Non avere voglia di lavorare
Buonasera.
Posto in argomento.
La mia storia è stata travagliata dalla depressione.
Ora direi che da diversi anni ne sono uscito.
Ora a 41 anni combatto con la non voglia di impegnarmi costantemente in un lavoro che mi dia un reddito mediocre.
Si perché faccio solo lavori diciamo pagati in nero e saltuari.
Vero, vivendo in campagna, con l'aiuto di mia madre coltivo un pò di terreni, boschi ed allevo alcuni animali che mi garantiscono il cibo e riscaldamento quasi a costo zero.
Sebbene svolga dei colloqui di lavoro alla fine, all'atto pratico, al sodo declino perché, a conti fatti lasciare ed allontanarmi da casa forse non mi converrebbe (dovendo pagare vitto ed altro alloggio) solo per fare un'esperienza diversa.
Magari potrebbe essere stimolante per uscire dalla routine e trovare una compagna visto che in paese le opportunità sono scarse.
Non nascondo che da parte dei risparmi personali e posso contare anche su quelli, cospicui, di mia madre.
Mi chiedo è normale il non voler trovare più un lavoro a 41 anni?
Dovrei accettare le proposte di lavoro che mi si prospettano anziché rifiutarle puntualmente?
Grazie
Posto in argomento.
La mia storia è stata travagliata dalla depressione.
Ora direi che da diversi anni ne sono uscito.
Ora a 41 anni combatto con la non voglia di impegnarmi costantemente in un lavoro che mi dia un reddito mediocre.
Si perché faccio solo lavori diciamo pagati in nero e saltuari.
Vero, vivendo in campagna, con l'aiuto di mia madre coltivo un pò di terreni, boschi ed allevo alcuni animali che mi garantiscono il cibo e riscaldamento quasi a costo zero.
Sebbene svolga dei colloqui di lavoro alla fine, all'atto pratico, al sodo declino perché, a conti fatti lasciare ed allontanarmi da casa forse non mi converrebbe (dovendo pagare vitto ed altro alloggio) solo per fare un'esperienza diversa.
Magari potrebbe essere stimolante per uscire dalla routine e trovare una compagna visto che in paese le opportunità sono scarse.
Non nascondo che da parte dei risparmi personali e posso contare anche su quelli, cospicui, di mia madre.
Mi chiedo è normale il non voler trovare più un lavoro a 41 anni?
Dovrei accettare le proposte di lavoro che mi si prospettano anziché rifiutarle puntualmente?
Grazie
[#1]
Gentile utente,
a me sembra che nel suo caso il lavoro si presenti con un aut-aut troppo drastico: o stare in campagna, con la sola compagnia della mamma (e forse di qualche altro familiare?) o lasciare affetti, paesaggi, luoghi e abitudini noti, e spendere anche soldi per garantirsi la sopravvivenza in un luogo mai visto, forse in mezzo alla folla di una città sconosciuta, che può essere la causa del più intenso sentimento di solitudine.
Sarebbe un po' troppo per chiunque; altro che "non avere voglia di lavorare"!
Tra l'altro, la pandemia in atto rende solitari anche quelli che si trovano nel loro luogo di residenza abituale, dati i numerosi divieti ad incontrarsi. Non certo la condizione ideale per fare incontri occasionali, coltivare nuove amicizie. Per questo, al momento, molto meglio i social.
Perché non comincia intanto un lavoro da casa? In quali settori specifici può dare il suo contributo?
Per telefono, da casa, lavorano ormai da mesi anche gli operatori dei call-center.
Un lavoro cominciato senza strappi bruschi, da casa o al più nel suo stesso paese, le darebbe uno stipendio, esperienza utile da spendere in campo lavorativo quando la pandemia sarà debellata, e anche il contatto con un team di colleghi e forse di utenti.
Ci pensi. Ci tenga al corrente.
a me sembra che nel suo caso il lavoro si presenti con un aut-aut troppo drastico: o stare in campagna, con la sola compagnia della mamma (e forse di qualche altro familiare?) o lasciare affetti, paesaggi, luoghi e abitudini noti, e spendere anche soldi per garantirsi la sopravvivenza in un luogo mai visto, forse in mezzo alla folla di una città sconosciuta, che può essere la causa del più intenso sentimento di solitudine.
Sarebbe un po' troppo per chiunque; altro che "non avere voglia di lavorare"!
Tra l'altro, la pandemia in atto rende solitari anche quelli che si trovano nel loro luogo di residenza abituale, dati i numerosi divieti ad incontrarsi. Non certo la condizione ideale per fare incontri occasionali, coltivare nuove amicizie. Per questo, al momento, molto meglio i social.
Perché non comincia intanto un lavoro da casa? In quali settori specifici può dare il suo contributo?
Per telefono, da casa, lavorano ormai da mesi anche gli operatori dei call-center.
Un lavoro cominciato senza strappi bruschi, da casa o al più nel suo stesso paese, le darebbe uno stipendio, esperienza utile da spendere in campo lavorativo quando la pandemia sarà debellata, e anche il contatto con un team di colleghi e forse di utenti.
Ci pensi. Ci tenga al corrente.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#2]
Utente
Buongiorno
Si é vero non credo che potrei lasciare la mia dimora abituale e mia madre (ormai non più una ragazzina) ed andare lontano alle dipendenze di un'azienda che magari mi sottoporrebbe a turni e lavoro impegnativi e stressanti (sono formato nell'edilizia)
Alla fine forse è solo una questione di opportunità.
Sul lavoro da casa beh. In realtá al computer qualcosina svolgo per conto di Studi Tecnici di Ingegneria. Alla fine dei conti qualche euro in tasca per non intaccare I risparmi riesco ad ottenerlo.
Ho eliminato spese superflue e, altre, magari non ho mai avuti tipo sigarette, incursioni ai bar, acquisti compulsivi. Solo il necessario.
Ma perché rifiuto le proposte lavorative ?
Ma perché ho paura ad uscire da questo limbo?
Si é vero non credo che potrei lasciare la mia dimora abituale e mia madre (ormai non più una ragazzina) ed andare lontano alle dipendenze di un'azienda che magari mi sottoporrebbe a turni e lavoro impegnativi e stressanti (sono formato nell'edilizia)
Alla fine forse è solo una questione di opportunità.
Sul lavoro da casa beh. In realtá al computer qualcosina svolgo per conto di Studi Tecnici di Ingegneria. Alla fine dei conti qualche euro in tasca per non intaccare I risparmi riesco ad ottenerlo.
Ho eliminato spese superflue e, altre, magari non ho mai avuti tipo sigarette, incursioni ai bar, acquisti compulsivi. Solo il necessario.
Ma perché rifiuto le proposte lavorative ?
Ma perché ho paura ad uscire da questo limbo?
[#3]
Gentile utente,
posta in questi nuovi termini, la domanda acquista un rilievo specifico.
In pratica lei vuole EVITARE di mettersi alla prova.
Agire è per tutti noi incontrarsi col rischio di non riuscire, di riuscire meno bene di quanto vorremmo, di pentirci delle scelte fatte, di incorrere in critiche, le quali, fondate o meno, ci appaiono troppo dolorose, intollerabili.
Le cause possono essere varie.
Le riporto le parole di Internet sul "disturbo evitante di personalità" (DEP): "è un disturbo di personalità caratterizzato dalla convinzione radicata del soggetto di valere poco; ciò porta la persona a sentire un profondo senso di inadeguatezza nella vita di relazione, con un enorme timore delle critiche, della disapprovazione altrui e di esclusione".
Potrebbe essere un disturbo meno marcato, il suo, se è limitato solo all'ambito del lavoro; potrebbe essere un disagio acquisito per inesperienza, per mancato allenamento, oppure per "paralysis by analysis".
Mi spiego meglio: se per tanto tempo non si compie una determinata azione si comincia a non avere l'immediatezza della pratica, e in più si prendono ad analizzarne minuziosamente procedure e rischi, provocandosi la cosiddetta "paralisi per eccesso di analisi".
Tutto questo per dirle che le numerose e interconnesse cause del problema richiedono un approccio guidato da un professionista, con vari tentativi di modifica di abitudini, pensieri, emozioni.
Se lei si è formato come geometra, o ha una laurea triennale in ingegneria, potrebbe anche prendere in considerazione di estendere la sua offerta di lavoro da casa aprendo un suo sito internet, ma più ancora potrebbe iniziare un'università telematica che avrebbe il duplice scopo di completare la sua formazione e di permetterle proficue conoscenze con giovani che frequentano lo stesso percorso.
Ce n'è una in particolare con diversi indirizzi, molto apprezzata.
Auguri.
posta in questi nuovi termini, la domanda acquista un rilievo specifico.
In pratica lei vuole EVITARE di mettersi alla prova.
Agire è per tutti noi incontrarsi col rischio di non riuscire, di riuscire meno bene di quanto vorremmo, di pentirci delle scelte fatte, di incorrere in critiche, le quali, fondate o meno, ci appaiono troppo dolorose, intollerabili.
Le cause possono essere varie.
Le riporto le parole di Internet sul "disturbo evitante di personalità" (DEP): "è un disturbo di personalità caratterizzato dalla convinzione radicata del soggetto di valere poco; ciò porta la persona a sentire un profondo senso di inadeguatezza nella vita di relazione, con un enorme timore delle critiche, della disapprovazione altrui e di esclusione".
Potrebbe essere un disturbo meno marcato, il suo, se è limitato solo all'ambito del lavoro; potrebbe essere un disagio acquisito per inesperienza, per mancato allenamento, oppure per "paralysis by analysis".
Mi spiego meglio: se per tanto tempo non si compie una determinata azione si comincia a non avere l'immediatezza della pratica, e in più si prendono ad analizzarne minuziosamente procedure e rischi, provocandosi la cosiddetta "paralisi per eccesso di analisi".
Tutto questo per dirle che le numerose e interconnesse cause del problema richiedono un approccio guidato da un professionista, con vari tentativi di modifica di abitudini, pensieri, emozioni.
Se lei si è formato come geometra, o ha una laurea triennale in ingegneria, potrebbe anche prendere in considerazione di estendere la sua offerta di lavoro da casa aprendo un suo sito internet, ma più ancora potrebbe iniziare un'università telematica che avrebbe il duplice scopo di completare la sua formazione e di permetterle proficue conoscenze con giovani che frequentano lo stesso percorso.
Ce n'è una in particolare con diversi indirizzi, molto apprezzata.
Auguri.
[#4]
Utente
Dott.ssa Potenza, in realtà quello che vorrei dire, anche se forse un po' ci ha colto nel segno è che il solo pensiero di recarmi a lavoro il mattino e rincasare la sera, mi renderebbe schiavo, cioè so che non potrei coltivare i miei interessi, le mie passioni, persino una lettura di un capitolo di un libro. Ma ne vale davvero la pena? La possibilità di poter contare su una rendita, seppur bassa, ancor più contribuisce al mancato interesse per un salario e/o stipendio.
Mi chiedo, è del tutto normale?
grazie
Mi chiedo, è del tutto normale?
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Questo consulto ha ricevuto 6 risposte e 6.1k visite dal 13/10/2020.
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