, così il voto non potrà essere una misura attendibile".
Veniamo al terzo aspetto: la sua fretta spasmodica.
Il più brillante degli studenti non può eludere: 1) l'ansia da pandemia; 2) la stanchezza dello studio; 3) la delusione del cattivo risultato; 4) lo stato di gravidanza e la concentrazione di soma e psiche che la natura, previdente, riserva ad esso.
Ciò detto, se vuole andare avanti nello studio lo faccia con più serenità. Sarà un ottimo esercizio anche per il suo ruolo di mamma: vorrebbe imporre mete irraggiungibili, ansiogene e mortificanti a suo figlio?
Auguri.