Violenza psicologica?
Buongiorno, chiedo aiuto per una situazione molto delicata.
Ho 28 anni, mia moglie 32.
Siamo sposati da 2 anni e mezzo, stiamo insieme da 3 e mezzo.
La nostra è stata una relazione costruita sul fare tutto subito (convivenza, dopo un anno matrimonio, dopo poco un bimbo).
È sempre stata una relazione disfunzionale: lei che mi ha allontanato dagli amici, affetti più cari, passioni, tempo libero, e io che non ho fatto nulla per impedire tutto ciò.
Dopo la nascita del bambino, mia moglie mi ha sempre più messo da parte sostituendomi con sua madre, con la quale ha sempre avuto un rapporto simbiotico.
Una notte mi ha svegliato e mi ha cacciato di casa.
Ho vissuto da un'altra parte per 2 mesi.
Quest'evento ha generato sofferenza in tutti, e dopo un anno sono ancora qua a fare i conti con il mio senso di colpa (fomentato dalla sua rabbia a riguardo).
Sono in psicanalisi da un anno e mezzo e ho capito di avere una personalità evitante a causa del mio ambiente familiare di origine molto disfunzionale.
Abbiamo fatto un anno di terapia di coppia ma ora mia moglie non vuole più andarci, né intraprendere un percorso psicologico individuale.
Oltretutto ora non perde occasione per denigrarmi, perché secondo lei sono "un poveraccio" che guadagna poco, che non valgo nulla e c'è una fila di uomini ad aspettarla, che faccio schifo perché non sono capace neanche di avere un rapporto con mio padre (che, per varie vicissitudini, non vedo da 5 anni e ci sto lavorando con la mia terapeuta per "accettare" determinate cose della mia infanzia).
Sono disperato, mi sento maltrattato e psicologicamente "violentato".
Cosa dovrei fare?
Aiutatemi, per favore.
Ho 28 anni, mia moglie 32.
Siamo sposati da 2 anni e mezzo, stiamo insieme da 3 e mezzo.
La nostra è stata una relazione costruita sul fare tutto subito (convivenza, dopo un anno matrimonio, dopo poco un bimbo).
È sempre stata una relazione disfunzionale: lei che mi ha allontanato dagli amici, affetti più cari, passioni, tempo libero, e io che non ho fatto nulla per impedire tutto ciò.
Dopo la nascita del bambino, mia moglie mi ha sempre più messo da parte sostituendomi con sua madre, con la quale ha sempre avuto un rapporto simbiotico.
Una notte mi ha svegliato e mi ha cacciato di casa.
Ho vissuto da un'altra parte per 2 mesi.
Quest'evento ha generato sofferenza in tutti, e dopo un anno sono ancora qua a fare i conti con il mio senso di colpa (fomentato dalla sua rabbia a riguardo).
Sono in psicanalisi da un anno e mezzo e ho capito di avere una personalità evitante a causa del mio ambiente familiare di origine molto disfunzionale.
Abbiamo fatto un anno di terapia di coppia ma ora mia moglie non vuole più andarci, né intraprendere un percorso psicologico individuale.
Oltretutto ora non perde occasione per denigrarmi, perché secondo lei sono "un poveraccio" che guadagna poco, che non valgo nulla e c'è una fila di uomini ad aspettarla, che faccio schifo perché non sono capace neanche di avere un rapporto con mio padre (che, per varie vicissitudini, non vedo da 5 anni e ci sto lavorando con la mia terapeuta per "accettare" determinate cose della mia infanzia).
Sono disperato, mi sento maltrattato e psicologicamente "violentato".
Cosa dovrei fare?
Aiutatemi, per favore.
[#1]
Gentile utente,
ha preso in considerazione l'idea di rivedere obiettivi e modalità della sua terapia individuale?
Dalle numerose lettere che ci ha inviato in tutti questi anni emerge un rapporto poco sereno nelle relazioni di coppia, che avrebbe sconsigliato un matrimonio e una paternità "a passo di carica", conflittuali come ce li descrive.
Ora ci dice che anche il rapporto con suo padre è alterato da anni, e aggiunge: "ci sto lavorando con la mia terapeuta per accettare determinate cose della mia infanzia".
Qui si tratta, per poter accettare l'infanzia, di modificare il presente, lavorando sul suo sistema di idee, comportamenti, stati d'animo, altrimenti rischia di continuare all'infinito a pensare che tutti le facciano "violenza psicologica" e che lei, come un bimbo piccolo, non possa fare altro che subire.
Rimangono oscure alcune frasi della sua lettera: "dopo un anno sono ancora qua a fare i conti con il mio senso di colpa (fomentato dalla sua rabbia a riguardo)".
Ossia, è tornato a casa? In che modo ha modificato il rapporto con sua moglie, dopo la terapia di coppia? E di cosa si sente in colpa... o forse è realmente colpevole?
Ci rifletta e chiarisca. Auguri.
ha preso in considerazione l'idea di rivedere obiettivi e modalità della sua terapia individuale?
Dalle numerose lettere che ci ha inviato in tutti questi anni emerge un rapporto poco sereno nelle relazioni di coppia, che avrebbe sconsigliato un matrimonio e una paternità "a passo di carica", conflittuali come ce li descrive.
Ora ci dice che anche il rapporto con suo padre è alterato da anni, e aggiunge: "ci sto lavorando con la mia terapeuta per accettare determinate cose della mia infanzia".
Qui si tratta, per poter accettare l'infanzia, di modificare il presente, lavorando sul suo sistema di idee, comportamenti, stati d'animo, altrimenti rischia di continuare all'infinito a pensare che tutti le facciano "violenza psicologica" e che lei, come un bimbo piccolo, non possa fare altro che subire.
Rimangono oscure alcune frasi della sua lettera: "dopo un anno sono ancora qua a fare i conti con il mio senso di colpa (fomentato dalla sua rabbia a riguardo)".
Ossia, è tornato a casa? In che modo ha modificato il rapporto con sua moglie, dopo la terapia di coppia? E di cosa si sente in colpa... o forse è realmente colpevole?
Ci rifletta e chiarisca. Auguri.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 889 visite dal 09/10/2020.
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