Ho bisogno di aiuto? se si', quale tipo di aiuto?
Ciao a tutti.
Ho trentaquattro anni, ma non ho un lavoro e vivo con i miei.
Posseggo qualità intellettive e un’esperienza di vita che non dovrebbero giustificare la mia attuale disoccupazione’.
Parlo diverse lingue, ho viaggiato molto; scrivo, disegno, dipingo.
Non una persona spenta o passiva, e anche adesso sto coltivando le mie passioni; un mio romanzo è in finale in un concorso nazionale per esordienti.
La mia immaginazione è ricca.
Eppure, qualche tassello manca.
Devo ammettere che i miei sentimenti sono anestetizzati, attenuati, e paiono raggiungere il loro massimo solo durante le mie fantasie (quelle che spesso si traducono in vere e proprie storie che poi scrivo).
Alcuni muscoli del mio corpo sono spesso tesi, soprattutto quelli mascellari e della bocca, e soffro di bruxismo notturno.
Ammetto che anche se le fantasie con ausilio di musica mi aiutano a creare belle storie, mi sembra di essere troppo ritirato in me stesso.
In realtà, non saprei proprio dove si trova il limite tra giusto o sbagliato.
È difficile dirlo con esattezza.
Il mio male è anche il mio bene: per esempio, mi è difficile esprimere le emozioni senza l’aiuto della musica e delle fantasie, ma attraverso quelle riesco a creare una storia.
Negli ultimi tempi però mi sento spesso stanco o giù di tono.
Credo che quello che ho vissuto all’estero mi abbia segnato: ho lavorato per quattro anni in un negozio come commesso per mantenermi a Londra, mentre studiavo o cercavo altro, ma il modo in cui ho vissuto questa esperienza mi ha portato ad essere ancora più schivo di prima nei confronti del mondo del lavoro e della società moderna in generale.
E' molto difficile entrare in intimità con qualcuno.
Con le donne, credo di non avere un approccio sano: sono schivo, temo il rifiuto, ’abbandono, del tradimento.
È vero che le donne mi hanno giocato brutti tiri nel momento in cui mi sono mostrato fragile con loro, ma sono consapevole che questo non mi giustifica: credo che a questo punto ci sia un irrigidimento da parte mia che mi preclude un sano approccio all’altro sesso.
La mia domanda è: quale tipo di approccio psicologico potrebbe aiutarmi a rimettermi in contatto con i miei sentiment più veri, rispettando il mio lato creativo?
Il mio scopo è soprattutto aumentare la mia energia, la mia vitalità e provare sensazioni che ho perso.
Io non credo che trovare questo o quel lavoro, come credono i miei, risolverà i miei problemi.
Al contrario, nella mia esperienza trovare un’occupazione qualsiasi, e quindi un lavoro alienante il più delle volte, in queste condizioni è quasi un danno.
Vorrei essere più genuino.
Meno maschere.
Riuscire a mostrarmi fragile.
Mi conosco abbastanza bene ormai e so quello che desidero, almeno dal punto di vista intellettuale.
Conosco i miei talenti, ma credo di aver perso dei pezzi di cuore senza i quali sembra molto difficile relazionarsi con il mondo.
Suggerimenti?
Ho trentaquattro anni, ma non ho un lavoro e vivo con i miei.
Posseggo qualità intellettive e un’esperienza di vita che non dovrebbero giustificare la mia attuale disoccupazione’.
Parlo diverse lingue, ho viaggiato molto; scrivo, disegno, dipingo.
Non una persona spenta o passiva, e anche adesso sto coltivando le mie passioni; un mio romanzo è in finale in un concorso nazionale per esordienti.
La mia immaginazione è ricca.
Eppure, qualche tassello manca.
Devo ammettere che i miei sentimenti sono anestetizzati, attenuati, e paiono raggiungere il loro massimo solo durante le mie fantasie (quelle che spesso si traducono in vere e proprie storie che poi scrivo).
Alcuni muscoli del mio corpo sono spesso tesi, soprattutto quelli mascellari e della bocca, e soffro di bruxismo notturno.
Ammetto che anche se le fantasie con ausilio di musica mi aiutano a creare belle storie, mi sembra di essere troppo ritirato in me stesso.
In realtà, non saprei proprio dove si trova il limite tra giusto o sbagliato.
È difficile dirlo con esattezza.
Il mio male è anche il mio bene: per esempio, mi è difficile esprimere le emozioni senza l’aiuto della musica e delle fantasie, ma attraverso quelle riesco a creare una storia.
Negli ultimi tempi però mi sento spesso stanco o giù di tono.
Credo che quello che ho vissuto all’estero mi abbia segnato: ho lavorato per quattro anni in un negozio come commesso per mantenermi a Londra, mentre studiavo o cercavo altro, ma il modo in cui ho vissuto questa esperienza mi ha portato ad essere ancora più schivo di prima nei confronti del mondo del lavoro e della società moderna in generale.
E' molto difficile entrare in intimità con qualcuno.
Con le donne, credo di non avere un approccio sano: sono schivo, temo il rifiuto, ’abbandono, del tradimento.
È vero che le donne mi hanno giocato brutti tiri nel momento in cui mi sono mostrato fragile con loro, ma sono consapevole che questo non mi giustifica: credo che a questo punto ci sia un irrigidimento da parte mia che mi preclude un sano approccio all’altro sesso.
La mia domanda è: quale tipo di approccio psicologico potrebbe aiutarmi a rimettermi in contatto con i miei sentiment più veri, rispettando il mio lato creativo?
Il mio scopo è soprattutto aumentare la mia energia, la mia vitalità e provare sensazioni che ho perso.
Io non credo che trovare questo o quel lavoro, come credono i miei, risolverà i miei problemi.
Al contrario, nella mia esperienza trovare un’occupazione qualsiasi, e quindi un lavoro alienante il più delle volte, in queste condizioni è quasi un danno.
Vorrei essere più genuino.
Meno maschere.
Riuscire a mostrarmi fragile.
Mi conosco abbastanza bene ormai e so quello che desidero, almeno dal punto di vista intellettuale.
Conosco i miei talenti, ma credo di aver perso dei pezzi di cuore senza i quali sembra molto difficile relazionarsi con il mondo.
Suggerimenti?
[#1]
Gentile utente,
di sé ci comunica troppo poco per aiutarla ad affrontare davvero il suo problema. Stati d'animo, sensazioni, ambizioni, sogni, ma niente di concreto.
Non ci scrive il suo titolo di studio, non quanti romanzi o racconti o articoli giornalistici abbia già pubblicato. Circa la sua esperienza di Londra, fondamentale per molti giovani, non ci dice cosa ha studiato in quella città che offre corsi brevi o lunghi di tutti i generi. Scrive solo: "studiavo o cercavo altro".
Cosa "altro"? Se si tratta di droga o alcol, spiegherebbe molto del suo attuale disagio.
Se invece inseguiva il successo artistico, si è iscritto ad una scuola di scrittura, di letteratura, di teatro, di pittura, di musica? Con quali esiti?
Oppure si è limitato, come attività, a fare il commesso, traendone solo impressioni negative sul mondo del lavoro? E il piacere di mantenersi, di essere utile a sé stesso, non l' ha avvertito nemmeno un po'?
Immagino che lei venga da una famiglia che le lascerà abbastanza da non dover mai lavorare. Altrimenti sta buttando la cosa fondamentale: la costruzione della propria vita, che prende le mosse dall'attività che ci rende indipendenti e ci permette di lasciare la nostra impronta nel mondo.
Scrive di sentirsi "troppo ritirato in me stesso", ma sembra piuttosto, come un pre-adolescente, troppo concentrato su sé stesso, per lo più su fatti marginali: il bruxismo, la tensione muscolare, i momenti di stanchezza, forse di spleen.
Un buon suggerimento è quello dei suoi: entrare con decisione nel mondo del lavoro, misurarsi con la realtà di ciò che è e che davvero può diventare. Ma oltre a darle il suggerimento, dovrebbero tagliarle i viveri. Sono in grado di farlo?
Un altro suggerimento è sentire un bravo psicologo, senza perdersi a cercarne di questa o quella specializzazione. Ma un percorso psicologico, per determinare il cambiamento, le richiederebbe un impegno ancora maggiore di quello di mettersi a lavorare. Ne sarà capace?
Se riflette fino in fondo che la vita è la sua, è una sola e non le conviene sprecarla, forse sì.
Auguri.
di sé ci comunica troppo poco per aiutarla ad affrontare davvero il suo problema. Stati d'animo, sensazioni, ambizioni, sogni, ma niente di concreto.
Non ci scrive il suo titolo di studio, non quanti romanzi o racconti o articoli giornalistici abbia già pubblicato. Circa la sua esperienza di Londra, fondamentale per molti giovani, non ci dice cosa ha studiato in quella città che offre corsi brevi o lunghi di tutti i generi. Scrive solo: "studiavo o cercavo altro".
Cosa "altro"? Se si tratta di droga o alcol, spiegherebbe molto del suo attuale disagio.
Se invece inseguiva il successo artistico, si è iscritto ad una scuola di scrittura, di letteratura, di teatro, di pittura, di musica? Con quali esiti?
Oppure si è limitato, come attività, a fare il commesso, traendone solo impressioni negative sul mondo del lavoro? E il piacere di mantenersi, di essere utile a sé stesso, non l' ha avvertito nemmeno un po'?
Immagino che lei venga da una famiglia che le lascerà abbastanza da non dover mai lavorare. Altrimenti sta buttando la cosa fondamentale: la costruzione della propria vita, che prende le mosse dall'attività che ci rende indipendenti e ci permette di lasciare la nostra impronta nel mondo.
Scrive di sentirsi "troppo ritirato in me stesso", ma sembra piuttosto, come un pre-adolescente, troppo concentrato su sé stesso, per lo più su fatti marginali: il bruxismo, la tensione muscolare, i momenti di stanchezza, forse di spleen.
Un buon suggerimento è quello dei suoi: entrare con decisione nel mondo del lavoro, misurarsi con la realtà di ciò che è e che davvero può diventare. Ma oltre a darle il suggerimento, dovrebbero tagliarle i viveri. Sono in grado di farlo?
Un altro suggerimento è sentire un bravo psicologo, senza perdersi a cercarne di questa o quella specializzazione. Ma un percorso psicologico, per determinare il cambiamento, le richiederebbe un impegno ancora maggiore di quello di mettersi a lavorare. Ne sarà capace?
Se riflette fino in fondo che la vita è la sua, è una sola e non le conviene sprecarla, forse sì.
Auguri.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#2]
Utente
Gentile dottoressa, purtroppo c'era poco spazio e non potevo dire di piu', altrimenti avrei inserito molti altri dettagli. Dai venti ai trent'anni mi sono laureato in Scienze Ambientali, ho lavorato come assistente di volo per alcuni mesi, poi ho cambiato corso di studi, passando a quelli artistici. L'ho fatto perche' mi ero reso conto che dovevo prendere contatto con il mio vero talento, e credo che sia stata una mossa molto giusta, seppur venuta in ritardo. Ho seguito corsi d'illustrazione e grafica e lavorato come grafico presso un'importante azienda del meridione. A Londra ho fatto un corso di un anno di grafica (finito con successo), ho cercato lavoro prima e dopo questo corso senza successo. Niente droga e niente alcool, non ho fumato una sola sigaretta in vita mia. Per quanto riguarda tagliarmi i viveri, potrebbero anche farlo se volessero, ma credo sarebbe inutile per il mio percorso, e in fondo se ne rendono conto anche loro: finirei a fare un lavoro qualsiasi per mantenermi, mentre io vorrei dare una svolta alla mia vita, superando problemi che evidentemente mi porto appresso da sempre. Non mi reputo di certo un pre-adolescente, proprio perche' ho fatto scelte che probabilmente neanche i miei stessi genitori hanno avuto il coraggio di fare alla mia eta'; incluso andare da alcuni psicologi, che mi hanno in parte aiutato a superare una fase di stallo nella mia vita. Mi conosco molto bene perche' ho sperimentato il mondo abbastanza, a questo punto. Eppure, riconosco che alcuni miei problemi emotivi possono avere origini arcaiche, e allora in questo senso, si', mi considero un bambino. Quindi, ripropongo la mia domanda: che tipo di terapia potrei seguire? Ho riportato i problemi relativi al corpo perche' sono affascinato dall'approccio di Alexander Lowen che, appunto non sottovaluta il corpo e parte da questo per leggere le dinamiche interne delle persone.
[#3]
Gentile utente,
sembrerebbe adatta a lei la psicoterapia funzionale-corporea.
Nella sua città, tra l'altro, c'è una validissima psicoterapeuta di questa scuola, che ha scritto molti libri, tra cui "Abitare la menzogna".
Le ripeto però che è l'impegno personale, unito alla fiducia nel terapeuta, a determinare il successo di un percorso, e il fatto che lei sia già andato da alcuni psicologi senza superare i suoi problemi sembrerebbe un segnale negativo.
Tuttavia, dipende ancora da lei impegnarsi, mettendo da parte la fuorviante meta di "conoscere sé stesso", eredità di un'arcaica visione psicoanalitica che teneva il paziente sdraiato sul lettino per tutta la vita.
Tenga conto che molti psicoterapeuti chiedono al cliente di essere in grado di pagare in proprio il loro onorario, e questo potrebbe forzarla a rispolverare qualche titolo di studio; forse la laurea, se è di vecchio ordinamento o magistrale?
In ogni caso, lei ha la fortuna di poter scegliere.
Le auguro di farlo nella direzione più opportuna.
sembrerebbe adatta a lei la psicoterapia funzionale-corporea.
Nella sua città, tra l'altro, c'è una validissima psicoterapeuta di questa scuola, che ha scritto molti libri, tra cui "Abitare la menzogna".
Le ripeto però che è l'impegno personale, unito alla fiducia nel terapeuta, a determinare il successo di un percorso, e il fatto che lei sia già andato da alcuni psicologi senza superare i suoi problemi sembrerebbe un segnale negativo.
Tuttavia, dipende ancora da lei impegnarsi, mettendo da parte la fuorviante meta di "conoscere sé stesso", eredità di un'arcaica visione psicoanalitica che teneva il paziente sdraiato sul lettino per tutta la vita.
Tenga conto che molti psicoterapeuti chiedono al cliente di essere in grado di pagare in proprio il loro onorario, e questo potrebbe forzarla a rispolverare qualche titolo di studio; forse la laurea, se è di vecchio ordinamento o magistrale?
In ogni caso, lei ha la fortuna di poter scegliere.
Le auguro di farlo nella direzione più opportuna.
Questo consulto ha ricevuto 4 risposte e 986 visite dal 27/10/2020.
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