Negligenze ripetute, scarso impegno e motivazioni
Buongiorno gentili psicologi, scrivo per chiedervi un parere su alcune difficoltà che sto riscontrando da anni e che non riesco a superare... Sono un ragazzo ormai quasi trentenne, sono al mio primo impiego, da ora mai 6 anni lavoro in un azienda privata, mi occupo principalmente di archiviare pratiche/documenti e accogliere i clienti, contabilità ecc... Questo lavoro l’ho ottenuto per merito dei miei genitori, che avevano delle conoscenze e avendo espresso io le mie difficoltà a portare avanti gli studi universitari, dato che ero bloccato ormai da tempo, pur avendo dato diversi esami con buon profitto, abbiamo deciso insieme che avrei colto questa opportunità lavorativa e che lo studio universitario non faceva al caso mio... Ho fatto un periodo di prova, dove mi sono comportato in modo diligente e sempre preciso e puntuale, dopo questa prova hanno deciso di tenermi e farmi un contratto a tempo indeterminato... Ero molto entusiasta della cosa, però poi con il tempo sono emerse delle grosse difficoltà... premetto che svolgo questo lavoro fuori regione, molto lontano da casa, circa 1000km, avevo iniziato qui l’università e l’obiettivo era quello di laurearmi e nel frattempo lavorare, iniziare a mettere qualcosa da parte, ma non ce l’ho fatta... ora mai iniziò ad essere davvero insofferente della situazione e credo che i miei atteggiamenti sul lavoro siano pesantemente influenzati da questa situazione stagnante... praticamente nel corso di questi anni lavorativi ho avuto momenti davvero altalenanti, alti e bassi per così dire, ho alternato momenti in cui svolgevo diligentemente ciò che mi veniva richiesto, alternando a momenti di assoluta superficialità, negligenza, dovuta forse a una situazione di stanchezza mentale cronica e spossatezza... ho avuto anche delle discussioni con il mio responsabile, ho ricevuto diversi rimproveri, per fortuna mia scritti, ma ho paura che prima o poi arriveranno anche questi, dato che purtroppo il mio atteggiamento non cambia, non riesco a reagire alle cose, perché mi sento ora mai intrappolato in una routine asfissiante, dove sono sempre solo, ad affrontare tutto e nulla cambia... po ho dei problemi anche a casa, una madre molto depressa e instabile... i miei atteggiamenti riguardano principalmente il non svolgere le mie mansioni bene, in poche parole spesso dimentico di archiviare dei documenti, alcuni li ho smarrito ma nessuno se n’è accorto, ho degli atteggiamenti di forte irresponsabilità, atteggiamenti in cui non mi riconosco più... anche l’appartamento in cui vivo e spesso lasciato a se stesso, c’è spesso molto disordine, polvere, vestiti accatastati, vorrei che qualcuno si prenda cura di me, sono ancora fondamentalmente un bambino, sono molto infantile in tutto... ultimamente sto pensando di cambiare percorso lavorativo ma purtroppo da sempre non mi conosco, non so chi sono e dove voglio arrivare, da anni cerco di fare chiarezza in me stesso ma non ci riesco... ho bisogno di un vostro parere...
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Gentile utente,
da molto tempo avrebbe potuto trarre vantaggio da un percorso psicologico, come anche da una visita del medico di famiglia, per verificare se la sua situazione di debolezza, incuria, trascuratezza non abbia delle basi anche organiche.
Direi che oramai (a proposito: si scrive "ormai" o "oramai", non separato) i tempi sono maturi per accedere a questi appoggi specialistici... prima che le sue mancanze vengano scoperte in ufficio, o peggio ancora si facciano sempre più marcate.
Qual è esattamente la diagnosi ricevuta da sua madre? Immagino sia in cura da uno specialista.
Auguri.
da molto tempo avrebbe potuto trarre vantaggio da un percorso psicologico, come anche da una visita del medico di famiglia, per verificare se la sua situazione di debolezza, incuria, trascuratezza non abbia delle basi anche organiche.
Direi che oramai (a proposito: si scrive "ormai" o "oramai", non separato) i tempi sono maturi per accedere a questi appoggi specialistici... prima che le sue mancanze vengano scoperte in ufficio, o peggio ancora si facciano sempre più marcate.
Qual è esattamente la diagnosi ricevuta da sua madre? Immagino sia in cura da uno specialista.
Auguri.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#2]
Utente
Gentile dottoressa, mi scusi se le rispondo con un po’ di ritardo, comunque si la diagnosi è depressione, è in cura da due anni ma non ci sono miglioramenti, prende dei farmaci e delle gocce che aiutano a dormire.. è molto deperita, dimagrita, sono due anni che è così ma sembra non riprendersi più.. non è più la donna forte di un tempo. Lei tra l’altro ha già avuto un periodo di forte depressione come questo, durante la gioventù a causa di problemi con la famiglia di mio padre, i suoceri non volevano che si sposasse con lui perché erano gelosi, le hanno causato un sacco di problemi e addirittura sono arrivati anche a litigare con sua madre e ad alzarle le mani.. poi ha avuto degli aborti, sempre a causa di questo forte stress, ed è piombata in questo malessere che è identico a quello che sta vivendo ora, si sente perseguitata e ha paura che le portino via me e mio fratello, cosa assurda perché siamo entrambi maggiorenni, poi ha paura che la arrestino, vede ogni cosa come un atto persecutorio nei suoi confronti, praticamente è delirante.. un attimo è lucida sembra normale quando parla con me al telefono, però recita, mio padre dice che piange tutto il giorno e ripete sempre le stesse frasi, è convinta che tutta la nostra famiglia finirà in guai seri, ad esempio è convinta che ci arresteranno tutti.. Io ho anche pensato di aver ereditato dei tratti depressivi, dato che questa stanchezza cronica, questa apatia, questo senso di spegnimento emotivo lo vivo da sempre, mi sento come se fossi nato così, ma non riesco a chiedere aiuto, perché purtroppo caratterialmente sono troppo testardo e orgoglioso e ho sempre voluto sbrigarmela da solo, ma credo che non sia più il caso di rimandare..
[#3]
Gentile utente,
dai sintomi che dettaglia, la malattia di sua madre non sembra solo depressione, o quanto meno è associata ad altro.
Lei ha parlato con lo psichiatra che la cura? E' sicuro che sua madre osservi scrupolosamente le prescrizioni, non solo le gocce per dormire, e che sia seguita in un buon centro accreditato? Nessun miglioramento in due anni, con i farmaci e le psicoterapie oggi a disposizione, non sono il risultato che ci si potrebbe attendere. Suo padre e suo fratello cosa dicono?
"Io ho anche pensato di aver ereditato dei tratti depressivi", lei scrive. Sono noti gli effetti delle madri depresse sui figli; non un'eredità genetica, ma un effetto comunque importante, da far valutare presto in sede specialistica.
Vorrei anche farle notare l'incongruenza tra due serie di affermazioni: "questa stanchezza cronica, questa apatia, questo senso di spegnimento emotivo lo vivo da sempre, mi sento come se fossi nato così", scrive.
Quindi ha un marcato malessere, che come già le scrissi si gioverebbe anche di una visita medica. Ma lei conclude l'elenco dei sintomi con queste parole: "non riesco a chiedere aiuto, perché purtroppo caratterialmente sono troppo testardo e orgoglioso e ho sempre voluto sbrigarmela da solo".
Ma lei quando ha qualche malattia, da un'influenza a una polmonite, non si prescrive i farmaci da solo, immagino; e se sviluppa i sintomi di un'appendicite non si opera da solo.
Dunque riserva questa strana testardaggine, questo orgoglio incongruo, alle sole malattie che ritiene di origine psichica?
E pensa che anche sua madre dovrebbe "sbrigarsela da sola"? Ci rifletta.
dai sintomi che dettaglia, la malattia di sua madre non sembra solo depressione, o quanto meno è associata ad altro.
Lei ha parlato con lo psichiatra che la cura? E' sicuro che sua madre osservi scrupolosamente le prescrizioni, non solo le gocce per dormire, e che sia seguita in un buon centro accreditato? Nessun miglioramento in due anni, con i farmaci e le psicoterapie oggi a disposizione, non sono il risultato che ci si potrebbe attendere. Suo padre e suo fratello cosa dicono?
"Io ho anche pensato di aver ereditato dei tratti depressivi", lei scrive. Sono noti gli effetti delle madri depresse sui figli; non un'eredità genetica, ma un effetto comunque importante, da far valutare presto in sede specialistica.
Vorrei anche farle notare l'incongruenza tra due serie di affermazioni: "questa stanchezza cronica, questa apatia, questo senso di spegnimento emotivo lo vivo da sempre, mi sento come se fossi nato così", scrive.
Quindi ha un marcato malessere, che come già le scrissi si gioverebbe anche di una visita medica. Ma lei conclude l'elenco dei sintomi con queste parole: "non riesco a chiedere aiuto, perché purtroppo caratterialmente sono troppo testardo e orgoglioso e ho sempre voluto sbrigarmela da solo".
Ma lei quando ha qualche malattia, da un'influenza a una polmonite, non si prescrive i farmaci da solo, immagino; e se sviluppa i sintomi di un'appendicite non si opera da solo.
Dunque riserva questa strana testardaggine, questo orgoglio incongruo, alle sole malattie che ritiene di origine psichica?
E pensa che anche sua madre dovrebbe "sbrigarsela da sola"? Ci rifletta.
[#4]
Utente
La ringrazio per la celere risposta dottoressa, per un po’ di tempo mia madre ha fatto dei colloqui con cadenza settimanale da una psicologa che l’aveva seguita già nella precedente depressione giovanile, con molta esperienza e che io sappia ha smesso di andarci perché per quasi un anno lei dice di non aver tratto nessun beneficio e perché i colloqui erano diventati ripetitivi, si parlava sempre di queste sue teorie secondo le quali eravamo tutti nei guai e ci avrebbero arrestati tutti, che lei era una cattiva madre, che si sentiva in colpa ed era convinta che ci avrebbero portati via, sia me che mio fratello perché lei era convinta di essere una cattiva.. Va avanti da due anni così, lei è seguita da mio padre perché io vivo molto lontano, fuori regione a circa 1000 km, lei più volte ha manifestato il desiderio che tornassi a casa, per stare con lei, lasciando tutto, licenziandomi.. è diventata molto egoista e ha perso completamente il lume della ragione.. ciò che mi lascia perplesso è che da una persona depressa ci si aspetterebbe anche un crollo nella gestione delle faccende domestiche, della casa, lei invece pulisce, cucina e svolge le faccende come e se non peggio di prima.. a volta mi sembra che reciti un ruolo, che stia mettendo in atto tutto ciò per ottenere non so cosa.. è stata spesso una maniaca del controllo ed è fissata con l’igiene e la pulizia ed è stata sempre una donna molto attenta alle etichette, vivendo in un paese piccolo, la gente mormora.. È sempre stata preoccupata di ciò che la gente, i vicini pensano di noi e sento che quest’ansia da prestazione purtroppo l’ha trasmessa anche a me, nel senso che anche io vivo con una sorta di pressing continuo a livello sociale, rimugino eccessivamente sui miei atteggiamenti, su quello che ho detto, su ciò che avrei voluto dire in un determinato contesto ma non ho detto per paura di essere giudicato, sono sempre iperteso, rigido e imbalsamato come un soldatino e soprattutto non mi conosco, non ho un’identità, non ho delle idee, non ho mai avuto veri sogni o aspirazioni.. sono un guscio vuoto e ho sempre vissuto di sogni effimeri e di accidia. Come le dicevo mia madre è seguita da mio padre, spesso però i farmaci non li prende perché è convinta di non avere nulla, perché altrimenti avrebbero fatto effetto, invece su di lei non sortiscono alcun beneficio. Io un po’ di tempo fa ebbi un colloquio con un noto psichiatra di Roma, mi ci portò lei costringendomi perché aveva notato degli atteggiamenti strani in me.. Era il periodo in cui stava ancora bene, lei mi ci portò perché notò degli strani disegni, un po’ macabri, e perché le confessai la mia omosessualità e lei scandalizzata voleva a tutti i costi farmi cambiare idea e sperava che questo psichiatra ci sarebbe riuscito. Lo psichiatra mi fece diagnosi di depressione anaclitica, ovvero antica, risalente all’infanzia e parlò anche di narcisismo purtroppo, anche se non parlò di vera e propria patologia ma soltanto di tratti, lui sostenne che era una fase dell’adolescenza e che sarebbe passato.. poi addirittura mi parlò di disturbi dell’identità di genere, cosa che non ho assolutamente condiviso, dato che pur essendo omosessuale non mi sono mai sentito a disagio nelle vesti di uomo.. parlò di sindrome abbandonica, mi intimo’ di seguire una terapia e affiancarla a dei farmaci ma non so perché, forse per paura di aprire il vaso di Pandora lasciai scemare la faccenda.. poi a seguito mia madre accettò la cosa e scemò tutto, addirittura mi chiese se avevo trovato qualcuno e mi disse che per lei contava solo la sua felicità.. dopo nemmeno un anno c’è stato il suo crollo psicologico.
[#5]
Gentile utente,
nel suo racconto molto toccante, che delinea proprio ciò che avevo ipotizzato circa le conseguenze su di lei della malattia materna, c'è ad un certo punto quello che forse è un lapsus, nella penultima riga: "mi disse che per lei contava solo la sua felicità..". Intendeva proprio questo, o al posto di "sua" voleva scrivere "mia"?
Molto significativa è anche l'affermazione secondo cui lei, se si fosse curato, temeva di aprire il vaso di Pandora. In che senso? Cosa temeva di scoprire?
A quel che capisco, la visita dallo psichiatra è avvenuta molti anni fa, se le fu detto che era "una fase dell’adolescenza".
Il "crollo" di sua madre è avvenuto, come dice, un anno dopo: quindi dura ormai da anni?
Ancora una volta, la condizione di sua madre, che descrive, non si identifica clinicamente con la depressione.
Nel tentativo spasmodico di interpretarla, lei si tortura inutilmente. Anche quello che scrive sulla diagnosi da lei stesso ricevuta appare travisato, come può avvenire nel ricostruire le parole di uno specialista da parte di chi non lo è.
Mi chiedo se lo psichiatra abbia proposto una terapia familiare che coinvolgesse insieme lei e sua madre.
Ho l'impressione che la sua situazione attuale potrebbe costituire un punto di svolta. Sta a lei determinarne la direzione, facendo il grande passo verso la fiducia nelle cure.
Le faccio i migliori auguri.
nel suo racconto molto toccante, che delinea proprio ciò che avevo ipotizzato circa le conseguenze su di lei della malattia materna, c'è ad un certo punto quello che forse è un lapsus, nella penultima riga: "mi disse che per lei contava solo la sua felicità..". Intendeva proprio questo, o al posto di "sua" voleva scrivere "mia"?
Molto significativa è anche l'affermazione secondo cui lei, se si fosse curato, temeva di aprire il vaso di Pandora. In che senso? Cosa temeva di scoprire?
A quel che capisco, la visita dallo psichiatra è avvenuta molti anni fa, se le fu detto che era "una fase dell’adolescenza".
Il "crollo" di sua madre è avvenuto, come dice, un anno dopo: quindi dura ormai da anni?
Ancora una volta, la condizione di sua madre, che descrive, non si identifica clinicamente con la depressione.
Nel tentativo spasmodico di interpretarla, lei si tortura inutilmente. Anche quello che scrive sulla diagnosi da lei stesso ricevuta appare travisato, come può avvenire nel ricostruire le parole di uno specialista da parte di chi non lo è.
Mi chiedo se lo psichiatra abbia proposto una terapia familiare che coinvolgesse insieme lei e sua madre.
Ho l'impressione che la sua situazione attuale potrebbe costituire un punto di svolta. Sta a lei determinarne la direzione, facendo il grande passo verso la fiducia nelle cure.
Le faccio i migliori auguri.
Questo consulto ha ricevuto 5 risposte e 3.4k visite dal 22/12/2020.
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