Relazione con gli altri
Scrivo perché vorrei capire meglio un meccanismo che si instaura nella relazione con gli altri.
Mi sono resa conto nel tempo che suscito due tipi di risposta nelle persone che forse sono due facce della stessa medaglia.
Sono una persona carismatica per cui ho attorno a me orecchi attenti a quello che dico e spesso la mia parola risulta decisiva in vari contesti.
Vedo e vado al nocciolo delle cose e le svelo in qualche modo suscitando anche a volte sorpresa.
Tutto questo lo faccio in modo comunque molto naturale, ho sempre osservato la realtà e colto particolari che alla maggior parte delle persone sfuggono.
Ad ogni modo noto che le persone o mi guardano con una certa fascinazione e quindi sono attratti da questo sguardo sulle cose, dalla mia tendenza a sbucciarle, o rispondono con molta insicurezza che diventa facilmente reattiva, quasi un po' ostile.
Tentano cioè di ferirmi, e forse difendersi a loro modo?
Peraltro se qualcuno non è d'accordo con me non ne faccio un dramma, ma riconosco la differenza tra non essere d'accordo e svalutare la parola dell'altro.
C'è da dire a loro discolpa che frequentemente sono disinteressata a livello relazionale a meno che l'altro non abbia caratteristiche che stuzzichino la mia mente o la mera curiosità (sono affascinata più da un barbone che da molti colleghi di lavoro, come se li trovassi scontati e noiosi.
Sterili per quanto riguarda una mia conoscenza del mondo che contenga il mai visto, il singolare.
Non sopporto infatti la tendenza)
Quindi quand'anche la risposta suscitata sia di fascinazione su me non ha un effetto nel legame, non lo rafforza.
Rimane una profonda indifferenza a meno che l'altro non produca in me uguale sentimento.
Con le poche persone con cui questa reciprocità avviene (siano uomini o donne) però si crea un forte affiatamento.
(Sono pochissime)
Questa reazione che suscito mi svela qualcosa degli altri o qualcosa di me?
Cioè non è che chi reagisce con ostilità non accetta in fondo di essere indifferente per l'altro?
A me l'indifferenza degli altri non tocca più di tanto, ho la mia fonte privata di acqua che è l'arte dove spesso non è necessaria alcuna presenza; semmai molta assenza.
Grazie
Mi sono resa conto nel tempo che suscito due tipi di risposta nelle persone che forse sono due facce della stessa medaglia.
Sono una persona carismatica per cui ho attorno a me orecchi attenti a quello che dico e spesso la mia parola risulta decisiva in vari contesti.
Vedo e vado al nocciolo delle cose e le svelo in qualche modo suscitando anche a volte sorpresa.
Tutto questo lo faccio in modo comunque molto naturale, ho sempre osservato la realtà e colto particolari che alla maggior parte delle persone sfuggono.
Ad ogni modo noto che le persone o mi guardano con una certa fascinazione e quindi sono attratti da questo sguardo sulle cose, dalla mia tendenza a sbucciarle, o rispondono con molta insicurezza che diventa facilmente reattiva, quasi un po' ostile.
Tentano cioè di ferirmi, e forse difendersi a loro modo?
Peraltro se qualcuno non è d'accordo con me non ne faccio un dramma, ma riconosco la differenza tra non essere d'accordo e svalutare la parola dell'altro.
C'è da dire a loro discolpa che frequentemente sono disinteressata a livello relazionale a meno che l'altro non abbia caratteristiche che stuzzichino la mia mente o la mera curiosità (sono affascinata più da un barbone che da molti colleghi di lavoro, come se li trovassi scontati e noiosi.
Sterili per quanto riguarda una mia conoscenza del mondo che contenga il mai visto, il singolare.
Non sopporto infatti la tendenza)
Quindi quand'anche la risposta suscitata sia di fascinazione su me non ha un effetto nel legame, non lo rafforza.
Rimane una profonda indifferenza a meno che l'altro non produca in me uguale sentimento.
Con le poche persone con cui questa reciprocità avviene (siano uomini o donne) però si crea un forte affiatamento.
(Sono pochissime)
Questa reazione che suscito mi svela qualcosa degli altri o qualcosa di me?
Cioè non è che chi reagisce con ostilità non accetta in fondo di essere indifferente per l'altro?
A me l'indifferenza degli altri non tocca più di tanto, ho la mia fonte privata di acqua che è l'arte dove spesso non è necessaria alcuna presenza; semmai molta assenza.
Grazie
[#1]
Psicologo, Psicoterapeuta
Premessa: scusa il tu, ma io non uso altra forma di cortesia.
Venendo alle tue domande, contengono già le risposte.
Questa reazione che suscito mi svela qualcosa degli altri o qualcosa di me?
Ogni relazione (che tu chiami reazione suscitata) ti svela qualcosa degli altri, ma soprattutto di te stessa.
Cioè non è che chi reagisce con ostilità non accetta in fondo di essere indifferente per l’altro?
Non esiste essere umano che sia completamente indifferente alla relazione con gli altri (alla reazione degli altri). Non lo sono loro, non lo sei neanche tu. Infatti ti interroghi su tutto ciò e scrivi a qualcuno per chiedere un parere. E qualcuno, in questo caso io, non è indifferente alla tua richiesta.
Ma tra il non essere indifferente ed essere carismatico , interessante , c’è un abisso, che non si colma con la mente.
Quindi arriviamo alla conclusione, l’indifferenza ti tocca eccome. Del resto, se così non fosse, non avresti interesse alcuno per l’arte. Hai sentimenti, hai sensazioni, e vuoi relazioni, emozioni, ma queste spesso fanno male.
La tua fonte privata di acqua è sicuramente appagante, ma forse a volte avresti voglia semplicemente di qualcuno che non ti fosse indifferente, ed a cui non essere indifferente. Ma che non stia lì ad ammirare il tuo carisma, le tue abilità, i tuoi tanti interessi, ma per come sei tu davvero, dentro. E dentro forse sei un condensato di tutte queste cose, con l’aggiunta di qualcosa di più, di solo tuo, magari però secondo te molto meno interessante . La tua storia per esempio, di cui ti guardi bene di parlare (noi psicoanalisti stiamo in fissa con la storia personale, dovresti saperlo :D )
Mi hai detto che sei una persona molto diretta, e la tua lettera lo dimostra, io per correttezza lo sono stato altrettanto con te.
Ma colpire con la propria sincerità è un modo a volte elegante per non essere colpiti. E' che solo noi psicoterapeuti siamo addirittura pagati per comportarci così :D Scherzo, ma mica tanto, nella vita di tutti i giorni non funziona così bene, purtroppo. Le relazioni finiscono per diventare continue scaramucce. Divertenti forse, ma alla lunga stancanti.
Spero di esserti stato almeno un poco di aiuto.
Ciao.
Venendo alle tue domande, contengono già le risposte.
Questa reazione che suscito mi svela qualcosa degli altri o qualcosa di me?
Ogni relazione (che tu chiami reazione suscitata) ti svela qualcosa degli altri, ma soprattutto di te stessa.
Cioè non è che chi reagisce con ostilità non accetta in fondo di essere indifferente per l’altro?
Non esiste essere umano che sia completamente indifferente alla relazione con gli altri (alla reazione degli altri). Non lo sono loro, non lo sei neanche tu. Infatti ti interroghi su tutto ciò e scrivi a qualcuno per chiedere un parere. E qualcuno, in questo caso io, non è indifferente alla tua richiesta.
Ma tra il non essere indifferente ed essere carismatico , interessante , c’è un abisso, che non si colma con la mente.
Quindi arriviamo alla conclusione, l’indifferenza ti tocca eccome. Del resto, se così non fosse, non avresti interesse alcuno per l’arte. Hai sentimenti, hai sensazioni, e vuoi relazioni, emozioni, ma queste spesso fanno male.
La tua fonte privata di acqua è sicuramente appagante, ma forse a volte avresti voglia semplicemente di qualcuno che non ti fosse indifferente, ed a cui non essere indifferente. Ma che non stia lì ad ammirare il tuo carisma, le tue abilità, i tuoi tanti interessi, ma per come sei tu davvero, dentro. E dentro forse sei un condensato di tutte queste cose, con l’aggiunta di qualcosa di più, di solo tuo, magari però secondo te molto meno interessante . La tua storia per esempio, di cui ti guardi bene di parlare (noi psicoanalisti stiamo in fissa con la storia personale, dovresti saperlo :D )
Mi hai detto che sei una persona molto diretta, e la tua lettera lo dimostra, io per correttezza lo sono stato altrettanto con te.
Ma colpire con la propria sincerità è un modo a volte elegante per non essere colpiti. E' che solo noi psicoterapeuti siamo addirittura pagati per comportarci così :D Scherzo, ma mica tanto, nella vita di tutti i giorni non funziona così bene, purtroppo. Le relazioni finiscono per diventare continue scaramucce. Divertenti forse, ma alla lunga stancanti.
Spero di esserti stato almeno un poco di aiuto.
Ciao.
[#2]
Ex utente
Grazie dr. Guido Massimo Bezzato,
ha ragione a dire che non si può essere del tutto indifferenti ma proprio per il mio affiatato legame con l'arte diciamo che sono quanto meno distaccata dal mondo relazionale "umano". Dico umano perché l'arte è relazione, non tanto tra sé e l'altro umano ma tra sé e l'altro disumano. C'è molta pienezza in questo tipo di dialogo, e crudezza. Io parlo con le persone ma da lontano. Quello che ho dentro lo dico nell'espressione artistica che peraltro tengo attentamente nascosta perché ci manca solo che la metta a disposizione di eventuali cannibalismi, quello si che mi farebbe a pezzi.
L'arte peraltro è un luogo veramente arroccato, non DEVE esserci alcun altro. Poi l'opera può o meno essere condivisa con altri, ma quello è un secondo step non sempre presente. Emily Dickinson non pubblicò mai una poesia. Le rannicchiava tutte in piccoli anfratti della sua solitaria esistenza.
Poi c'è sicuramente un combattimento a volte feroce tra "con" e "senza" con poche vie di mezzo...ma credo in fondo di aver sempre preferito alla fin fine il "senza" che mi sembra molto vicino alla vita. La sottrazione la preferisco all'addizione e sembra sia anche una logica del "naturale". D'altronde è sbucciando, sottraendo che si va al cuore.
Quello che sono io "dentro" non potrò mai esserlo con qualcun altro, ma solo con me stessa. Questo riguarda tutti noi..o sbaglio? E' il motivo nucleico per cui l'altro ci aliena.
Non so bene cosa ho scritto e se sia pertinente, grazie ancora..
ha ragione a dire che non si può essere del tutto indifferenti ma proprio per il mio affiatato legame con l'arte diciamo che sono quanto meno distaccata dal mondo relazionale "umano". Dico umano perché l'arte è relazione, non tanto tra sé e l'altro umano ma tra sé e l'altro disumano. C'è molta pienezza in questo tipo di dialogo, e crudezza. Io parlo con le persone ma da lontano. Quello che ho dentro lo dico nell'espressione artistica che peraltro tengo attentamente nascosta perché ci manca solo che la metta a disposizione di eventuali cannibalismi, quello si che mi farebbe a pezzi.
L'arte peraltro è un luogo veramente arroccato, non DEVE esserci alcun altro. Poi l'opera può o meno essere condivisa con altri, ma quello è un secondo step non sempre presente. Emily Dickinson non pubblicò mai una poesia. Le rannicchiava tutte in piccoli anfratti della sua solitaria esistenza.
Poi c'è sicuramente un combattimento a volte feroce tra "con" e "senza" con poche vie di mezzo...ma credo in fondo di aver sempre preferito alla fin fine il "senza" che mi sembra molto vicino alla vita. La sottrazione la preferisco all'addizione e sembra sia anche una logica del "naturale". D'altronde è sbucciando, sottraendo che si va al cuore.
Quello che sono io "dentro" non potrò mai esserlo con qualcun altro, ma solo con me stessa. Questo riguarda tutti noi..o sbaglio? E' il motivo nucleico per cui l'altro ci aliena.
Non so bene cosa ho scritto e se sia pertinente, grazie ancora..
Questo consulto ha ricevuto 2 risposte e 756 visite dal 24/11/2020.
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