Sindrome del migrante? persiste dopo rientro a casa?
Salve,
un "problema" emotivo che credevo di essermi lasciata alle spalle si è ripresentato in un contesto diverso.
Ho trascorso un periodo all'estero per lavoro da sola.
Avevo un po' d'ansia prima di partire ma ero anche fiduciosa del tornaconto che ne avrei avuto.
Una volta nell'altro Paese mi sono sentita poco integrata anche a causa della grande differenza nell'organizzazione del lavoro da parte dell'azienda (sono passata dal lavorare in team nel mio paese a lavorare in solitaria nel Paese straniero) e ciò mi ha portata a sentirmi sempre più socialmente isolata.
Ho iniziato ad avere una tristezza costante e una sensazione come di lutto.
Piangevo spesso e senza un fattore scatenante o una ragione precisa.
Per non far preoccupare a casa, non ho condiviso con nessuno delle persone care questo malessere, e con nessuno in generale.
Sono arrivata anche ad avere sintomi fisici di questa costante situazione di stress (febbricola, nausea, inappetenza).
Sono poi rientrata anticipatamente a casa a causa del lockdown, con abbastanza fretta, e in maniera frenetica.
Ma ne ero così sollevata da passare i primi 10 giorni dal rientro a piangere "di gioia" per qualsiasi sciocchezza.
Ho vissuto il lockdown a casa con la mia famiglia in maniera molto serena fino a quando anche le misure restrittive dovute al Covid si sono allentate e la vita è tornata quasi come era prima che partissi.
Pensavo di essermi lasciata tutto alle spalle, eppure appena hanno annunciato un probabile ritorno al lockdown, ho avuto una crisi di pianto incontrollata e sono in costante ansia.
Eppure adesso non sono da sola all'estero ma a casa con la mia famiglia! Non riesco a capire perché associo questo momento a quel periodo e perché per me quel ricordo è ancora così ansiogeno.
La cosa mi spaventa molto perché le sensazioni di un periodo che credevo superato stanno riaffiorando e in un contesto diverso, e mi chiedo se me ne trascinerò il peso per sempre...
Grazie dell'aiuto.
un "problema" emotivo che credevo di essermi lasciata alle spalle si è ripresentato in un contesto diverso.
Ho trascorso un periodo all'estero per lavoro da sola.
Avevo un po' d'ansia prima di partire ma ero anche fiduciosa del tornaconto che ne avrei avuto.
Una volta nell'altro Paese mi sono sentita poco integrata anche a causa della grande differenza nell'organizzazione del lavoro da parte dell'azienda (sono passata dal lavorare in team nel mio paese a lavorare in solitaria nel Paese straniero) e ciò mi ha portata a sentirmi sempre più socialmente isolata.
Ho iniziato ad avere una tristezza costante e una sensazione come di lutto.
Piangevo spesso e senza un fattore scatenante o una ragione precisa.
Per non far preoccupare a casa, non ho condiviso con nessuno delle persone care questo malessere, e con nessuno in generale.
Sono arrivata anche ad avere sintomi fisici di questa costante situazione di stress (febbricola, nausea, inappetenza).
Sono poi rientrata anticipatamente a casa a causa del lockdown, con abbastanza fretta, e in maniera frenetica.
Ma ne ero così sollevata da passare i primi 10 giorni dal rientro a piangere "di gioia" per qualsiasi sciocchezza.
Ho vissuto il lockdown a casa con la mia famiglia in maniera molto serena fino a quando anche le misure restrittive dovute al Covid si sono allentate e la vita è tornata quasi come era prima che partissi.
Pensavo di essermi lasciata tutto alle spalle, eppure appena hanno annunciato un probabile ritorno al lockdown, ho avuto una crisi di pianto incontrollata e sono in costante ansia.
Eppure adesso non sono da sola all'estero ma a casa con la mia famiglia! Non riesco a capire perché associo questo momento a quel periodo e perché per me quel ricordo è ancora così ansiogeno.
La cosa mi spaventa molto perché le sensazioni di un periodo che credevo superato stanno riaffiorando e in un contesto diverso, e mi chiedo se me ne trascinerò il peso per sempre...
Grazie dell'aiuto.
[#1]
Gentile Utente,
cerco di capire meglio la situazione che descrive provando a farle qualche domanda in più: In che paese si era trasferita, potrebbe specificarlo? Il lavoro che faceva lì aveva delle modalità differenti rispetto a quello che era abituata a svolgere, non più in team ma autonomo e "in solitaria", come ci dice. Non ci ha detto se però le piaceva, se era un lavoro che le dava soddisfazioni personali e se appagava le sue aspettative, sarebbe interessante capire anche questo. Per quanto tempo poi ha vissuto all'estero?
Credo sia opportuno evidenziarle degli elementi, affinché non faccia confusione. In questo momento di disorientamento e instabilità è più che comprensibile il suo stato emotivo di preoccupazione e ansia, siamo tutti in bilico nell'incertezza di ciò che potrà accadere.
Probabilmente il riattivarsi della sua ansia per questo possibile ritorno di un lockdown le ha fatto rivivere gli stessi stati emotivi di quando Lei era da sola all'estero e viveva uno stato di malessere. Sono due situazioni diverse che hanno in comune il modo in cui Lei risponde ad essi, ovvero l'attivazione della sua ansia. Cosa ne pensa Lei in merito a questo?
Vorrei cercare di risponderle anche alla sua domanda implicita:" mi chiedo se me ne trascinerò il peso per sempre". No, non credo che debba trascinarsi questo peso per sempre, si può imparare a gestire l'ansia. Occorre riconoscere e ascoltare le emozioni che si attivano quando la sua ansia si manifesta e capire che non è un peso da portare, ma un segnale da ascoltare. L'ansia comunica attraverso il nostro corpo (nel suo caso ci ha parlato di stati febbrili e nausea, ad esempio) e generalmente ci chiede di fermarci e pensare a cosa stiamo facendo, probabilmente la direzione che stiamo prendendo è di ostacolo al nostro benessere fisico e mentale.
Per questo può valutare di rivolgersi ad uno psicologo, con l'aiuto di un esperto può sentirsi sostenuta e fronteggiare al meglio questo momento di difficoltà.
In ultimo, a me incuriosisce molto il titolo che ha scelto per questo consulto "sindrome del migrante", meriterebbe di essere approfondito, ma purtroppo non è questo lo spazio adeguato. Le voglio però chiedere una cosa: ha mai pensato che forse una volta tornata a casa dai suoi poteva avere nostalgia della sua vita appena precedente, fatta di autonomia e indipendenza fuori dal tetto di casa?
Spero di averle dato qualche nuovo spunto su cui riflettere.
Ci faccia sapere, resto a disposizione qualora ne avesse bisogno
Cordialmente
cerco di capire meglio la situazione che descrive provando a farle qualche domanda in più: In che paese si era trasferita, potrebbe specificarlo? Il lavoro che faceva lì aveva delle modalità differenti rispetto a quello che era abituata a svolgere, non più in team ma autonomo e "in solitaria", come ci dice. Non ci ha detto se però le piaceva, se era un lavoro che le dava soddisfazioni personali e se appagava le sue aspettative, sarebbe interessante capire anche questo. Per quanto tempo poi ha vissuto all'estero?
Credo sia opportuno evidenziarle degli elementi, affinché non faccia confusione. In questo momento di disorientamento e instabilità è più che comprensibile il suo stato emotivo di preoccupazione e ansia, siamo tutti in bilico nell'incertezza di ciò che potrà accadere.
Probabilmente il riattivarsi della sua ansia per questo possibile ritorno di un lockdown le ha fatto rivivere gli stessi stati emotivi di quando Lei era da sola all'estero e viveva uno stato di malessere. Sono due situazioni diverse che hanno in comune il modo in cui Lei risponde ad essi, ovvero l'attivazione della sua ansia. Cosa ne pensa Lei in merito a questo?
Vorrei cercare di risponderle anche alla sua domanda implicita:" mi chiedo se me ne trascinerò il peso per sempre". No, non credo che debba trascinarsi questo peso per sempre, si può imparare a gestire l'ansia. Occorre riconoscere e ascoltare le emozioni che si attivano quando la sua ansia si manifesta e capire che non è un peso da portare, ma un segnale da ascoltare. L'ansia comunica attraverso il nostro corpo (nel suo caso ci ha parlato di stati febbrili e nausea, ad esempio) e generalmente ci chiede di fermarci e pensare a cosa stiamo facendo, probabilmente la direzione che stiamo prendendo è di ostacolo al nostro benessere fisico e mentale.
Per questo può valutare di rivolgersi ad uno psicologo, con l'aiuto di un esperto può sentirsi sostenuta e fronteggiare al meglio questo momento di difficoltà.
In ultimo, a me incuriosisce molto il titolo che ha scelto per questo consulto "sindrome del migrante", meriterebbe di essere approfondito, ma purtroppo non è questo lo spazio adeguato. Le voglio però chiedere una cosa: ha mai pensato che forse una volta tornata a casa dai suoi poteva avere nostalgia della sua vita appena precedente, fatta di autonomia e indipendenza fuori dal tetto di casa?
Spero di averle dato qualche nuovo spunto su cui riflettere.
Ci faccia sapere, resto a disposizione qualora ne avesse bisogno
Cordialmente
Dr.ssa Valeria Mazzilli
Psicologa Clinica
Via San Giacomo, 15 Napoli
cel. 3895404108
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 706 visite dal 24/10/2020.
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