Dubbi emersi dopo un attacco di panico
Salve dottori, qualche settimana fa ho avuto un attacco di panico dal nulla.
Non il primo, ne ho avuti altri 2 (o uno e mezzo come dico io) che peró a parte i momenti in se del panico, una volta finito, ciao, nessun problema.
A questo qua invece ho dato tutte le mie attenzioni, ingigantito a dismisura, pensato e ripensato ai motivi del perchè, fatto ricerche su google e datomi autodiagnosi (che ovviamente, sono spaventose).
Lo so che tutto ció è sbagliato, ma è nel sangue di un ansioso seriale, scusate il termine.
Ora mi trovo in un circolo vizioso di pensieri e pensieri e ricerche di risposte.
Ho già avuto un momento simile anni fa in seguito ad un trauma (nulla di che, ma l'avevo ingigantito tantissimo) ed pian piano dopo mesi l'ho dimenticato e basta... Si è ripresentato anni dopo dopo essete stato in presenza della "sorgente" del trauma, ma di nuovo, passato.
Anche se quella volta in qualche modo il pericolo era piú reale di adesso, potevo in qualche modo scappare da esso, ora che ho messo in dubbio tutta la mia vita, è piú difficile scappare da me, almeno, i pensieri dicono cosí.
Sto leggendo un libro (La trappola della felicità), ma i miei dubbi sono:
1.
Lascio che passi cercando di focalizzarmi su altro, anche se non è facile?
Lascio che svanisca come le altre volte, sperando che lo faccia?
2.
Oppure lo affronto, ma con la paura che cosí facendo gli do ancora piú importanza?
Questo dubbio mi impedisce anche di cominciare una terapia.
"Ne ho bisogno?
E se mi dico di si allora gli do ancora piú importanza?
"
Un'altro dubbio è:
So piú o meno da cosa derivano tutti sti pensieri.
Mancanza di amici, di un lavoro, troppo tempo a casa da solo ecc, ovviamente ingigantiti a dismisura da me stesso, ma ci sono.
Prima dell'attacco di panico ci stavo male un pó a volte, ma non avevano mai avuto tale importanza come ora.
E mi dico, meglio cercare di risolvere sta cosa risolvendo quelli che sono i problemi che penso siano all'origine?
Amici, lavoro ecc.
Oppure se mi affido su cose esterne per il mio benessere, non risolveró mai?
Nel senso, pretendo da me di stare bene anche chiuso in una stanza buia, perchè il benessere dovrebbe venire da dentro, mi dico (e mi dicono).
Scusate per il lungo messaggio, spero di essere stato abbastanza chiaro.
Grazie in anticipo per delucidazioni.
Non il primo, ne ho avuti altri 2 (o uno e mezzo come dico io) che peró a parte i momenti in se del panico, una volta finito, ciao, nessun problema.
A questo qua invece ho dato tutte le mie attenzioni, ingigantito a dismisura, pensato e ripensato ai motivi del perchè, fatto ricerche su google e datomi autodiagnosi (che ovviamente, sono spaventose).
Lo so che tutto ció è sbagliato, ma è nel sangue di un ansioso seriale, scusate il termine.
Ora mi trovo in un circolo vizioso di pensieri e pensieri e ricerche di risposte.
Ho già avuto un momento simile anni fa in seguito ad un trauma (nulla di che, ma l'avevo ingigantito tantissimo) ed pian piano dopo mesi l'ho dimenticato e basta... Si è ripresentato anni dopo dopo essete stato in presenza della "sorgente" del trauma, ma di nuovo, passato.
Anche se quella volta in qualche modo il pericolo era piú reale di adesso, potevo in qualche modo scappare da esso, ora che ho messo in dubbio tutta la mia vita, è piú difficile scappare da me, almeno, i pensieri dicono cosí.
Sto leggendo un libro (La trappola della felicità), ma i miei dubbi sono:
1.
Lascio che passi cercando di focalizzarmi su altro, anche se non è facile?
Lascio che svanisca come le altre volte, sperando che lo faccia?
2.
Oppure lo affronto, ma con la paura che cosí facendo gli do ancora piú importanza?
Questo dubbio mi impedisce anche di cominciare una terapia.
"Ne ho bisogno?
E se mi dico di si allora gli do ancora piú importanza?
"
Un'altro dubbio è:
So piú o meno da cosa derivano tutti sti pensieri.
Mancanza di amici, di un lavoro, troppo tempo a casa da solo ecc, ovviamente ingigantiti a dismisura da me stesso, ma ci sono.
Prima dell'attacco di panico ci stavo male un pó a volte, ma non avevano mai avuto tale importanza come ora.
E mi dico, meglio cercare di risolvere sta cosa risolvendo quelli che sono i problemi che penso siano all'origine?
Amici, lavoro ecc.
Oppure se mi affido su cose esterne per il mio benessere, non risolveró mai?
Nel senso, pretendo da me di stare bene anche chiuso in una stanza buia, perchè il benessere dovrebbe venire da dentro, mi dico (e mi dicono).
Scusate per il lungo messaggio, spero di essere stato abbastanza chiaro.
Grazie in anticipo per delucidazioni.
[#1]
Buongiorno,
il problema delle autodiagnosi è che lei porta una diagnosi ma non descrive cosa le è accaduto, cosa lei intende per attacco di panico. Il primo passaggio che aiuta a capire cosa sta accadendo è rivolgersi al medico di base per escludere cause organiche e, dopo averle escluse, valutare l'opportunità di rivolgersi a uno psicoterapeuta.
Veniamo ora all'attacco di panico. L'attacco di panico è una reazione del corpo e della mente che, per le troppe pressioni, va in "tilt". E' un messaggio del corpo, come se ci dicesse "fermati un momento". In questi casi è importante dare ascolto a questi segnali di allarme e capire a cosa sono legati, cosa ci stanno dicendo. Lei parla di questa possibilità ma la vive come una competizione, dove va capito chi ha ragione. Forse è vero che all'inizio ai nostri sintomo si dedica tempo, si da spazio, ma lo si fa per cercare di comprenderli, di conoscerci, non certo per farsi sovrastare, una paura comprensibile ma non realistica nel momento in cui ci si affida a un professionista.
La saluto, buona giornata
il problema delle autodiagnosi è che lei porta una diagnosi ma non descrive cosa le è accaduto, cosa lei intende per attacco di panico. Il primo passaggio che aiuta a capire cosa sta accadendo è rivolgersi al medico di base per escludere cause organiche e, dopo averle escluse, valutare l'opportunità di rivolgersi a uno psicoterapeuta.
Veniamo ora all'attacco di panico. L'attacco di panico è una reazione del corpo e della mente che, per le troppe pressioni, va in "tilt". E' un messaggio del corpo, come se ci dicesse "fermati un momento". In questi casi è importante dare ascolto a questi segnali di allarme e capire a cosa sono legati, cosa ci stanno dicendo. Lei parla di questa possibilità ma la vive come una competizione, dove va capito chi ha ragione. Forse è vero che all'inizio ai nostri sintomo si dedica tempo, si da spazio, ma lo si fa per cercare di comprenderli, di conoscerci, non certo per farsi sovrastare, una paura comprensibile ma non realistica nel momento in cui ci si affida a un professionista.
La saluto, buona giornata
Dr.ssa Raffaella Gonella
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 973 visite dal 18/11/2020.
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